L’alimentazione del cane da caccia: partiamo dalle basi

di Rossella Di Palma (DMV)

Con
l’avvicinarsi della stagione di caccia iniziano le richieste di informazioni.
Cosa devo dare da mangiare al mio cane? Va bene questo integratore? Cosa potrò
aggiungere alle crocchette quando, a metà stagione il cane inizierà a
dimagrire?

Il cacciatore, intriso di buona fede
si intende, si aspetta che gli venga proposto un rimedio efficace, semplice ed
economico, meglio se sotto forma di pillola magica.  Come alcuni di voi già sanno, l’alimentazione
del cane mi è sempre stata a cuore, il che mi obbliga a rispondere in maniera
dettagliata.

Una buona dieta sta alla base della salute e del benessere del cane. I proprietari possono scegliere da un mangime di qualità (non ne discuteremo qui), oppure optare per una dieta casalinga e/o una dieta BARF bilanciate. Riuscire a capire se un mangime è buono e se, oltre ad essere buono è anche adatto, non è semplicissimo. Come detto poco sopra non ne discuteremo qui, mi limiterò però a ribadire che diciture come “alta energia”, “grain free”, “alta percentuale di proteine” significano poco e niente.  A chi fosse interessato all’alimentazione casalinga, o alla BARF, ricordo invece che queste scelte nutrizionali non sono semplicissime da strutturare, specie se parliamo di cani atleti.  Sconsiglio pertanto il fai da te e consiglio invece di investire qualche soldino in una consulenza veterinaria: parlatene con un medico veterinario che si occupa di nutrizione.

Innanzitutto, che differenza c’è tra
un cane da compagnia e un cane da caccia? Il cane da caccia, così come altri
cani da lavori, svolge – per lo meno durante la stagione venatoria, svolge
molto più movimento fisico.

L’esercizio fisico alza il metabolismo: i fabbisogni energetici del cane da caccia diventano così più elevati. La dieta del cane da caccia deve quindi venir strutturata in funzione dell’attività svolta. Ingenuamente si tende a pensare che il rendimento venatorio sia frutto esclusivo della genetica del cane. Qualcuno, più lungimirante, attribuisce un ruolo anche all’addestramento e all’esperienza, ma ancora troppi pochi cacciatori hanno compreso l’importanza dell’alimentazione e del condizionamento fisico.  L’alimentazione non può correggere carenze genetiche ma può migliorare le prestazioni del cane, nonché le sue capacità olfattive. Lo sapevate, per esempio che sono in corso studi scientifici sulla relazione tra dieta e capacità olfattiva?

È importante che la dieta sia
strutturata in base al lavoro che l’animale è chiamato a svolgere valutandone
intensità, durata e frequenza. Il cane da caccia svolge normalmente un tipo di
esercizio “intermedio” la cui durata va da pochi minuti, nei turni nelle prove
di lavoro, ad alcune ore. Cani che cacciano per tutta la giornata svolgono
quella che potremmo chiamare “attività di resistenza”: riuscire a sopperire
adeguatamente ai fabbisogni nutrizionali di questa categoria di cani può essere
difficile.

Atleti di resistenza  vs atleti di velocità

La fonte di energia principale (carboidrati, grassi o proteine) deve essere decisa in base al tipo di attività praticata e in base alla frequenza con cui tale attività viene svolta. I nutrizionisti chiamano RER (resting energy requirement), ovvero fabbisogno energetico a riposo, le calorie che un animale “a riposo” necessita quotidianamente. Nei cani da lavoro, il RER deve essere moltiplicato in base a un coefficiente che varia a seconda del tipo di attività svolta. Un atleta che compie sforzi intermedi, per esempio, ha un fabbisogno energetico giornaliero che impone di moltiplicare il RER per un numero compreso tra 2 e 5. I cani che svolgono attività di resistenza, come i cani da slitta e alcuni cani da caccia, hanno un fabbisogno energetico pari a 5 volte (o addirittura maggiore di 5 volte) il RER. In base a questi fattori, è chiaro che il cane da caccia necessita di cibi a alta energia e facilmente digeribili: la percentuale di cibo digeribile deve essere pari all’80% della materia secca.

