Un veloce aggiornamento sulla taurina

Qualche settimana fa, ho postato un pezzo sulla taurina. Nello specifico ho parlato del fatto che alcune razze sono meno efficienti nel metabolizzarla (potete leggere tutto qui).

Un deficit di taurina può causare cardiomiopatia dilatativa e quindi tutti coloro che possiedono esemplari di una razza a rischio dovrebbero testare il proprio cane. Ho testato Briony e i suoi valori sono risultati normali. Lei si alimenta con cibo casalingo cucinato.

Come appena detto, i sui valori sono nella norma ma ho chiesto a Lucia Casini, Professore di nutrizione veterinaria all’ Università di Pisa, se  fosse il caso di integrare durante i periodi di caccia e addestramento intenso. Lucia consiglia di integrare con 500 mg al giorno in quei periodi (cane atleta di circa 20 kg).

Tra i laboratori a cui potete rivolgervi ci sono: Idexx, Laboklin e San Marco.

Inoltre, siccome la maggior parte dei miei lettori si occupa di cani da lavoro (date un’occhiata al Gundog Research Project!), lasciate che aggiunga che gli atleti possono avere un fabbisogno di taurina più elevato. Se desiderate approfondire, il web è ricchissimo di articoli dedicati alla taurina e alla cardiomiopatia dilatativa nel cane, lo scopo del mio articolo è semplicemente quello di far conoscere questo problema.




A Quick Update on Taurine

A few weeks ago, I posted about taurine and, more specifically, about some breeds which might be less efficient in producing it (you can read everything here).

As taurine deficiency can lead to DCM (dilated cardio miopathy) I think all those owning a breed at risk should assess their dogs. I eventually tested Briony and her results fell in the normal range: she eats an homemade diet and, apparently, despite my poor cooking skills, she is getting enough methionine and cysteine that she can convert into taurine.

As said above, her results are within the normal range, but I showed them to a nutritionist (Lucia Casini, Professor of Veterinary Nutrition at the University of Pisa, School of Veterinary Medicine) asking her whether Briony should benefit, like other athletes, from any taurine supplements during the hunting/shooting season and she said yes, to supplement with 500 mg a day  (she weighs around 20 kgs) in these periods.

Some of the laboratories testing for taurine in Europe are: Idexx, Laboklin and San Marco.

Considering that most of my readers own working dogs (read about the Gundog Research Project!), let me also add that these athletes might need more taurine than the average dog. The web is full of articles on taurine and DCM in dogs, go and read them if you want to know more, I am just here to spread the word and raise some awareness.




Una gemma dal 1956: un italiano ai trials inglesi

Come alcuni di voi già sanno, ho ereditato l’archivio del Dr. Ridella, veterinario e allevatore di setter con l’affisso Ticinensis. Mi sento onorata di essere stata scelta come custode di questi materiali, ma mi rincresce ammettere che ne ho ripulito e ordinato solo metà delle riviste. Tuttavia, circa 50 anni di editoria cino-venatoria, sono oggi ben archiviati e leggibili. Sapendo ciò, un amico mi ha chiesto di trovargli due articoli di Solaro del 1938 e del 1954 che, ovviamente, non sono riuscita ad individuare. Non dandomi per vinta, ho controllato anche gli anni limitrofi, niente da fare, ma ho trovato qualcosa di estremamente affascinante ed inatteso. Nel numero del secondo trimestre di Rassegna Cinofila (è l’antenato dei Nostri Cani) del 1956, c’è un bell’articolo di Giulio Colombo (1886-1966). Per chi non lo conoscesse, Colombo era allevatore con affisso della Baita, nonché un noto giudice. Aveva sempre cercato di tenere vivi i legami tra Italia e Gran Bretagna e l’Italia importando, tra gli altri i setter: Lingfield Mystic (vincitore del Derby inglese); Lingfield IlaLingfield Puma e Bratton Vanity. Grazie all’articolo, ho scoperto che nel 1956, Colombo è andato a giudicare a Sutton Scotney (Hampshire – UK) e ha raccontato laesperienza. L’articolo è leggibile per intero nel PDF che potete scaricare qui o nella photogallery qui linkata. Ne riporterò però qui alcuni pezzi salienti.

Colombo comincia pensando a Laverack, Llewellin e Lady Auckland (che giudicava con lui) e con un excursus storico che spiega come mai setter e pointer siano stati selezionati in questa maniera. “Credo aver, inteso i due Grandi sussurrare a un dipresso così: Competizioni di giganti le nostre, quando ancora si credeva alla necessità del cane da ferma sul terreno della caccia, quando pointers e setters rispondevano al gusti venatori del cacciatore, quando non si codificava un bel niente a priori, teoricamente, per estetismi o postulati da tavolino senza aver vissuta o sofferta mai la, passione incontenibile dello sport codaiolo, fra le più strenue ed inebrianti passioni, quando pointers e setters, cani da Grande Cerca, si imposero selezionati perfezionati, secondo suggeriva la pratica diuturna di lunghe stagioni venatorie con l’esperienza del terreno e dei selvatico, a servizio del fucile vagante, e si stabilì la macchina animale perfetta, collaudata con formula aderente alla realtà per quel terreno e quel selvatico, e conquistò il mondo intero quella macchina intelligente, tanto che nati Inghilterra pointers e setters furon poi cittadini di ogni Paese.”

Non credo ci sia molto da aggiungere, poi continua con la descrizione dettagliata del lavoro che essi sono chiamati a fare: “II cacciatore ragionò così: di fronte a me la pianura sconfinata, ondeggiante di mammelloni di grani, di stoppie, di prati, di eriche, faticosa, lenta da per correre tutta scarpinando da coltivo a coltivo, da piaggia a piaggia in traccia delle compagnie di starne e grouses discoste le une dalle altre in famiglia ciascuna col proprio pascolo, e le lunghe pause senza incontri e senza sparare scoraggiano anche il cacciatore più caparbio: a me occorre un ausiliare speciale anzi una pariglia di tali, dall’olfatto possente, cerca indefessa. dalla ferma statica, dalla guidata corta, che a galoppo spinto per accorciare le distanze, nel tempo breve per la nostra passione da crepuscolo a crepuscolo, risparmiando a me ciechi e fortunosi passi, concludano spicci su grouses e su starne e magari su lepre sorniona; e perché io possa sparare a visuale libera senza tema, giù, a terra proni a frullo e schizzo. Drake e Dash, ed é il più bel momento della vita di cacciatore; e perché quel selvatico che non possono raggiungere né se vola né se galoppa, non induca in tentazione, proni testa fra gli arti ari in segno di rinuncia, voi cavalieri dei moors e praterie, per riporto e recupero i ho apparecchiato io stesso un valletto che non falla. il retriever, vi risparmi di strusciare il tartufo pistando, voi Signori », Torto o ragione, ragionavano cosi e così fu sempre categoricamente a quei tempi. Proscritti falsi allarmi di ferme senza presenza di selvatico, non si tolleravano inganni ed indugi oziosi, se Drake e Dash fermano ci sta il selvatico e non lo mollano più, e si raziocinava così: « Perchè noi si possa usufruire del lavoro di due cani, ed uno non costituisca il doppione dell’altro galoppandogli al fianco appaiato, li sguinzaglio nel bel mezzo dell’area da esplorare e partano essi uno verso destra e l’altro verso sinistra in senso opposto, e giunti a un centinaio di metri, anche di più a seconda del terreno vasto e sgombro, virino essi e ritornìno in direzione l’uno dell’altro, sempre nella scia dei vento, ma più oltre verso la meta lontana, in maniera da esplorare il terreno anche nel senso della direttiva di marcia, e si incontrino a metà cammino scambiandosi il lato come nella quadriglia dama e cavaliere, a ritmo cadenzato, con astuta sincronia e… nacque la cerca incrociata, non eleganza, ma accorgimento pratico.

