Quattro Passi Dentro Casa: l’Enciclopedia del Cane

L’Enciclopedia del Cane sta sulla libreria a nord-ovest, quella anni ’80, ma di design. È stata collezionata con lentezza, fascicolo per fascicolo Frequentavo ancora le scuole elementari, ma già leggevo cose di una pesantezza indescrivibile. Ogni settimana arrivava un fascicolo nuovo che io andavo a ritirare dal giornalaio. I due giornalai che si sono succeduti durante la raccolta dei fascicoli avevano un entrambi un cognome che finiva in -oni e mi conoscevano benissimo: l’editoria necessita di clienti come me. Le enciclopedie, a quei tempi, funzionavano in maniera un po’ macchinosa: ogni settimana arrivava un fascicolo nuovo da ritirare dal giornalaio, poi, ogni tot fascicoli si ordinava al giornalaio la copertina.  Quando la copertina arrivava, si riportavano i fascicoli dal giornalaio che li mandava, insieme alla copertina, dal rilegatore. Dopo un tempo variabile, i fascicoli tornavano rilegati in un volume, ben avvolti nella carta da pacco. Per andarli a riprendere serviva tornare nuovamente in edicola, anzi spesso ci si andava più volte per sapere se fossero arrivati. L’edicola, insieme al supermercato, era l’anima del quartiere: dell’edicola resta solo il casottino, del supermercato l’edificio, ora occupato dalla farmacia e da un poliambulatorio.

Quando l’enciclopedia è iniziata, non avevo ancora un cane mio, sebbene lo desiderassi più di ogni altra cosa, la fissa per i cavalli è venuta dopo. Mentre imparavo a conoscere le razze attraverso l’enciclopedia, cercavo di capirle anche dal vivo, ma c’era un problema: a me piacevano i cani da caccia, l’enciclopedia partiva dai cani da pastore (Gruppo I), e procedeva lentissima verso il Gruppo VII (Cani da Ferma). Nel frattempo, cercavo di conoscere i cani del quartiere: quasi tutti appartenevano al Gruppo II ed erano stati comprati per fare la guardia. Ricordo schnauzer, rottweiler, dobermann, maremmani e qualcosa del Gruppo I, pastori tedeschi per lo più, e in pastore belga Tervuren, poi morto di piroplasmosi, che oggi chiamiamo babesiosi.

Arrivata al quarto volume dell’enciclopedia, ho scoperto i cani nordici, che in quegli anni iniziavano a andare molto di moda. Mi piaceva il samoiedo: tutto bianco e orsettoso al punto giusto. Lo chiamano il cane che sorride, peccato che abbai altrettanto. In strada, tuttavia, si vedevano solo husky, rigorosamente neri e bianchi, e con gli occhi azzurri, e alcuni chow. Mi piaceva anche il groenlandese che, tuttavia, l’enciclopedia sconsigliava di prendere come animale domestico. Invece, chissà perché, taceva di dire la verità sugli husky, che nel frattempo invadevano le case degli italiani, con esiti non sempre fausti. Qui gli husky non hanno mai rischiato di entrare: nessuno aveva intenzione di comprarmi un cane, tantomeno un cane da slitta.

Mentre l’enciclopedia mi propinava bassotti, terrier e segugi, e io volevo sapere tutto dei cani del Gruppo VII, i cani da ferma hanno trovato me. Il giovane esploratore, ovvero fuggiasco, era una un Deutsch Drahthaar, che aveva imparato a scappare dalla sua cuccia a igloo, dal suo serraglio, e dal suo giardino, per venirmi a trovare. Il problema era che puzzava quanto le fognature di una metropoli del sud-est asiatico e trasferiva tutti i suoi aromi su di me. Però, a patto che non mi ci strusciassi troppo addosso, avevo ottenuto il permesso di portarlo in giro per il quartiere. Io frequentavo ancora le scuole elementari e lui era più grosso e saggio di me, andavamo insieme in edicola, e poi lo riportavo, a malincuore, nel suo serraglio. Almar, così si chiamava, dopo qualche mese di amicizia è sparito, prima sostituito da un setter blue belton, e poi da una pointerina bianca e arancio. Temo sia stato l’odore a fregarlo: non sarei mai riuscita a convincere mia madre che lavandolo sarebbe diventato inodore, così niente drahthaar, anche se la razza avrà sempre un posticino nel mio cuore.

In quegli anni, mio zio, storico e fedelissimo kurzhaarista (allora li chiamavano bracchi tedeschi, o brac tudesch), si era portato a casa un setter irlandese incontrato in campagna: l’aveva seguito fino all’auto, era molto bello e aveva deciso di dargli una possibilità. Ricordo che era bellissimo, che si chiamava Rosso, e che è vissuto, se non sbaglio, fino ad almeno 17 anni. Però, ricordo di aver pensato qualcosa del tipo: “umm sì, bello, molto bello, ma qualcosa non mi torna, troppo appariscente”. Il bracco tedesco, al contrario, mi sembrava troppo essenziale; il pointer aveva qualche carattere distintivo in più, ma restava pur sempre un cane a forma di cane, con quattro peli addosso. Il gordon? No! Troppo scuro e massiccio! Il bracco italiano? Ma, sembra un segugio! Insomma, già allora non sapevo farmi andare bene niente!

Invece, il setter inglese… intrigante e setoso, ma non troppo, era la giusta via di mezzo.  La maggior parte degli inglesi presenti nel settimo volume, di otto, era bianca e nera (blue belton): io ero rimasta colpita dal bianco arancio “Lindo della Bassana”.  I miei, che già avevano dribblato il drahthaar, avrebbero fatto a meno anche del setter, eppure ero quasi riuscita a convincerli: c’era una setterina blue belton al canile municipale e sono andata a vederla con mio padre, che ha cercato di prendere tempo.

Pochi giorni dopo, non fidandomi delle promesse di nessuno, ho raccattato il primo randagio (che probabilmente non era tale) avvistato transitare per il quartiere. Era blue belton, aveva una bellissima coda frangiata da setter e fermava e guidava proprio come un’inglese. Il pelo arruffato e la “durezza” ne tradivano le origini, almeno in parte, teutoniche. Tommaso, così si chiamava, era molto probabilmente mezzo setter e mezzo schnauzer: all’eleganza del primo, univa la serietà e la predatorietà del secondo. Sul suo diario di caccia sono segnati topi, talpe, galline, bisce, gatti… mai altro mio cane fu così spazzino.

Se ti è piaciuto puoi leggere il precedente qui.




Quattro passi dentro casa: le cornici blu

Le cornici blu, come è giusto che sia, guardano dall’alto al
basso il telo cinese. Sono arrivate prima di lui, molto, molto prima. Ridendo e
scherzando, credo se ne stiano attaccate al muro da almeno una quindicina
d’anni. Sempre nella stessa posizione e sempre sopra la stessa pittura color
malva che mi ha reso inconfondibile tra i commessi del colorificio locale. Che
ci vada di persona, o che mandi l’imbianchino, il contenuto della latta non
deve essere rosa, ma non deve nemmeno essere viola. Guai a virare verso il
color lavanda, è troppo freddo, dobbiamo stare il quanto più vicini possibile
al color malva. Che poi è quasi sinonimo del color erica in fiore: dipende
dalla luce, tante cose dipendono dalla luce. 
A proposito di colori freddi, non credo si vedrà mai una parete gialla
in questa casa, il color malva si abbia perfettamente al blu delle cornici. È
un blu che è tanti blu insieme: distalmente, così diciamo in anatomia, troviamo
un blu abisso, muovendoci verso l’interno, invece, abbiamo un azzurro chiaro
caraibico, commercialmente noto anche come “Bahamas Blue”. Le sfumature sono
interrotte da venature bianco azzurro. Descritte così, le mie cornici potrebbero
sembrare la seconda cinesata nel raggio di pochi centimetri: niente di più
falso, nell’insieme, l’effetto complessivo è piacevole.

Non posso dirvi dove le ho comprate, non perché debba
rimanere un segreto, semplicemente non me lo ricordo: ricordo di averle
comprate io, di questo ne conservo la certezza, ma ho dei buchi nella memria
simili a quelli di un gruviera. Credo provengano da una specie di brico locale,
uno di quelli che da un anno all’altro cambiano nome e proprietà, con
l’assortimento che, tuttavia, rimane all’incirca lo stesso. Però, potrebbero
anche provenire dal brico supremo, quello che sta a una ventina di chilometri
da qui e che non nomino perché mi mette troppa soggezione: è troppo lontano per
pensare di andarci. Ho visto gente rimettere a nuovo la casa durante queste
giornate di quarantena. C’è una casetta bianca, qualunque, lungo il tratto in
cui passeggio con i cani. In meno di un mese la sua recinzione è diventata più
nera, le sue persiane più verdi, e i suoi muri più bianchi. Se non si può
uscire di casa, da dove saranno arrivate tutta quella pittura e tutti quei
pennelli?

