A few more words on gun shyness

The previous article on gun shyness triggered many reactions. This had pretty much been forecasted, but I hoped to find a larger number of open minded people. In the end, however, I must admit hearing that you, owner, can be deemed responsible for your own dog gun shyness is not pleasant. Modern ethology is not being kind here, and it is much easier to blame the genes, the bitch, the stud or the breeder. Acknowledging the role of environment, upbringing and training is tough, it can make us feel guilty.

What did the readers say? I was told stuff like “I never introduced the pup to noises, but when the first day of the shooting season came, I brought him with me and shot a whole covey of partridge on his head and nothing happened! The dog is fine! Socialization and all that stuff, bullshit.” If these people had carefully read the first article, they would have realized I wrote that sometimes people are very lucky, and a dog can survive such intense experience, without any prior training. Is luck often that blind? Not really, what most likely happens is that the dog has been exposed to noise and other stimuli, the owner is simply not aware of this. Maybe the pups grew up by the house, or on a farm, where he learnt to recognize the tractor, the lawn mower and other sounds, maybe they were born during a stormy summer and learnt not to fear thunders. Dogs living near humans are generally exposed to noise and this could prevent gun shyness.

It is now time to discuss the second objection “In the past dogs were not socialized, nor exposed to noise, yet, they were normal”. This is a false myth. Let’s thing about the past: about one century ago, almost all the hunting dogs used to belong to rich people. These people had professional staff taking care of the dogs, it is highly unlikely that these dogs were poorly socialized. What about ordinary people? At a certain moment in history, people with lower incomes started to become interested in hunting dogs. These people were mainly farmers and, usually, had some mixed breed dogs who could work like a hound, a spaniel or a terrier (their contemporary equivalent would be the lurcher). These dogs used to live on the farm, close to their owner, to other humans and to human made noises.

In Italy, lower and middle class hunters began being involved with purebred hunting dogs after WWII, more vigorously from the sixties. At the time, the idea of breeding dogs as a business had not yet been developed and most of the litters were homemade and raised by amateurs. It could be the rich man with his staff or the plain hunter, sharing the burden of raising a litter with his wife and children: dogs and humans, whatever the wealth, used to live close to each other.

Things changed later, as soon as people realized that breeding and selling dogs could become a profitable business. Dogs began to be seen as “livestock” and raised as you would raise a farm animal. Separate living quarters with kennels were built and sometimes multiple litters were raised simultaneously. Pups are nowadays sometimes raised at a distance from human made noises and sometimes experience less interactions with humans. Commercial kennels, however, are not the only ones to blame, hunters have changed as well. Some hunters now live in the city, they do not want to share their apartment with muddy dogs and send them to live “in the countryside” (locked in kennels) paying someone local human being to go feed and clean them. Some hunters have a detached house in the suburbs, but pups destroy gardens so they end up in a kennel far from the house. Hunters return home late from work, they are tired and they do not feel like interacting with their new pup, even if he has a great pedigree and was paid a lot of money.

If the pup would not be such a thoroughbred but just a farm mutt, things could maybe be easier for him. Some modern purebreds are not that different from thoroughbred horses and are equally nervous and sensitive. We selected these dogs taking speed and reactivity in great account, well… they can now be highly reactive even when we would prefer them not to be. Times and contexts have changed, why people refuse to acknowledge this? I think we should pay more attention to the dogs’ needs and remember that the dog is “man best friend”. We should put the pup first and do our best to make him grow into a happy and fearless adult. We should no longer bring a gun shy pup back to the breeder asking for a replacement or a refund, we should, in a few words, be responsible of our actions.

PS. Don’t forget to take a look at the Gundog Research Project!




La paura dello sparo: ulteriori considerazioni

L’articolo sulla paura dello sparo, come prevedibile, ha suscitato forti reazioni. Diciamo che l’avevo previsto ma… avrei sperato in un filo in più di apertura mentale e, invece,  molti lettori hanno ritenute insensate le conclusioni a cui è giunta l’etologia moderna. Inconsciamente, questa è una scelta di comodo perché è molto più semplice incolpare i geni (la fattrice, lo stallone, l’allevatore…) che prendersi le proprie responsabilità.  Riconoscere il ruolo dei fattori ambientali nella genesi della paura del fucile, infatti, implica assumersi delle colpe, se il cane è un fifone, o darsi da fare se stiamo crescendo un nuovo cucciolo.

Le obiezioni? “Io non ho mai fatto nulla per presentare al cane i rumori, l’ho portato fuori all’apertura, si è alzato un volo di starne, gli ho fatto una scarica di fucilate sulla testa e non è successo nulla! Sono tutte ….. la socializzazione e tutto il resto!” Nell’articolo originario, se l’avessero letto bene, queste persone avrebbero trovato la parte in cui dico che si può essere molto fortunati e ritrovarsi con un cane che non accusa il colpo di fucile, nonostante non si sia fatto nulla di particolare per prepararlo a tanta confusione.  Come mai? Può essere pura fortuna o, può anche essere, il che è molto più plausibile,  che il cane sia stato esposto a stimoli rumorosi senza che ciò sia stato pianificato. Magari avete spaccato la legna in sua presenza, azionato la motosega, il trattore, il toserba, magari è nato in estate e c’erano spesso temporali,eccetera. Cani che vivono in prossimità dell’uomo spesso vengono esposti ai rumori senza che lo si debba fare “apposta”.

