I meccanismi della venaticità di Angelo Cammi

Allevatore di setter inglesi e giudice ENCI/FCI

I macroelementi sono facilmente identificabili anche da chi ha poco esperienza o competenza, si manifestano nelle situazioni contingenti, risultano ben evidenti e per questo “misurabili”. La ferma è in effetti l’espressione di una caratteristica di base che rimarca ed evidenzia la fase conclusiva del lavoro; sono rilevanti la tensione e l’espressione, diverse a seconda della razza. Ciò che  conta però ai fini della valutazione complessiva, è la parte a monte che contiene evidenze concrete e/o di natura potenziale, di solito appena percettibili, alla portata di persone che hanno la passione di approfondire.

Comunque, se nello sviluppo della caccia e delle note regolamentari, non sono presenti e operativi  i “meccanismi” significa che le stesse (note), sono disattese nella parte concettuale e centrale e si è dato spazio invece a manifestazioni estetiche che nel tempo annulleranno ciò che non si è sviluppato continuamente con la funzione. Perché ai tempi venivano considerati eccezionali i soggetti grandi cacciatori che nelle prove riuscivano a collocarsi sempre ai posti alti delle classifiche per rendimento e tipicità ? Perché rappresentavano veramente la razza sotto tutti gli aspetti, anche quelli morfologici pur se non prevalenti. Ricordo setter magnifici con affisso del Tidone e del Volo. Le stesse note, di cui sopra, prevedono peraltro che le tipicità di razza siano interagenti con la concretezza della fase realizzativa. Ogni particolarità deve essere strettamente collegata alle altre di simile fondamento determinando un unicum che rappresenterà, nel contesto, un blocco di energia psico-fisica, fasciato dalla tipicità della razza.

Pointer inglese riporta

ISTINTO: facoltà di conoscere un oggetto o una situazione senza la mediazione del ragionamento; perspicacia, acume, assoggettato alle identità di razza.
INTUITO: tendenza innata che spinge gli esseri viventi ad adottare comportamenti fondamentali.
POTENZIALITA’: carattere e contenuto di ciò che è ancora in potenza e non in atto; visibile da un occhio esperto che sa leggerne i sintomi.
PREDISPOSIZIONE: disposizioni innate, inclinazioni, tendenze, vocazioni.

L ‘intuito è equiparabile al “senso del selvatico”? Se si manifesta in un certo ceppo e con frequenza, è certamente un’abitudine assecondata da elevati elementi funzionali; utile coltivarlo quindi per la probabile fissazione.
I geni sempre e sicuramente trasmessi a tutti gli individui sono i vitali, i funzionali – che mantengono efficienti i comportamenti preposti alla vita -, i riproduttivi per la conservazione della specie.
Esistono alcuni caratteri aggiuntivi che si formano in condizioni particolari, definiti di origine ambientale. Collaborano alla loro fissazione situazioni simili per contenuto, ripetitività ed intensità: le abitudini.

