Caccia al cane… da caccia

Riflessioni di mezza stagione… di caccia. Nel Medievo si
cacciavano le streghe, in questo momento storico tanti, troppi, cacciatori,
danno la caccia al loro cane, sia in senso letterale (si insegue il cane da
caccia che scappa), sia in senso figurato, trasformando il cane nel capro
espiatorio preferito.

Se il cane scappa è colpa del cane; se il cane non riporta è
colpa del cane; se il cane… qualsiasi cosa accada è colpa del cane, senza se e
senza ma, senza un minimo di senso critico, né di introspezione.

Quando un cane sbaglia, ammesso che sbagli, chi si chiede
mai se la creatura stata messa in condizione di agire correttamente? Prendiamo
il cane che “non riporta”: gli è stato mai insegnato a riportare? E i cane che “scappa”:
questo cane ha davvero una relazione col proprietario tale da fargli ritenere di
dover essere “collegato”?

Vogliamo poi parlare della paura dello sparo? Come è stato
cresciuto il cane? È stato socializzato? Come è stato introdotto lo sparo? Se
gli avete sparato sei fucilate di fila sulla testa, senza la minima
introduzione ai rumori e alla finalità di tanto rumore, forse il cane tutti i
torti non li ha!

Potrei continuare ad elencare altri presunti errori e reinterpretarli dal punto di vista del cane, ma questo allungherebbe l’articolo, senza arricchirlo, e portandomi lontano dal punto chiave, che è un altro.

Se andiamo a caccia, parlo di quelle cacce che si praticano con il cane, ci andiamo con il cane, ma ci andiamo soprattutto GRAZIE al cane. Per carità, ho conosciuto cacciatori talmente abili da poter quasi fare a meno del cane, ma li vorrei proprio vedere buttarsi nelle acque gelide del Grande Fiume per recuperare un’anatra, per esempio. Ma, comunque che senso ha fare le cose che vanno fatte con il cane… senza cane? Una per tutte? La beccaccia alla posta! Come scrivo spesso la caccia, dal punto di vista dell’approvvigionamento alimentare non ha più ragion d’essere, quindi… Perché si va a caccia?

Per qualcuno è uno stile di vita, per altri una forma d’arte, per altri ancora una sorta di hobby. Non intendo qui mettermi a disquisire sulla liceità etica della caccia, ma mi preme invece portare l’attenzione sul fatto che, oggi, la caccia con il cane debba intendersi come una collaborazione tra uomo e cane, nonché, se possibile, come una raffinata espressione di un gesto atletico.

Sono un tipo preciso e vorrei vedere, anche a caccia, richiami efficienti, fermi al frullo, riporti impeccabili e, magari, come i tanti esteti che popolano la cinofilia italiana, anche un bel galoppo ma… senza arrivare a pretendere la perfezione, sarebbe sufficiente vedere cane e padrone lavorare insieme, con un cane messo in condizione, ovvero preparato ed addestrato, a eseguire le richieste del padrone.

Invece cosa vedo? Vedo per lo più padroni che si “arrabbiano” con cani che non sanno nemmeno di aver sbagliato, né hanno la minima idea di come si dovrebbero comportare per fare felici il padrone. Si dà contro al cane senza provare a pensare “da cane” e senza cercare di vedere il cane per quello che è.

Il cane è A) un semplice strumento di caccia o, nel caso della caccia cinofila, è B) esso stesso la caccia? Ciascuno provi a rispondere come meglio crede. Essendo arrivata alla caccia attraverso il cane, rispondo B, il che mi porta inevitabilmente a vedere il cane, e le cose attorno al cane, in un certo modo.

Questa mia personalissima visione mi spinge a chiedermi, come mai una buona fetta di cacciatori continui a trattare, consciamente, ma anche inconsciamente, il cane come uno strumento di caccia e non come quella risorsa fondamentale che permette alla caccia (con il cane) di esistere. Vedo cani alimentati con mangimi di scarsa qualità, perché costano poco; cani che, nel 2019, vivono ancora in “serragli”, fatti con avanzi di materiali edili arrugginiti; cani che hanno il mantello talmente infeltrito, da ferirsi con le semenze annodate nel pelo; cani derisi e buttati via senza motivo, se non la sfortuna di essere capitati nel serraglio sbagliato.

E boh… di certo il cane non va idolatrato, bambinizzato e dementizzato, come sbagliano fare tanti proprietari di cani da compagnia, ma la categoria “cacciatori”, che ha ancora l’incommensurabile fortuna di poter far svolgere ai propri cani i lavori per cui sono nati, un po’ di gratitudine e devozione, nei confronti di cani che si mettono al loro totale servizio, dovrebbe imparare a mostrarla.




L’alimentazione del cane da caccia: partiamo dalle basi

di Rossella Di Palma (DMV)

Con
l’avvicinarsi della stagione di caccia iniziano le richieste di informazioni.
Cosa devo dare da mangiare al mio cane? Va bene questo integratore? Cosa potrò
aggiungere alle crocchette quando, a metà stagione il cane inizierà a
dimagrire?

Il cacciatore, intriso di buona fede
si intende, si aspetta che gli venga proposto un rimedio efficace, semplice ed
economico, meglio se sotto forma di pillola magica.  Come alcuni di voi già sanno, l’alimentazione
del cane mi è sempre stata a cuore, il che mi obbliga a rispondere in maniera
dettagliata.