Qui si inserisce la seconda critica all’articolo un tempo i cani non venivano esposti ai rumori, né socializzati eppure erano normali”… Questo è un falso mito.  Un tempo, parliamo di quasi un secoletto fa, i cani da caccia erano quasi tutti di proprietà di “signori” che li facevano accudire da personale apposito: è assai improbabile che questi soggetti avessero scarse interazioni con l’uomo. Parallelamente, e più tardivamente, anche persone di medio e basso reddito hanno iniziato ad andare a caccia con il cane, ma si trattava quasi sempre di contadini con il classico segugetto da pagliaio che, comunque, partecipava alla vita della fattoria vivendo a stretto contatto con l’uomo e quindi come rumore.

I  cacciatori appartenenti alla classe media e bassa hanno iniziato, almeno in Italia, ad avere cani di razza a partire dal secondo dopo guerra, direi più spiccatamente dagli anni ’60 e, a quell’epoca, non esisteva nemmeno ancora l’idea dell’allevamento a fini commerciali. I primi grossi allevamenti, alcuni tuttora attivi, stavano gettando le fondamenta ma, in generale, le cucciolate erano ancora cose per ricchi (provvisti di staff specializzato),  o faccende di famiglia, con tanto di pargoli saltellanti attorno ai cani. Cuccioli e uomini, insomma, vivevano a stretto contatto.

Le cose sono cambiate, dopo, con i cani che iniziavano ad essere intesi come fonte di reddito, il che ha portato ad allevarli in maniera più “intensiva”  e la qualità delle cure è scesa:  a volte ci si trova con più cucciolate da accudire contemporaneamente, a volte le strutture in cui crescono sono lontane dai rumori, eccetera eccetera. Anche il cacciatore è cambiato:  c’è chi vive in appartamento e non può tenere il cane in città e lo lascia crescere in qualche recinto isolato in periferia. C’è chi ha la villetta, ma siccome il cucciolo rovina il giardino lo si mette in un box in fondo all’orto. Poi si rientra tardi alla sera, stanchi da lavoro e non si trascorre del tempo con lui, anche se si tratta del figlio di campioni di altissima genealogia, pagato fior di soldi,  e non di un cane da pagliaio qualunque.

Se il cucciolo fosse un meticcetto di paese, forse, le cose sarebbero più semplici per lui: gli appartenenti ad alcune razze canine moderne  sono l’equivalente di un purosangue con la relativa ipersensibilità, se selezioniamo cani reattivi, loro saranno reattivi anche quando ciò diventa scomodo!  I cani, i tempi e i contesti sono cambiati, perché gli uomini si ostinano a non cambiare? Non dovrebbe forse esserci una maggior sensibilità nei confronti del cane? Non dovrebbe, il cane, essere un amico prima di essere un ausiliare? Non dovremmo noi, suoi proprietari, fare qualche piccolissimo sacrificio per crescerlo al riparo da paure, anziché insistere con l’allevatore per avere “un cambio di prodotto”, se il cucciolo sviluppa la paura del fucile? Credo sia nostro dovere morale, viste le moderne conoscenze etologiche, offrire al cucciolo tutte le risorse per aiutarlo a crescere bene e limitare il rischio che si manifestino problemi come la paura del fucile.

Allego, per i curiosi, un articolo de “I Nostri Cani” del 1968 in cui si riportano i consigli del noto  addestratore Gino Puttini. Si parla di paura dello sparo e di come recuperare (e sottolineo recuperare, non scartare!) i cani. Il pezzo ha quasi 50 anni q quindi ci sta che si pensasse ancora alla genetica, sebbene siano ben menzionate anche le cause ambientali, lo ripropongo più che altro come curiosità storica. Si tratta di una foto “stropicciata” perché la rivista è molto debole e non sopravvivrebbe. PS. Non dimenticatevi di dare un’occhiata al Gundog Research Project!




Does a gun-shyness gene exist?

I wrote about this on several occasions and, usually, I do not like re-writing about things I already wrote about but, last week, reading an online forum, I realized that gun-shyness is still a mystery.

People buy dogs, mate dogs, collect dogs but never “waste” time trying to educate themselves about dogs or, more simply, trying to switch their brains on. I am not sure whether you are familiar with Patrick Pageat, he is a Frech veterinarian and animal behaviourist who wrote the book “L’homme et le Chien” (The Man and the Dog), he writes: “How can a gun-shyness gene exists? How could nature have foreseen gun powder and shotguns?“

Obviously, nature could not have predicted shotguns, but some dogs are indeed gun-shy, why? Are they faulty? I hate seeing dogs labelled as “faulty”, their behaviour can be explained through a more refined explanation. These dogs are not “faulty”: did you know, for instance, that some dogs are more sensitive than others? This has been demonstrated in humans as well, some people are more sensitive to noise, light and so on and this has been proved scientifically. So, yes, some dogs might be more sensitive than others. Is this genetic? I think so and, in my experience, I found gun-shy dogs in some breeds more than in others. These dogs, and more generalizing these breeds, were also more difficult to rehabilitate. Generally speaking, again, these dogs were quite reactive, fast and somehow nervous and… sensitive! It is selection, it is how we want dogs to be: let’s try to compare and English Setter (or a Border Collie) and a Neapolitan Mastiff: they are not exactly the same thing.