E affinché l’intesa fra i due ausiliari fosse concorde, con rispetto della fatica e della autorità di ciascuno e l’uno approfittasse dei risultati concreti dell’altro, ecco che mentre l’uno dei cani bloccava col rito della ferma l’altro non persisteva ad esplorare, ma sostava immobile simulando a sua volta la ferma per mimetismo conscio e istintivo, per collaborazione atavica fra gli animali ida preda, e il segugio accorre scagnando all’indicazione sonora e Drake rispetta la ferma non sua ed ecco codificata la pratica del consenso, indispensabile con ausiliari che trescano veloci e lontani.

E siccome il selvatico tiene udito sensibilissimo, abolito ogni richiamo a voce o col fischio, cenni della mano al cane che di tanto in tanto sbircia al padrone per interpretarne le intenzioni, quindi tacita intesa fra cacciatore ed ausiliare, l’uno per l’altro. E quando s’ha da interrompere l’azione, un sibilo e i cani al terra, docili al guinzaglio e si inaugurò il drop e il down, non accademia da recinto, ma freno in terreno libero. Col tempo per emulazione fra scuderie, per sane rivalità sportive fra amatori di razze affini a chi tiene i l miglior cane con olfatto più potente a corsa più veloce e reazioni più pronte, nacque in un paese di scommesse, il cane da gara, il Trialler, via col vento, cane da Sport, ma riproduttore che rifornisca i ranghi per cacciare starne e grouses e non lepri e conigli, in terreno vasto e non negli scampoli di grano.”

Qui viene espresso in dettaglio il lavoro “ideale” dei cani inglesi e le motivazioni pratiche che stanno dietro a queste pretese. Leggendo questi paragrafi sento ancora più la mancanza delle mie esperienze britanniche, perché da loro le cose sono rimaste all’incirca come descritte qui. Se non avessi prima visto, e poi partecipato ai loro trials, sarei un cinofilo diverso, avrei un cane diverso ma… devo ammettere che sono contenta di quello che sono! Segue qualche notizia sulle regole del gioco, con riflessioni sui pro e sui contro delle diverse regole:“In Inghilterra non si redige relazione alcuna, non si concede qualifica, si comunica l’ordine di classifica dal primo ai quarto con una riserva, e stop, i concorrenti tanto intelligenti da valutare da sé gli errori dei propri allievi senza sentirseli ricordare per iscritto postumo dal Giudice e talmente sportivi da comprendere che se il Giudice ha creduto di disporre i cani in un dato ordine progressivo è ozioso recriminare e voler sostituire tante altre classifiche quanti concorrenti e spettatori, ognuna diversa dall’altra, ma tutte quante più oculate, più cognite, più probanti, più sapute, più pettegole di quella ufficiale!”

Non ci sta minuto di tolleranza, assurda nostrana indulgenza che consente al cane di dimostrare le proprie attitudini a far frullare, a rifiutare il consenso, a rincorrere, a beffare il conduttore, senza che il Giudice possa prenderne atto, coll’eventualità magari di non aver mai più durante il turno il cane occasione di ripetere quanto é suo costume perpetrare dì norma, e frodare magari un premio con relativa qualifica bugiarda.

Nemmeno si tiene conto di un lasso di tempo prestabilito per la prova: allorché il Giudice opina di essersi fatto un concetto probante del lavoro dei cani taglia corto, e su questo si potrebbe discutere, perché un minimo di percorso è più equo a garanzia delle probabilità comuni, eccetto per gli errori da squalifica. Vige il sistema dei richiami protratti con confronti ripetuti, con pericolo di dover sul finire della gara modificare da capo una classifica già plausibile”

Se volete saperne di più sulle differenze tra le prove italiane e quelle britanniche, potete andare a leggerle qui. Faccio una breve riflessione sull’abitudine inglese di non avere relazioni a fine prova: Colombo dice che il pubblico spesso tende a saperne di più del giudice. Persone che, pur stando a centinaia di metri dal cane, vedono e prevedono errori che sfuggono (secondo loro) ai giudici! Credevo che negli anni ’50 il pubblico fosse più , come dire, sobrio ma apparentemente l’arte di attribuire errori inesistenti ai cani degli altri ha radici antiche. Colombo poi racconta del Derby (non so se fosse identico all’attuale Puppy Derby, per soggetti sotto ai 2 anni) e non ho capito se i cani correvano a singolo o in coppia, siccome menziona poi le Brace Stakes (in coppia). “Nel complesso del lavoro nel Derby constatai qualche fase di dettaglio, insistenze su orme, qualche consenso stentato a comando, senza partecipazione né formale né conscia all’azione; Nota del Concorso presente in alcuni esemplari, ma frenata da frequenti incontri di fagiano, lepri e conigli, scarse le starne, e deplorevole il coniglio soprattutto, che conta é la starna, per fagiani basta il cocker. Punte in profondità. ritorni all’interno come in Coppa Europa, qualche intemperanza di richiami come da noi. Soggetti a corto di preparazione per il maltempo, alcuni veramente di classe, ma non superiore nel complesso alla nostra attuale. Primo Lenwade Wizard, pointer di Mr. Arthur Rank, di 15 mesi, stilista, corretto, galoppo sciolto, risolutivo sull’incontro. Secondo Lenwade Whisper, pointer di Messrs P. P. Wayre’s e G. F. Jolly’s, di 15 mesi, con buon percorso, benché lacets troppo compatti e qualche incertezza nell’indicazione.”

Seguono accenni alla Brace Stake: “Le Brace Stakes videro presenti due Setters, irlandesi, Sulhamstead Bey d’Or e F. T. Sulhamstead Basil d’Or. Basil soggetto rimarchevole, con reazioni pronte e buon olfatto, impegno e buon galoppo, qualche incertezza e ritorni all’interno, ferma e guida con espressione, consente, bene in mano, ben condotto, surclassa il compagno Bey e si aggiudica per proprio esclusivo merito il secondo premio, trattenuto il primo, della pariglia.”