Una buona dieta sta alla base della salute e del benessere del cane. I proprietari possono scegliere da un mangime di qualità (non ne discuteremo qui), oppure optare per una dieta casalinga e/o una dieta BARF bilanciate. Riuscire a capire se un mangime è buono e se, oltre ad essere buono è anche adatto, non è semplicissimo. Come detto poco sopra non ne discuteremo qui, mi limiterò però a ribadire che diciture come “alta energia”, “grain free”, “alta percentuale di proteine” significano poco e niente.  A chi fosse interessato all’alimentazione casalinga, o alla BARF, ricordo invece che queste scelte nutrizionali non sono semplicissime da strutturare, specie se parliamo di cani atleti.  Sconsiglio pertanto il fai da te e consiglio invece di investire qualche soldino in una consulenza veterinaria: parlatene con un medico veterinario che si occupa di nutrizione.

Innanzitutto, che differenza c’è tra
un cane da compagnia e un cane da caccia? Il cane da caccia, così come altri
cani da lavori, svolge – per lo meno durante la stagione venatoria, svolge
molto più movimento fisico.

L’esercizio fisico alza il metabolismo: i fabbisogni energetici del cane da caccia diventano così più elevati. La dieta del cane da caccia deve quindi venir strutturata in funzione dell’attività svolta. Ingenuamente si tende a pensare che il rendimento venatorio sia frutto esclusivo della genetica del cane. Qualcuno, più lungimirante, attribuisce un ruolo anche all’addestramento e all’esperienza, ma ancora troppi pochi cacciatori hanno compreso l’importanza dell’alimentazione e del condizionamento fisico.  L’alimentazione non può correggere carenze genetiche ma può migliorare le prestazioni del cane, nonché le sue capacità olfattive. Lo sapevate, per esempio che sono in corso studi scientifici sulla relazione tra dieta e capacità olfattiva?

È importante che la dieta sia
strutturata in base al lavoro che l’animale è chiamato a svolgere valutandone
intensità, durata e frequenza. Il cane da caccia svolge normalmente un tipo di
esercizio “intermedio” la cui durata va da pochi minuti, nei turni nelle prove
di lavoro, ad alcune ore. Cani che cacciano per tutta la giornata svolgono
quella che potremmo chiamare “attività di resistenza”: riuscire a sopperire
adeguatamente ai fabbisogni nutrizionali di questa categoria di cani può essere
difficile.

Atleti di resistenza  vs atleti di velocità

La fonte di energia principale (carboidrati, grassi o proteine) deve essere decisa in base al tipo di attività praticata e in base alla frequenza con cui tale attività viene svolta. I nutrizionisti chiamano RER (resting energy requirement), ovvero fabbisogno energetico a riposo, le calorie che un animale “a riposo” necessita quotidianamente. Nei cani da lavoro, il RER deve essere moltiplicato in base a un coefficiente che varia a seconda del tipo di attività svolta. Un atleta che compie sforzi intermedi, per esempio, ha un fabbisogno energetico giornaliero che impone di moltiplicare il RER per un numero compreso tra 2 e 5. I cani che svolgono attività di resistenza, come i cani da slitta e alcuni cani da caccia, hanno un fabbisogno energetico pari a 5 volte (o addirittura maggiore di 5 volte) il RER. In base a questi fattori, è chiaro che il cane da caccia necessita di cibi a alta energia e facilmente digeribili: la percentuale di cibo digeribile deve essere pari all’80% della materia secca.

Il metodo più semplice per stabilire se il fabbisogno energetico è soddisfatto consiste nel monitorare il body condition score (BCS), ovvero la condizione fisica del cane. A questo link potete trovare un .pdf a cura della WSAVA (Word Small Animal Veterinary Association) in cui sono presentati i BCS lungo una scala che va da 1 a 5. Il body condition score ritenuto ottimale è 3/5, ma alcuni conduttori preferiscono, se il cane pratica esclusivamente attività di breve durata (nel nostro caso le prove di lavoro per cani da ferma), che l’animale sia magro. Tra i cani da prove, non è infrequente vedere esemplari con un BCS pari 1/5 o 2/5. Si arriva a questa scelta perché, nelle prove (che richiedono uno sforzo di breve durata), la velocità è importante e possono pertanto essere preferiti cani sottopeso, partendo dal presupposto che la leggerezza sia sinonimo di velocità. Se, invece, il nostro cane da caccia è destinato a svolgere un’attività di tipo “intermedio”, o un’attività di “resistenza”, è consigliabile portarlo all’apertura della stagione venatoria con una BCS pari a 3/5, cercando di non scendere mai, durante i mesi di caccia sotto a una BCS pari a 2/5.

In previsione dell’apertura è buona cosa riportare il cane, se è ingrassato, ad una BCS pari a 3/5 e ricordarsi, calcolando il picco di attività venatoria – nonché i cambiamenti climatici – che per raggiungere la condizione fisica perfetta occorrono 6 settimane di allenamento e 6 settimane di “nuova alimentazione” (se va modificata), poiché il metabolismo necessita di tempo per adeguarsi. (Continua qui)

Bibliografia:

Toll P.W., Reynolds A.J. (2000). The canine athlete. In: Hand M.S., Thatcher C.D., Remillard R. Roudebush P. (Eds.) Small animals clinical nutrition. 4th Ed., Mark Morris Institute, 261-289, Topeka, USA.