We should not, however, talk about fear, analyzing sensitivity would be much more appropriate. Are there dogs who are more sensitive to noise? Yes, but being sensitive to something, does not mean being fearful of something. Yet, some dogs are afraid of gunshots, but fear came after sensitivity and was triggered but something external to them. What do, most of the fearful dogs have in common? Could environmental factors play a role? Most of the gun -shy dogs I met (in about 20 years spent around gundogs), had indeed something in common: they all had been poorly socialized.

I am not going to write about puppy socialization in this article, but I am going to point that, sometimes, hunters, as well as dog breeders, do not pay enough attention to this fundamental process. The “average” hunting dog is born in the countryside and grows up in a kennel, an environment which tends to be rather silent and lacks of natural stimuli. These quiet, rural settings do not fully prepare the pup for his future life.

Furthermore, once adopted by the new owner, the pup continues living in a similar environment and tends to be left there until he turns 7 or 8 months old. Only a few hunters start training pups earlie, as they fear they would get “ruined”. Once deemed old enough, the pups are put in the car (so far they had generally been in the car only to go to a veterinarian) and are taken somewhere to be tested on a bird (that is going to be shot), generally on a quail, or, even worse, to a shooting party.

Having had no exposure to gunshots, two things might happen: 1) the dog has a very strong temperament (and his owner is very lucky!) and he does not mind the noise or 2) we witness a disaster and the dog becomes gun-shy. Unfortunately, these things happen and… frequently! I did not invent anything and, sadly, I have seen this happen more than once and I can tell you about people who keep repeating these same mistakes. There are people who end up owning only gun-shy dogs: each pup they purchase will turn in a gun-shy adult. Some of them realized this and now only purchase adult dogs. Some other people, on the other hand, had never owned a gun-shy dog despite having purchased all their dogs as puppies, from different sources..

Let me tell a short story: M. Smith purchased a high quality puppy and raised her in the kennel. Once she turned 7 months old, he introduced her to birds and gunshots with the fore mentioned techniques and she became gun-shy. During the following YEARS she overcame, more or less, her gun-shyness but her breeder donated a second pup, a sister to the previous one, to Mr. Smith, as a replacement. Mr. Smith, after committing the same mistakes for many years, had the chance to meet some properly socialized puppies and decides raise her differently. The new pup grows up experiencing noises and living different experiences: she is not gun-shy and she is much much bolder than her older sister.

PS. Don’t forget to take a look at the Gundog Research Project!




Esiste il gene della paura del fucile?

Ne ho già parlato in diverse occasioni (come per esempio nello speciale Il Mio Cucciolo) e, di solito mi innervosisco a ripetere sempre le stesse cose ma, poco fa, ho aperto un thread su un forum di cinofilia venatoria e mi sono accorta che, nonostante gli anni passino, nulla è cambiato. Stavo rispondendo rapidamente a quel thread quando la finestra del browser si è chiusa, ripartiamo da qui.

Tutti corrono a comprare, accoppiare e accumulare cani ma nessuno fa il minimo sforzo per informarsi, in questo caso poi, se non si vuole leggere, a volte basterebbe ragionare. Cito infatti il francese Patrick Pageat (L’homme et le chien – L’uomo e il cane, nell’edizione in italiano), veterinario nonché noto studioso di comportamento canino: “Come può esistere la paura del colpo di fucile quando, nel periodo in cui ebbe origine il cane, il fucile non esisteva? Può, Madre Natura essere stata così previdente?”

Direi di no, eppure alcuni cani hanno paura dello sparo, perché? Non sono “tarati”, detesto questo termine e darei del tarato a chi lo utilizza, la spiegazione è più raffinata, nonché meno semplice. Sappiamo che esistono individui (anche all’interno della specie umana), più sensibili di altri. Questo ci porta a pensare che esistano cani più sensibili a determinati stimoli, ad esempio il rumore, rispetto ad altri. Questa maggiore sensibilità può avere basi genetiche? Possibile, anzi probabile, oserei dire. Di fatto, ho riscontrato un maggior numero di soggetti con “paura dello sparo” in alcune razze rispetto ad altre e, sempre in queste razze, i cani erano più difficili da recuperare rispetto ad altri, il tutto sempre da intendersi come generica generalizzazione. In linea di massima, i “sensibili” erano soggetti molto reattivi, definibili, con un termine, forse inappropriato, “nevrili”. Un certo tipo di selezione porta a privilegiare velocità, reattività, nervi a fiori di pelle e quindi anche “sensibilità”: se paragoniamo il comportamento di un mastino napoletano a quello di un setter… non sono proprio la stessa cosa!