Alla All Aged Stake era stato iscritto anche un weimaraner che poi non si è presentato. Colombo disquisisce sul far correre un continentale insieme a degli inglesi: “non avendo visto il Weimaraner sul lavoro non posso affermare se fosse o no nera Nota del Concorso dl Setters e Pointers, superflua qualsiasi meraviglia dal momento che corrono da noi diversi Kurzhaar ed Epagneuls perfettamente nella Nota della Grande Cerca assai più di qualche esponente di razza inglese; gli inglesi, con meno ipocrisia e più raziocinio, dal momento che alcuni continentali filano all’inglese, li fanno correre con gli inglesi; la Grande Cerca non è questione di coda lunga o corta, ma di garretti, olfatto reagendo, e non è escluso che un giorno i Continentali, italiani compresi, corrano a Grande Cerca, e pointers e setters a Cerca ristretta.”

Dopodiché tira le somme su quanto visto nel corso delle prove: “in Inghilterra la Grande Cerca non è più professata e sentita come un tempo, in un ambiente dove il cane da ferma è in crisi gravissima di impiego eccetto che alcuni pochi attivissimi Sportsmen fedeli alla formula antica; che è la prassi impiegata per correre la Grande Cerca che si allontana oggi in Inghilterra, o quantomeno a Sutton Scotney, non dal modello continentale ma da quello stesso descritto e commentato dagli Autori inglesi, praticato per il passato e introdotto poi sul continente: turni a singhiozzo, interruzioni di percorso per battere porzioni limitate, della pur vasta area, sfruttamento di appezzamenti, di scampoli di terreno percorribili in qualche minuto, assolutamente inidonei allo sviluppo della cerca in grande e anzi in contrasto con la cerca dinamica e veloce pertanto che nota personalità inglese ebbe a definire alcuni: turni da Springers; si tollerano dai conduttori troppe fasi di dettaglio e si ammettono lunghe guidate inespressive con schizzo finale di lepre e coniglio considerate valide, e niente sta ad attestare la possibilità di pistaggio che il Trialler naso al vento deve trascurare non essendo suo compito preoccuparsene; si dimentica spesso che il consenso è attivo, partecipante, solidale con il cane in ferma e non rinunciatario e passivo per obbedienza; non si reprimono sempre i ritorni all’interno e si tarpa talora l’azione del cane di lato costringendolo a percorso inadeguato allo scopo stesso della velocità.”

Il cane da ferma era in decadenza in Gran Bretagna nel 1956? Non lo so, non c’ero, quello che posso intuire da letture passate ed esperienze presenti è che la realtà venatoria britannica era (ed è) completamente diversa dalla nostra come potete leggere cliccando qui. La loro gestione faunistica-venatoria ha indubbiamente favorito spaniels e retrievers, a scapito dei cani da ferma. Probabilmente, nel 1956, i cani da ferma erano comunque cani di nicchia e in stagnazione, mentre da noi si assisteva ad una sorta di ascesa della caccia con il cane da ferma, gli inglesi in particolare. Innanzitutto la Grande Cerca intesa da Colombo nel 1956 era molto diversa dalla Grande Cerca attuale ma… gli inglesi hanno mai avuto una vera e propria Grande Cerca? Non ricordo nulla di specifico ad opera di autori inglesi. Non dico che non sia mai stata descritta, dico che non ne ho mai letto e mi piacerebbe leggerne su uno dei testi a cui fa riferimento Colombo, senza però indicarne i nomi. Mi piacerebbe poter conversare con lui e capire, capire cosa intendessero gli inglesi – secondo lui- per Grande Cerca e capire la sua visione. La sua visione, in fondo la conosciamo, non possiamo certo dimenticare che il cane ideale per Colombo era velocissimo, dalla cerca estrema, dal naso superlativo. Lo chiamava “il puro”, il “folle” e in “Trialer! Saggio di Cinofilia Venatoria” (1950) lo definiva: “Il Riproduttore, Il Capolavoro, il quadro d’Autore, il brillante di cinquanta grani, l’oro zecchino. E’ il Capodanno, non gli altri 364 giorni.” La cinofilia italiana è stata profondamente influenzata dalla visione di Colombo, ma non quella britannica e, come dicevo sopra, non sono nemmeno certa che inizialmente fosse indirizzata in quella direzione. [In ogni caso mi sono rimessa a leggere Arkwright a piccoli passi].

Turni da spaniel. Interruzioni di percorsi, terreni questionabili, lunghe fasi di dettaglio, lunghe guidate eccetera, le ho viste?Ni. Ho seguito e partecipato ad almeno 20 trials, forse di più, e ho visto alcune delle cose di cui racconta Colombo ma andava sempre così. Molto andava a discrezione dei giudici e dei guardiacaccia (è il guardiacaccia che ti dice dove puoi fare il turno!) e il livello dei cani era variegato. Non so come fosse la situazione a Sutton Stockney ma, in certi trials a grouse si corrono in mezzo a densità di selvatici impressionanti. Non è che si possano fare chissà quali percorsi. I consensi a comando? Li chiedono ancora anche se un consenso naturale è molto apprezzato e si sta lavorando in questo senso. Tirando le somme, comunque, credo che Giulio Colombo si aspettasse di assistere a qualcosa di diverso e sia rimasto un po’ spiazzato. Ciò nonostante, Colombo non era uno stupido e ammette egli stesso che anche un giudice britannico potrebbe non essere colpito sempre in positivo dai trials italiani: “Benchè una sola prova controllata da me non possa fornirmi indice probante del complesso di un materiale setter e pointer, esiguo come numero nei confronti dell’italiano e francese, da quella sola gara di Sutton Scotney (dovrei dedurne una netta decadenza rispetto alla nostra; mi guardo dal farlo: probabilmente un Giudice inglese avrebbe la stessa impressione da alcuni turni nostrani alla Cattanea, a Borgo d’Ale ed Alice Castello.”