Comunque, tornando alle cornici blu, costoro sono un numero
di cinque, non ricordo esattamente il perché. Tre alloggiano stampe di
fotografie dell’inizio del secolo scorso , due invece delle copie di fotografie
in bianco e nero scattate negli anni ’70. 
C’è però un incredibile trait d’union, tutte le immagini portano
dei setter inglesi. Prima di parlarvi delle immagini, devo parlarvi dei passpartout,
perché hanno una storia tutta loro. A comprare una cornice pronta ed infilarci
dentro una foto siamo capaci tutti, ci costa anche molto meno che far fare una
cornice su misura, il problema arriva quando gli abbinate ciò che dovrebbe contenere.
Le anime semplici si accontentano di far combaciare i bordi dell’immagine con
quelli della cornice: la gradevolezza del risultato lascia però molto a
desiderare.  Tutti abbiamo almeno
un’immagine imprigionata in questa maniera, ma… ecco vi lascio i puntini di
sospensione, così potete decidere come pensarla.

La soluzione preferita da
pignoli-perfezionisti-ossessivi-compulsivi? Il passepartout della giusta
tonalità e della giusta misura. Ora che ci penso, perché il beige del
passpartout centrale è più crema degli altri, che danno invece sul corda? Chi
lo sa, ho impattato con l’ennesimo buco del gruviera. Nell’anno di nascita
delle cornici blu non esistevano ancora i tutorial su Youtube, però avrei
potuto aggrapparmi ai ricordi delle lezioni di educazione tecnica delle scuole
medie. Ci ho pensato, ma non ci ho neanche provato: è inutile cercare di fare
il salto dalla teoria alla pratica, se sai già che quanto allungherai la gamba
cadrai prima di toccare l’altra sponda.

Ready for the Call

Se esistesse una classifica del senso pratico, il mio sarebbe sotto lo zero. Con la manualità va un po’ meglio, ma sostanzialmente io sono quella che ha le idee, mi aspetto che siano gli altri a realizzarle. Le mie idee, ovviamente, sono ottime, solo difficili da mettere in pratica. È per questo che i commessi dei brico, i fabbri, gli imbianchini, i falegnami, insomma gli artigiani in genere, preferiscono non avermi come committente.  Ricorrono a mille astuzie per non farsi trovare, ma nulla possono contro la mia determinazione. Mi evitano perché sanno di non poter essere scortesi: negli anni, infatti, ho elaborato un sistema di rottura di scatole raffinato ed efficace, nonché a prova di insulto. Perché se io rompo, usuro, consumo, trito….  ma in fondo sono educata e gentile, anche se vorrebbero tanto mandarmi a quel paese non ho fornito loro le munizioni per poterlo fare.  In fondo sono persino buona: consapevole della mia totale assenza di senso pratico, affermo spesso che il mio coinquilino ideale sarebbe un caporeparto del Leroy Merlin.

Comunque, quando venne l’ora dei passepartout, la vittima
designata fu un anziano corniciao locale.  Con poco entusiasmo, li realizzò, facendomeli
pagare a caro prezzo e poi narrò la vicenda al figlio che ereditò, insieme
all’attività, anche un atteggiamento sospetto nei miei confronti.

Ma arriviamo finalmente a raccontare cosa contengono le
cornici blu, partendo da quella più a sinistra. La prima cornice, vicino alla
finestra e a nord del televisore, contiene una delle due foto anni ’70. Una
setterina che sorveglia un cucciolo di circa tre settimane: l’età l’ho stimata
io.

Con la seconda cornice abbiamo invece la prima foto di William Reid, un fotografo scozzese che risulta essere stato attivo tra il 1910 e il 1931. La “foto” è in realtà una pagina stampata proveniente da una qualche pubblicazione d’epoca. No Holt’s, no Christie’s: l’ho comprata su Ebay. Ora, io capisco il nazionalismo scozzese, capisco la sentita ricerca di identità da parte di questo popolo ma, intitolare l’immagine “Ready for the Call”, azzardatamente sottotitolata “A pack of Scottish Deerhounds on the Hills of the Vicinity of Edinburgh” (un branco di deerhound scozzesi sulle colline nei pressi di Edinburgo), mi pare un po’ tirato. Avete presente che cos’è un deerhound? Se non lo sapete ve lo spiego io: i deerhound sono dei levrieri specializzati nella caccia al cervo. La traduzione letterale del loro nome è segugi da cervo. Sono alti, molto alti sugli arti, smilzi, grigiastri e hanno un mantello duro, arruffato che spara in ogni direzione. Siccome so che è scortese paragonarli allo scopettone del wc, dirò che assomigliano a quelle spazzole irsute e avvitate che si usano per lavare l’interno delle bottiglie. Tolto il paragone politicamente scorretto, a me piacciono persino ma… non hanno nulla a vedere con le bestiole che appaiono nella foto. Abbiamo invece otto, forse nove – c’è una testolina che spunta dietro – cani. Di questi, quattro sono setter inglesi, tre sono pointer inglesi e uno sembra essere un cocker, per non sbagliare chiamiamolo semplicemente spaniel. I cani sono più o meno accovacciati e fermi, a dimostrazione che la steadiness (capacità di restare immobili), non è stata scoperta di recente dagli addestratori scozzesi. Dietro sembra vedersi un lago, più in là la sagoma dei moor.

We are Seven

Un lago fa da sfondo anche nell’immagine contenuta nella
cornice centrale, “A Young Game Keeper and His Nine Assistants, Aberfoyle
Scoltand”
(un giovane guardiacaccia e i suoi nove aiutanti, Aberfoyle,
Scotland). Nove cani, anche qui, che scrutano l’orizzonte immobili in compagnia
di un guardiacaccia che indossa il tweed della riserva, come accade tutt’ora.
Bravo William! Good boy! Stavolta hai azzeccato il titolo.

In quarta posizione abbiamo “We are Seven” (siamo
sette), il cui sottotitolo è “A Scotch Lassie and her half dozen setter
puppies”
. Lassie vuol dire ragazza, non vuol dire Lassie come lo intendiamo
noi. La razza “Lassie” non esiste, il cane a cui è stato dato quel nome, era un
cane da pastore di razza collie. Se siete arrivati fino a qui, e vi siete
persi, ci riprovo: quel cane protagonista di tanti film, era un collie di nome
“Lassie”, ovvero un cane da pastore di nome “Ragazza”. Se questo vi sembra
contorto, a me fa molto francese il contare i cani in mezze dozzine, sapete
come si dice 96 in francese vero? I cuccioli sono sei, con loro c’è una
ragazza, caso, o coincidenza, mi sento tanto io quando zampettavo per il
giardino urlando “Cagnoliniiiiiiii!”, “Cuccioliii” alla mia mezza dozzina.

La quinta cornice è sul confine con la libreria, cioè con una delle librerie, torniamo negli anni ’70, con una setter pensierosa, la stessa che fu mamma nella cornice iniziale. E il cerchio si chiude.

Se ti è piaciuto trovi il pezzo precedente qui e il successivo qui.




Io corro da solo!

Anche i cani da
caccia si perdono

Un lungo silenzio ma, messa di fronte all’ennesimo annuncio raffigurante
un segugio “fatto perdere dai cacciatori perché non era buono”, mi è tornata la
voglia di scrivere.

Riassunto: la maggior parte delle razze canine, che vi
piaccia o meno, erano o sono usate per la caccia. Ma erano, o lo sono? Diciamo
che, ultimamente, si è tentato di trasformare alcune razze prettamente in razze
da compagnia, ma l’esperimento è riuscito a metà, ovvero certe caratteristiche
proprie del cane da caccia sono rimaste tali e quali.

Ma abbandoniamo questa breve digressione e torniamo ai cani
da caccia-caccia, quelli che vengono “fatti perdere perché non buoni”. In cima
alla classifica dei persi/ritrovati (l’aggettivo dipende dai punti di vista),
abbiamo, immaginate un po’… I SEGUGI!!! Siano essi da lepre, o da cinghiale… i
segugi sono abbandonatissimi! Ma, davvero? Davvero un po’, nel senso che i
segugi sono cani specializzati nello scovare e nell’inseguire una preda. Un
buon segugio “seguita” appunto ad inseguire la malcapitata lepre, o il
malcapitato cinghiale. Se è un segugio sovversivo potrebbe inseguire anche il
daino e il capriolo, e qui le cose si complicano…

Però, per quanto vengano portati lontano, i segugi hanno generalmente (e per fortuna) un buon senso dell’orientamento e quindi sanno ritornare nel punto in cui sono stati sganciati.  Quindi, se trovo un segugio che corre in autostrada lo devo lasciare andare perché tanto sta tornado a casa? No! Come in tutte le cose ci vuole del buonsenso, non c’è nulla di male nell’interrompere un pericoloso vagabondaggio, basta tenere a mente che, molto probabilmente, quel cane sta A) lavorando; B) ritornando alla base o, C) si è perso – ipotesi remota, ma possibile. Insomma, teniamo a mente che il fatto che il  cane se ne stia andando a zonzo da solo, non è necessariamente sinonimo di abbandono.