Toll P.W., Gilette R.L., Hand M. S. (2010). Feeding working and sporting dogs. In: Hand M.S., Thatcher C.D., Remillard R. Roudebush P. (Eds.) Small animals clinical nutrition. 5th Ed., Mark Morris Institute, 321-358, Topeka, USA.




I Cuccioli…. Briony x Gregor

I cuccioli

La scelta di questi due riproduttori è stata effettuata alla luce della venaticità, della tipicità morfologica, dell’equilibrio caratteriale e delle verifiche sanitarie. Lo scopo di questa cucciolata è prima di tutto ottenere soggetti che siano buoni cacciatori, morfologicamente tipici, sani ed equilibrati (una cucciola resterà con me). Ho sempre pensato che il setter inglese debba essere una grande cacciatore, ma che debba anche possedere una buona tipicità morfologica. Alla luce di ciò la cucciolata è stata pianificata con estrema cura. I cuccioli verrano cresciuti in casa (e non in canile) affinché possano avere uno sviluppo cognitivo ottimale (e imparino a sporcare fuori). Verranno inoltre alimentati con prodotti di fascia alta, al termine di un accurato studio delle componenti nutrizionali.

Il futuro proprietario ideale è quindi una persona che riesce a comprendere e ad apprezzare questa impostazione,  e che sceglie uno di questi cuccioli come compagno di vita, e non soltanto come strumento di caccia.

Per contatti: englishsetterCHIOCCIOLAgmailPUNTOcom

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Perché Gregor di Val di Chiana?

Perché Gregor?

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Questo cane è stato scelto per tanti motivi. Per prima cosa, Gregor è utilizzato regolarmente a caccia in ambienti difficili: questo è fondamentale per verificare le attitudini e le qualità del cane da ferma. Ci sono caratteristiche quali il collegamento naturale e il fondo che non possono essere verificati mediante le prove di lavoro. Inoltre, un buon cane da caccia (in terreno libero) deve essere in grado di continuare a cercare e mantenere alta la motivazione anche quando dopo ore di lavoro non riesce ad incontrare selvatici. I risultati che Gregor ha ottenuto in prove corse in alta montagna sono un importante, ulteriore, conferma delle sue qualità. Altro particolare da rilevare, Gregor è stato preparato per le prove dal proprietario stesso che, tuttora lo conduce, ha pertanto ottenuto tutti i suoi risultati senza che fosse mai presentato da un professionista.

Di Gregor mi è piaciuta anche la tipicità morfologica (ottima la linea dorsale) e l’equilibrio caratteriale.

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Cuccioli in arrivo

Ch.It. B./R.S. Briony del Cavaldrossa x Ch.It.L/Ch.Int.L./Ch.Eu./ R.S. Gregor di Val di Chiana

Cuccioli da riproduzione selezionata (Pedigree Rosa) ***Click here for English***

Ch.It.B/ R.S. Briony del Cavaldrossa (CAE-1)  Altezza 58 cm

(C.R./R.S. Gion di Crocedomini* x Ansa del Simano) Clicca qui per vedere il pedigree

Verifiche sanitarie HD A ED 0      Esente PRA (rcd4) Esente NCL                   Dosaggio Taurina nella norma

Briony è figlia del Campione Riproduttore e Riproduttore Selezionato Gion di Croocedomini (HD/A HD0) e di Ansa del Simano (HD/B), una femmina di proprietà di un cacciatore svizzero che pratica la caccia alla tipica alpina sui Grigioni.

Briony è stata acquistata come cane da caccia ad uso personale. Successivamente, pur provenendo da linee di sangue esclusivamente da lavoro, è diventata Campionessa Italiana di Bellezza. È alta 58 cm e ha una dentatura corretta e completa (certificata). È Riproduttore Selezionato ENCI. Morfologicamente è un soggetto tipico che ha conseguito anche 2 BOB (Migliore di Razza) e 3 BOS (Best of Opposite Sex).

Dopo aver avuto la conferma che fosse un buon cane da caccia, ho iniziato ad addestrarla e condurla personalmente in prove di lavoro ENCI e, mia principale passione, in prove organizzate dal Kennel Club inglese (su grouse e su starne). Nel 2017, ha vinto la Novice Stake su starne organizzata dal Pointer Club a Sandrigham (Inghilterra). Con questo risultato, ha avuto accesso allo Stud Book del Kennel Club e diritto perpetuo di accedere al Crufts in classe Field Trials. Briony è il primo cane italiano (e continentale) a vincere una prova di lavoro su starne nel Regno Unito.

È un cane da caccia versatile, usato in ATC di media collina e in pianura, anche beccaccini. Ha partecipato a censimenti di grouse nel nord dell’Inghilterra ed è stata utilizzata per “spingere” i fagiani all’interno di una riserva in Kent.

Clicca qui per vedere Briony in video (minuto 4 circa).

È intelligente e collegata, apprende facilmente ed ha molta grinta, pur rimanendo un cane sensibile. Ha un grandissimo fondo e può cacciare per ore. È un cane equilibrato e molto piacevole come compagno di vita.

A caccia chiusa pratica anche addestramento di base e avanzato all’obbedienza (seduto, terra, resta, condotta…) divertendosi. Briony vive in casa ed è abituata a venire ovunque: ristoranti, negozi, mezzi di trasporto, università…

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Su questo sito puoi vedere molte altre foto di Briony e Gregor.