Prima di parlare di paura, tuttavia, dovremmo parlare di sensibilità: ci sono soggetti più sensibili a stimoli sonori? Sì, ma essere sensibili a qualcosa non significa averne il terrore, quello si sviluppa sulla sensibilità, a seguito di fattori esterni. Oltre ad essere sensibili, cos’altro avevano in comune i cani che avevano sviluppato paura dello sparo? Altri elementi avevano giocato a loro sfavore? Sì: in primis una socializzazione sommaria. Non è questa la sede per definire ed illustrare il concetto di socializzazione, lo farò forse in futuro e nel frattempo vi invito a googlare, il punto è che i cuccioli vanno socializzati e, tanto, ma il cacciatore/allevatore lo fa un po’ a macchia di leopardo. Il cane da caccia “medio”, nasce e cresce in canile, in campagna, lontano da particolari problemi e da particolari stimoli. L’ambiente che lo circonda, in genere, è piuttosto silenzioso e ciò non lo prepara a sufficienza alla futura attività venatoria.

Errore numero due, il cucciolo, oltre a non essere socializzato a sufficienza nei primissimi mesi di vita, viene lasciato maturare in box nella convinzione che, lavorandolo prima, si “rovini”. Moltissime persone non fanno fare niente al cane fino a 7-8 mesi, o più. Raggiunta quella età caricano il cane in macchina (magari non ci è mai andato prima, se non per recarsi una volta dal veterinario) e lo “testano” con qualche quaglia sullo sparo o, peggio, lo portano direttamente a caccia, magari il giorno dell’apertura, o durante un’allegra zingarata in riserva.

E qui possono succedere due cose: a) il cane ha nervi d’acciaio (e il proprietario è molto fortunato) e tutto fila liscio, nonostante esistano tutte le premesse per il disastro o b) il cane si spaventa, succede il disastro e ci si trova per le mani un soggetto con “la paura dello sparo”. I modi e i metodi di custodia del cane che ho descritto sopra, non sono inventati, purtroppo, anzi e ho conoscenti che sono recidivi e che ad ogni nuovo cucciolo, si ritrovano con un cane timoroso dello sparo: è davvero solo sfortuna? Possibile che ad alcuni non capitino mai cani con paura dello sparo e altri cacciatori solo cani “tarati”? (Le eccezioni in eventuale loro possesso sono, in questo caso, cani acquistati già adulti).

Vi riporto un altro esempio tratto da una storia vera. Il signor Rossi acquista cucciola di alta genealogia eccetera eccetera e la fa crescere in canile/giardino. Dopodiché, le presenta il solito selvatico e la solita fucilata: disastro. Negli anni successivi la canina viene più o meno recuperata (con metodi piuttosto empirici…) ma, visto il problema, l’allevatore offre una seconda cucciola, sorella della prima. La cagnolina, questa volta, viene socializzata molto bene e stimolata correttamente durante la crescita: non presenta alcun timore dello sparo e a caccia è ben più spavalda della sorella con cui condivide gli stessi geni.

Chi avesse obiezioni può continuare a leggere qui.

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La responsabilità dell’educatore cinofilo di Tania Andreutti