Sul gradino numero due della classifica troviamo i cani da
ferma, efficacemente capitanati dal setter inglese. Perché il setter inglese?
Perché sono cani con una cerca (raggio d’azione) molto ampia e cani talmente
entusiasti di cacciare (ma anche un po’ svampiti) che quando partono per
un’impresa si dimenticano di avere un proprietario.

Ho mai perso un cane da caccia? Il mio primo setter, un
rescue, con l’orientamento era un disastro e in un’occasione, ha gironzolato
per ore in Appenino prima che qualcuno mi chiamasse. All’epoca non esistevano
ancora quegli splendidi collari in biothane con tanto di numero di
telefono.  Indossava una medaglietta, ma
ci sono voluti diversi giri (suoi) tra i negozi di un paese prima che qualcuno
si chinasse a leggerla.

Con i collaroni in biothane i problemi si sono in gran parte
ridotti: questi collari sono diventati una sorta di codice non scritto e ho
assistito personalmente a ritrovamenti di cani a distanza di pochi minuti dalla
loro sparizione. Sono economici, incrementano la visibilità del cane e
invogliano ad alzare la cornetta. La medaglietta si vede poco e risalire al
proprietario di un cane attraverso il microchip non è immediato. Chi vede un
cane con un grosso collare fluorescente, presume che sia stampato sopra il
numero di telefono e, pertanto, recupera il cane con serenità, sapendo che i
tempi di custodia saranno estremamente brevi.

Il tutto funziona molto bene in aree rurali, ma in aree
suburbane e in presenza di cittadini in gita in zone rurali, la faccenda si
complica. Vi faccio un esempio molto personale. La mia setter non “scappa” ed
ha un collegamento eccellente, ovviamente come tutti i setter non trotterella
tra i piedi , ma sa sempre dove sono e rimane legata a me con un filo visibile.  Orbene, qualche mese fa, mentre facevo la
solita passeggiata in campagna, esattamente dietro casa la canina è
improvvisamente scomparsa. Così, pensando semplicemente che fosse in ferma
nello sporco (non rispondeva ai richiami), la sono andata a cercare più avanti,
dove presumevo che potesse essere. Invece, le cose non erano andate proprio
così. Una persona zelante, ma non consapevole di cosa sia un cane da ferma
inglese, non vedendo nessuno attaccato alla coda del cane (ero sì e no, a 100
metri nascosta dietro una curva e a un gruppetto di alberi), ha deciso che si
trattava di un cane perso/abbandonato e l’ha presa con sé. Il problema è che la
persona non aveva un cellulare, e pur trovando un recapito telefonico sul
collare del cane, non aveva modo di chiamarmi. Così mentre io vagavo alla
ricerca del cane, lei vagava in direzione opposta, con il mio cane al
guinzaglio, alla ricerca di qualcuno con un cellulare: un gran scompiglio
inutile!

Ripetete insieme a me: i cani da caccia lavorano a distanza, non sempre un cane da caccia che corre da solo si è perso, può darsi stia semplicemente facendo il suo lavoro.

Come in altri settori la tecnologia dovrebbe essere d’aiuto
e, più nello specifico, ha la tecnologia GPS risolto il problema dei cani
smarriti? Nì. Ma andiamo con ordine. I primi GPS, o per lo meno i primi che ho
visto io, erano costosissimi. Ricordo i primi collari e i primi palmari
acquistati dal canettiere della squadra di caccia al cinghiale con cui
cacciavo. La spesa era stata pari a diverse centinaia di euro, ma le
prestazioni dell’attrezzatura erano sorprendenti: le mappe indicavano persino i
nomi dei rigagnoli. Ci sono stati utili? Decisamente sì ma, a fronte di un
eccellente rapporto qualità-prezzo, il prezzo elevato costituiva quella che
potremmo chiamare una “barriera d’accesso”. I collari di cui parlo esistono
ancora, anzi oggi sono proposti da più marche, ma il loro prezzi sono scesi di
poco. Molto più alla portata di tutti sono invece i collari GPS che funzionano
sulla rete dei telefoni cellulari e che usano il cellulare a mo’ di palmare.
Dei pro e dei contro di questi “GPS”, parleremo in futuro, oggi mi premeva
semplicemente ricordare che esistono.

Tuttavia, il GPS è una sicurezza assoluta? Sì e no, dal
momento che può cadere il segnale, può scaricarsi la batteria, si possono
staccare pezzi dal collare, eccetera. Si tratta di eventi rari e sì, è
difficile perdere un cane che ha addosso il GPS, ma ho elencato questi
possibili incidenti perché, chi ritrova un cane SENZA GPS addosso non è detto che
non lo avesse prima! Tra le mie memorie di caccia al cinghiale, ne ho una anche
una triste: un cane rubato, con addosso il GPS, a cui il GPS è stato tolto
proprio per farlo sparire senza lasciar traccia!

Non saltate mai a conclusioni affrettate, se trovate un cane
da caccia “sporco” non si è necessariamente perso, se trovate un cane da caccia
senza collari, non è necessariamente stato abbandonato, se trovate un cane da
caccia carico di tecnologia, magari quella tecnologia non ha funzionato, ma ha
un padrone che tiene molto a lui!




In Val d’Aosta in cerca di galli

Cosa non si fa per i cani. Chi mi conosce sa che non sono
esattamente una persona mattiniera. O meglio, non è che mi alzi particolarmente
tardi (ma nemmeno particolarmente presto), più che altro alla mattina ho la
reattività di una tartaruga assonnata: difficilmente riesco a materializzarmi da
qualche parte in orari antelucane.

Come tutte le regole, tuttavia, anche questa ha la sua eccezione: basta usare la giusta esca cinovenatoria e potrei anche arrivare alla meta quando il sole non è ancora alto. Lo scorso agosto è successo proprio così e in ben DUE occasioni sono stata avvistata dalle parti della Val d’Ayas in primissima mattinata.

Cosa mi ha spinto velocemente fin lassù? La possibilità di “muovere”
i can in montagna, rendendomi utile attraverso la partecipazione ai censimenti
della tipica alpina. Apprezzo da sempre la selezione cinofila fatta attraverso
la caccia e le prove di lavoro in montagna. Quando non sono più riuscita a
trovare un setter della “mia” genealogia, ho cercato il mio cane tra quelli da
montagna e sono andata a prendere la mia cucciola nei Grigioni, dove viveva in
una fattoria molto simile a quella del nonno di Heidi. Quando ho deciso di fare
una cucciolata, ho scelto un maschio che si era distinto per prestazioni in
montagna. Perché? Visto che vivo in pianura?

Perché ho sempre pensato che il cane selezionato per la montagna dovesse possedere doti come il fondo, il collegamento naturale e una sufficiente dose di intelligenza per non distruggersi, tra burroni e sassaie. Andando con cautela, tuttavia, ho ritenuto provare la mia cagna (di selezione da montagna) sui galli forcelli (che gli inglesi chiamano black grouse), anziché iniziare subito da “cose” tipo le bianche o le coturnici. Briony è un cane versatile, nonché resa estremamente gestibile ed affidabile tramite il ferreo addestramento necessario per partecipare alle prove di lavoro in Gran Bretagna. Così, quando mi è stato proposto di andare a censire ho accettato con entusiasmo e serenità, sebbene non sapessi di preciso cosa aspettarmi.

Ci sarebbe stata molta gente? Ci sarebbero stati molti cani?
Sarei stata capace di vagare tra le cime? Intendiamoci, mi sono fatta le gambe in
Appennino e ho anche un discreto senso dell’equilibrio che mi permette di non
cadere al primo intoppo ma… i dubbi restavano.

Come sapete, in Inghilterra partecipo ai censimenti alle grouse ma, fino allo scorso agosto, i miei unici censimenti italiani erano stati quelli ad ungulati. Censimenti a dire il vero piuttosto formali con ritrovo, assegnazione punto di osservazione, post ritrovo, consegna schede, a volte cena collettiva… quindi all’ incirca mi aspettavo la stessa rigidità.