Ch.It.L./Ch.Int.L./ Ch.Eu. / R.S. Gregor di Val Di Chiana

(Multi Ch. Picasso x Hemmj di Val di Chiana) Clicca qui per vedere il pedigree

HD A, altezza 58 cm (Video Gregor)

Gregor è un soggetto allevato da Ademaro Scipioni e di proprietà di Domenico Pensa che lo usa a caccia in zona Alpi. Gregor, sempre addestrato e condotto dal proprietario, partecipa a prove di lavoro su tipica alpina. Grazie a queste prove, corse in alta montagna, Gregor è diventato Ch. Italiano di Lavoro e Ch. Internazionale di Lavoro. Nel 2014 ha vinto il Campionato Europeo su Selvaggina di Montagna.  Oltre a ciò, Gregor è un cane morfologicamente molto tipico e, infatti, ha ottenuto 2 CAC e 2 Ris CAC in esposizione e in raduni di razza. Gregor è Riproduttore Selezionato. Clicca qui per sapere perché è stato scelto Gregor.

 

 




La prestazione del cane da lavoro e il rapporto con il conduttore

Lefebvre et al. (2007) hanno studiato gli effetti della relazione tra cane e conduttore sulle prestazioni e sul benessere del soggetto. Per fare ciò hanno analizzato 303 questionari compilati da conduttori di cani dell’esercito belga, i cani erano in maggioranza pastori belgi malinois.  Lo scopo principale del lavoro era determinare quanti conduttori dedicassero più tempo ed energia al proprio cane, portandoselo a casa (anziché lasciarlo nel canile della caserma) e/o praticando con sport ed attività cinofile indipendenti dalla vita militare (Lefebvre et al., 2007). Lo scopo secondario era individuare una relazione tra il maggior investimento sul cane (relazione e tempo trascorso insieme) e l’obbedienza, l’aggressività e il benessere (Lefebvre et al., 2007).  I cani che vivevano in caserma, nelle pause tra i turni di lavoro, venivano alloggiati singolarmente in canile; i cani portati a casa a fine turno facevano  vita libera con la famiglia del conduttore (Lefebvre et al., 2007).   I questionari consegnati ai conduttori erano composti da 34 semplici domande  che riguardavano la relazione tra il cane e il conduttore e  la percezione che i conduttori avevano del comportamento e della personalità dei loro cani (Lefebvre et al., 2007). Tra le domande venivano chieste l’anzianità di servizio del conduttore, il sesso del cane, il sospetto se il cane fosse stato maltrattato  o meno prima di essere arruolato nell’esercito e il tipo di relazione che si aveva con il cane (Lefebvre et al., 2007).  Veniva poi chiesto che attività si praticavano con il cane nel tempo libero e dove viveva il cane che era portato a casa (in casa, in giardino, in un box ,eccetera).  Molto importanti erano infine le domande sul comportamento del cane. Veniva chiesto se era socievole, se mostrava comportamenti aggressivi, se era obbediente e se aveva una personalità “equilibrata”, “aggressiva” o “timorosa” (Lefebvre et al., 2007). Infine, veniva indagata la presenza di anomalie comportamentali come il leccarsi le zampe, il distruggere oggetti, la presenza di diarrea, l’ululare, il camminare incessantemente, l’abbaiare o dare la caccia alla propria coda. Questi comportamenti dovevano essere osservati quando il cane stava nel box (Lefebvre et al., 2007).

143 conduttori (47.19%) portavano a casa il cane , o praticavano sport con lui; 49 conduttori (16.17%) lo portavano a casa e praticavano a sport con lui; 121 (39.93%) portavano a casa il cane. Queste scelte avevano più motivazioni:  il 95.87% dei 121 conduttori che portava a casa il cane lo faceva per il suo benessere, mentre  l’89.26%  lo faceva per il rapporto che aveva con il cane (Lefebvre et al., 2007). Pochi conduttori lo facevano “perché era facile” (15.7%) e ancora meno al fine di ricevere l’indennità mensile di 75 euro (5.79%) (Lefebvre et al., 2007).  71 conduttori (23.43%) praticavano sport con il cane: il 54.93%  attacco e difesa  e  il 43.66% ubbidienza. Altre discipline praticate erano jogging (22.54%), biathlon (16.90%), mondioring (11.27%), agility (8.45%) e/o  R.C.I. (5.63%) (Lefebvre et al., 2007).  Le motivazioni, nonché le successive scelte effettuate da chi portava a casa il cane, sembrano indicare un legame più profondo con l’animale. Già Podberscek e Serpell (1997) che avevano notato che coloro che passavano molto tempo in compagnia del cane, prendendosene cura, stabilivano con lui un legame più profondo.

Per quanto riguarda il comportamento del cane, è stata valutata l’obbedienza tramite  la prontezza di esecuzione del comando “lascia”: 178 cani, ovvero il 58.75%, richiedevano al massimo tre ripetizioni del comando prima di lasciare, mentre 116 cani, ovvero il 38.28%, lasciavano dopo tre ripetizioni del comando o, addirittura, andavano separati  fisicamente dal figurante.  La percentuale dei cani ubbidienti era più alta tra quelli che venivano portati a casa (il 72.73% dei cani portati a casa ubbidiva entro tre ripetizioni del comando rispetto al 49.45% dei cani che vivevano in caserma) e tra quelli che praticavano sport (il 73.24% di quelli che praticavano sport contro il 54.11% di quelli che non lo praticavano) (Lefebvre et al., 2007).