Un cane da ferma assume in linea di massima come apparato genetico standard, la passione per il lavoro, la conformazione,l’equilibrio,l’intelligenza e un marcato grado di affettuosità (i cuccioli appena nati, cercano la mamma,cercano le sue attenzioni, in sostanza quel grado di affettuosità che genererà un rapporto vitale madre-figlio); tutto ciò contiene un potenziale affidamento per la costituzione di un vero rapporto di fiducia uomo-cane e viceversa. Il cucciolone ancor prima di dimostrarsi cacciatore, cerca fortemente “l’amicizia” dell’uomo, concretizzata dall’espressione mimico-gestuale di un potenziale istinto che è alla base della sua formazione come cane da caccia gestito dall’uomo. L’autonomia (altro micro-meccanismo), associata alla cerca, al collegamento, ecc., va gestita, fatta comprendere ma non soffocata da interventi drastici, inidonei ad insegnare; l’insegnamento aiuta il cane a capire ed eseguire secondo indicazioni serene e razionali. Durante l’insegnamento tenere nella massima considerazione,l’espressione dell’occhio. L’espressione dell’occhio (sguardo) quindi,coadiuvata dal colore dell’iride, è un ulteriore indicatore delle sensazioni, esprime gioia, timore, addirittura forti stati emotivi supportati dalla paura, e se si può dire di un cane,dagli stati d’animo. Il colore è rappresentato da geni specifici, come quello del mantello e/o delle mucose e delle unghie. L’intelligenza può essere considerata come coadiuvante delle sensazioni; un surplus, che genera una miscela che potrebbe essere la stessa predisposizione. La riproposizione di queste analisi serve a mantenere viva la base della struttura psichica presente nel cane ed espressa con il temperamento, autentico operatore di scelte ed iniziative nell’attività venatoria. Ha valore concreto quel cane che corre spinto dall’avidità, non ha valore alcuno il cane appartenente alle razze da caccia che corre per il gusto di farlo. Se quest’ultimo genera qualche figlio con il suo “difetto grave”, potrebbe significare che i geni anomali  della corsa si è fissato. E’ meglio allora che i suoi cromosomi rimangano in lui.

Come già ribadito, si manifestano cromosomi portatori di geni “costruiti dalle abitudini” (positive) (A), ed altri formati da altrettante abitudini decisamente negative consistenti, ad esempio, in “sistemi di addestramento” duri e coercitivi (B)  agli antipodi della corretta preparazione. Nel momento dell’accoppiamento i cromosomi trasportano i propri geni sia maschili che femminili ed ognuno vuol piazzare la propria dotazione, in questo contesto, vince il più forte, o il più veloce. Sarebbe interessante capire se si abbinano prima i geni “classici”, o quelli “aggiuntivi”. Per correre meno rischi, gli esperti suggeriscono di stare alla larga dagli iper che primeggiano, ma dei quali non si conosce la storia, quella vera che può darci indicazioni, non i certificati che sino a prova contraria, ci fanno leggere solo nomi. E’ saggio invece concentrarsi sui soggetti che da generazioni, mantengono tipicità e positività. Anche alcune caratteristiche desiderate, difficilmente si riproducono perché hanno una fisionomia di duplice formazione (es. la meccanica del movimento dipende dall’apparato scheletrico e muscolare, ma il comando arriva dal temperamento e questo (altra dote morale ) può intervenire iniettando tipicità oppure mediocrità. Un gene è portatore di un solo carattere.

Confrontando per esempio, una potenzialità positiva (A), con un gene “imposto” (B), prevarrà la prima, dato che rimane nel solco della “regolarità” rappresentata da procedure che assecondano il carattere e l’indole. Il tipo (B) è frutto di una anomalia non prevedibile nel percorso educativo. Una sorta di gesto contro natura.  I “macro” come la ferma, il riporto ed il consenso, si manifestano almeno nel 95% dei casi. Il cinque per cento restante, fa parte dei risultati “selettivi” di chi considera per esempio la ferma un opzional, il consenso qualcosa che è meglio non sia naturale, il riporto un passaggio totalmente inutile, la filata una perdita di tempo ed il collegamento addirittura un’assurdità! Eppure l’identità è rappresentata dai “macro”, ai quali si possono abbinare i meccanismi potenziali e/o occulti, che rimangono tali nel periodo iniziale dello sviluppo. Un mondo inesplorato. La preoccupazione consiste nell’ipotizzare una diminuzione del 95%.