Il nostro inviato ammette altresì di aver visto, oltre a cani meno buoni, anche cani buoni: “Se alcuni concorrenti si palesarono tassativamente negativi al compito del Trialler, altri al limite quattro pointers almeno, due setters inglesi e un irlandese furono in tal classe da doverli rammaricare dal non poterli rivedere mai più. Fra i premiati Seguntium Niblick, pointer di Mr. J. Alun Roberts, di due anni, primo, velocissimo, sicuro sull’incontro, senso del selvatico. Scotney Gary, pointer di Mr. Arthur Rank, due anni, velocissimo, stilista, senso del selvatico, olfatto, secondo; Scotney Solitaire, pointer di Mr. Arthur Rank, di non ancora due anni, tutto nella Nota, testa alta, corretto, olfatto, reazioni, terzo; Sulhamstead Basil d’Or, irlandese, impegno, testa alta, corretto, quarto; Ch. Downsmans Bracken, setter inglese, dalle reazioni rapide, le ferme schiacciate slittando, lunghe e significative, infortunato su starne durante un rispetto di lepre, quinto. E lo indiavolato Sulhamstead Nina d’Or, setter irlandese di Mrs. Nagle’s e Miss M. Clarcks’s, di non ancora l’anno, partito su lepre, e quello inglesino blu belton dalla cerca ampia, avida, Flashaway Eve, del Col. A. S. Dalding’s, di non ancora due anni, che tende al fuori mano sul fianco, ma possiede tanta avidità e stile setter e galoppo radente da presagirne un Campione, se ben condotto.” Condivido appieno, la mia esperienza è identica alla sua: accanto a cani poco stilisti e lenti, ci sono soggetti che non sfigurerebbero anche alle nostre prove: in 60 anni è cambiato poco.

L’articolo di Colombo si chiude così: “Ma da Oltre Manica si importarono pointers e setters eccelsi, ma oltre Manica vige ancora sangue di Dero 4° del Trasimeno di Vignoli, sangue ricordato, vantato, e scorre nelle vene del secondo classificato, Scotney Gary, sangue che emigrò anche in America per ritornare in Inghilterra; e Blakfield Gide di Waldemar Marr, sorellastra di Fast, e Galf di S. Patrick di Nasturzio, sono citati in Inghilterra, paese per niente sciovinista, fra i migliori e più validi riproduttori, ed esponenti dei Pointer in quegli allevamenti: ricordiamolo anche noi.

Da “Rassegna “ ringrazio Mr. e Mrs Bank, Lady Auckland, il Segretario Generale del Kennel Club Inglese Mr. Buckley, Mr. Binney, Mr. e Mrs. Mac Donald Daly, Mr. e Mrs. William Wiley, Mr. Lovel Clifford mio valido interprete, che mi furon prodighi di ospitalità ed attenzioni durante il breve, ma denso soggiorno in- Inghilterra. Formulo il voto che la passione del Trialler non venga mai meno nella Patria Augusta del Signore l’Aria!” [Chi volesse leggerlo per intero può scaricarlo qui].

Ho deciso di parlare di questo articolo perché ritengo contenga dei punti chiave utili anche al lettore contemporaneo. Quali sono? Mi piace innanzitutto che apra con un excursus storico che spiega come si siano evolute le razze da ferma inglesi. Sono il frutto di particolari selvatici e di particolari terreni. Sono il frutto della caccia in quelle circostanze, circostanze che ne hanno plasmato il temperamento e codificato il metodo di lavoro. Prima che esistessero le prove, esisteva la caccia, esisteva il cacciatore che, a fronte di situazioni di caccia complesse, volevano tornare a casa con qualcosa nella cacciatora. Le circostanze hanno subito reso chiari quali fossero i tratti da selezionare e i comportamenti graditi, nonché tutto ciò che doveva essere considerato difetto. I cani andavano a caccia e poi, se bravi, venivano presentati anche alle prove. Un tempo era così anche in Italia e… vorrei fosse rimasto tale. Oggi abbiamo Campioni di Lavoro che non sono mai stati a caccia, che sono di proprietà (o persino condotti ed addestrati) da gente che non pratica attivamente la caccia con il cane da ferma, o che la pratica in contesti e su selvatici che si discostano da condizioni ideali e probanti. Questo porta anche a non comprendere alcuni regolamenti nati tanti anni fa, e a fare confusione su quali siano i comportamenti corretti da parte del cane, eppure costoro spesso si ritengono “esperti”. Se rileggete le parole di Colombo vedrete quanto stima il fermo al frullo, il down e il drop, definendoli “non accademia da recinto, ma freno in terreno libero”, beh nella nostra penisola sono ancora abbastanza fraintesi. Non so se Colombo sia stato anche a trials su grouse ma la sottoscritta ha impiegato pochi minuti sul moor a capire che lì, questi insegnamenti sono indispensabili. Colombo ricorda anche l’importanza del percorso, del saper stare sul vento e del lavoro in coppia. Lavoro in coppia che deve essere armonico, di squadra facendo capo a caratteristiche che devono essere nella genetica del cane. I cani devono anche essere facili da condurre, collegati e disponibili a collaborare con la minima necessità di ordini sonori, o i selvatici sarebbero disturbati troppo. Questi appunti mancano in tanti libri di cinofilia venatoria moderna, hanno forse questi tratti perso importanza?

Credo ora abbiate capito perché io ritenga il resoconto di Colombo su Sutton Scotney affascinante ed intrigante. Poi si aggiunge qualcosa di personale: proprio come lui, ho avuto modo di assistere (e prendere parte) ai British Trial e essi significano molto per me. Mi hanno trasformato in un cinofilo “diverso” e mi hanno consentito di avere un cane “diverso”.

Per saperne di più sulla cinofilia britannica cliccate qui.




A Gem from 1956: an Italian at British Trials

As some of you know, I inherited part of Dr. Ridella library and archive. Dr. Ridella was a veterinarian and an important English Setter breeder, his kennel name was Ticinensis. I feel really honoured to have been chosen as a custodian, but I hate to admit… I dusted and cleaned only half of the materials I have been given. Fifty  years of canine magazines (1900-1950), however, are now readable and carefully stored. Knowing about  this collection, a friend asked me to look for two peculiar articles written respectively in 1938 and in 1954. I could not find them but, while checking out nearby years, I found something absolutely unexpected, beautiful and fascinating. In the 1956 spring issue of the Rassegna Cinofila (the official name of the Italian Kennel Club Bulletin at the time), I found an article by judge Giulio Colombo (1886-1966).The man was a well known breeder (kennel della Baita) and judge for Setters and Pointers, he also imported some dogs from the UK and tried to keep the connection between Italy and Great Britain alive. Among his imports we shall remember Lingfield Mystic (who won the Derby); Lingfield Ila, Lingfield Puma and Bratton Vanity.

I discovered that, in 1956, he was asked to judge a partridge trial in Sutton Scotney (Hampshire – UK) and wrote about his experience. I am not going to translate the full article, I am just summarizing the most important points. (Those interested can see large  pictures of the article here and download the .pdf file– which can be translated with google translator).

He opens his piece mentioning Laverack, Llewellin and Lady Auckland (with whom he was judging), and then explains how and why Setters and Pointers were created. He underlines that the game (grouse and grey partridges) and the waste, open and rough grounds forged these superlative breeds  so that they could better suit the hunter. He tells us things I still see in the UK: Setters and Pointers are not expected to retrieve; Setters and Pointers must be very trainable and biddable,  and that down and drop are fundamental teachings. Dogs must honour  the bracemate and must quarter properly: Colombo explains the practical reasons behind all these expectations,  this part occupies almost half of the article. His words make me miss what I saw, experienced and learnt during my time in the UK. As I often say, my dog would be very different if I had not seen their trials,  and I would also be a much different trainer and handler. But I really like what I am now!!!