La responsabilità dell’educatore cinofilo, i danni della mediocrità
di Tania Andreutti (Educatore Cinofilo)
Direi che vale per ogni ambito, ma mi limiterò a quello che ho scelto di approfondire da ormai 18 anni in maniera più scientifica per un mio generale approccio scientifico al mondo, per passione ma soprattutto per amore dei miei cani: la cinofilia.
Credo che il processo naturale della percezione e della conoscenza parta dalla consapevolezza di non capirne un cazzo, fondamentalmente… Hai cani, ci vivi da tempo ma ti rendi conto che c’è molto più da sapere, e così inizi la formazione (oppure sei al primo cane e ti poni il problema da subito). Passa qualche anno, per qualcuno meno, molte letture, stage, corsi, lavoro con i propri cani, sperimentazione, confronto… Per qualcuno c’è il corsetto da educatore in 36 ore con un attestato che qualche mente criminale – per scopo di lucro -ti ha rilasciato facendoti pensare di essere pronto a diffondere il suo verbo, così inizi a sentirti “colto”. Per alcuni arriva il momento del “ormai so quasi tutto, posso insegnare praticamente a tutti”, per altri un semplice “beh, direi che ne so abbastanza, tutto sommato ne so”, e molti si fermano qui. Quelli che si fermano in questa fase sono i mediocri: sono la maggioranza e sono in mezzo a noi, sono i tuttologi, sono quelli che ci tengono a dire la loro sempre ovunque, senza capire quando è il momento di tacere, senza umiltà, spesso con l’atteggiamento supponente e i sorrisetti di accondiscendenza che distribuiscono a chi li mette in discussione. Altri continuano lo stesso, sapendo che non ne sapremo mai abbastanza e capita qualcosa che ti fa salire quell’ansia dell’ “oddio, non ne saprò DAVVERO mai abbastanza”. Alcuni si fermano e decidono di non pensare più con la propria testa, ma di prendere per buono ciò che viene da quella che per loro è una fonte autorevole, perché non hanno la tempra per accettare questa sensazione di indeterminatezza (che è la stessa che porta la gente ad appoggiarsi ai “guru” senza metterli in discussione o a seguire una religione). Altri dicono “pazienza, non smetterò mai di cercare di capirne di più ma comunque non saprò mai tutto quello che vorrei” e vanno avanti, senza smettere mai.
Ma il problema di chi arriva (peggio per chi si ferma) nella fase arrogante della fasulla illusione di sapere davvero ciò che sta professando è che non si rende conto dei danni che può fare quando assume il ruolo dell’educatore. L’educatore ha una responsabilità in più, perché la gente che si rivolge a lui/lei fondamentalmente a lui/lei si affida, e il grado di abbandono è inversamente proporzionale alla preparazione e alla sicurezza dell’individuo.
Quando noi educatori facciamo una prima valutazione, stiamo facendo appunto una prima valutazione: quel cane e il suo compagno umano non li conosciamo, sappiamo quel che ci dicono e vediamo un piccolo spaccato di loro due, ma è solo uno spaccato, a volte fasullo.
I cani e le persone, ad una prima valutazione, potrebbero non essere nel loro contesto abituale (e quello è il motivo per cui alcuni di noi fanno le valutazioni a casa del cliente) ma potrebbero essere in un periodo della loro vita particolare,oppure in una condizione psicofisica alterata. Ci si sveglia con la luna storta, si potrebbe aver dormito male, aver mal di pancia, avere caldo, freddo o tiepido, male ai piedi o quella mattina aver litigato con qualcuno che ti ha rovinato la giornata… possono esserci così tante variabili che solo l’esperienza e l’umiltà del non mediocre gli ricordano cosa potrebbe incontrare. E poi ci sono cose che vedi oggi che sono il risultato di ciò che è stato: che ne sai davvero di come quel binomio è arrivato lì, da dove è partito?
Ma il poco esperto (o il mediocre) prende quello che vede e crede di aver capito: ha capito chi ha davanti, cane e persona che sia, e spesso crede di avere la responsabilità di dirlo alla persona che ha di fronte con la supponenza del “lo faccio per il bene del cane, della vostra vita assieme, della vostra felicità”.
Ma chi hai di fronte, tu piccola persona, mentre dici ciò? Non necessariamente di fronte hai una persona sicura di sé che si rende conto che stai dicendo una serie di stronzate – per le quali dovresti davvero vergognarti, potresti avere davanti una persona che non ha le competenze per capirlo, che non ha gli strumenti di conoscenza, o magari caratteriali, per ridere del tuttologo del giorno, voltare pagina e andare altrove. Davanti a te potrebbe esserci una persona molto meno esperta, o molto più mediocre, o così insicura da permettere che il tarlo del senso di colpa attecchisca, che le boiate che gli sono state propinate si insinuino, tanto da fargli mettere in discussione e in dubbio cose che invece non dovrebbero essere toccate perché sane.
Noi professionisti abbiamo questa responsabilità, quella di avere a volte un ascendente su altri che potrebbe aiutare, o danneggiare, chi si affida a noi ed è per questo che dobbiamo imparare i limiti della nostra professione, e capire che quello che possiamo dire è “in questo momento io vedo questo e penso che potrebbe essere così, perché in questa situazione io ho visto questo, ma qui e ora potrebbero essere diversi da ieri e lì, o da domani e là,quindi devo conoscervi meglio prima di poter dire le cose con maggior sicurezza”. A volte la strada è giusta, a volte dobbiamo raddrizzare il tiro e cambiare strategia man mano che impariamo a conoscere il cane e la sua persona.
Se non siete disposti ad arrivare a questo punto del vostro percorso professionale, rischiate di fare dei danni e spero che abbiate almeno l’umanità da preoccuparvi di questo. Se non ne siete capaci, siete solo altra fuffa come ce n’è davvero già troppa e posso solo augurarmi che i vostri clienti lo capiscano da soli.



Break it Down- by Tok Mostert

There is no doubt that seeing a well trained dog doing everything right is a pure delight to owner/handler or observer, not to mention a judge. The seamless way they cut up a field missing no ground, the sudden stop and lock up on point, the flush on command, the stop, the marking of the fallen bird, the glance for permission to retrieve, the retrieve and the delivery all flowing like a gentle mountain stream over smooth rock. Pure dog poetry in motion!

What few understand is how exactly you get a dog to that level. Many fail due to their lack of experience, the experienced fail due to their lack of adapting. There is nothing more heartbreaking to watch than a handler train one dog after another in the same way, and making the same mistakes, dog after dog. For the novice it is a minefield of advice and methods, some good some totally disastrous!! Some novices will seek advice from the old dog hands,  other will shun all help.
I have my own way of training a dog, most of it is old school, some of it is purely my way of doing things, I still do things wrong, but I learn from that pretty quickly when I fail my dog. Yes, I fail my dog, not the dog fails me. If I have not trained or exposed my dog to certain things, I am failing my dog, but that is another topic.