Gli autori non hanno trovato  alcuna correlazione tra l’anzianità di servizio del conduttore (e quindi la presunta esperienza cinofila) e l’ubbidienza, né legami tra presunti maltrattamenti subiti dai cani prima dell’arruolamento e livello di ubbidienza (Lefebvre et al., 2007).

Non è dato sapere con certezza se i cani più ubbidienti fossero stati portati a casa in virtù di questa caratteristica, o se l’ubbidienza sia stata migliorata dal maggior tempo trascorso insieme e dal praticare sport (Lefebvre et al.2007). La seconda ipotesi, tuttavia, sembra più probabile: Clark e Boyer (1993), infatti, hanno rilevato che l’ubbidienza aumentava se cane e proprietario passano più tempo insieme e se  la relazione tra i due migliora.  Anche Podberscek  e Serpell (1997) e Kobelt et al. (2003) sono giunti a conclusioni simili, riscontrando un miglioramento dell’obbedienza e una riduzione dell’aggressività nei cani molto legati ai proprietari.

Il nesso tra aggressività e disobbedienza non è stato stabilito in maniera netta, ma Lefebvre et al. (2007) ipotizzano che, a monte, ci possano essere stati dei maltrattamenti.  Essi, pur ritenendo necessari ulteriori approfondimenti, partono dal presupposto che una situazione di disagio vissuta dal cane possa trasformarsi in paura o aggressività. I maltrattamenti potrebbero quindi, per lo meno, nel caso di cani aggressivi, ridurre l’obbedienza del cane (Lefebvre et al., 2007). Del resto, altri studi hanno dimostrato che un addestramento basato su punizioni può compromettere il benessere del cane senza migliorarne l’ubbidienza (Hiby et al.2004; Schilder e Van der Borg, 2004).

Il  25.74% dei conduttori ha ammesso che  il proprio cane ha morso almeno una persona.  Il 19.83% dei cani portati a casa ha morso qualcuno, contro il 29.67% dei cani lasciati in canile Tra i cani che praticavano sport, il 19.72% ha morso e tra i cani che non praticavano sport il  27.71% (Lefebvre et al.,2007).

I conduttori potevano descrivere il cane come “equilibrato”, “timoroso” o “aggressivo”, scegliendo anche più di una di queste definizioni. La maggior parte dei conduttori (84.49%) ha definito il proprio cane “equilibrato”; l’11.22% “aggressivo” e l’8.58% “timoroso”. Non sono emerse correlazioni tra presunti maltrattamenti, equilibrio e aggressività,  ma si è sospettato che il 58.82% dei “timorosi” fosse stato maltrattato.  Per quanto riguarda l’obbedienza, il  59.55% degli equilibrati e il 42.31% dei paurosi erano ubbidienti, mentre il 79.41% degli aggressivi non lo era.  La personalità del cane non è parsa avere alcun legame con il tipo di alloggio (casa del conduttore o caserma) né con la pratica di sport (Lefebvre et al., 2007).

Per quanto riguarda la socievolezza, il 67.99%  dei cani era ritenuta  essere socievole, il 24.2% poco socievole. Il 2.31% dei cani venivano invece descritti come più o meno socievoli a seconda del contesto.  Il 77.69% dei cani portati a casa era ritenuto socievole, mentre tra quelli che rimanevano in caserma la percentuale scendeva al 61.54%. I cani socievoli erano anche più ubbidienti : il  63.59% dei cani socievoli era ubbidiente mentre lo era solo il 51.35% di quelli considerati poco socievoli.  Il 63.64% dei cani portati a casa accettava di essere accarezzato da estranei, per i cani lasciati in canile la percentuale scendeva al 49.45%.  I cani che accettavano di essere  accarezzati da estranei erano anche più ubbidienti rispetto ai restanti soggetti: 61.68% contro 52.04%. La percentuale di conduttori che poteva avvicinarsi al cane, toccare il cane, o portare via la ciotola mentre il cane mangiava era più alta tra coloro che portavano il cane a casa: il 96.69% si poteva avvicinare; il 92.56% poteva toccare il cane e l’ 80.17% rimuovere la ciotola (le percentuali per i cani lasciati in canile diventavano rispettivamente  89.56% , 84.07% e 62.09%) (Levebre et al., 2007).  In definitiva, i cani che vivevano a casa erano più socievoli, ma non si sa se siano stati portati a casa in virtù di questa caratteristica o se è stato lo stile di vita,  caratterizzato da una maggiore interazione con gli esseri umani,  a migliorare questa caratteristica, i ricercatori sembrano credere maggiormente in questa seconda ipotesi (Levebre et al., 2007). Non è emersa invece alcuna correlazione tra la pratica di uno sport e la socievolezza, ma gli autori sottolineano che questo potrebbe dipendere dal tipo di disciplina praticata, nella più parte dei casi si trattava di discipline di attacco e difesa (Lefebvre et al., 2007).