He then informs the reader about the differences  (rules) between Italian and British trials: in  Britain there is no “minute” (here  all mistakes made during the first minute are forgiven); there is no established running time (here is 15 minutes) and good dogs are asked to run a second (and maybe a third round). He also lists the pros and cons of these choices. You can read more about the differences between Italian and UK trials in my older articles.  It is interesting that he points out that judges, in the UK, do not comment on the dog’s work (on the contrary, they are expected to so here) and that explaining what the dog did, in public… often leads the public to believe they know more than the judges.  This proved to be true in my limited experience, watchers (Italian and foreign), despite being several hundred metres away from the dog, see – and foresee- mistakes that handlers and judges, despite being right above the dog “miss”!  I thought, that people in the fifties were more considerate, but, apparently, the art of attributing inexistent faults to other handlers’ dogs has a long standing tradition.

Colombo then describes what he saw during the “Derby”.  I do not know if that Derby is like the current Puppy Derby (for dogs under 2 years, running in a brace) as I cannot understand whether the dogs were running alone or in a brace.  He says he saw some back castings, some dogs who needed more training and some dogs who sniffed on the ground/detailed around the quarry too much. Rabbits, hare and pheasant further complicated things. First prize went to Lenwade Wizard, Pointer dog owned by Mr. Arthur Rank, 15 months old described as stylish,  good gallop, good at handling birds; second  prize Lenwade Whisper, Pointer dog owned by Messrs P. P. Wayre’s  G. F. Jolly, aged 15 months. In the Brace Stake he noticed two Irish Setters Sulhamstead Bey d’Or and F. T. Sulhamstead Basil d’Or who eventually got second prize. As for the All Aged stake (which should be like the modern Open Stake), a Weimaraner was supposed to run with setters and pointers but was eventually withdrawn. Colombo was asked by Lady Hove  to express his opinion:  he seems to have had mixed feelings about what he saw. Let’s not forget that he later writes that pointing dogs are no longer common and popular in the UK,  that people prefer spaniels and retrievers and Setters and Pointers are decaying. How are things now? Spaniels and retrievers still outnumber pointing dogs and this sounds a bit weird to Italians, being the average Italian hunter/shooter the owner of a pointing dog, most of often of an English Setter. But… the two realities are very different.

He writes that the  “search” in the UK is no longer how it should be,  and how it used to be.  He states that, previously, the British wanted the dogs to run wider and faster. He says that that was the “ancient” way of interpreting the Grande Cerca.  Whereas I read both Laverack and Arkwright, I do not recall anything like that and I am not familiar with other British authors advocating this working style. Also, I have not witnessed the Setter & Pointer early years, so I cannot say if what Colombo claims is true. I would like to remember, however, that Giulio Colombo, besides breeding and judging,  in 1950 published the book “ Trialer! An Essay on Gundogs” on Setters and Pointers. The book became a bestseller, it is still a bestseller indeed, and deeply influenced Italian breeders, judges and fanciers. Giulio Colombo ideal dog was a fast and furious super dog made of speed, deep castings and excellent nose. He called him “the pure”, “the fool”, then described him with these words: “The Trialer is the producer, the Masterpiece, the famous Artist’s painting, the fifty carats diamond, the pure gold”. He is New Year’s Day, not the remaining 364 days.”

So, I really wonder whether any British authors had ever outlined such a dog, or whether Colombo just believed an hypothetical British author did or, again, whether he misunderstood some writings (he did not read English, as far as I know).  So, basically, I think he was expecting something different and he did not entirely like what he saw. He complains about “interrupted” runs, short castings, slow runs,  small parcels of ground to be explored, searches that gets “limited” by the judges and dogs forced to back on command. He writes that a British sportman defined some of the runs  “Springer Spaniel work”. Some of these things still happens and might be even more noticeable if you come from Italy, where dogs are asked to run as much, as fast and as wide as they can (the pure, the fool…) and dogs usually back naturally but, our trials have other faults and he admits that, maybe, a British judge attending one of our trials, on a particular unlucky day, would not be impressed by what we show him. Giulio Colombo, however, was skilled enough to see recognize good things at British trials, he admits, for instance, having seen some dogs he really  liked.  Yes, he says some dogs were “low quality”, but equally admits others were outstanding. I share his opinion: some British dogs lack of class, style and pace to compete successfully here but others… are absolutely not inferior to some Made in Italy dogs. I really, really liked some dogs I saw in Britain, and I am sure they would make our judges smile. Colombo mentions Seguntium Niblick, Pointer owned Mr. J. Alun Roberts who got first prize in All Aged Stake; Scotney Gary, Pointer owned by Mr. Arthur Rank, second prize; Scotney Solitaire, Pointer owned by Mr. Arthur Rank, third prize; Sulhamstead Basil d’Or Irish Setter, fourth prize; Ch. Downsmans Bracken, English Setter, fifth prize; Sulhamstead Nina d’Or, Irish Setter owned by Mrs. Nagle e Miss M. Clarcks and Flashaway Eve, English Setter owned by Col. A. S. Dalding. I think he really liked the Flashaway Eve as he describes him as very avid, stylish and very a typical low set gallop, he thinks he has all the features a dog needs to become a FT. Ch. He concludes with a note on Dero 4° del Trasimeno who was exported to the UK and is ones of the ancestors of Scotney Gary  (and of some American dogs) and  Blakfield Gide stepsister of the Italian  Fast and Galf di S. Patrick.  Author tanks those who made his experience possible: Mr. and Mrs Bank, Lady Auckland, Mr. Buckley, Mr. Binney, Mr. and Mrs. Mac Donald Daly, Mr. and Mrs. William Wiley, Mr. Lovel Clifford

So which are the key points for contemporary readers? Giulio Colombo outlines the Setter and Pointer history and explains why these dogs should work in a given manner. It is a matter of grounds and of birds: before trials ever existed, these dogs were hunting dogs and had to work all day long for the hunter  who wanted to go home with a bag filled with birds. Setters and Pointers  were tested in difficult and real hunting situations and it soon became clear which behaviours and attitudes were useful  and which were not.  The most sought after traits and behaviours were later coded and field trials were born, not viceversa. Dogs used to be tested during real shooting days and then, the best of them, were trialed. Things were like this during the early Pointer and Setter days and, in my opinion, they should not have changed. Nowadays, there are, at least in Italy, FT.Ch. who have never been shot over and, most of all, are trained, handled or owned by people who had never hunted, and never hunted on grounds and birds suitable for these breeds. People therefore do not understand some of field trial rules, nor how the dogs should behave but they consider themselves “experts”. Colombo mentions steadiness to flush and the commands down and drop, some of the most misunderstood things in my country. People think (and probably thought, already in 1956), that these commands are taught “just to show off”. On the contrary they can make shooting safer (a steady dog is not likely to be shot)  and the drop and the down are extremely useful on open grounds.  I am not sure whether  Colombo attended grouse trials and, if so, how abundant grouse were but I took me only a couple of minutes to realize the importance of these teachings on a grouse moor. He then remembers why Setters and Pointers are supposed to work in a brace and to quarter in “good” wind while crossing their paths. Dogs should work in a brace to better explore the waste ground and, in doing so, they should work together, in harmony, like a team. Teamwork is very important, yet a dog must work independently from his brace mate and, at the same time, support his job and honour his points, these things shall be written in the genes.  Dogs shall also be easy to handle so that they could be handled silently (not to disturb the quarry too much) and always be willing to cooperate with the handler. I don’t think I ever read these last two recommendations on any modern books on Setters and Pointers, have these traits lost importance?