Il metodo più semplice per stabilire se il fabbisogno energetico è soddisfatto consiste nel monitorare il body condition score (BCS), ovvero la condizione fisica del cane. A questo link potete trovare un .pdf a cura della WSAVA (Word Small Animal Veterinary Association) in cui sono presentati i BCS lungo una scala che va da 1 a 5. Il body condition score ritenuto ottimale è 3/5, ma alcuni conduttori preferiscono, se il cane pratica esclusivamente attività di breve durata (nel nostro caso le prove di lavoro per cani da ferma), che l’animale sia magro. Tra i cani da prove, non è infrequente vedere esemplari con un BCS pari 1/5 o 2/5. Si arriva a questa scelta perché, nelle prove (che richiedono uno sforzo di breve durata), la velocità è importante e possono pertanto essere preferiti cani sottopeso, partendo dal presupposto che la leggerezza sia sinonimo di velocità. Se, invece, il nostro cane da caccia è destinato a svolgere un’attività di tipo “intermedio”, o un’attività di “resistenza”, è consigliabile portarlo all’apertura della stagione venatoria con una BCS pari a 3/5, cercando di non scendere mai, durante i mesi di caccia sotto a una BCS pari a 2/5.

In previsione dell’apertura è buona cosa riportare il cane, se è ingrassato, ad una BCS pari a 3/5 e ricordarsi, calcolando il picco di attività venatoria – nonché i cambiamenti climatici – che per raggiungere la condizione fisica perfetta occorrono 6 settimane di allenamento e 6 settimane di “nuova alimentazione” (se va modificata), poiché il metabolismo necessita di tempo per adeguarsi. (Continua qui)

Bibliografia:

Toll P.W., Reynolds A.J. (2000). The canine athlete. In: Hand M.S., Thatcher C.D., Remillard R. Roudebush P. (Eds.) Small animals clinical nutrition. 4th Ed., Mark Morris Institute, 261-289, Topeka, USA.

Toll P.W., Gilette R.L., Hand M. S. (2010). Feeding working and sporting dogs. In: Hand M.S., Thatcher C.D., Remillard R. Roudebush P. (Eds.) Small animals clinical nutrition. 5th Ed., Mark Morris Institute, 321-358, Topeka, USA.




Il periodo giovanile e lo sviluppo di paure

Il Periodo Giovanile viene fatto iniziare a 12 settimane (presunto termine del Periodo di Socializzazione) e fatto terminare a 6 mesi o, tenendo conto della velocità di maturazione propria di ciascuna razza, al raggiungimento della maturità sessuale (Serpell et al., 2017). Gli effetti di ciò che accade in questa fase sulla futura personalità del cane sono stati studiati relativamente poco (Serpell et al., 2017), ma alcuni lavori presenti in letteratura (Dehasse, 1994; Foyer et al., 2014; Serpell e Duffy, 2016) parrebbero confermare che le esperienze vissute nell’arco del Periodo Giovanile possano influenzare in maniera duratura quello che sarà il comportamento di un soggetto. Fox (1971 e 1978), Woolpy e Ginsburg (1967) e Woolpy (1969) hanno altresì rilevato che i cuccioli, sia di lupo che di cane, socializzati all’età di 3 mesi devono continuare a ricevere rinforzi sociali periodici fino a 7 o 8 mesi di età; in caso le stimolazioni vengano a mancare, essi sono portati a regredire. Un cucciolo correttamente socializzato fino all’età di 8 settimane e poi ceduto, può trasformarsi un soggetto timido, pauroso e difficile da addestrare se lasciato isolato in canile durante il Periodo Giovanile (Argue, 1999).

Studi compiuti sui roditori aprono inoltre a nuove prospettive sull’importanza del Periodo Giovanile poiché, in queste specie, interventi correttivi (arricchimento ambientale) durante la pubertà sono stati in grado di eliminare completamente gli effetti dello stress in età precoce sull’asse HPA (Francis et al., 2002).