Tra i comportamenti inappropriati in canile, ritenuti indicatori di scarso benessere,  i più frequenti sono stati: camminare avanti e indietro  (22.11%),  abbaiare (14.19%) e distruggere (11.55%). La percentuale dei comportamenti inappropriati cambiava a seconda dello stile di vita interessando il  7.14%  dei cani che vivevano con i conduttori e l’ 11.07% di quelli che rimanevano in caserma.  Il praticare sport si è rivelato molto importante: solo  l’1.98% dei conduttori di cani che praticavano sport aveva notato questi comportamenti (Lefebvre et al., 2007).  Vivere a casa con il conduttore e praticare sport hanno ridotto la presenza di  questi comportamenti, studi simili, che vedevano protagonisti cani da compagnia, hanno individuato dei fattori che potrebbero aver portato a questi risultati. Kobelt et al. (2003) hanno scoperto, per esempio, che il tempo trascorso con il proprietario si correlava negativamente con anomalie comportamentali e Jagoe e Serpell (1996) hanno dimostrato che l’interazione con il cane e l’esercizio fisico riducevano l’aggressività.

Vi è piaciuto questo articolo? Se volete saperne di più date un’occhiata al PS. Non dimenticatevi di dare un’occhiata al Gundog Research Project!

Bibliografia:

Clark G.I e Boyer W.N. (1993). The effects of dog obedience training and behavioural counselling upon the human–canine relationship. Applied Animal Behaviour Science, 37: 147–159.

Hiby E.F., Rooney N.J., Bradshaw J.W.S. (2004). Dog training methods: their use, effectiveness and interaction with behaviour and welfare. Animal Welfare, 13: 63-69.

Jagoe A., Serpell J. (1996). Owner characteristics and interactions and the prevalence of canine behaviour problems. Applied Animal Behaviour Science,  47: 31–42.

Kobelt A.J., Hemsworth P.H., Barnett J.L., Coleman G.J. (2003). A survey of dog ownership in suburban Australia – conditions and behaviour problems. Applied Animal Behaviour Science, 82: 137–148.

Lefebvre D., Diederich C., Delcourta M.,  Giffroy J.M. ( 2007). The quality of the relation between handler and military dogs influences efficiency and welfare of dogs. Applied Animal Behaviour Science 104 (1–2): 49–60.

Podberscek A.L., Serpell J.A. (1997). Environmental influences on the expression of aggressive behaviour in English Cocker Spaniels. Applied Animal Behaviour Science, 52: 215–227.

Schilder M.B.H. e Van der Borg J.A.M. (2004). Training dogs with help of the shock collar: short and long term behavioural effects. Applied Animal Behaviour Science, 85: 319–334.




Il periodo giovanile e lo sviluppo di paure

Il Periodo Giovanile viene fatto iniziare a 12 settimane (presunto termine del Periodo di Socializzazione) e fatto terminare a 6 mesi o, tenendo conto della velocità di maturazione propria di ciascuna razza, al raggiungimento della maturità sessuale (Serpell et al., 2017). Gli effetti di ciò che accade in questa fase sulla futura personalità del cane sono stati studiati relativamente poco (Serpell et al., 2017), ma alcuni lavori presenti in letteratura (Dehasse, 1994; Foyer et al., 2014; Serpell e Duffy, 2016) parrebbero confermare che le esperienze vissute nell’arco del Periodo Giovanile possano influenzare in maniera duratura quello che sarà il comportamento di un soggetto. Fox (1971 e 1978), Woolpy e Ginsburg (1967) e Woolpy (1969) hanno altresì rilevato che i cuccioli, sia di lupo che di cane, socializzati all’età di 3 mesi devono continuare a ricevere rinforzi sociali periodici fino a 7 o 8 mesi di età; in caso le stimolazioni vengano a mancare, essi sono portati a regredire. Un cucciolo correttamente socializzato fino all’età di 8 settimane e poi ceduto, può trasformarsi un soggetto timido, pauroso e difficile da addestrare se lasciato isolato in canile durante il Periodo Giovanile (Argue, 1999).

Studi compiuti sui roditori aprono inoltre a nuove prospettive sull’importanza del Periodo Giovanile poiché, in queste specie, interventi correttivi (arricchimento ambientale) durante la pubertà sono stati in grado di eliminare completamente gli effetti dello stress in età precoce sull’asse HPA (Francis et al., 2002).

Nella letteratura cinofila popolare si legge di un secondo e addirittura di un terzo “periodo della paura” che seguirebbe il “primo periodo della paura” (prima risposta motoria di evitamento e paura) generalmente collocabile attorno ai 49 giorni di vita (Coppinger e Coppinger, 2001). Coloro che, in maggioranza addestratori ed educatori, rintracciano un secondo, e addirittura un terzo, “periodo della paura” non indicano con precisione l’arco temporale in cui esso si verifica all’interno del Periodo Giovanile, ma questo può essere imputabile a differenze di maturazione in relazione alla razza e all’individuo (Stewart, 2016). Sebbene siano riportare reazioni di paura improvvise ed eccessive da parte di cuccioli di età compresa tra i 6 e i 18 mesi, non esiste, al momento, alcuna letteratura scientifica sull’argomento (McAuliffe, 2016).  Questi periodi della paura secondari sono collocati nell’adolescenza, un momento caratterizzato da profondi cambiamenti fisiologici (Heim e Binder, 2012) e che coincide nel momento in cui lupi e cani rinselvatichiti lasciano il nucleo famigliare (McAuliffe, 2016).

In relazione allo  sviluppo di paure, tra cui la paura dello sparo, anche il Periodo Giovanile è importante: i cani di età superiore alle 12 settimane che continuano a vivere relativamente isolati all’interno di allevamenti e canili sviluppano quella che è comunemente chiamata “sindrome da canile”, ovvero livelli anormali di timidezza nei confronti di persone e situazioni nuove (Appleby et al., 2002; Serpell e Jagoe, 1995; Pfaffenburger e Scott, 1976; Grandin e Johnson, 2005).

