L’alimentazione del cane da caccia: il ruolo delle proteine

di Rossella Di Palma (DMV)

Una delle “manie” dei proprietari, specie se di cani sportivi, è scegliere un mangime in base alla percentuale di proteine in esso contenute. In realtà, scegliere un mangime basandosi su questo parametro è un mezzo pasticcio: le proteine non sono tutte uguali! Quando si parla di proteine è infatti fondamentale tenere a mente il concetto di “valore biologico“. Il valore biologico, come potrete meglio capire cliccando il link, indica la qualità della proteina in questione o, se preferite, la facilità di utilizzo da parte dell’organismo. Se pensiamo ai cani, che sono dei carnivori adattati anche a mangiare cereali e prodotti di origine vegetale, le proteine di più facile utilizzo sono le proteine di origine animale. Il valore biologico di una proteina dipende dalla sua composizione in amminoacidi (i costituenti delle proteine). Una proteina è utilizzata meglio tanto più la sua composizione amminoacidica si avvicina a quella della proteina da sintetizzare da parte dell’organismo animale. Le proteine animali hanno una composizione di amminoacidi molto più vicina a quella del corpo animale di quanto non abbiano le proteine vegetali.

L’uovo è l’alimento le cui proteine hanno il maggior valore biologico, seguito da carni e pesci che hanno ciascuno valori biologici variabili, legati alla specie di provenienza. Proteine di origine vegetale, invece, come quelle contenute nei legumi e nei cereali, hanno un valore biologico più basso. Questo significa che l’organismo farà più fatica a processarle e ne trarrà minor vantaggio. A questo punto credo sia chiaro che accanto ad una valutazione quantitativa delle proteine (% contenuta nel mangime), vada associata una valutazione qualitativa delle stesse (ingredienti da cui arrivano queste proteine e i loro valore biologico). Fare questa operazione comparativa non è sempre semplice, né immediato: se da una parte le aziende mangimistiche sono molto brave presentare le loro etichette al meglio, dall’altra parte c’è anche la tendenza, da parte di molti cacciatori, di scegliere i mangimi in base al prezzo. I mangimi di fascia bassa, dato il costo delle materie prime di origine animale, raramente contengono grosse quantità di proteine ad alto valore biologico, d’altra parte i mangimi con grosse quote di prodotti di origine animale non sono generalmente economici.

Occorre diventare consumatori critici! Altrimenti si corre il rischio di mettere nella ciotola del nostro cane ATLETA, prodotti che non soltanto si rivelano di scarsa utilità, ma possono addirittura ostacolare il raggiungimento di buone prestazioni. In generale, nel cane, le proteine introdotte con la dieta servono a soddisfare le esigenze strutturali e biochimiche, e solo in minor misura quelle energetiche. Se parliamo di cani atleti, l’attività fisica accresce il fabbisogno di proteine, ma non è stato stabilito in maniera precisa di quanto lo modifichi. La necessità di una maggior quota proteica diventa particolarmente pronunciata quando l’intensità o la durata dell’esercizio fisico vengono aumentate rapidamente e oltrepassano lo stato di allenamento dell’animale. Questo si verifica per esempio all’inizio di un programma di allenamento, quando il programma di allenamento viene modificato, o durante alcune competizioni.

In un cane da lavoro, mediamente gli aminoacidi forniscono tra il 5% e il 15% dell’energia utilizzata durante il lavoro. La quota di proteine utilizzata per fornire energia può aumentare nei cani sottoalimentati e negli atleti di resistenza, che possono facilmente esaurire le riserve endogene di carboidrati; in questo caso, l’organismo utilizza la gluconeogenesi, a partire dagli aminoacidi, per mantenere stabili i livelli di glucosio ematico. Poiché l’organismo non possiede depositi di proteine, gli aminoacidi necessari vengono mobilizzati dai muscoli e questo, alla lunga, provoca un calo della prestazione atletica. La quota di proteine presente nei cibi per cani atleti (fermo restando anche il concetto di valore biologico) deve essere sufficiente a coprire le necessità anaboliche dell’organismo, ma non deve prevaricare le percentuali di grassi e carboidrati inducendo l’organismo a utilizzare gli aminoacidi a fini energetici.