Invece no… a censire eravamo soltanto in tre, accompagnati
da un agente del corpo forestale. Chi erano i tre? Io, un cacciatore locale
(non so se voglia pubblicità ma si chiama Albino Viquery) e un amico, più
marino che montano. E la squadra dei cani? Dunque, i censitori ufficiali erano
Briony (Ch.It. Briony del Cavaldrossa) e le setterine valdostane, non a caso
anche loro pezzate rosse, di Albino. Come censitore ufficioso c’era anche
Breandan (Redbriony Breandan da Ch.It. Briony del Cavaldrossa x It.Int.Eu.Ft
Ch. Gregor di Val di Chiana) di soli 8 mesi, ma da sempre “precoce”. Poi,
siccome non potevo lasciarla a casa, mi sono portata anche la sorella di
Breandan (Blue Tigerlily…. Detta anche Foky, o la “foca”, soprannome
guadagnatasi a causa di un’infanzia un po’ impacciata). Il piano era di tenere
la fochina al guinzaglio, di lasciar fare Briony e di valutare se Breandan era
in grado di muoversi in sicurezza e senza disturbare.

La zona era difficile, una pineta ripida sul cui terreno crescevano fitti i rododendri, talmente fitti da nascondere massi e crepe nel terreno: un versante noto per le valanghe, immaginatevi cosa viene trascinato giù e quanto possa essere sconnesso il terreno. Eppure, il “piccolo” ci ha fregato tutti e dal basso dei suoi otto mesi di età ha fermato lui il primo gallo! Con la fochina, al guinzaglio in consenso…. A parte il rimanere dispiaciuti per la mamma che si è fatta soffiare il gallo dal figlio, cosa chiedere di più?

E fu così che lasciammo libera di andare anche Tigerlily, del resto era impossibile gestirla legata tra rocce, pini e rododendri. Il risultato? Tanto, piacevole stupore, madre e cuccioloni che cercavano in maniera attiva e indipendente, rimanendo collegati a noi e…. senza strafare. Cercavano e correvano sì, ma stando attenti a dove mettevano le zampe. Questa cosa mi è piaciuta più di tutte. A d un certo punto siamo dovuti scendere lungo un canalone intasato di rocce di mille dimensioni, con salti e crepe tra una roccia e l’altra. Tutto nuovo per me, ma soprattutto per loro. Eppure se la sono cavata egregiamente scegliendo sempre bene come saltare da un masso all’altro fino ad arrivare a fondovalle perfettamente integri. Le mie convinzioni sugli antenati montanari dei miei cani sono tutte state confermate. La felicità, per un cinofilo/micro allevatore è anche questo!

Soddisfazione è aver dato anche un modestissimo contributo alla gestione della fauna autoctona: certo, non ho visto la quantità di selvatici che conto normalmente a grouse, ma ho avuto modo di verificare i miei cani in condizioni che ritengo decisamente probanti e ho avuto il privilegio di poterli sganciare su terreni e selvatici ai quali normalmente solo i cacciatori di tipica alpina hanno accesso, non posso che essere grata di tutto ciò.

Siccome ogni sessione di addestramento (ma anche di lavoro cinofilo), va chiusa sempre in positivo, la giornata è continuata con un pranzo a base di salumi e formaggi tipici e con un salto al caseificio della zona per fare scorta dei suddetti.

E…. una decina di giorni dopo, di primissima mattina, ero di nuovo su, a 7° C quando in pianura il termometro ne segnava già 25° C, pronta a veder confermate, o smentite, le prime impressioni su cani, selvatici e persone che si sono prese la briga di “sopportarmi”. A proposito, non voglio che sopportiate un secondo resoconto, quindi lascerò che sia la photogallery qui sotto a parlare.

PS. Per chi fosse interessato a saperne di più sui censimenti alla tipica alpina, uscirà un articolo su Sentieri di Caccia di Novembre.




About me

About me

I have a degree in Veterinary Medicine, to graduate I wrote an experimental dissertation on gundogs welfare.  As you might guess, I am interested in behavioural medicine and in everything that falls within “preventive medicine” such as nutrition, complementary medicine (I studied veterinary acupuncture)  and anything related to working and sport dogs.

I got my first Engish Setter in 1999 and my hunting licence in 2003 when I also started to follow dogs during hunting days and fieldt trials.

I have a regular column in a few Italian hunting/shooting magazines and I also collaborated with some foreign ones. In 2004 I was asked by an Italian publisher to write a book on Setters.

I trained my dog personally and I handle her a trials by myself.

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Why Gregor?

 Why Gregor?

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I chose Gregor for many reasons. First of all, Gregor is a real hunting (rough shooting) dog who hunts regularly in a difficult environment (Italian Alps). Hunting (rough shooting) is essential  to verify througlythe qualities of a pointing dog. Things like endurance and natural connection with the handler cannot be evaluated during a trial.

Furthermore, dogs who hunt in difficult conditions, such as public grounds, need a an extremely high drive to continue searching for birds without seeing one for ours.  Gregor awards in mountain trials certify his qualities. Gregor has been trained and is handled by his owner, which is fairly unusual for an Italian top winning English Setter: most of them are given to professional handlers.

I also like his conformation (I think he as an excellent topline) and his temperament.

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Puppies…. Briony x Gregor

The puppies

I chose this dam and this stud to obtain excellent hunters with a good conformation and size. I think English Setters should be beautiful and smart hunting dog with a sound conformation. I want the puppies to be strong hunters, healthy and have a nice temperament. Hopefully they would also have enough qualities to be trialed and/or showed. A female puppy will be kept by me. I carefully planned this litter and the pups will be reared inside the house (not in a kennel) to be properly socialized and housetrained. Pups will be fed Carnilove puppy first and Carnilove large breed puppies later.

My ideal owner is someone who can understand and appreciate the care I put in this litter. These pups should become family members, not hunting tools.

To contact me: englishsetterATgmailDOTcom

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Puppies… coming soon

It. Ch./R.S. Briony del Cavaldrossa x It.FT.Ch./Int.FT.Ch./Eu.Ch./ R.S. Gregor di Val di Chiana*

R.S = Selected Producer * (all Gregor awards were gained in mountail field trials)

Selected Production Puppies (pink pedigree) ***In italiano qui ***

It.Ch./ R.S. Briony del Cavaldrossa Click here to see the Pedigree

(Pr.Ch/S.R. Gion di Crocedomini  x Ansa del Simano)

HD A ED 0 PRA (rcd4)  Clear NCL Clear 58 Cm.

Briony is out of Producer Champion and Selected Producer Gion di Croocedomini (HD/A ED 0) x Ansa del Simano (HD/B), a bitch belonging to a Swiss hunter who hunts with her  on the Alps.

Briony was purchased as a personal hunting (rough shooting) dog. Thanks her correct conformation, which is very special considering she is out of working bloodlines, she later became Italian Full Champion (owner handled), gaining also 2 BOB and 3 BOS. She is an  Italian KC selected Producer and she is 58 cms tall and she has a full and correct dentition (certified).

I later started to train her for field trials where I always handled her competing in Italian trials and in British trials (grouse and partridge). In 2017, she won Novice Stake at Pointer Club Field Trial on partridge held in Sandrigham (England). Thanks to this award she was admitted to the Kennel Club Stud book and was granted  perpetual access to Crufts (Field Trial Class). Briony is the first Italian (and Continental) dog to win a Partridge trial in the UK.

She is a versatile hunting dog who normally hunts on the hills and in the plains where she can handle snipe nicely. She was used for grouse counting in Northern England, grey partridge counting in Italy and to push pheasant back into an estate in Kent.

Click here to see Briony during a trial (around min.4).

She is smart,  well connected to the handler and gifted with an exceptional endurance.

In spring/summer she enjoys practicing  basic and advanced obedience. She is a pleasurable dog to live with: she lives indoors and loves coming everywhere with me.

Click here to read how puppies will be raised and get contact information.

Who I am?

Click here to see more pics of Briony & Gregor

Ft.Ch.It.L./Int. Ft.Ch/ Eu. Ch. / R.S. Gregor di Val Di Chiana

(Multi Ch. Picasso x Hemnj di Val di Chiana) Click here to see the pedigree.

HD A, height 58 cms Click here to see Gregor in action

Gregor was breed by Ademaro Scipioni and is now owned by Domenico  Pensa, who hunts with him on the Alps. He also trained him and handles him in  mountain trials. Thanks to these trials, Gregor became Italian FT Ch., International FT. Ch. and European FT.Ch. 2014 (mountain trials). Beside this,  Gregor has a very nice conformation and has already gained 2CC and 2 RCC at shows. Gregor is an Italian KC Selected Producer.

Click here to discover why I chose Gregor.

 

 

 

 




Altre brevi note sul setter nero focato – di Rino Radice

Altre brevi note sul setter nero focato – di Rino Radice Rassegna Cinofila Novembre-Dicembre 1936 XV

Trascrizione a cura di Maurizio Peri

I Brevi appunti sul setter nero focato da noi pubblicati nell’ultimo numero di questa Rassegna, non hanno incontrato il favore di un anonimo scrittore di “La Caccia e la Pesca” (v. La Caccia e la Pesca, n.3: A proposito del Setter scozzese – sinonimi: Setter Gordon, Setter nero fuocato – smentite ufficiali che non smentiscono ma confermano) e del Prof. Gino Pollacci (v. Diana 1936, n. 24: Ancora sul Setter Scozzese).