Argue (1999), nel suo volume dedicato alle razze setter e pointer, racconta di numerosi soggetti “rovinati” perché lasciati isolati in canile durante il Periodo Giovanile. Egli racconta di cuccioli correttamente socializzati che, una volta ceduti ai nuovi proprietari, venivano lasciati in canili isolati fino a circa 8 mesi di età. Questi cani diventavano timidi, “selvatici”, timorosi nei confronti dell’uomo e difficili da addestrare. Racconta altresì di un cane da lui ri-adottato ad un anno di età e riabilitato a fatica alla pratica venatoria dopo 6 mesi di rieducazione. Questo dimostra che, se ciò che è stato appreso durante la fase sensibile non viene rinforzato, come accaduto a questi soggetti, il cane può regredire (Shepherd, 2004).

Fox e Stelzner (1966) hanno lavorato per comprendere se nel corso dei periodi sensibili ci fossero dei momenti di particolare sensibilità e hanno riscontrato una maggiore vulnerabilità (maggior sensibilità allo stress, alla paura e al dolore fisico) nei cuccioli di 8 settimane. Questo dato è molto importante perché è proprio a 8 settimane che la maggior parte dei cuccioli lascia il luogo e la famiglia d’origine per iniziare una nuova vita: questo passaggio traumatico e stressante in questa fase sensibile può esitare in problemi comportamentali (Serpell et al., 2017).

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Bibliografia: 

Appleby D. L., Bradshaw J. W. S. e Casey R. A. (2002). Relationship between aggressive and avoidance behavior by dogs and their experience in the first six months of life. Veterinary Record, 150: 434–8.

Argue D. (1999). Setters and pointers. Swan Hill Press, Shrewsbury, UK.

Dehasse J. (1994). Sensory, emotional and social development of the young dog. Bulletin for Veterinary Clinical Ethology, 2: 6–29.

Coppinger R. e Coppinger  L. (2001). Dogs: a startling new understanding of canine origin, behavior, and evolution. University of Chicago Press, Chicago, USA.

Foyer P., Bjällerhag N., Wilsson W. e Jensen P. (2014). Behaviour and experiences of dogs during the first year of life predict the outcome in a later temperament test. Applied Animal Behaviour Science, 155: 93–100.

Fox  M. W. (1971). Behavior of wolves, dogs and related canids. Harper and Row, New York, USA.

Fox  M. W. (1978). The dog: its domestication and behavior. Garland STPM Press, New York, USA.

Fox M. W. e Stelzner D. (1966). Behavioral effects of differential early experience in the dog. Animal Behavior, 14: 273–81.

Francis D. D., Diorio J., Plotsky P. M. e Meaney M. J. (2002). Environmental enrichment reverses the effects of maternal separation on stress reactivity. Journal of Neuroscience, 22: 7840–3.

Grandin T. e Johnson C. (2005). Animals in translation. Using the mysteries of autism to decode animal behavior. Hartcourt, Orlando, USA.

Heim C. e Binder E. B. (2012). Current research trends in early life stress and depression: Review of human studies on sensitive periods, gene-environment interactions, and epigenetics. Experimental Neurology, 233: 102–11.

McAuliffe L. (2016). A second fear period. Paws for thought https://dogidogblog.wordpress.com/2016/07/16/a-second-fear-period/ Accesso il 12/04/2018

Pfaffenberger C. J., Scott P.,  Fuller J. L., Ginsburg B. E. e Bielfelt  S. W. (1976). Guide dogs for the blind: their selection, development and training. Elsevier, Amsterdam, The Netherlands.

Serpell J. ed. (2017). The domestic dog its evolution, behaviour and interactions with people. 2nd Ed. Cambridge University Press, Cambridge, UK.

Serpell J. A. e Duffy D. L. (2016). Aspects of juvenile and adolescent environment predict aggression and fear in 12 month-old guide dogs. Frontiers in Veterinary Science, 3: 49. doi: 10.3389/fvets.2016.00049.

Serpell J. e Jagoe A. (1995). Development of behaviour. In: Serpell J. (Ed.) The domestic dog its evolution, behaviour and interactions with people. 1st Ed., 80-102. Cambridge University Press, Cambridge, UK.

Shepherd K. (2004). Sviluppo del comportamento, comportamento sociale e comunicazione nel cane. In:  Horwitz D.F.,  Mills D.S.,   Heath S. (Eds.), Palestrini C. (Tr.) Terapia comportamentale del cane e del gatto. UTET Scienze Mediche, Torino, Italia.

Stewart T. (2016). A second fear period. Paws for thought https://dogidogblog.wordpress.com/2016/07/16/a-second-fear-period/ Accesso il 11/04/2018

Woolpy J. H. e Ginsburg B. E. (1967). Wolf socialization: a study of temperament in a wild social species. American Zoologist, 7: 357–63.

Woolpy J. H. (1968). The social organisation of wolves. Natural History, 77: 46–55.




Dalla parte del cane

Eccomi, finalmente dopo alcuni mesi molto intensi. Ho terminato gli esami necessari alla laurea in medicina veterinaria e ora, tirocini a parte, dovrò occuparmi della tesi che riguarderà i cani da caccia. Se volete saperne di più sul Gundog Research Project cliccate sul link. Prima di affrontare la letteratura scientifica dura e pura, ho deciso di dare un’occhiata ai libri che avevo in casa e… ho alcuni suggerimenti. Se non la conoscete, iniziate a guardarvi i lavori di Temple Grandin, questa donna ha molto da dire. (Alcuni dei sui libri sono pubblicati in italiano).