Nella letteratura cinofila popolare si legge di un secondo e addirittura di un terzo “periodo della paura” che seguirebbe il “primo periodo della paura” (prima risposta motoria di evitamento e paura) generalmente collocabile attorno ai 49 giorni di vita (Coppinger e Coppinger, 2001). Coloro che, in maggioranza addestratori ed educatori, rintracciano un secondo, e addirittura un terzo, “periodo della paura” non indicano con precisione l’arco temporale in cui esso si verifica all’interno del Periodo Giovanile, ma questo può essere imputabile a differenze di maturazione in relazione alla razza e all’individuo (Stewart, 2016). Sebbene siano riportare reazioni di paura improvvise ed eccessive da parte di cuccioli di età compresa tra i 6 e i 18 mesi, non esiste, al momento, alcuna letteratura scientifica sull’argomento (McAuliffe, 2016).  Questi periodi della paura secondari sono collocati nell’adolescenza, un momento caratterizzato da profondi cambiamenti fisiologici (Heim e Binder, 2012) e che coincide nel momento in cui lupi e cani rinselvatichiti lasciano il nucleo famigliare (McAuliffe, 2016).

In relazione allo  sviluppo di paure, tra cui la paura dello sparo, anche il Periodo Giovanile è importante: i cani di età superiore alle 12 settimane che continuano a vivere relativamente isolati all’interno di allevamenti e canili sviluppano quella che è comunemente chiamata “sindrome da canile”, ovvero livelli anormali di timidezza nei confronti di persone e situazioni nuove (Appleby et al., 2002; Serpell e Jagoe, 1995; Pfaffenburger e Scott, 1976; Grandin e Johnson, 2005).

Argue (1999), nel suo volume dedicato alle razze setter e pointer, racconta di numerosi soggetti “rovinati” perché lasciati isolati in canile durante il Periodo Giovanile. Egli racconta di cuccioli correttamente socializzati che, una volta ceduti ai nuovi proprietari, venivano lasciati in canili isolati fino a circa 8 mesi di età. Questi cani diventavano timidi, “selvatici”, timorosi nei confronti dell’uomo e difficili da addestrare. Racconta altresì di un cane da lui ri-adottato ad un anno di età e riabilitato a fatica alla pratica venatoria dopo 6 mesi di rieducazione. Questo dimostra che, se ciò che è stato appreso durante la fase sensibile non viene rinforzato, come accaduto a questi soggetti, il cane può regredire (Shepherd, 2004).

Fox e Stelzner (1966) hanno lavorato per comprendere se nel corso dei periodi sensibili ci fossero dei momenti di particolare sensibilità e hanno riscontrato una maggiore vulnerabilità (maggior sensibilità allo stress, alla paura e al dolore fisico) nei cuccioli di 8 settimane. Questo dato è molto importante perché è proprio a 8 settimane che la maggior parte dei cuccioli lascia il luogo e la famiglia d’origine per iniziare una nuova vita: questo passaggio traumatico e stressante in questa fase sensibile può esitare in problemi comportamentali (Serpell et al., 2017).

Vi è piaciuto questo articolo? Se volete saperne di più date un’occhiata al PS. Non dimenticatevi di dare un’occhiata al Gundog Research Project!

Bibliografia: 

Appleby D. L., Bradshaw J. W. S. e Casey R. A. (2002). Relationship between aggressive and avoidance behavior by dogs and their experience in the first six months of life. Veterinary Record, 150: 434–8.

Argue D. (1999). Setters and pointers. Swan Hill Press, Shrewsbury, UK.

Dehasse J. (1994). Sensory, emotional and social development of the young dog. Bulletin for Veterinary Clinical Ethology, 2: 6–29.

Coppinger R. e Coppinger  L. (2001). Dogs: a startling new understanding of canine origin, behavior, and evolution. University of Chicago Press, Chicago, USA.

Foyer P., Bjällerhag N., Wilsson W. e Jensen P. (2014). Behaviour and experiences of dogs during the first year of life predict the outcome in a later temperament test. Applied Animal Behaviour Science, 155: 93–100.

Fox  M. W. (1971). Behavior of wolves, dogs and related canids. Harper and Row, New York, USA.

Fox  M. W. (1978). The dog: its domestication and behavior. Garland STPM Press, New York, USA.

Fox M. W. e Stelzner D. (1966). Behavioral effects of differential early experience in the dog. Animal Behavior, 14: 273–81.

Francis D. D., Diorio J., Plotsky P. M. e Meaney M. J. (2002). Environmental enrichment reverses the effects of maternal separation on stress reactivity. Journal of Neuroscience, 22: 7840–3.

Grandin T. e Johnson C. (2005). Animals in translation. Using the mysteries of autism to decode animal behavior. Hartcourt, Orlando, USA.