I think you can now understand why I find Giulio Colombo’s report on Sutton Scotney intriguing and fascinating, but there is more, something personal: like the author, I had the privilege to watch and to take part in British trials, they mean a lot to me, I came back as a different “dog person” and they made me have a “different dog”.

You can read more on British trials here.




Al calduccio: Harkila Kana

E’ giunto il momento della recensione finale. Il completo Kana è arrivato appena prima di Natale e pensavo di mandarlo a riposo appena prima di Pasqua ma una bizzarra primavera ci ha tenuto insieme fino all’inizio di maggio. Le mie impressioni? i dati tecnici e la descrizione accurata li potete trovare qui, nella prima parte della recensione. Oggi voglio parlarvi di cosa penso di loro dopo averli testati sul campo per mesi.

In primavera

Prima di tutto sottolineo che lo scorso inverno qui è stato freddo e nebbioso, ma molto secco. Poca pioggia e ancora meno neve hanno  limitato le possibilità di testarne la resistenza all’acqua. Ci ho provato, ma il massimo periodo trascorso sotto l’acqua, senza ombrello, è stato di circa un’ora, un’ora e mezza.  Ero asciutta? Sì, e una volta a casa la giacca è asciugata abbastanza rapidamente, il che è un punto a favore ma…  penso che gli indumenti Kana siano quanto di meglio si possa indossare sotto la pioggia? Probabilmente no, ma hanno molto altro da offrire.

Testando…

Iniziamo dal basso, i pantaloni.  I pantaloni Kana sono caldissimi,  troppo caldi da indossare insieme alla giacca se le temperature sono  sopra lo zero, o se pensate di camminare a molto. Però, diventano eccezionali se dovete stare fermi a lungo nel freddo o se le temperature scendono sotto lo zero. Potrei dire lo stesso della giacca, ma la ritengo più versatile: a seconda di cosa indossate sotto, i suoi effetti cambiano, vada quindi per il maglione in inverno e per la camicia in primavera. La giacca Kana mi ha tenuto al calduccio per tutto l’inverno : la nebbia fitta falsa la percezione della temperature, 0°C nella nebbia sono molto peggio di -5°C in una giornata asciutta e soleggiata.  Mi ricordo di essere rimasta per ore nella nebbia in attesa che iniziasse una prova di lavoro. Non è mai iniziata dal  momento che la nebbia non si è mai alzata ma, mentre gli altri congelavano, io ero felicemente a mio agio nel freddo.  Sottolineo la parola “felice” perché non tollero granché le temperature estreme e, pertanto, stare bene in quelle condizioni era apprezzatissimo. Credo lo si potesse leggere nella mia faccia e  questo ha fatto scattare una serie di domande. “Bel completo tecnico!” “ E’ della …. (marca italiana)?” “ No, è di Harkila!” E quando hanno scoperto che Harkila è  scandinava sono arrivate alter domande ancora!

Dopo il freddo inverno, è arrivata una primavera insolita e ventosa: sulla carta la giacca Kana era troppo calda, ma non avevo nulla da perdere nel testarla anche in queste condizioni, test superato!  Il trucco? Indossarla con sotto solo una camicia, con questo metodo era perfetta. Sulla carta non faceva freddo ma soffiavano freddi venti da nord, da oltre le Alpi, che facevano sembrare tutto più gelido. L’ho provata anche durante due giornate molto ventose.  La prima volta stavo scattando delle fotografie al tramonto: il vento aveva appena pulito il cielo ma continuava a soffiare, una bufera e io perfetta, tranne le mani avendo scordato i guanti. Nel secondo caso tempesta di vento e acqua, test passato e Kana certificata come resistente al vento.

Nello slideshow a fondo pagina potete vedere come sta una volta indossata (link diretto alla gallery qui). Questa è una taglia 36 EU, io porto una 40/42 italiane e sono piuttosto “bassa” per questo la giacca può sembrare anche più lunga di quanto non sia in realtà. La lunghezza, tuttavia, è stata studiata per tenere più caldi e fa il suo  lavoro. Qualcosa da dire sui pantaloni? Sono imbottiti, ma non ti fanno sembrare l’Omino Michelin, il che è eccellente. Disclaimer: in una foto mi vedete con una tizia che indossa solo un pile mentre io sono tutta imbacuccata nella Kana. Beh c’erano  -5°C, un laghetto ghiacciato e la tizia, che indossava vari strati termici lì sotto, è affettuosamente nota come “la russa” perché, tra le alter cose, non sente il freddo. [Il cardigan Lilja verrà recensito separatamente, ora sto indossando di nuovo i capi Jerva].

Si potrebbe migliorare la Kana? Sì. Un paio di modifiche potrebbero renderla più versatile. La giacca non ha le tasche scaldamani che, quando fa freddo, sono molto comode. Ci sono due tasconi  laterali ottimi per le cartucce o per contenere tutto quello che volete, ma non imbottite. E’ rilevante l’imbottitura? Diciamo che terrebbe al caldo le mani e il cellulare. Per il cellulare c’è una taschina sul petto, ma non è praticissima se lo volete controllare spesso: le  tasche scaldamani risolverebbero tutti i problemi.  Il secondo punto debole è il cappuccio: è molto caldo e quindi di grande aiuto nel gelo ma non sempre ottimale quando piove. Lasciatemi spiegare: il cappuccio è foderato di pelo simil-orso  Mi piace, tiene caldo, ma se piove  il pelo mi obbliga ad indossare il cappuccio, in caso contrario si inzuppa e impiega una vita ad asciugare. Non sempre però si vuole indossare il cappuccio sotto la pioggia: non è comodo se si deve imbracciare un fucile, se serve un campo visivo più ampio o se ci si muove in mezzo al bosco. Un cappuccio rimovibile avvicinerebbe la Kana alla perfezione.

