Il mio saluto al Maestro Mario Quadri
Ed eccoci arrivati. Eccomi qui a scrivere dunque quelle poche righe con cui ci si trova costretti a combattere per salutare un amico, un maestro, anzi il Maestro. Non ti nascondo che il pensiero della tua scomparsa mi aveva colto già in passato, del resto Tu eri il decano di tutti noi. Ma nonostante ciò Ti debbo confessare, caro Maestro, che sono in seria difficoltà ora che queste famose righe le devo scrivere per davvero. Non è facile scrivere con la tristezza che mi pervade l’animo, anche se sono certo che Tu non avresti condiviso questo mio sentimento. Del resto la serenità che derivava dalla tua grande fede Ti ha sempre sorretto nei momenti tristi che anche Tu hai incontrato lungo il cammino della tua lunga e avvincente vita. E allora bando alla tristezza e diamo spazio alla serenità che può solo derivare dalla preziosa opportunità di averTi conosciuto.
Dopo alcuni incontri pubblici, senza mai aver avuto l’onore di un confronto diretto, ricordo che per me arrivò l’occasione di collaborare con la rivista Sentieri di Caccia, accadde così che diventammo colleghi di rivista. I tuoi preziosi articoli si affiancavano allora alle mie umili considerazioni sul tema segugistico. La collaborazione procedeva ormai da qualche mese, finché un mattino di una Domenica di primavera ricevetti una telefonata proveniente da un numero a me sconosciuto. Il mio interlocutore aveva una voce gentile e garbata, che dopo pochi istanti collegai alla tua persona. “Sono Mario, Mario Quadri, sarei curioso di sapere cosa proporrai ai lettori per il prossimo numero di Sentieri”. Questo gesto, non Ti nascondo, che mi provocò una grande emozione, oltre a segnare l’inizio di un rapporto speciale, non solo di lavoro ma anche di amicizia.
Le telefonate diventavano via via più frequenti, e la Tua massima intenzione era sempre quella di spronarmi a continuare nel mio operato. Tutti gli anni eri il primo a chiamarmi in occasione delle festività natalizie. Solo in un’occasione non avevi risposto con tempismo al mio classico bigliettino di auguri, ed io avevo immaginato che si fosse trattata di una semplice dimenticanza. Alle sei di mattino di uno dei primi giorni del Gennaio successivo, mentre io ancora dormivo beatamente, mi lasciasti un messaggio in segreteria. Avevi accidentalmente smarrito il mio numero di telefono e non eri riuscito a recuperarlo in tempo per gli auguri. Tu eri sinceramente mortificato per l’accaduto a me invece quel gesto aveva aiutato a comprendere la tua persona, umile, sincera e buona, profondamente buona.
Nel dicembre dell’anno 2011 la triste notizia della scomparsa di Piero Rigoni, tuo fraterno amico, Ti colpì profondamente. Ad ogni costo avevi voluto prendere parte alla funzioni religiosa per porgergli il tuo ultimo saluto. Nonostante l’età avevi organizzato un viaggio fatto a staffette, perché Tu volevi esserci, ma non volevi essere troppo di peso agli amici. Quel giorno per la prima volta ci ritrovammo di persona. Al mio arrivo mi annunciasti al comune amico Mario Villa: “Ecco il pizzetto, quello è il mio amico Emanuele”. “Ricordati ragazzo che ogni scrittore ha il suo tratto distintivo, tu hai il pizzetto, promettimi di non tagliartelo”. E quella fu la prima promessa che Ti feci e a cui, come vedi, tengo fede ancora oggi.
Ebbi poi modo di frequentare qualche volta nei mesi a seguire casa tua, una sorta di piccolo museo del segugismo. Ricordo che tra gli altri conservavi ancora i ricordi dei primi incontri internazionali che avevano fatto nascere la Coppa Europa, che nei tuoi intenti, prima ancora che una competizione, avrebbe voluto essere un confronto costruttivo per una crescita colletiva del movimento segugistico europeo. Per la crescita del movimento segugistico italiano Tu hai fatto molto e molto di più avresti voluto ancora fare. Mi ripetevi spesso che con l’apporto di tutti si era arrivati ad avere segugi di buon livello, ora bisognava lavorare per formare un segugista, responsabile, consapevole e dotato della giusta etica.
Dai tuoi scritti emergeva una passione viscerale per il segugio, e con un linguaggio alla portata di tutti sapevi coinvolgere con maestria il lettore. Le tematiche trattate svariavano così dall’estetica applicata alla caccia col segugio alle più piccole regole di comportamento e di addestramento del giovane allievo. Ricordo il tuo consiglio di lasciare sull’auto un cartello “Segugi” alla sciolta, per avvisare della presenza di segugisti in zona, ed evitare che due battute si danneggiassero a vicenda. Oppure la descrizione della “corata”, termine che avevi mutuato dalla cultura segugistica francese, e pratica che consigliavi per rendere i segugi più interessati all’unico animale su cui si intende specializzarli.
Per te la lepre era del segugio, e doveva essere tratta con massimo del rispetto. Il segugio era uno dei tuoi più grandi motivi di gioia, lo si intuiva dalla delicatezza con cui sfioravi il suo mantello. La tua competenza in ambito morfologico avrebbe fatto comprendere ad un cieco la costruzione del segugio e la tua dialettica, la gestualità e la verve con cui illustravi la caccia con il segugio avrebbero invogliato chiunque ad assistere alla sciolta di un segugio.
La tua grande umiltà ti imponeva di dedicare due minuti ad ogni appassionato, anzi il tuo pensiero era sempre maggiormente rivolto ai meno coinvolti dal settore. La tua insomma era una scelta inclusiva e non esclusiva. Non mentivi mai, ad esempio quando fuori dai contesti del ring, Ti veniva chiesto un giudizio su un soggetto. Ma trovavi sempre l’espressione felice per fare in modo che il tuo interlocutore tornasse a casa consapevole delle aree di miglioramento su cui orientare la sua selezione e oltremodo deciso ad intraprendere il cammino da te indicato. Questo perché Tu sapevi dare entusiasmo e mettevi entusiasmo in ogni tua attività.
Un giorno mi raccontasti di quando in un tempo molto lontano anche tu eri stato ragazzo e fatta la scoperta dei segugi Ti eri subito attivato con i migliori segugisti dell’epoca, perché Tu del segugio volevi sapere tutto. In un’epoca buia per la caccia con il segugio, la tua determinazione ha concesso a questo ausiliare di trovare piena legittimazione. La società specializzata è nata così grazie al tuo apporto fondamentale e a quello di alcuni pionieri che hanno creduto nelle tue capacità, adoperandosi per lo scopo, in una realtà storica in cui le comunicazioni di ogni genere viaggiavano lentissime e lo scambio di informazioni era assai più complicato di oggi.
Io credo che tu abbia saputo lasciare almeno una parte del Tuo immenso sapere a tutti gli appassionati del popolo segugistico che hanno avuto la pazienza di ascoltarTi, questa è la più preziosa delle Tue eredità. Per quanto mi riguarda, oggi che ci hai lasciati, caro Maestro, non posso far altro che prometterti di portare avanti umilmente tutte le tue proposte e i tuoi valori, cinofili e morali che hai saputo donarmi. In quanto all’ultima promessa che mi strappasti nel nostro ultimo incontro, e di cui come sai ho sempre voluto tacere, ti giuro solennemente di lavorare allo scopo, con la determinazione e l’entusiasmo proprio dei migliori segugisti, proprio come lo eri e lo sarai sempre Tu.
Ciao Mario!