Heim C. e Binder E. B. (2012). Current research trends in early life stress and depression: Review of human studies on sensitive periods, gene-environment interactions, and epigenetics. Experimental Neurology, 233: 102–11.

McAuliffe L. (2016). A second fear period. Paws for thought https://dogidogblog.wordpress.com/2016/07/16/a-second-fear-period/ Accesso il 12/04/2018

Pfaffenberger C. J., Scott P.,  Fuller J. L., Ginsburg B. E. e Bielfelt  S. W. (1976). Guide dogs for the blind: their selection, development and training. Elsevier, Amsterdam, The Netherlands.

Serpell J. ed. (2017). The domestic dog its evolution, behaviour and interactions with people. 2nd Ed. Cambridge University Press, Cambridge, UK.

Serpell J. A. e Duffy D. L. (2016). Aspects of juvenile and adolescent environment predict aggression and fear in 12 month-old guide dogs. Frontiers in Veterinary Science, 3: 49. doi: 10.3389/fvets.2016.00049.

Serpell J. e Jagoe A. (1995). Development of behaviour. In: Serpell J. (Ed.) The domestic dog its evolution, behaviour and interactions with people. 1st Ed., 80-102. Cambridge University Press, Cambridge, UK.

Shepherd K. (2004). Sviluppo del comportamento, comportamento sociale e comunicazione nel cane. In:  Horwitz D.F.,  Mills D.S.,   Heath S. (Eds.), Palestrini C. (Tr.) Terapia comportamentale del cane e del gatto. UTET Scienze Mediche, Torino, Italia.

Stewart T. (2016). A second fear period. Paws for thought https://dogidogblog.wordpress.com/2016/07/16/a-second-fear-period/ Accesso il 11/04/2018

Woolpy J. H. e Ginsburg B. E. (1967). Wolf socialization: a study of temperament in a wild social species. American Zoologist, 7: 357–63.

Woolpy J. H. (1968). The social organisation of wolves. Natural History, 77: 46–55.




Premi

Ci stiamo adoperando per raccogliere alcuni premi da sorteggiare tra chi ha partecipato al sondaggio.

Per ora Craig Koshyk,  dal Canada, della Dog Willing Publications ci ha donato uno dei suoi libri books  (Pointing Dogs, Volume 1, The Continentals). Valore di mercato 99 dollari.

Josh Wiggins, dal Texas ci ha donato un guinzaglio con collare incorporato Texas Leash and Collar

Luca Zaninoni, di Sanguemiele Design, offre un buono per una maglietta a scelta tra quelle presenti sul suo sito.

Io offro un portafischietto intrecciato a mano, colori a vostra scelta (massimo due), del valore di circa 15 euro e un servizio fotografico gratuito.

Vogliamo aggiungere altri regali per ringraziare quelli che hanno contribuito alla“scienza”, quindi se volete offrirci qualcosa (beni o servizi) non esitate a contattarci!




Incontrare o gestire la selvaggina? IT vs UK

Le persone continuano a chiedermi le differenze tra le prove italiane e quelle britanniche. E’ complicato, ne ho già parlato in un altro articolo, ma i punti da toccare sono tanti e, più partecipo alle prove italiane, più differenze riscontro. Ho scritto partecipare perché le prove ho iniziato a “guardarle” nel 2004, ma da poco gareggio e, in ogni caso, in questi 13 anni alcune cose sono cambiate. Il mio ruolo, inizialmente, era quello del giornalista/fotografo, a cui a volte i giudici davano il compito di trascrivere le loro note. Ero un osservatore neutrale e ho avuto la grande opportunità di poter seguire le cose da vicino, pur restando ad esse esterne. Il fatto che io sia scesa in campo ha stupito chi era abituato a vedermi nel mio altro ruolo ma, questa nuova pratica mi consente di comprendere le cose ancor più in profondità. Le miei opinioni, impressioni, sensazioni e preoccupazioni non sono cambiate ma posso dire di poter vedere alcune cose con maggior chiarezza, e questo è un processo ancora tutto in divenire.