Il dissenso non ci stupisce affatto perché è da tempo che La Caccia e la Pesca va ospitando articoli nei quali si sostiene sia la denominazione di scozzese sia il mantello tricolore per la razza di cui è questione, ed il Prof. Gino Pollacci nel n. 19 (15 Ottobre) di Diana 1936 spezzava ancora, posteriormente dunque al riconoscimento E.N.C.I. alla Società del Setter nero fuocato, una lancia a favore del mantello tricolore e della denominazione… scozzese.

E’ appunto a causa di tali pubblicazioni che abbiamo ritenuto opportuno e doveroso pubblicare i nostri brevi appunti. Il dissenso dunque non ci stupisce perché già conosciuto, ma quello che ci stupisce è il modo col quale specialmente l’anonimo scrittore de La Caccia e la Pesca, ed, in tono minore, il Prof. Pollacci, hanno creduto di potere demolire le conclusioni cui eravamo arrivati nei nostri brevi appunti.

Avevamo onestamente pubblicato integralmente cinque documenti (le lettere dei Sigg. Eadington, Jack e Wright, la memoria del Sig. Bolam e lo standard ufficiale inglese), ne avevamo tratte le nostre conclusioni, sulle quali il lettore poteva pur dissentire, ma avevamo dato mezzo al lettore di formare il suo giudizio alle medesime fonti dove avevamo attinto il nostro; non ci aspettavamo però che per giungere a diverse conclusioni si potesse osare di citare incompletamente e di stroncare i pensieri degli autori dei documenti pubblicati.

Questo stroncamento è la causa principale del nostro stupore.

L’anonimo scrittore di La Caccia e la Pesca scrive:

“E’ bene ricordare come sia venuto alla luce il nome di Setter Scozzese, recentemente bocciato. Non è stato un capriccio nostro. No. Esso è stato preso da una pubblicazione ufficiale dell’E.N.C.I. sul Setter Gordon (nero focato), apparsa nei numeri 3, 4, 5, 6, 7, e 8 di Rassegna Cinofila del 1931, appunto con il nome di Setter Scozzese, Questa pubblicazione dovuta al Prof. Gino Pollacci era avallata, senza alcuna riserva, dalla firma del Dr. Rino Radice, Segretaraio Generale dell’E.N.C.I., quale Direttore della Rivista. La pubblicazione portava bene in vista questo titolo Setter Scozzese (sinonimi: Setter Gordon, Setter nero fuocato) e di essa furono editati anche e distribuiti degli estratti, ad evidente scopo di indirizzo cinofilo. L’A. Prof. Gino Pollacci, dimostrava in essa che l’origine del Gordon era la Scozia e l’E.N.C.I. teneva a battesimo nel 1931 questa asserzione, e, come già abbiamo detto, le dava il crisma ufficiale.

Nessuno allora protestava, nemmeno i lettori de Il Cacciatore Italiano.

Quest’anno in un primo tempo all’epoca del riconoscimento della Società Italiana, non teneva più conto del nome stabilito sotto i suoi auspici, metteva da una parte la pubblicazione ufficiale, e non voleva più saperne del nome Scozzese ed indirettamente della riconosciuta provenienza”

E’ vero che il Prof. Pollacci nel 1931 faceva pubblicare, nei N. 3, 4, 5, 6, 7, e 8 di Rassegna Cinofila, uno studio sul setter nero fuocato, studio che conteneva anche una traduzione dello standard stabilito dalle società scandinave ed una traduzione dello standard stabilito dalle società britanniche ed infine chiudeva, dopo avere affermato essere preferibile quest’ultimo in confronto del primo, con una proposta di standard che senza avere la pretesa di volerne stabilire uno diverso da quello scozzese, può completarlo e renderlo meno improprio nella dicitura se non modificarlo (v. Rassegna Cinofila, 1931, N.8, pag. 319).

E’ vero che il Prof. Gino Pollacci, secondo la consuetudine, faceva riunire in un opuscolo le sei puntate del suo studio apportandovi anche qualche variante e l’opuscolo diffondeva fra gli amici. Ma le proposte del Prof. Pollacci non avevano più seguito; l’E.N.C.I. non ha mai fatto sue né la proposta di mutamento del nome né la proposta di standard. Non sappiamo a quale canone, a quale consuetudine giornalistica l’anonimo possa appellarsi per giustificare la pretesa peregrina che la pubblicazione di un articolo firmato nella parte redazionale di una rivista, sia pure ufficiale di un Ente, porti con sé automaticamente che le conclusioni cui l’articolista è giunto diventino per sé stesse ufficiali e che la firma del Direttore, concessa come affermazione di responsabilità verso lo Stato, avalli le conclusioni, magari anche le sublimità o le castronerie, cui l’articolista può avere dato corpo.

La pubblicazione dello studio sul setter n.f. compiuto dal Prof Pollacci non aveva allora carattere ufficiale, come non lo hanno i nostri brevi appunti e queste nostre note aggiunte. Si tranquillizzi adunque l’anonimo scrittore de La Caccia e la Pesca; l’E.N.C.I. non ha mangiato –novello Saturno – i suoi figli sia perché il gesto non è mai stato né morale né estetico, sia perché, in questo caso, figli non aveva avuto né ha.

All’anonimo scrittore ed, in tono minore, al Prof. Pollacci invece domandiamo quale giudizio essi farebbero di un contradditore che, per coglierli in fallo, si permettesse di citare incompletamente i loro scritti. Domandiamo perciò a loro ed al lettore imparziale se sia giornalisticamente corretto e polemisticamente efficace affermare:

che il Signor Bolam -la cui memoria tradotta non è che il cenno illustrativo premesso alla nuova edizione dello standard (il quale ora non porta più la scala dei punti) (1) quindi qualcosa di ben più importante di quello che non possa esserlo l’espressione del pensiero personale di un noto od ignoto cinofilo, e con ciò intendiamo rispondere al Prof. Pollacci che taccia d’incompetente il Bolam stesso – scrive che l’origine del Gordon è praticamente sconosciuta, ed ammette che nel 1830 il Duca di Gordon aveva un gran numero di setters di colori vari ma sottacere la conclusione cui il Bolam giunge, dopo avere dissertato alquanto sui cani appartenenti al Duca di Gordon sugli incroci a questo o ad altri attribuiti e sulla mancanza di ogni prova in merito e, cioè che : ANZI NON POSSIAMO NEANCHE AFFERMARE CON SICUREZZA CHE IL SETTER GORDON PROVENGA DAL CASTELLO DI GORDON.

che il Sig. Jack scrive che la razza si chiama Gordon dal nome del Duca di Gordon che risiedeva nel castello scozzese ecc ed omettere il seguito: LA VERA ORIGINE DELLA RAZZA E’ SCONOSCIUTA ma comunque essa non esisteva nel 1803. Il Colonnello Thornton, noto sportivo di quel periodo ebbe occasione di visitare il Castello di Gordon e nel suo libro: “Northern Tour” scrive di un incrocio che il Duca aveva fatto fra un lupo ed un volpino di Pomerania (2);

che il Sig. Whright afferma che in origine il Setter Gordon fu allevato dal Duca di Gordon ecc. e tralasciare che vi sono molte teorie sull’origine della razza e che il vero, è probabilmente che questi cani, che erano neri, bianchi e focati, erano della STESSA RAZZA DEI SETTERS INGLESI, che in altre parole c’erano tre tipi di setters inglesi cioè “Laverack”,”Belton” e “Gordon” e che più tardi questi Gordon furono conosciuti sotto il nome di setters “nero fuocati”.

L’anonimo autore de La Caccia e la Pesca ci fa poi rimprovero di non aver fatto nulla di nuovo col riportare lo Standard britannico del setter nero fuocato salvo la pessima traduzione, mentre esso standard si trova assai ben tradotto “ letteralmente” nella pubblicazione così detta ufficiale del Prof. Pollacci (v. Rassegna 1931). Saremmo pronti a batterci il petto se ci sentissimo traditori dello standard britannico; ma noi non abbiamo fatto quella traduzione perché ignari della lingua inglese; fidenti però nella piena esperimentata conoscenza delle lingue italiana ed inglese sia da parte della Signora Americana cui era stata affidata la traduzione, sia da parte dell’allevatrice cinofila italiana che parlando perfettamente la lingua inglese apportò la propria competenza tecnica nella revisione dell’opera della prima, siamo in dovere di difendere il lavoro delle nostre benemerite collaboratrici. Potremmo citare una rispettabile serie di imprecisioni della traduzione del 1931; ci limitiamo a scegliere nel mazzo alcuni punti riportando per il raffronto il testo inglese e le due traduzioni 1931 e 1936:

Testo inglese Trad. 1931 Trad. 1936
 

A stylish dog, not so racy as the Irish, but more dignified in appearance,

 

Clear colours

 

The head should have a clearly indicated stop

 

On the inside of the hind legs and inside of thighs showing down the front of the stifle and broadening out to the outside of the hind legs from the hock to the toes. It must, however, not completely eliminate the black on the back of hind legs.