In breve: il completo Kana è perfetto per le giornate fredde o ventose, ed è ottimo per la caccia da selezione, da appostamento  visto e per qualsiasi attività non troppo intensa  da svolgersi al freddo ma la giacca,  da sola, è più versatile e la potete usare anche durante la caccia in movimento con il cane e con temperature un po’ più elevate.




Warmness: I love my Harkila Kana

The time for a final review has come. I received my Kana suit right before Christmas and I decided to give the jacket some rest right before Easter but, the weather changed and we hung around until the beginning of May. My impressions? If you want to know more about the Kana technical features, and get a detailed description of the suit (jacket and trousers), click here to read the first part of my review. Today I am going tell you what I think of them after having field tested them for several months.

In spring

First of all, I must tell you that we had a very cold and foggy winter, but it hardly rained/snowed, so I cannot say exactly how waterproof the suit is. I think it is, but the maximum time I spent under a heavy rain (without umbrella) was one hour, one hour and a half. Was I dry? Yes, I was and, once at home, the jacket dried reasonably quickly which is a very good point. Do I think the Kana to be best garment you can wear during a heavy rain? Probably not, but this suit has still much to offer.

Let’s start from the bottom: the trousers. The Kana trousers are incredibly warm: too warm to be worn together with the jacket if the temperature is above 0°C, or if you plan to be very active. Nevertheless, they become lovely if you have to stay still, or when temperatures fall below zero. The same could be said about the jacket but, wearing it with a plain pair of trousers, you can make it more adaptable to warmer days. It really depends on what you decide to wear underneath: a proper sweater in winter, or a shirt in spring. The Kana jacket kept me very warm all winter. We had a very cold winter, with much much fog which can affect the way you perceive the real temperature: 0°C in a thick fog is much worse than -5° on a dry sunny day. I remember spending hours in the fog waiting for a field trial to start: it never started as the fog never dissipated but, whereas all the other people were freezing, I was perfectly fine and happy. I like to underline the adjective “happy” because I am very sensitive to extreme temperatures, therefore the opportunity to be fine whatever the weather, is greatly appreciated!  I think, on that day, that happiness was painted on my face, people noticed it and quickly connected it to the technical suit I was wearing and asked me about the brand. They thought it was Italian and when I explained it was made by Harkila and it was Scandinavian and more questions came…

Testing…

After the cold  foggy winter we had an unpredictable spring, filled with cold windy days: the Kana jacket, on paper, was too warm, but I had nothing to lose by testing it in these conditions and, surprise… it passed the test. The trick was wearing only a shirt underneath: this combination was perfect for windy days. Again, it was not cold “on paper” , but strong northern winds blowing from the Alps modified the temperature’s perception.  I tested the Kana during two wind storms: the first one happened in a wonderful sunset, the wind had cleared the sky and I was trying to take pictures standing still by a river with my camera. I was warm but for the hands as I forgot to bring gloves; the second storm involved rain and we did extremely well, finally certifying the Kana as “windproof”.

You can see how it looks once worn in the slideshow at the bottom of the article (for static gallery click here), this is a size 36 (I wear an IT 40/42 –UK 8). Remember that I am… err… fairly short hence the jacket, which is indeed long, might look it even longer. The extra length was meant to keep you warmer and it does the job. Any notes about the trousers? I think I’d say that, despite being padded, they do not make me look like Bibendum (the Michelin Man), which I appreciate! Disclaimer: in the photo you’ll see a girl wearing only a fleece while I was all wrapped up in the Kana: it was -5°C and we were by a frozen lake, but she was wearing multiple layers underneath the fleece and…. She is often referred as “the Russian” being absolutely unaffected by cold weather. [The Lilja Cardigan will be reviewed separately, I am back to wearing the Jerva now].

Could the Kana be improved? It could benefit from two minor changes that would make it more versatile. The jacket lacks of hand warmer pockets and you sometimes would like to have them when it is very cold outside. It features, indeed, two large front  pockets which are deep and large, perfect for storing shots shells and other items, but not padded. Is this relevant? Yes and no: padded pockets would keep your hands and your cell phone warmer. There is also a chest pocket in which the cell phone can be placed, but it is not really handy if you want to check the phone often, the hand warmer pockets would solve all these issues. The second point we could consider is the hood: it is a lovely and warm hood, which can be of great help when it is cold and windy, but not always convenient when it rains. Let me explain better: the hood, as mentioned in the first article, has a bear-like fur lining. I love it as it keeps me warm but, in case of rain, it forces me to wear the hood: if I do not, the fur gets soaked and will not dry fast. But wearing a hood in the rain is not always the best choice, especially if you are shooting, you need to mount a shotgun/rifle on your shoulder and you need a wider field of view: a detachable hood would bring the Kana jacket closer to perfection.

Summarizing,  the Kana suit can help you during freezing and windy days and it is great for: stalking, wildfowling, driven shooting and any not so intense activity in cold weather, but the Kana jacket is versatile enough to be worn for rough shooting and in slightly warmer weather.




La taurina, il setter inglese e le altre razze

La scorsa settimana il server si è crashato dopo la pubblicazione di un articolo sulla tirosina e per dieci giorni non ho osato pubblicare nulla, ma oggi è venuto il momento di considerare un altro amminoacido. Un’allevatrice di setter americana, infatti, ha di recente pubblicato su Facebook la storia del suo cane a cui è stata diagnosticata un’insufficienza cardiaca congestizia. A questa situazione si era arrivati a causa di una DCM (cardiomiopatia dilatativa) e il cardiologo ha consigliato di controllare i livelli ematici di taurina. Lei ha controllato il cane e tutti gli altri setter di sua proprietà e, sorpresona, i livelli di taurina erano bassi in tutti quelli che alimentava con un mangime grain free ritenuto ottimo, mentre erano normali in quelli che mangiavano crocchette che potremmo definire “normali”.

La taurina ha moltissime funzioni e le potete leggere qui ma, può davvero una carenza di taurina provocare una cardiomiopatia dilatativa? Sappiamo che questo succede nel gatto che non può sintetizzarla (amminoacido essenziale) e che quindi deve assumerla con la dieta. Per i cani, al contrario, la taurina non è considerata essenziale e si ritiene la producano da sé sintetizzandola dagli amminoacidi solforati metionina e cisteina.

Così, per fugare ogni dubbio, ho contattato di nuovo Lucia Casini, Professoressa di Nutrizione Veterinaria all’Università di Pisa, e mi ha confermato quanto appena scritto, sottolineando che, comunque, bassi livelli di cisteina e metionina nella dieta potrebbero causare una deficienza di taurina. Quindi, questo significa che i mangimi contengono livelli inadeguati di tali amminoacidi? Può darsi, ma va ricordato che alcune razze sono meno efficienti nel trasformarli in taurina. Quali sono le razze? Cocker (americano e inglese), setter inglese, retrievers (golden e labrador), terranova e San Bernardo ma, onestamente, non mi sento di escludere che il problema possa essere presente in altre razze ad esse affini , o in razze in cui sono presenti casi di DCM. Per questi animali, l’integrazione di taurina potrebbe avere un ruolo preventivo e non curativo.