Ho spesso affermato che obbedienza e controllo del cane sono fondamentali in una prova di lavoro britannica ma meno importanti alle nostre prove. Dietro a questo approccio ci sono molte ragioni, alcune probabilmente più socio-economiche che non cinofile. La presenza della selvaggina è sicuramente uno dei punti chiave. Sono arrivata alla conclusione, non che ci volesse un genio, che ad essere “colpevoli” siano la presenza, o l’assenza, di selvaggina. Chi ha familiarità con le prove italiane, sa quanta fortuna occorra per trovare un selvatico, In media, direi che circa il 25-30% dei cani, nel corso di una prova, ha la possibilità di fermare e lavorare il selvatico come si deve. Circa il 30-35% dei cani ha invece la possibilità di “vedere” un selvatico ma poi succede qualcosa (compagno di coppia, capriolo, meteorite…) che gli impedisce di completare l’azione. A volte le cose vanno anche peggio: durante una prova corsa lo scorso ottobre non si è visto un selvatico. La mia batteria, se non ricordo male, era formata da 11 coppie, quindi 22 cani e alcuni cani, tra cui la mia, sono stati portati al richiamo per offrire loro una seconda possibilità. In totale si è visto solo UN piccione, come potete immaginare nessun cane è andato in classifica. In Gran Bretagna è tutto diverso, i cani hanno quasi sempre la possibilità di incontrare, poi qualcosa può andare storto ma, di sicuro, il mancato incontro non è in cima alle preoccupazioni dei conduttori.

Per trovare un selvatico in italia devi avere un cane sveglio che si porti addosso uno zainetto pieno di fortuna: purtroppo è tutto vero,  parlerò del perché in altri articoli. Tutto ciò è reale e tristissimo: io amo i cani da ferma e chiunque abbia la stessa passione sa quanto questa situazione possa essere frustrante. Immaginate la giornata tipo alle prove: ci si alza alle 3 del mattino (perché le prove iniziano prestissimo), si guida per 200 chilometri, il cane fa un bel turno ma non incontra. Al giudice è piaciuto e lo porta al richiamo, per dargli una seconda possibilità ma, di nuovo, non incontra e la prova si chiude così. Immaginate questo accadere regolarmente e avrete il quadro completo.

Anni fa, chiacchierando con un giudice, gli ho chiesto perché alcuni allevatori fossero ossessionati dai galoppi: esistono ancora cani senza cervello, né senso del selvatico ma che però hanno galoppi favolosi, tipicissimi per la razza. Volete leggere la risposta? Breve e incisiva: gli allevatori danno molta importanza al movimento perché per il 99% del tempo i giudici lo vedranno galoppare, data la rarità delle ferme. Quindi si ricorderanno soprattutto come cerca e come muove. La risposta ha senso, ma mi rattrista. Le prove erano nate per valutare i cani da ferma e accertarsi che fossero buoni cani da caccia? Quindi per ora abbiamo dei bei galoppi, e poi?

Credo che al cuore delle nostre prove ci sia il trovare il selvatico, meglio se fatto con bello stile e dei bei lacets ampi e profondi. È così difficile incontrare qualcosa, che quello che viene dopo è meno importante. Non sto insinuando che una bella presa di punto e una bella ferma non siano importanti, gli italiani ci tengono eccome, sto dicendo che una volta fermato il selvatico le cose non possono che andare migliorando! Forse è per questo che una volta visto il cane in ferma i conduttori lo raggiungono in corsa trasudando entusiasmo. Cosa succede se è un po’ esitante nella guidata? Se non è immobile al frullo e allo sparo? Probabilmente si chiuderà un occhio, tenendo conto di quanto sia già stato difficile incontrare.

Gerry Devine at a Scottish trial. Such actions are a common sight

In Gran Bretagna è tutto l’opposto: i cani corrono in luoghi in cui i selvatici sono presenti, a volte troppo presenti, il che rende vitale il controllo sul cane. Non è difficile trovare una grouse, la trovi anche senza cane, diciamo che la selvaggina è data per scontata. Ad una prova di lavoro britannica non sarà difficile vedere un cane in ferma, le ferme sono una cosa normale. Dopo tutto le prove sono nate per valutare i cani da ferma e senza ferma come si fa? Quando un cane va in ferma, da loro, il conduttore lo raggiunge tranquillamente camminando. Colpa di un eventuale regolamento? Dell’indole meno focosa? Può darsi, ma credo che il nocciolo della questione sia la consapevolezza, sanno che la parte più difficile della prova inizia adesso. Dopo la ferma, il cane deve guidare e fare alzare correttamente il selvatico, dimostrare immobilità perfetta al frullo e allo sparo e eseguire il “clear the ground” (ispezionare il terreno per accertarsi che non ci siano altri selvatici), il tutto condito da una buona dose di obbedienza. Le prove britanniche non sono facili!