Getting back to watching a dog do everything right. To get to that level a good handler/trainer would have broken down every single step in the opening scenario and then he would have also compartmentalized the individual steps into single separate training sessions. Don’t get it?

The retrieve can be broken down as follows:

  1. Dog sitting steady by your side
    2. Dog looks at you when you whisper his name or click your tongue
    3. Dog takes dummy, or bird, from your hand on command, does not chew or play
    4. Dog stays sitting as you walk away, does not drop the bird or dummy
    5. Dog comes straight in when called, still holding the dummy
    5.1 Dog does not keep circling you with dummy or bird
    5.2 Dog does not drop the bird/dummy at your feet
    5.3 Dog sits calmly with dummy in his mouth until you give him the deliver command
    6. Dog holds steady on a cast, waits for command
    7. Dog does not lift on the cast
    8. Dog marks cast
    9. Dog does not move when you walk and pick up dummy or bird
    10. Dog does not move when you place multiple dummies out
    11. Dog does not switch dummies/birds when they are placed together

This gives you a general outline of how small the different steps can be broken down into. It is the same for every single thing you train. The point, the flush, the way the dog works a field, everything.  I have said   times before, sit down and decide what signals you will use, whistle, hand or verbal, train them into yourself long before you try and teach them to the dog, this is crucial!

Do not be in a hurry to weave this all together into your invisible leash. Once the dog can 100% of the time complete these micro exercises you can start putting 2 together, then 3 and so on. This is the only way to forge a unbreakable invisible leash. Few dogs fall apart during trials, most of them fall apart under high volume high pressure shoots and hunts, this is exactly the time you can least afford it or correct it.

Many people wait for the season to open so they can let their dogs run on field and find birds, this is foolish when you can train so many other aspects before the field season opens.

Keep it fun, keep it focused!

Are you interested in gundogs? Check out the Gundog Research Project!

Tok Mostert, a Professional Hunter from South Africa, now living in Sweden,  is sharing his writings on dog training with us. You can start reading them from Part 1 here.




There is no off season, just time off- by Tok Mostert

Spring is drawing ever closer and our field season has pretty much closed down. It has been a long hard season for Flake, many hours, many miles and many birds. Off days where non existing: we always had a trial or a hunt going on, that was in between the training.
A season like we had takes its toll on a dog, mentally and physically. No matter how well conditioned the dog may be at the start of a season, he is likely to lose weight during the peak of the season. Just like losing weight, a dog will also lose some discipline, it cannot be helped, or prevented, unless you cut way back on hunting time. As said before, an over disciplined dog does not hunt well, neither does a dog without any discipline. No matter at what level you start at, discipline levels will deteriorate during a field season. Prolonged periods of time that the dog spends away from you naturally make the dog rely more on himself, this is normal and part of the learning curve for a dog, but it also brings complications. Spotting it is pretty easy if you had a baseline for discipline when the season started. Tell tale signs are the need to repeat commands, the dog taking a extra second to respond to the whistle, or ignoring commands completely.

Fixing the issues that came up during the season cannot be done effectively without resting the dog and taking a step back from hunting or trials. Most of us cannot afford to do this without missing out on many opportunities to hunt with the dog. All we can do is try and limit the amount we lose during the season. What compounds things even more is that there is no real off season. Once our field trials end, along with hunting, our water training and tests start, so does our tracking tests. It is common that a dog does well during the first year and progressively slides away the year after if attention is not paid to the issues that came up. How do we fix this? The short answer is to go back to basics, some will have to go way back and others may start in the middle, how do we know this, a simple but extensive way of judging where your dog is at, is to do a “end of season” evaluation. A simple series of “tests” with increasing levels of difficulty to establish a baseline from which to start and to highlight the areas that need more focused training.

Tok & Flake!

How do you establish a baseline

  1. Control the environment, leash, no leash, fenced area, unfenced area, no distractions, many distractions.
    2. Here is the only place and time you DO want the dog to fail.
    3. Keep it simple, heal, sit, stay, come and stop. Increase the time or distance or both gradually until the dog becomes uneasy, that is your limit.
    4. Balls, caps, dummies can be used to distract or entice the dog into breaking, do not let them retrieve anything, you are not evaluating that part of their work now.
    5. Use other people and or dogs to distract your dog, see how your dog keeps contact with you.
    6. This is not the time to correct the dog, this is a evaluation.
    7. Make notes of the problem areas, there will be more than one.
    8. You will have picked up bad habits too, focus on yourself and see what habits you need to break.
    9. If you have to, break up the evaluation over several days, but focus on every aspect you can.
    10. Be prepared to be disappointed.

Personally I will be taking a break from any type of training but discipline as soon as our season is completely over. I have estimated that I will need 2 weeks of intensive obedience training before I will see a noticeable difference in sharpness, that is for both the dog and myself. It will take at least 6 to 8 weeks before I will have Flake back to her pre season level of obedience. This is with training at least 45 to 60 minutes per day on obedience only, dogs don’t make mistakes when they are fresh, they make them when they are tired, mentally.

Be confident, be firm and never forget that you and the dog should enjoy what you are doing.