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Bibliografia:

Toll P.W., Reynolds A.J. (2000). The canine athlete. In: Hand M.S., Thatcher C.D., Remillard R. Roudebush P. (Eds.) Small animals clinical nutrition. 4th Ed., Mark Morris Institute, 261-289, Topeka, USA.

Toll P.W., Gilette R.L., Hand M. S. (2010). Feeding working and sporting dogs. In: Hand M.S., Thatcher C.D., Remillard R. Roudebush P. (Eds.) Small animals clinical nutrition. 5th Ed., Mark Morris Institute, 321-358, Topeka, USA.

Young D.R., Price R., Elder N.E., Adachi R.R. (1962). Energy and electrolyte metabolism and adrenal reponses during work in dogs. J. Appl. Physiol., 17: 669-674.

Zackin M.J. (1990). Protein requirements for athletes. Sports Med., 12: 1-3.




In Val d’Aosta in cerca di galli

Cosa non si fa per i cani. Chi mi conosce sa che non sono
esattamente una persona mattiniera. O meglio, non è che mi alzi particolarmente
tardi (ma nemmeno particolarmente presto), più che altro alla mattina ho la
reattività di una tartaruga assonnata: difficilmente riesco a materializzarmi da
qualche parte in orari antelucane.

Come tutte le regole, tuttavia, anche questa ha la sua eccezione: basta usare la giusta esca cinovenatoria e potrei anche arrivare alla meta quando il sole non è ancora alto. Lo scorso agosto è successo proprio così e in ben DUE occasioni sono stata avvistata dalle parti della Val d’Ayas in primissima mattinata.

Cosa mi ha spinto velocemente fin lassù? La possibilità di “muovere”
i can in montagna, rendendomi utile attraverso la partecipazione ai censimenti
della tipica alpina. Apprezzo da sempre la selezione cinofila fatta attraverso
la caccia e le prove di lavoro in montagna. Quando non sono più riuscita a
trovare un setter della “mia” genealogia, ho cercato il mio cane tra quelli da
montagna e sono andata a prendere la mia cucciola nei Grigioni, dove viveva in
una fattoria molto simile a quella del nonno di Heidi. Quando ho deciso di fare
una cucciolata, ho scelto un maschio che si era distinto per prestazioni in
montagna. Perché? Visto che vivo in pianura?

Perché ho sempre pensato che il cane selezionato per la montagna dovesse possedere doti come il fondo, il collegamento naturale e una sufficiente dose di intelligenza per non distruggersi, tra burroni e sassaie. Andando con cautela, tuttavia, ho ritenuto provare la mia cagna (di selezione da montagna) sui galli forcelli (che gli inglesi chiamano black grouse), anziché iniziare subito da “cose” tipo le bianche o le coturnici. Briony è un cane versatile, nonché resa estremamente gestibile ed affidabile tramite il ferreo addestramento necessario per partecipare alle prove di lavoro in Gran Bretagna. Così, quando mi è stato proposto di andare a censire ho accettato con entusiasmo e serenità, sebbene non sapessi di preciso cosa aspettarmi.

Ci sarebbe stata molta gente? Ci sarebbero stati molti cani?
Sarei stata capace di vagare tra le cime? Intendiamoci, mi sono fatta le gambe in
Appennino e ho anche un discreto senso dell’equilibrio che mi permette di non
cadere al primo intoppo ma… i dubbi restavano.