Quindi… durante una prova italiana l’incontro è al centro della scena (meglio se il cane ci arriva con stile), mentre in Gran Bretagna il cane è controllato a puntino su come gestisce il selvatico dopo l’incontro. Agli italiani importa, eccome, di come il cane fermi e porti il selvatico ad involarsi ma, sfortunatamente, le occasioni per verificarlo sono limitate. A fare la differenza sono l’ambiente la gestione della selvaggina. Se scavo nella mia memoria, le cose che ricordo di più di cani specifici alle prove inglesi, sono il loro lavoro dopo la ferma (soprattutto le guidate) e l’obbedienza. Certo, mi ricordo anche di alcune cerche straordinarie ma queste occupano uno spazio più piccolo della mia memoria. Se cerco di ricordare le prove italiane, le cose sono rovesciate.

Che cosa è meglio? Non ci sono vincitori. Per essere vincente ad una prova italiana il cane deve essere molto determinato, avere molto senso del selvatico (e/o una dose gigante di fortuna), muoversi con stile e essere intraprendente, a volte anche troppo indipendente. Quando si ha il tutto nelle giuste dosi, si ottiene un gran cane, ma se si sbagliano i conti si producono cani che corrono per il solo piacere di correre e che sono inaddestrabili dalla persona media. Il sistema britannico, invece, controlla con pignoleria come il cane tratta il selvatico e obbliga i conduttori a tenere d’occhio l’addestrabilità. Di converso, a volte da loro trovare un selvatico è troppo facile. Se un cane potesse essere verificato attraverso entrambi i sistemi si andrebbe vicino alla perfezione.




Lasciateci addestrare

Faccio fatica a capire perché, in Italia, debba essere così difficile poter addestrare un cane da caccia. Certo, l’obbedienza la si può insegnare dappertutto (ma a pochi importa dell’obbedienza), e si può lavorare con selvaggina “messa” ma, se si pretende di lavorare su selvatici veri le cose diventano complicatissime.

Iniziamo dalla selvaggina “messa”: la si può usare in alcune riserve di caccia (non tutte) durante la stagione della caccia (terza domenica di settembre – 31 gennaio, o 31 dicembre in talune zone). Quando la stagione di caccia è chiusa, si può allenare il cane nelle zone B (senza sparo) e nelle zone C (con sparo). Per accedere alle zone B e C e alle riserve di caccia, di solito, occorre pagare qualcosina e ovviamente pagare la selvaggina utilizzata. D’accordo, si può fare. Le zone B possono essere anche molto ampie, le C sono solitamente grandi quanto un campo e affollatissime di persone che vogliono uccidere qualcosa anche a caccia chiusa. In ogni caso, queste zone sono rare e i cani non sono stupidi: imparano i posti e imparano il gioco, vanno di sospetto, eccetera. Non va bene allenare sempre negli stessi posti, con gli stessi animali e con le stesse persone, è tutto troppo finto e i cani lo sanno.

Un cristallo non è un diamante, lo stesso possiamo dire della selvaggina. Gli esemplari allevati possono aiutarci un sacco durante l’addestramento, con loro possiamo ricreare situazioni e anticipare mosse, ma il cane ha bisogno di incontrare anche selvatici veri, in contesti selvaggi e imprevedibili. Quando la caccia è aperta si può andare in riserva e lavorare su animali semi-selvatici o sui terreni degli ATC, terreni quasi sempre deserti a causa della cattiva gestione, nonché del bracconaggio cronico. Però, chissà, magari si può incontrare la beccaccia occasionale, il beccaccino che si è perso, o il fagiano scaltro che l’ha avuta vinta su tanti cacciatori. Ma, c’è un altro problema! Si può allenare solo da metà agosto alla terza domenica di settembre poi, quando apre la stagione della caccia, si è costretti ad andare a caccia! Le nostre leggi non consentono, a caccia aperta, di addestrare, solo di andare a caccia, il che significa che dovete pagare la licenza, l’ambito, le tasse e andare in giro armati di tutto punto anche se non vi importa nulla di uccidere qualcosa. Mi adeguo alla legge, anche se non ha senso.