Next article here

Tok Mostert, a Professional Hunter from South Africa, now living in Sweden,  is sharing his writings on dog training with us. You can start reading them from Part 1 here.




Tok Mostert su Sentieri di Caccia

Ogni tanto sono un po’ svampita (nonché indaffarata con il questionario del Gundog Research Project) e ho dimenticato di avvertire i lettori che alcuni consigli sull’addestramento, a cura di Tok Mostert, sono disponibili su Sentieri di Caccia di questo mese.

Ovviamente, questa volta, sono scritti in italiano, per chi si lamentava della difficoltà del leggerli in inglese. Ci sarà anche una seconda parte sul numero di maggio.

 

 




Too much of a gundog – by Tok Mostert

As I walked through the door of the large gunshop, the familiar aroma of gun oil mixed with freshly ground coffee filled my sense of smell. The well stocked bookshelves drew my attention and I headed to the dog training section, maybe hoping to find a quick fix to training a better gundog. With a pile of books under my arms, I settled in the plush leather couch to learn a thing or two, I did learnt something, but not what I wanted.

The generic layout is one thing, but every chapter in every book that covers selecting a puppy may as well have been plagiarism, it is way too one dimensional and generic. Pages and pages of breeders and breeds, what dog does what and how to select your puppy. You can speak to several top trainers and breeders and you will get a diverse opinion on how to select a pup, almost everyone has their own way of picking a dog from a litter. The basics is and always will be, reputable breeder and pure bloodlines. That is a good baseline start, but I have seen untypical dogs that do not adhere to the breed standard hunt circles around the show pony dogs, the same for breed royalty.

Flake

There is no guarantee that even with the best breeder and the best litter, you will get what you want in a dog, besides the dogs personality there is one essential thing that is going to determine whether the dog turns out to be what you expected, YOU!

As a ex Professional Hunter I’ll tell you we used the term over gunned when a client arrived with a large caliber rifle that he could not shoot well, it happens more often than I like, but too much gun is a bad thing, just like too much dog is. The very first consideration anyone should have when selecting a breed or puppy should be their ability or level of experience with training a dog. Hard dogs will find every single weakness you have and exploit it to the fullest! Many, many handlers eventually turn to the e-collar for help out of despair, they should have made it easy on themselves and picked a dog that could suit their ability. I fully understand the wish, need or desire to have a huge, hard working and strong male dog, but can you handle his stubborn manner and contain and channel his exuberance? Anyone that has ever trained two dogs from the same litter, knows that the two individuals need individual training methods and adjustments.

Take a long hard look at yourself and acknowledge your ability and skills, then select a puppy to suite your ability. A first time owner that knows nothing about training dogs is far better off with a mild mannered dog than a wild spirited dog. Nothing wrong with either, as long as they match your ability.

Too much dog for your ability will simply frustrate and infuriate you, along with making you negative. It is also the reason why some handlers only train what the dog is good at, a sure way of wasting the dogs potential and true ability. Running too much dog that does not listen or obey you, is far worse than running a mild dog that follows your commands and responds to your instructions. You are also more likely to succeed on field and retrieving with the mild dog, blood tracking being the exception were the hard dog may be better.

Personally I believe even a average breeder can deliver a top dog, it all depends on the handler and trainer. My method may not be conventional or rational, but it works for me. Choose wisely, train smartly and hunt well!

Tok Mostert, a Professional Hunter from South Africa, now living in Sweden,  is sharing his writings on dog training with us. You can start reading them from Part 1 here.

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Lasciateci addestrare

Faccio fatica a capire perché, in Italia, debba essere così difficile poter addestrare un cane da caccia. Certo, l’obbedienza la si può insegnare dappertutto (ma a pochi importa dell’obbedienza), e si può lavorare con selvaggina “messa” ma, se si pretende di lavorare su selvatici veri le cose diventano complicatissime.

Iniziamo dalla selvaggina “messa”: la si può usare in alcune riserve di caccia (non tutte) durante la stagione della caccia (terza domenica di settembre – 31 gennaio, o 31 dicembre in talune zone). Quando la stagione di caccia è chiusa, si può allenare il cane nelle zone B (senza sparo) e nelle zone C (con sparo). Per accedere alle zone B e C e alle riserve di caccia, di solito, occorre pagare qualcosina e ovviamente pagare la selvaggina utilizzata. D’accordo, si può fare. Le zone B possono essere anche molto ampie, le C sono solitamente grandi quanto un campo e affollatissime di persone che vogliono uccidere qualcosa anche a caccia chiusa. In ogni caso, queste zone sono rare e i cani non sono stupidi: imparano i posti e imparano il gioco, vanno di sospetto, eccetera. Non va bene allenare sempre negli stessi posti, con gli stessi animali e con le stesse persone, è tutto troppo finto e i cani lo sanno.