 

The bloodhound type with heavy and big head and ears and clumsy body, as well as the collie type with its pointed muzzle and curved tail.

APPARENZA GENERALE

Cane che ha uno stile proprio non tanto bello quanto l’irlandese ma più massiccio per l’aspetto….

 

Colore spiccato

TESTA

La testa deve avere un portamento nettamente definito

MACCHIE

Sul lato interno delle zampe posteriori, in basso anteriormente sui ginocchi fino al lato esterno delle zampe posteriori, dall’anca fino alle dita. Non è detto che debba mancare  completamente il nero sui lati delle zampe posteriori.

DIFETTI- IMPRESSIONE GENERALE

Il tipo del cane consanguineo con testa ed orecchi pesanti e larghi, corpo tozzo come il tipo collie con il suo muso appuntito, la coda curva

 

Un cane di stile, di aspetto meno snello del setter irlandese ma di apparenza più dignitosa

 

Colori ben definiti

 

Lo stop della testa è ben marcato

 

 

Sulle parti interne degli arti posteriori e delle coscie, le macchie possono allargarsi fino alla parte esterna degli arti fra il garretto ed il piede, ma non devono però eliminare completamente il nero sul retro degli arti posteriori.

 

Tipo Bloodhound con testa grossa e pesante, orecchie troppo grandi e corpo senza garbo; anche il tipo Pastore scozzese, con il muso a punta e la corda arcata

 

Tanto l’anonimo scrittore de La Caccia e la Pesca come il Prof. Pollacci fanno dell’ironia per avere noi concluso che il Setter nero fuocato ha avuto le sue origini nelle isole britanniche. La conclusione è esatta e doverosa: forse che al pointer non è stata attribuita erroneamente la derivazione dal bracco italiano, e con qualche maggiore probabilità, dal bracco spagnolo?

E con ciò non ci occuperemo più dell’anonimo di La Caccia e la Pesca, ma passeremo a dare alcuni schiarimenti al Prof. Pollacci incominciando dal rimprovero rivoltoci in tema di standard (3) di avere tradotto con testa con molto spazio per il cervello  (!) la frase: with plenty of brain room  che egli ora dice volere significare cassa cranica grossa. Prescindendo che la traduzione letterale della frase inglese è: con abbondanza di cervello spazio, non ci pare inutile rimandare il Prof. Pollacci alla sua stessa traduzione del 1931 ed alla sua stessa proposta di standard ch’egli allora aveva fatta; si legge testualmente nell’una e nell’altra: con abbondante scatola cerebrale! Il che può essere zuppa e pan molle con la nostra testa con molto spazio per il cervello (che si riferisce alla capienza della scatola) e non già con cassa cranica grossa (che si riferisce alla grossezza delle pareti).

Il Prof. Pollacci poi ci rimprovera di avere accennato alla possibile immissione di sangue Bloodhound negli ascendenti del setter nero fuocato nonostante che il Bolam lo escluda o meglio ne infirmi la prova data da taluni col richiamo al rosso nell’occhio. E’ vero che il Bolam non fa caso di tale prova. Ma il Prof. Pollacci non cita, neppure per demolirlo, il periodo della lettera del Sig. Jack in cui è detto: “ Si trovano pure delle referenze a tipi più pesanti, con la testa grossa e pesante, con le labbra grosse e pendenti, MOSTRANDO UN RECENTE INCROCIO CON IL BLOODHOUND ed il setter inglese o l’irlandese”.

A tale proposito ricordo che lo standard proscrive tanto il tipo Bloodhound, come il tipo collie, segno evidente che immissioni di tali sangui sono avvenute ed ora se ne vorrebbero eliminare le conseguenze. E il Prof. Pollacci ben sa che sono stati importati in Italia soggetti dove la impronta del Bloodhound è indiscutibile! Così per l’intervento del collie, non abbiamo da osservare che il Prof. Pollacci insiste ancora sulla leggenda del cane da pastore scozzese usato dal Duca di Gordon per la formazione della razza, mentre il Bolam non vi crede e tutti gli altri informatori non ne parlano.

Ancora: il Prof. Pollacci vuol persuadere che altri, oltre lui, ha usato per il setter n.f. il nome di scozzese e che altri, oltre lui, ha combattuto per il mantello tricolore nel setter nero fuocato. Gliene diamo atto ma osserviamo:

per il nome: che il tentativo non ha trovato successo né nelle isole Britanniche né in Scandinavia né nell’Europa continentale;

per il mantello: che nessuno ha mai negato che in origine esso fosse tricolore, ma è indiscutibilmente esatto che ora il bianco non è desiderato (“la macchia sul petto più piccola è, meglio è”); la lettera di Paul Caillard riportata integralmente dal Prof. Pollacci non fa che documentare la sconfitta subita nel tempo dalla tesi sostenutavi cinquantacinque anni fa dal competentissimo e valentissimo giudice francese. A confutare poi l’ultima affermazione del Caillard e del Signor Trewithick che una gran parte dei cani iscritti allo Stud Book del Setter, cani nero e fuoco non hanno alcun rapporto con la primitiva razza dei Duchi di Gordon, dovrebbe pur servire il seguente brano della lettera inviataci dal Sig. Wright, Segretario del British Gordon Setter Club:

Una signora entusiasta, la Signora R.M. Gray, ha dedicato molto tempo di quest’anno allo studio di antichi libri di origine e giornali cinofili ed asserisce, escludendo ogni dubbio, che tutti i Gordon moderni discendono da “Jobling’s Dandye”

Quel Jobling’s Dandye, discendente dalla razza di Gordon che vinse il primo premio per tutti i Setters alla esposizione di Newcastle nel 1859!

Ed a proposito di gordons tricolori il Prof. Pollacci non è a cognizione che ad una femmina importata in Italia sia stata fatta scomparire la macchietta bianca che aveva sul petto? Perché? Il bianco non è forse desiderato?

Il Prof. Pollacci infine ci accusa di avere riprodotto, quale prototipo del Setter nero fuocato, l’effige di un Setter tolto dalla sua monografia; quella monografia che, secondo lui, noi non avremmo mai letto! Tale disegno, egli dice, non riprodurrebbe un setter n.f. puro ma bensì il lontano discendente di un incrocio fra un puro ed un irlandese. Questo sa il Prof. Pollacci perché ne fu informato dal norvegese Prof. Helgeby di Oslo su testimonianza del norvegese Schilbred.

L’informazione può essere esatta, ma l’accusa fattaci non ci tocca; non abbiamo usato per la illustrazione la figura data dal Prof. Pollacci or sono cinque anni; ma abbiamo direttamente riprodotto la figura come intestazione della carta da lettera del British Gordon Setter Club, di cui, vedi combinazione, è proprio presidente onorario il Duca di Richmond e Gordon! La cantonata dunque, se vera, non è nostra!

A chiusura non ci resta dunque che concludere, con sopportazione dei contradditori, che manteniamo perfettamente integre, con più vigorosa persuasione se fosse possibile, le quattro conclusioni cui eravamo arrivati nei precedenti nostri brevi appunti.

RINO RADICE

(1) se la scala dei punti avesse fatto parte, anche in una sola edizione delle due che abbiamo ricevute, dello standard britannico, non l’avremmo certo omessa, anche se la scala in genere non gode delle nostre simpatie, e non siamo soli in tale apprezzamento negativo (N.d.A.).

(2) la citazione di questo incrocio non è fatta per attribuire all’ascendenza del Setter Gordon il lupo ed il volpino, ma unicamente per dimostrare che il noto sportivo Thornton recatosi a Gordon nel 1803 non vi trovò ancora i Setter Gordon ma, sola cosa rimarchevole, l’incrocio citato.

(3) cogliamo l’occasione per correggere due errori in cui il proto è caduto nel riportare la nostra traduzione dello standard: parlando della testa egli ha fatto diventare asciugato ciò che era asciutto nell’originale ed ha ridotto un naso grande in un non grande. Anche il Prof. Pollacci sa che tali infortuni sono tipograficamente sempre possibili, cosicché nel suo attuale articolo di Diana il nome del Signor Bolam e ripetutamente e costantemente divenuto Bloam.




Brevi appunti sul setter nero focato – di Rino Radice

Brevi appunti sul setter nero focato  di Rino Radice – Rassegna Cinofila ottobre 1936, XIV

Trascrizione a cura di Michele Ivaldi

(clicca qui per leggere il seguito dell’articolo)

***

La nuova costituzione in Italia di una Società specializzata per il Setter nero fuocato ha dato inizio ad una discussione sulle origini e sulle caratteristiche, specie sul mantello e sul nome di questa razza.