Alla fine della stagione della caccia, non si può più sganciare il cane. La legge è chiara: gli unici cani che possono stare liberi sono i cani da caccia, detenuti da persona con regolare licenza di caccia. Ma i cani possono stare liberi solo dalla fine di agosto alla chiusura della caccia, quindi il fatto che io ora liberi il cane dietro casa, su terreni vuoti, fa di me un bracconiere, giusto per rendere complicate le cose semplici. Per trovare dei selvatici, però, bisogna essere più coraggiosi e fare i “bracconieri avanzati”, cioè andare nelle zone protette, come i parchi e le zone rosse. Ci sono animali? Può darsi, non credo che queste zone siano molto curate, sono quasi sempre lasciate a se stesse. I nostri politici trattano tali zone come musei e si scordano che esse devono essere curate, la selvaggina deve essere assistita, un parco non è un soprammobile! Così, mentre noi con il cane da caccia non possiamo entrare, queste aree sono in balia di famiglie, ciclisti, runners e a volte anche di motociclisti, ah.. mi stavo dimenticando i cani di famiglia! I cani da caccia disturbano e uccidono la selvaggina, ma nessuno fa caso al cane da pastore della Signora Rossi. Sì dovrebbe essere legato anche lui, ma è un cane da pastore, chi poteva pensare che prendesse una lepre o un capriolo. I cacciatori hanno una reputazione bruttissima, uccidono gli animali e, automaticamente, qualsiasi cosa ad essi connessa, diventa negativa e pericolosa.

Non mi piace fare cose illegali e non ho mai grande successo in queste esplorazioni. Se vado in una zona proibita, mi rimpicciolisco in formato gnomo e mi fermo al massimo 10 minuti, nel frattempo arrivano orde di famiglie con bambini e cani da compagnia. Però, quelli che rischiano la multa siamo io che mi muovo in silenzio e il mio cane da caccia, anche se è ubbidiente, fermo al frullo e si blocca a comando, noi disturbiamo. Essendo imbranata, non ho storie di “bracconaggio” da raccontare, ma posso raccontarvi del declino che vedo in tante aree protette: sempre meno selvaggina, sempre più spazzatura, sempre più gente fuori posto. Altri addestratori mi hanno raccontato storie assurde, come l’essere inseguiti dai carabinieri alle 7 del mattino per aver sganciato il cane o di  fughe dalle guardie fatte a nuoto. Bel modo per sprecare denaro pubblico. Tante persone, soprattutto la gente di città, non riescono a capire la differenza tra l’addestrare un cane e l’andare a caccia: se gli parli di “cani da caccia”, capiscono solo caccia, e se vedono un cane da caccia libero, vedono anche un fucile che non esiste. Ovviamente sono indifferenti a cani di altre razze liberi. Mi è stato raccontato di un uomo, un addestratore per altro in gamba, che allena indossando scarpe da calcio: per fuggire più velocemente in caso qualcuno chiami le guardie.

Eppure, chiunque abbia un cane da caccia “addestrato” e decida di allenarlo, non fa del male alla selvaggina. I nostri cani non inseguono gli animali e non li uccidono: vogliamo solo trovarli e lì finisce il gioco. Disturbiamo molto meno di un gruppo di ciclisti. Molti di noi sarebbero felici di pagare qualcosa per addestrare legalmente su “selvaggina buona” e sarebbero disposti a sottoporre il cane ad un esame che ne certifichi l’ubbidienza. Se vedete qualcuno che con fare “sospettoso” si aggira per la campagna con un cane da caccia libero, fermatevi a guardare quel che fa, andate a scambiarci due parole. Non andate in panico e non generate altro panico chiamando carabinieri, polizia ed esercito.

Circa 15 anni fa era possibile, pagando una piccola tasse annuale, addestrare in un parco regionale. Ci andavo, c’era qualche fagiano e c’era sempre qualcuno, l’intera area era monitorata da cinofili e cacciatori, ti faceva sentire al sicuro. Arrivavano persone da diverse parti del nord Italia, poi i permessi sono stati revocati e la qualità della zona è drammaticamente scesa: nessuno ci va più. Chi andava lì ora è probabilmente tra i tanti che vanno a preparare i cani all’estero, i loro soldi ora vanno altrove e non all’economia locale. Non un lieto fine.