Come sapete, in Inghilterra partecipo ai censimenti alle grouse ma, fino allo scorso agosto, i miei unici censimenti italiani erano stati quelli ad ungulati. Censimenti a dire il vero piuttosto formali con ritrovo, assegnazione punto di osservazione, post ritrovo, consegna schede, a volte cena collettiva… quindi all’ incirca mi aspettavo la stessa rigidità.

Invece no… a censire eravamo soltanto in tre, accompagnati
da un agente del corpo forestale. Chi erano i tre? Io, un cacciatore locale
(non so se voglia pubblicità ma si chiama Albino Viquery) e un amico, più
marino che montano. E la squadra dei cani? Dunque, i censitori ufficiali erano
Briony (Ch.It. Briony del Cavaldrossa) e le setterine valdostane, non a caso
anche loro pezzate rosse, di Albino. Come censitore ufficioso c’era anche
Breandan (Redbriony Breandan da Ch.It. Briony del Cavaldrossa x It.Int.Eu.Ft
Ch. Gregor di Val di Chiana) di soli 8 mesi, ma da sempre “precoce”. Poi,
siccome non potevo lasciarla a casa, mi sono portata anche la sorella di
Breandan (Blue Tigerlily…. Detta anche Foky, o la “foca”, soprannome
guadagnatasi a causa di un’infanzia un po’ impacciata). Il piano era di tenere
la fochina al guinzaglio, di lasciar fare Briony e di valutare se Breandan era
in grado di muoversi in sicurezza e senza disturbare.

La zona era difficile, una pineta ripida sul cui terreno crescevano fitti i rododendri, talmente fitti da nascondere massi e crepe nel terreno: un versante noto per le valanghe, immaginatevi cosa viene trascinato giù e quanto possa essere sconnesso il terreno. Eppure, il “piccolo” ci ha fregato tutti e dal basso dei suoi otto mesi di età ha fermato lui il primo gallo! Con la fochina, al guinzaglio in consenso…. A parte il rimanere dispiaciuti per la mamma che si è fatta soffiare il gallo dal figlio, cosa chiedere di più?

E fu così che lasciammo libera di andare anche Tigerlily, del resto era impossibile gestirla legata tra rocce, pini e rododendri. Il risultato? Tanto, piacevole stupore, madre e cuccioloni che cercavano in maniera attiva e indipendente, rimanendo collegati a noi e…. senza strafare. Cercavano e correvano sì, ma stando attenti a dove mettevano le zampe. Questa cosa mi è piaciuta più di tutte. A d un certo punto siamo dovuti scendere lungo un canalone intasato di rocce di mille dimensioni, con salti e crepe tra una roccia e l’altra. Tutto nuovo per me, ma soprattutto per loro. Eppure se la sono cavata egregiamente scegliendo sempre bene come saltare da un masso all’altro fino ad arrivare a fondovalle perfettamente integri. Le mie convinzioni sugli antenati montanari dei miei cani sono tutte state confermate. La felicità, per un cinofilo/micro allevatore è anche questo!

Soddisfazione è aver dato anche un modestissimo contributo alla gestione della fauna autoctona: certo, non ho visto la quantità di selvatici che conto normalmente a grouse, ma ho avuto modo di verificare i miei cani in condizioni che ritengo decisamente probanti e ho avuto il privilegio di poterli sganciare su terreni e selvatici ai quali normalmente solo i cacciatori di tipica alpina hanno accesso, non posso che essere grata di tutto ciò.

Siccome ogni sessione di addestramento (ma anche di lavoro cinofilo), va chiusa sempre in positivo, la giornata è continuata con un pranzo a base di salumi e formaggi tipici e con un salto al caseificio della zona per fare scorta dei suddetti.

E…. una decina di giorni dopo, di primissima mattina, ero di nuovo su, a 7° C quando in pianura il termometro ne segnava già 25° C, pronta a veder confermate, o smentite, le prime impressioni su cani, selvatici e persone che si sono prese la briga di “sopportarmi”. A proposito, non voglio che sopportiate un secondo resoconto, quindi lascerò che sia la photogallery qui sotto a parlare.