Un cristallo non è un diamante, lo stesso possiamo dire della selvaggina. Gli esemplari allevati possono aiutarci un sacco durante l’addestramento, con loro possiamo ricreare situazioni e anticipare mosse, ma il cane ha bisogno di incontrare anche selvatici veri, in contesti selvaggi e imprevedibili. Quando la caccia è aperta si può andare in riserva e lavorare su animali semi-selvatici o sui terreni degli ATC, terreni quasi sempre deserti a causa della cattiva gestione, nonché del bracconaggio cronico. Però, chissà, magari si può incontrare la beccaccia occasionale, il beccaccino che si è perso, o il fagiano scaltro che l’ha avuta vinta su tanti cacciatori. Ma, c’è un altro problema! Si può allenare solo da metà agosto alla terza domenica di settembre poi, quando apre la stagione della caccia, si è costretti ad andare a caccia! Le nostre leggi non consentono, a caccia aperta, di addestrare, solo di andare a caccia, il che significa che dovete pagare la licenza, l’ambito, le tasse e andare in giro armati di tutto punto anche se non vi importa nulla di uccidere qualcosa. Mi adeguo alla legge, anche se non ha senso.

Alla fine della stagione della caccia, non si può più sganciare il cane. La legge è chiara: gli unici cani che possono stare liberi sono i cani da caccia, detenuti da persona con regolare licenza di caccia. Ma i cani possono stare liberi solo dalla fine di agosto alla chiusura della caccia, quindi il fatto che io ora liberi il cane dietro casa, su terreni vuoti, fa di me un bracconiere, giusto per rendere complicate le cose semplici. Per trovare dei selvatici, però, bisogna essere più coraggiosi e fare i “bracconieri avanzati”, cioè andare nelle zone protette, come i parchi e le zone rosse. Ci sono animali? Può darsi, non credo che queste zone siano molto curate, sono quasi sempre lasciate a se stesse. I nostri politici trattano tali zone come musei e si scordano che esse devono essere curate, la selvaggina deve essere assistita, un parco non è un soprammobile! Così, mentre noi con il cane da caccia non possiamo entrare, queste aree sono in balia di famiglie, ciclisti, runners e a volte anche di motociclisti, ah.. mi stavo dimenticando i cani di famiglia! I cani da caccia disturbano e uccidono la selvaggina, ma nessuno fa caso al cane da pastore della Signora Rossi. Sì dovrebbe essere legato anche lui, ma è un cane da pastore, chi poteva pensare che prendesse una lepre o un capriolo. I cacciatori hanno una reputazione bruttissima, uccidono gli animali e, automaticamente, qualsiasi cosa ad essi connessa, diventa negativa e pericolosa.

Non mi piace fare cose illegali e non ho mai grande successo in queste esplorazioni. Se vado in una zona proibita, mi rimpicciolisco in formato gnomo e mi fermo al massimo 10 minuti, nel frattempo arrivano orde di famiglie con bambini e cani da compagnia. Però, quelli che rischiano la multa siamo io che mi muovo in silenzio e il mio cane da caccia, anche se è ubbidiente, fermo al frullo e si blocca a comando, noi disturbiamo. Essendo imbranata, non ho storie di “bracconaggio” da raccontare, ma posso raccontarvi del declino che vedo in tante aree protette: sempre meno selvaggina, sempre più spazzatura, sempre più gente fuori posto. Altri addestratori mi hanno raccontato storie assurde, come l’essere inseguiti dai carabinieri alle 7 del mattino per aver sganciato il cane o di  fughe dalle guardie fatte a nuoto. Bel modo per sprecare denaro pubblico. Tante persone, soprattutto la gente di città, non riescono a capire la differenza tra l’addestrare un cane e l’andare a caccia: se gli parli di “cani da caccia”, capiscono solo caccia, e se vedono un cane da caccia libero, vedono anche un fucile che non esiste. Ovviamente sono indifferenti a cani di altre razze liberi. Mi è stato raccontato di un uomo, un addestratore per altro in gamba, che allena indossando scarpe da calcio: per fuggire più velocemente in caso qualcuno chiami le guardie.

Eppure, chiunque abbia un cane da caccia “addestrato” e decida di allenarlo, non fa del male alla selvaggina. I nostri cani non inseguono gli animali e non li uccidono: vogliamo solo trovarli e lì finisce il gioco. Disturbiamo molto meno di un gruppo di ciclisti. Molti di noi sarebbero felici di pagare qualcosa per addestrare legalmente su “selvaggina buona” e sarebbero disposti a sottoporre il cane ad un esame che ne certifichi l’ubbidienza. Se vedete qualcuno che con fare “sospettoso” si aggira per la campagna con un cane da caccia libero, fermatevi a guardare quel che fa, andate a scambiarci due parole. Non andate in panico e non generate altro panico chiamando carabinieri, polizia ed esercito.

Circa 15 anni fa era possibile, pagando una piccola tasse annuale, addestrare in un parco regionale. Ci andavo, c’era qualche fagiano e c’era sempre qualcuno, l’intera area era monitorata da cinofili e cacciatori, ti faceva sentire al sicuro. Arrivavano persone da diverse parti del nord Italia, poi i permessi sono stati revocati e la qualità della zona è drammaticamente scesa: nessuno ci va più. Chi andava lì ora è probabilmente tra i tanti che vanno a preparare i cani all’estero, i loro soldi ora vanno altrove e non all’economia locale. Non un lieto fine.