Come compilare il questionario

Sfortunatamente abbiamo bisogno di un questionario per ogni cane e, sfortunatamente, ci interessano molto le risposte di coloro che possiedono, o hanno in addestramento, più cani. Il questionario è rivolto SOLO ai cani che vanno davvero a caccia o che partecipano regolarmente a prove di lavoro (solo cani da ferma, da cerca e da riporto). I cani devono essere di razza e con pedigree. Se il tuo cane appartiene ad una razza da caccia, ma è un cane da compagnia, o da esposizione, purtroppo non possiamo includerlo nel campione. Il questionario può sembrare lungo da compilare a prima vista, ma in realtà occorrono solo pochi minuti. Abbiamo deciso di mettere come obbligatorie solo pochissime domande, questo per farti sentire a tuo agio: sei libero di saltare le domande che non hanno attinenza con la tua situazione o alle quali, per qualsiasi motivo, preferisci non rispondere. Ricorda, tuttavia, che il questionario può essere assolutamente anonimo e che le tue risposte saranno trattate nel rispetto della legge sulla privacy e non cedute ad altre persone. Più informazioni ci fornirai, però, maggiore sarà l’accuratezza della ricerca e della mia tesi, come potrai capire risposte oneste e dettagliate saranno molto apprezzate. Per cortesia, quando si parla di tempi e spazi, specifica l’unità di misura (anni, mesi, metri, cm, ore, minuti…).  Puoi decidere se lasciarci o meno un indirizzo e-mail, a noi farebbe piacere e potrebbe essere utile per contattarti se ci fosse qualcosa di poco chiaro nelle tue risposte, o se vuoi partecipare al sorteggio dei premi. Se preferisci puoi usare una versione pdf del questionario e farcela poi avere via e-mail. La stessa tecnica può essere usata se vuoi farlo compilare da chi non ha un pc.

Se desideri conoscere i risultati del questionario, faccelo sapere e ti aggiorneremo al termine del progetto!

Se credi, puoi aiutarci a dare visibilità al progetto condividendo questa pagina, o il link diretto al questionario, con persone che ritieni possano essere interessate e desiderose di aiutarci

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Perché e come puoi trarre beneficio dal Gundog Research Project

Il Gundog Research Project è stato pianificato con cura tenendo in mente cani, cacciatori e cinofili garisti. Capire come i loro cani siano gestiti è un passaggio preliminare ma fondamentale per scoprire quali pratiche sono ottimali e quali, invece, possono essere migliorate. La caccia, i cacciatori e tutto ciò che ruota accanto a loro (e quindi anche la cinofilia venatoria), non hanno una buona immagine pubblica e vengono spesso fraintesi. È necessario che avvenga un cambiamento, ed esso può avvenire solo attraverso i protagonisti: cacciatori, addestratori e conduttori possono dare un contributo incisivo. I cani da caccia hanno bisogno di te e le tue risposte sono importanti! Sorteggeremo dei premi tra tutti i partecipanti al questionario.

Il benessere animale, inoltre, è sempre più al centro di inchieste e polemiche pertanto crediamo che i cacciatori, i cinofili e le organizzazioni ad essi correlate, possano trarre beneficio da un atteggiamento “proattivo” (cercando di dare un’immagine positive di se stessi), anziché “reattivo” (cercando di difendersi dalle accuse). La tua partecipazione a questo progetto può aiutare a far capire a chi non conosce il nostro mondo come stanno realmente le cose, che ci tieni al benessere del tuo cane (ne sono sicura!).Inoltre, puoi aiutare a far comprendere quali siano la vera natura e le reali necessità dei cani da caccia. Contemporaneamente, le tue risposte ci faranno comprendere eventuali punti deboli nella gestione del cane da caccia e, se possibile, suggerire come migliorarli. Precedenti studi effettuati su cani ospiti dei canili e su altre tipologie di cani da lavoro, infatti, hanno provato che piccole correzioni delle metodiche gestionali, hanno ridotto il livello di stress nei cani, migliorato la loro salute e.. persino le loro prestazioni!

Chi c’è dietro al progetto (clicca per leggere)

Come compilare il questionario (clicca per leggere)

Link al questionario

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