Per tale fatto abbiamo ritenuto opportuno attingere direttamente nel paese che ha dato i natali alla razza alcune informazioni che potessero considerarsi un poco come punti fermi.

Abbiamo perciò interpellato i Signori W. R. Eadington, Segretario dell’English and Gordon Setter Association (Associazione del Setter inglese e del Setter gordon), il Sig. George Jack, Segretario della Scottish Gundog Association (Associazione Scozzese del cane da caccia), ed il Sig. Albert E. Wright, Segretario onorario del British Gordon Setter Club (Club Britannico del Setter gordon).

Sono dunque tre competenze, non solo per le cariche ricoperte ma anche per il posto da essi occupato nell’allevamento britannico del nero fuocato.

Il Signor W. R. Eadington del Cheshire ci scrive:

Warverley, 15 agosto 1936.

Gentile Signore,

Le mando qui accluso lo standard del Gordon Setter, come è attualmente in vigore in Inghilterra. Le mando inoltre alcune altre informazioni che forse Le possono servire. Ultimamente ho avuto la grande fortuna di potermi procurare un ottimo cucciolo Gordon e spero per la prossima primavera di avere dei begli esemplari da questo stallone e da una nipote della mia femmina Camp. Painter’s Nancy. Per qualunque altra informazione che Le possa occorrere, sarò sempre a Sua disposizione.

Cordiali saluti,

R. Eadington

Accompagnando la seguente breve memoria a stampa, dovuta alla penna del Sig. G. F. Bolam, e lo standard della razza, qual è fissato dalle Società britanniche la cui traduzione pubblichiamo a seguito di queste brevi note:

IL GORDON SETTER

Rintracciare l’origine di una qualsiasi razza di cane è, senza dubbio, interessante; ma è un lavoro senza fine, ed i risultati raggiunti sono quasi sempre inconclusivi. Informazioni autentiche ed accurate scarseggiano; e poi, un secolo fa si scriveva poco o niente su quest’argomento. Dunque, l’origine del Setter Gordon, come quella di tante altre razze canine, è praticamente sconosciuta. Un vecchio cinofilo sostiene l’idea che il Setter è probabilmente un grosso spaniel, al quale un secolo di allevamento curato ha dato la grandezza e l’apparenza caratteristica, e che ha imparato un modo speciale di segnalare la preda durante la caccia. Un altro dice, però che solo il Setter Irlandese era originariamente spaniel; le altre varietà dei setter sono prodotti di incroci di un spaniel con bracco spagnolo. Ci sono pure numerose altre teorie circa l’origine del setter, ma, in fin dei conti, non ce n’è una più attendibile delle altre. E’ un fatto però ben conosciuto che nell’anno 1830 il Duca di Gordon possedeva un gran numero di setters, di colori vari, per esempio, bianco, nero, e rosso; ogni tanto uno di questi cani veniva ceduto a qualche allevatore; e c’è poco dubbio che un gran numero di Setter Gordon di oggi sono discendenti di cani che provenivano dal canile del Duca di Gordon. E’ opinione generale che da quell’epoca si siano verificati vari incroci nell’allevamento dei Gordon. Uno scrittore dice che il Bloodhound è stato adottato per un incrocio, citando, come prova di questa teoria, il fatto che in molti Gordon si vede il rosso dell’occhio. Secondo me, però, questo fatto non prova nulla; ad esempio, il rosso dell’occhio è un difetto comunissimo anche nel Cocker nero; e non credo che ci sia il più piccolo grado di parentela fra il cocker e il bloodhound. Ammetto che il Gordon ha una maniera di muoversi alquanto simile a quella del bloodhound, ma anche questo fatto non si può prendere come prova assoluta. Si dice che al Castello del Duca di Gordon c’era un cane da pastore e che il Duca abbia adottato questo stallone molto spesso nell’allevamento di cani da caccia, ma anche qui, non esiste la minima prova: anzi, non possiamo neanche affermare con sicurezza che il Setter Gordon provenga dal Castello di Gordon. È  un fatto indiscutibile però che il Setter Gordon ha fatto molti progressi ultimamente. Il numero di registrazioni di Gordons è sempre in aumento e probabilmente il Gordon diverrà popolare come gli altri due tipi di setters. In azione, i Gordons sono ottimi; hanno un naso straordinario, e nonostante tutto quello che si dice, al contrario, sono instancabili, facilmente ammaestrabili, e trovano sempre la preda. Il Gordon è un cane di indiscutibile bellezza; la cagna è un’ottima madre. Oggi hanno un gran difetto, particolarmente evidente nelle cagne; sono molto timidi nelle mostre; però quando lavorano, questo difetto non si manifesta che raramente. Al presente, gli allevatori di Gordon si stanno sforzando di correggere questo difetto, e i risultati finora ottenuti sono soddisfacenti. Il lavoro di Mr. W. Murray Stewart, Segretario generale del British Gordon Setter Club, in questo campo, è stato di grande valore, ed è suo vanto che neanche uno dei suoi cani soffre di nervosismo. Nelle mostre ed esposizioni c’è sempre grande concorrenza nelle classi dei Gordons, lo standard è altissimo, viva la competizione, e solo un soggetto extra potrà arrivare a un C.A.C. Purtroppo, però, è difficile trovare una cagna di primo ordine. Ne conosco pochissime, e fra queste, nessuna da paragonare a Camp. Painter’s Nancy od a Camp. Bydand Miss Sport, che si sono coperte di allori nelle esposizioni di pochi anni fa. Ma con tutti i buoni stalloni che ci sono disponibili, dovrebbe essere facile rimediare a questa situazione, ed eliminare i difetti (quale la timidezza) delle cagne: timidezza, taglia piccola e posteriore vaccino. Nell’apparenza, il Gordon dovrebbe essere più grande e più pesante dell’Inglese e dell’Irlandese; la sua testa pure dovrebbe essere più pesante. Però, come complesso generale deve essere snello e agile, per il suo lavoro; gli allevatori devono cercare sempre di eliminare spalle pesanti, occhi troppo chiari, colore cattivo, coda lunga e mal portata. Lo standard, che ormai è internazionale, dev’essere ben studiato, e giudici ed allevatori dovrebbero cercare sempre di attenersi a questo standard. Troppi giudici, purtroppo, hanno le loro idee personali circa il Gordon; bisogna cercare sempre di eliminare le opinioni personali. Se tutti concorrono lealmente nell’aderire allo standard i risultati saranno certamente benefici per la razza del Gordon.

F. Bolam.

Il Signor George Jack del Dundartonshire (Scozia) ci manda, oltre lo standard, le seguenti note:

9 Settembre 1936.

In risposta alla Sua lettera, ho il piacere di scriverLe qualche informazione che spero Le possa servire.

La razza si chiama Gordon dal momento in cui fu presentata al pubblico dal Castello di Gordon (Fochabers, Banffshire, Scotland), sede Scozzese del Duca di Richmond e Gordon. La vera origine della razza è sconosciuta, ma comunque, essa non esisteva nel 1803. Il colonnello Thornton, noto sportivo di quel periodo, ebbe occasione di visitare il Castello di Gordon e nel suo libro “Northern Tour” scrive di un incrocio che il Duca aveva fatto fra un lupo e un Volpino di Pomerania. Verso il 1820 la razza fu conosciuta in diverse località. Nel 1897, il vecchio tipo del Setter di Gordon fu accoppiato con un Setter Inglese di sangue prevalentemente Laverack. Il risultato di questo incrocio fu la perdita del vero tipo Gordon, cioè il cane nero, rosso mogano (fuoco) e bianco. Esistono negli annali Inglesi tante referenze a setter nero e fuoco; però questo non vuol dire che fossero tutti Gordon. Ma purtroppo anche l’origine di questi è incerta. Verso il 1860 il Jubb, capo guardiacaccia del Castello di Gordon ebbe occasione di dire che “tutti i Setters Gordon erano originariamente nero e fuoco, ma adesso (cioè 1860) sono nero, bianco e fuoco”. Il fu Duca di Gordon preferiva quella combinazione di colori, sostenendo che era più bella e che era più facilmente seguibile sul terreno durante la caccia. Sono cani sveltissimi e allegri, e non fanno mai una falsa punta. Si trovano pure delle referenze a tipi più pesanti, con la testa grossa e pesante, con le labbra grosse e pendenti, mostrando un recente incrocio fra il Bloodhound e il Setter inglese o l’Irlandese. Faccio seguire la descrizione ed le caratteristiche principali del Gordon:  Nello standard del Gordon Club, non è permesso il nero, fuoco e bianco. La testa è più pesante di quella del Setter Inglese, molto larga fra gli orecchi, cranio leggermente arrotondato, l’occipite ben sviluppato, con molto spazio tra l’occipite e la mascella inferiore che non nel Setter Inglese. Non troppo spazio fra gli occhi; naso di media lunghezza e largo in alto, con le narici ben aperte, in modo che il naso sia più largo in questo punto. La forma della mascella inferiore varia alquanto, ma di solito la mascella inferiore è pesante. Gli orecchi pure variano; troviamo alcuni cani con gli orecchi lunghi e setosi, pendenti vicino alla faccia; in altri esempi gli orecchi sono più corti. Il corpo è più pesante di quello del Setter Inglese ma segue la stessa linea, pressappoco, cioè con le spalle profonde e ben inclinate, petto profondo piuttosto che largo, costole ben aperte dietro le spalle, specialmente nella parte posteriore; gomiti e dita dritti; gambe muscolose con ginocchia forti e larghe, ossa grandi in tutte e quattro le gambe, piedi pelosi.
Colore del Mantello. – Occhi, guancia, labbra, collo, e gola, e piedi fuoco. Fuoco sulle gambe anteriori fino al ginocchio, sulle gambe posteriori fino ai fianchi, sulla pancia, sulla parte interna delle cosce e dentro le orecchie.
Altezza. – Circa 25 pollici (= 63/64 centimetri).