PS. Per chi fosse interessato a saperne di più sui censimenti alla tipica alpina, uscirà un articolo su Sentieri di Caccia di Novembre.




L’alimentazione del cane da caccia: il ruolo dei carboidrati

Di Rossella Di Palma (DMV)

Dopo aver esaminato il ruolo dei grassi nella dieta del cane da caccia, parliamo del’utilità dei carboidrati, come cereali – con e senza glutine- e patate. Come alcuni di voi sicuramente già sanno, i cani, se hanno disponibilità di precursori della gluconeogenesi a sufficienza, non necessitano di carboidrati, ma il loro organismo sa utilizzarli molto bene se vengono inseriti nell’alimentazione. Apro qui una piccola, ma necessaria, parentesi: un mangime grain free non è un mangime “senza carboidrati”, è semplicemente un mangime senza cereali. Se siete interessati al mio punto di vista sui mangimi grain free vi rimando a questo articolo.

Pur non essendo utili a aumentare la densità calorica di un cibo (i carboidrati contengono solo 3.5 Kcal per grammo, a fronte delle 8.5 Kcal per grammo dei grassi), essi possono essere molto utili agli atleti di velocità come ad esempio i cani da prove. Gli atleti di velocità hanno bisogno di energia prontamente disponibile durante la corsa e la ricavano dal glicogeno stoccato all’interno della muscolatura.

La quota di glicogeno utilizzata per la produzione di energia dipende dalla quantità di glicogeno presente nel muscolo, il che lascia intuire che aumentando il glicogeno disponibile, attraverso la dieta e l’allenamento, si possono migliorare le prestazioni degli atleti di velocità.

Per gli atleti che compiono sforzi intermedi, pensiamo al classico cane da caccia che lavora per qualche ora, non si raccomanda una precisa quota di carboidrati: la loro percentuale, nella dieta, deve essere regolata in base alla durata e all’intensità del lavoro svolto. Cani che lavorano a lungo a intensità da bassa a moderata devono ricavare la maggior parte dell’energia dai grassi, e solo una quota minore dai carboidrati (il 15% sul totale delle calorie giornaliere può essere sufficiente).

Gli atleti di resistenza, pensiamo ai cani da slitta attivi su lunghe distanze – ma anche a quei cani da caccia che cacciano da buio a buio, devono ingerirne una percentuale inferiore ma, stando a Kronfeld (1973), i soggetti alimentati con cibi in cui i carboidrati sono assenti hanno maggior predisposizione a sviluppare la diarrea da stress. Una quota adeguata di carboidrati, o di fibre solubili, in alternativa ai carboidrati, deve pertanto essere sempre presente nella dieta.

I carboidrati presenti nelle diete per cani atleti devono essere altamente digeribili in modo da non far aumentare in maniera eccessiva la massa fecale. Un aumento della massa fecale può predisporre a diarrea da stress e aumentare la quota di acqua eliminata attraverso le feci, oltre a comportare un incremento ponderale del cane durante l’attività sportiva.

Continua…

Bibliografia:

Bergstrom J., Hermansen L., Hultman E., Saltin B. (1967). Diet muscle glycogen and physical performance. Acta Physiol. Scand., 71: 140-150.

Conlee R.K. (1987). Muscle glycogen and exercise endurance: a twenty-year perspective. Exerc. Sport. Sci. Rev., 15: 1-28.

Kronfeld D.S. (1973). Diet and performance in racing sled dogs. J. Am. Vet. Med. Ass., 162: 470-474.

Kronfeld D.S., Downey R.L. (1981). Nutritional strategies for stamina in dogs and horses. In: Proceedings, Nutrition Society of Australia, 21-29.

Toll
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sporting dogs. In: Hand M.S., Thatcher C.D., Remillard R. Roudebush P. (Eds.)
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Topeka, USA.