Poi, andando più nel dettaglio, vi consiglio uno dei miei libri preferiti. Il titolo originale inglese è In Defence of Dogs di John Bradshaw orrendamente tradotto in “La naturale superiorità del cane sull’uomo” e… pare fuori stampa. Un vero peccato: è un libro gradevolissimo da leggersi e di grande rigore scientifico, ogni cinofilo dovrebbe leggerlo. Il secondo libro si intitola The Domestic  Dog. Its Evolution,  Behavior and Interactions  with People. Si tratta di un’antologia curata da  James Serpell che racchiude parti di differenti studiosi tra cui Raymond Coppinger,  M.B. Willis,  Benjamin and Lynette Hart e Valerie O’ Farrel.  Non mi risulta tradotto in italiano ma c’è anche un articolo curato da Boitani e altri collaboratori. Io possiedo l’edizione del 1995, prima edizione, ma ho intenzione di controllare anche la nuova edizione, 2016 sicuramente più aggiornata.

Un’altra risorsa interessante è il corso online Animal Behavior and Welfare a cura della University of Edinburgh disponibile online attraverso la piattaforma Coursera.org il corso è gratuito e sono disponibili i sottotitoli delle lezion in italiano.

Cercherò di scrivere altro molto presto!




Come compilare il questionario

Sfortunatamente abbiamo bisogno di un questionario per ogni cane e, sfortunatamente, ci interessano molto le risposte di coloro che possiedono, o hanno in addestramento, più cani. Il questionario è rivolto SOLO ai cani che vanno davvero a caccia o che partecipano regolarmente a prove di lavoro (solo cani da ferma, da cerca e da riporto). I cani devono essere di razza e con pedigree. Se il tuo cane appartiene ad una razza da caccia, ma è un cane da compagnia, o da esposizione, purtroppo non possiamo includerlo nel campione. Il questionario può sembrare lungo da compilare a prima vista, ma in realtà occorrono solo pochi minuti. Abbiamo deciso di mettere come obbligatorie solo pochissime domande, questo per farti sentire a tuo agio: sei libero di saltare le domande che non hanno attinenza con la tua situazione o alle quali, per qualsiasi motivo, preferisci non rispondere. Ricorda, tuttavia, che il questionario può essere assolutamente anonimo e che le tue risposte saranno trattate nel rispetto della legge sulla privacy e non cedute ad altre persone. Più informazioni ci fornirai, però, maggiore sarà l’accuratezza della ricerca e della mia tesi, come potrai capire risposte oneste e dettagliate saranno molto apprezzate. Per cortesia, quando si parla di tempi e spazi, specifica l’unità di misura (anni, mesi, metri, cm, ore, minuti…).  Puoi decidere se lasciarci o meno un indirizzo e-mail, a noi farebbe piacere e potrebbe essere utile per contattarti se ci fosse qualcosa di poco chiaro nelle tue risposte, o se vuoi partecipare al sorteggio dei premi. Se preferisci puoi usare una versione pdf del questionario e farcela poi avere via e-mail. La stessa tecnica può essere usata se vuoi farlo compilare da chi non ha un pc.

Se desideri conoscere i risultati del questionario, faccelo sapere e ti aggiorneremo al termine del progetto!

Se credi, puoi aiutarci a dare visibilità al progetto condividendo questa pagina, o il link diretto al questionario, con persone che ritieni possano essere interessate e desiderose di aiutarci

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Chi c’è dietro al progetto

Alcuni di noi mi conoscono già, ma farò comunque una breve introduzione per mettere tutti a loro agio. Il mio curriculum accademico è il seguente: ho una Laurea Specialistica in Lingue e Letterature Straniere (Inglese) ottenuta con 110/110 e lode presso l’Università di Pavia; un Certificate in Asian Studies with Distinction ottenuto dal Mount Holyoke College (Massachusetts, USA) e sto per laurearmi in Medicina Veterinaria presso l’Università  degli  Studi di Milano. Ho frequentato anche la scuola triennale di agopuntura veterinaria e alcuni corsi sul comportamento del cane, sulla gestione della fauna selvatica, di neuroscienze, scrittura, fotografia e altro. Ho iniziato a scrivere di cani e di caccia nel 2001, diventando giornalista pubblicista nel 2005, ho anche pubblicato due libri sui cani. Continuo a collaborare con riviste italiane e estere come freelance, gestisco il blog Dogs & Country  e mi potete leggere su Sentieri di Caccia, Cinghiale che Passione e Cinghiale che Passione.

Mi interesso di cani sin da a quando ero bambina, ho svolto volontariato in un rifugio per cani per cinque anni e nel 1999 ho avuto il mio primo setter inglese. Sono passati molti anni da allora, ma la passione per la campagna e per i cani da caccia è rimasta immutata. I miei supervisori in questo progetto sono la Professoressa Silvana Mattiello e la Professoressa Clara Palestrini, uno dei pochi medici veterinari diplomati all’European College of Animal Welfare and Behavioural Medicine. Entrambe insegnano e fanno ricerca presso la Facoltà di Medicina Veterinaria, Università degli Studi di Milano.

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