Spero che quest’informazione possa interessarLa. Sarò lieto di aiutarLa se ha bisogno di altra informazione.
Con distinti saluti,

George Jack.

Ed infine il Signor Albert E. Wright, di Luton, segretario di quel British Gordon Setter Club di cui è Presidente onorario Sua Grazia l’attuale Duca di Richmond e Gordon, scrive:

Luton, 20 Agosto 1936.

Gentile Signore,
Le rispondo con un po’ di ritardo perché la Sua lettera è arrivata durante la mia vacanza. In origine il Setter Gordon fu allevato dal quarto duca di Gordon al Castello di Boyne, Scozia. Vi sono molte teorie sulla origine della razza. Il vero è, probabilmente, che questi cani, che erano nero, bianchi e focati, erano della stessa razza dei Setters Inglesi. In altre parole, c’erano tre tipi di Setters inglesi cioè “Laverack”, “Belton” e “Gordon”. Più tardi, questi Gordons furono conosciuti sotto il nome di “Setters nero-focati”. E un cane di questa razza, conosciuto quale “Gobling’s Dandye” ha vinto il primo premio nella prima mostra tenuta in questo paese; il che avvenne a Newcastle nel 1859. Una signora entusiasta, la Signora K. M. Gray, ha dedicato molto tempo di quest’anno allo studio di antichi libri d’origine (stud books) e giornali cinofili, ed asserisce escludendo ogni dubbio, che tutti i Gordons moderni discendono da “Gobling’s Dandye”. Si crede generalmente che siano stati fatti degli incroci con Setters Irlandese per eliminare le macchie bianche, e da questo è risultato il Gordon moderno. Il bianco riappare regolarmente, però, in piccole quantità, generalmente sul petto e qualche volta sulle dita. Spero di averLe dato delle notizie interessanti, e di averLe risposto alle informazioni che mi ha domandato. Mi dispiace di non essere in grado di contraccambiare i suoi complimenti scrivendo nella Sua magnifica lingua.

Sinceramente,

Albert E. Wright

Non crediamo di errare se, a conclusione delle informazioni avute, possiamo concludere:
che pur non potendo stabilire precisamente quale regione diede origine alla razza in esame, si può con sicurezza asserire che essa ebbe i natali nelle Isole Britanniche, avendo concorso alla sua formazione e fissazione, oltre ad altre razze canine (quali il cane da pastore scozzese, il bloodhound ecc.) il setter inglese principalmente ed il setter irlandese;
che il nome comunemente usato nelle Isole Britanniche è quello di gordon e secondariamente di nero fuocato, mentre nessun richiamo viene fatto alla regione scozzese;
che il mantello ora fissato è il nero fuocato, escludendo il bianco, solamente tollerato;
che il setter nero fuocato deve essere nel suo complesso un poco più pesante del setter inglese senza però eccedere.

Rino Radice

***

CARATTERISTICHE DEL SETTER NERO FUOCATO STABILITE DALLE SOCIETA’ BRITANNICHE SPECIALIZZATE.

(Società del Setter Inglese e del Setter Gordon e dalla Società Britannica del Setter Gordon).

Disegno apparso nell’articolo originale

Apparenza generale. – Un cane di stile, di aspetto meno snello del Setter Irlandese ma di apparenza più dignitosa; muscoloso, e di tipo prettamente Setter, di conformazione simmetrica. Dorso forte e relativamente corto e livellato, coda corta. Testa ben delineata, con espressione intelligente, colori ben definiti, con pelo liscio o leggermente ondulato.

Grandezza.  – In media, altezza alle spalle, per il maschio 66 centimetri; per la femmina 62 centimetri.

Testa. – Profonda piuttosto che larga, con molto spazio per il cervello, ben arrotondata, cranio ben formato, e più largo fra le orecchie. Lo stop della testa è ben marcato. Sopra e sotto gli occhi dovrebbe essere (asciugata) asciutta e le guance le più strette possibile. Il muso è abbastanza lungo con linee quasi parallele, e non a punta sia guardandolo dal di sopra che guardandolo di profilo. Le guance non pendenti, ma con una indicazione chiara delle labbra. (Non) Naso grande, largo, con narici aperte, di color nero.

Occhi. – Abbastanza grandi, non troppo profondi né troppo sporgenti; bruno scuri, brillanti e intelligenti.

Orecchie. – Attaccate basse sulla testa, abbastanza larghe e sottili.

Collo. – Lungo, magro, arcato verso la testa, e senza giogaia.

Spalle. – Lunghe, oblique, che indicano libertà di movimento; gomiti abbastanza bassi.

Petto. – Profondo, e non molto largo davanti. Le costole ben allargate, lasciando molto spazio per i polmoni.

Arti anteriori. – Ossa grosse, diritte, ben coperte di pelo, con gomiti liberi.

Arti posteriori. – Lunghi dall’anca al garretto piatti e muscolosi; dal garretto al tallone corti e forti. Le articolazioni ben piegate e non inclinate né in dentro né in fuori.

Piedi. – Ovali, con le dita unite e ben arcate.

Coda. – Corta e non dovrebbe arrivare sotto il garretto. Portata orizzontale o quasi. Grossa alla radice, terminante in una punta sottile. Il pelo vicino alla radice della coda dovrebbe essere dritto, diminuendo di lunghezza verso la punta.

Pelo.– Dovrebbe essere soffice e lucente, somigliante a seta. Liscio o leggermente ondulato ma non riccio, con peli lunghi sulle orecchie, sotto lo stomaco, sul petto, dietro agli arti posteriori ed anteriori e vicino ai piedi.

Colore e macchie. – Nero cupo lucente, con macchie di un colore caldo rosso-mogano. Le macchie debbono essere lucenti e non opache. Possono avere delle strisce nere sui piedi.

POSIZIONE DELLE MACCHIE FOCATE

  1. Due macchie distinte sopra agli occhi, di non più di due centimetri di diametro.
  2. Ai lati del muso, la fuocatura non deve oltrepassare la base del naso, sì da sembrare una striscia intorno alla punta del muso da una parte all’altra.
  3. Sulla gola.
  4. Due larghe e distinte macchie sul petto.
  5. Sulla parte interna degli arti posteriori e delle cosce, le macchie possono allargarsi fino alla parte esterna degli arti fra il garretto e il piede, ma non devono però eliminare completamente il nero sul retro degli arti posteriori.
  6. Sugli arti anteriori, dietro fino al gomito, davanti un po’ più in alto.
  7. Intorno all’ano.

E’ tollerata una macchia (bianca) sul petto ma più piccola è meglio è.

DIFETTI

Impressione generale. – Apparenza poco intelligente. Tipo Bloodhound con testa grossa e pesante, orecchie troppo grandi e corpo senza garbo. Anche il tipo Pastore Scozzese, con muso a punta e la coda arcata.

La testa. – A punta, piccola, muso che va in giù o che va in su, bocca troppo piccola o troppo larga.

Gli occhi. – Di colore troppo chiaro, troppo infossati o troppo sporgenti.

Orecchie. – Attaccate troppo in alto, troppo larghe o pesanti.

Il collo. – Grosso e corto.

Spalle e schiena. – Di forma irregolare.

Il petto. – Troppo largo.

Arti e piedi. – Storti, gomiti sporgenti in fuori; dita allargate, piedi piatti.

La coda. – Troppo lunga, portata male, ricurva all’estremità.

Il pelo. – Riccio come la lana, non lucente.

Il colore. – Fuocature troppo chiare, senza linee ben marcate fra i diversi colori. Piedi bianchi. Troppo bianco sul petto. Fra il nero non ci dovrebbero essere peli focati. Questo si verifica intorno agli occhi.

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