Cosa fare quindi? Credo servano ulteriori ricerche per poterlo affermare con esattezza ma, in quanto proprietaria di un setter inglese, mi sto informando su quali laboratori effettuano questo esame e su quali siano i costi. In attesa di nuove scoperte, sento di consigliare la stessa cosa a chi possiede esemplari delle razze menzionate, di razze affini e di razze ritenute a rischio DCM.

Aggiornamento, ho trovato almeno tre laboratori che testano: Idexx, Laboklin e San Marco. I prezzi sono attorno ai 60-70 euro. (Aggiornamento qui)

Inoltre, siccome la maggior parte dei miei lettori si occupa di cani da lavoro (date un’occhiata al Gundog Research Project!), lasciate che aggiunga che gli atleti possono avere un fabbisogno di taurina più elevato. Se desiderate approfondire, il web è ricchissimo di articoli dedicati alla taurina e alla cardiomiopatia dilatativa nel cane, lo scopo del mio articolo è semplicemente quello di far conoscere questo problema.




Taurine, English Setters & other breeds

Last week the server crashed after I published an article on tyrosine and dark coats. I stayed away from the admin panel for ten days because I was afraid I could crash it again, but now I am back discussing another amino acid. A couple of days ago, an English Setter owner living in the USA posted on FB about her dog’s being diagnosed with congestive heart failure. The dog had developed DCM (dilated cardiomiopathy) and the cardiologist suggested testing his taurine blood levels. She tested him and her other dogs and the tests confirmed that some of them had indeed very low levels of taurine. Curiously, those with lower levels were fed a grain free, high protein, trendy dog food while the other ones, eating what would be considered an “average” dog food, were doing better.

Taurine has multiple functions, as you can read here, but can taurine deficiency in the diet lead to DCM? We know this can happen in cats: taurine is, for cats, an essential amino acid which means they cannot synthesize it and that it must be introduced with the diet. When it comes to dogs, instead, taurine is not considered essential as they can produce it by themselves. But… to do so, they need to convert dietary sulfur amino acids (SAA, methionine and cysteine) to taurine.

I decided to speak again with Lucia Casini, Veterinary Nutrition Professor at the University of Pisa, and she confirmed what I just wrote above, adding that a lack of methionine and cysteine could, however, cause taurine deficiency. So, are some dog foods lacking of methionine and cysteine? Maybe, or it could also be that some animals are less efficient when it comes to transforming them into taurine. There are several breeds of dogs that have a lower than normal ability to convert SAA: American Cocker Spaniels, Cocker Spaniels, Golden Retrievers, Labrador Retrievers, St Bernard, English Setters and Newfoundlands (and probably more we still do not know about). In their cases, taurine supplementation could have a preventive, rather than curative role.

So… What should we do? I think further research is needed but, personally, owning an English Setter, I am investigating on laboratories which can assess taurine levels and trying to collect information about the cost of this service. Would I advise you to do the same? Probably, and I am also wondering if other breeds, especially those related to the aforementioned breeds and those prone to DCM, should be tested: more research is certainly needed!

Update: in Europe at least 3 labs test for taurine in dogs: Idexx, Laboklin and San Marco. Prices are around 40-50 euros. Update on my test here.

Considering that most of my readers own working dogs (read about the Gundog Research Project!), let me also add that these athletes might need more taurine than the average dog. The web is full of articles on taurine and DCM in dogs, go and read them if you want to know more, I am just here to spread the word and raise some awareness.




Hai un cane dal mantello scuro? Leggi qui!

A volte i cani neri diventano rossicci. Di solito si pensa che lo schiarimento sia causato dal sole ma… ci sono cani neri che non diventano mai marroni e cani neri che sono  marroni tutto l’anno, anche in inverno. Ho posseduto solo un cane nero e solo per qualche mese, era un greyhound recuperato dai cinodromi e era marrone anziché nero ma questo era causato da una grave anemia e dalla leishmaniosi. Sappiamo tutti che le malattie possono alterare il colore dei mantelli, ma anche l’alimentazione!

Ieri, la mia amica Lucia Casini, che è professore di Nutrizione Veterinaria pressol’Università di Pisa, a condiviso questo studio con me “Tyrosine supplementation and hair coat pigmentation in puppies with black coats – A pilot study.” Lo studio, come potete leggere nell’astratto (in inglese), suggerisce che i cani dai mantelli scuri abbiano un fabbisogno di tirosina doppio rispetto agli altri cani e rispetto a quanto indicato nelle linee guida del NRC.  Lucia ha anche spiegato che il ruolo della tirosina è stato studiato in maniera più approfondita nei gatti ma che molti cibi industriali, specialmente quelli poveri di proteine di origine animale, non contengono abbastanza tirosina per i cani neri. La fenilalanina sembra anch’essa avere un ruolo ed entrambi sono amminoacidi essenziali, ovvero vanno introdotti attraverso la dieta.

Some biochemistry…

La carne, specialmente il maiale e gli avicoli sono una buona fonte di tirosina. Il National Research Council (USA) raccomanda: 2g  di tirosina ogni 1000 kcal per i cani adulti e  3,5 g per i cuccioli ma i cani dal mantello scuro parrebbero necessitare di dosi doppie.




Own a dark dog? Read this!

Black dogs sometimes turn rusty brown.  People tend to attribute this to “too much sun” but, indeed, some black dogs never turn brown, while some others are brownish all year round, winters included.  I owned a black dog only for a couple of months: he was a rescued Greyhound and he was, indeed, brown but this was caused by severe anemia and leishmaniasis.  We all known systemic diseases can affect coat colour, but nutrition can as well.

Yesterday, my friend Lucia Casini, who is professor of Veterinary Nutrition at the University of Pisa, shared this study with me “Tyrosine supplementation and hair coat pigmentation in puppies with black coats – A pilot study.” The study, as you can read in the abstract, suggests that dogs with darker coats need twice the amount of tyrosine the average dogs needs – according to the NRC guidelines.  Furthermore, the longer the coat, the higher the requirements for tyrosine. She also explained that the role of tyrosine and coat colour has been studied more in cats, but added that some commercial foods, especially those poor in proteins of animal origins, do not contain enough tyrosine for black dogs. Phenylalanine seems to play a role too and they are both essential aminoacids, hence they must be introduced through the diet.

Some biochemistry…

Meat, especially pork and poultry, is a good source of tyrosine.  The National Research Council (USA) recommends: 2g  of tyrosine  each 1000 kcal for adult dogs and  3,5 g for puppies, but darker coated dogs requirements seem to be double.