Le potenzialità abbinate a predisposizioni, possono concorrere alla specializzazione. Ho avuto modo di verificare che nascono cani che ancora cuccioloni passano sempre o quasi, in tutte le uscite, dal prato al cespuglio, al boschetto. L’ipotesi è di portatori di un gene di natura ambientale fissato da avi che hanno sempre cacciato prevalentemente e/o esclusivamente nel bosco, ma se anche altri loro fratelli di cucciolata, tutti o anche solo una parte, hanno la medesima predisposizione, l’ipotesi è molto vicino alla realtà di un consolidamento di quei geni. L’istinto e l’intuito credo che non siano adeguatamente considerati e sono convinto che entrambi si esprimano differentemente a seconda della razza. Non è detto che siano sempre entrambi presenti e non è detto nemmeno che abbiano affinità. E’ certo comunque il loro apporto positivo.

Se siete appassionati di cani da caccia non dimenticatevi di dare un’occhiata al Gundog Research Project!




Dalla VJP alla VGP

Testo di Sandro Zambotti, foto di Roberto Alberio

Dalla VJP  alla VGP (passando per la HZP: n.d.a.), è questo il titolo del seminario di addestramento cinofilo  svoltosi a Vedriano (RE) il 25 e 26 Aprile 2015. Destinatari del corso, patrocinato dal Club Italiano Drahthaar, i  possessori e utilizzatori di cani polivalenti interessati ad approfondire metodologie di addestramento, conduzione ed utilizzo dei loro ausiliari secondo la scuola germanica, finalizzando il tutto al superamento degli esami cinofili che tanta importanza hanno in Germania ed Austria e, soprattutto, al corretto e proficuo utilizzo a caccia. Gli acronimi VJP (Verband-Jugend-Prufung), HZP (Herbst-Zucht-Prufung) e VGP (Verband-Gebrauchs-Prufung) contraddistinguono, infatti, i tre esami che, in ordine cronologico debbono essere superate da un cane da caccia “tedesco” nel corso della sua carriera, il superamento dei primi due è, tra l’altro, necessario affinché il soggetto venga messo in riproduzione. Relatore del corso Giuseppe Marinelli, esperto conduttore di Deutsch Drahthaar e allievo di Zeffiro Gallo, uno dei più famosi allevatori e conoscitori della razza, a livello mondiale. Ad ascoltare Giuseppe un bel gruppo di conduttori, 35, con diverse  razze, a farla da padroni ovviamente i D. Drahthaar, ma erano presenti anche un  D. Kurzhaar, alcuni Weimaraner ed un  cucciolo di Kleiner Musterlander. Tra tutti era presente anche una piccola “rappresentativa” della nostra provincia con D. Drahthaar al seguito.

Durante la prima mattinata del corso è stata illustrata la “filosofia” del cane polivaDSC_0021lente da caccia, lo Jagdgebrauchshund, sottolineando le differenze fondamentali tra questo e i Field Trialer inglesi, in particolare l’assoluta necessità, per la scuola tedesca, di un perfetto lavoro anche, se non soprattutto, dopo lo sparo. Per la Waidmanngerechtigkeit, parola che contraddistingue ed intreccia sia l’etica che il diritto venatorio mitteleuropeo, niente è più riprovevole che abbandonare, non ritrovandolo, un capo di selvaggina nel bosco, ecco quindi che l’utilizzatore dello Jagdgebrauchshund dovrà esigere dal proprio cane un riporto/recupero della selvaggina minore abbattuta o ferita, dal bosco come dall’acqua in ogni condizione, ivi compreso il riporto di selvatici particolarmente pesanti, e poco appetibili, come la volpe; in un secondo momento si esige dallo stesso cane di saper tracciare e bloccare un ungulato ferito. Dopo questa breve introduzione, Marinelli è entrato nel vivo del corso, esponendo il metodo di addestramento utilizzato. L’ addestramento é suddiviso in due parti principali, la prima, dai due mesi fino alla formazione della dentatura permanente, serve alla creazione del legame allievo-conduttore ed al condizionamento minimo necessario per la prosecuzione durante la seconda fase, la più intensiva, e mirata alla creazione di quelli che sono chiamati Zwang, vale a dire i “comportamenti nel cane anche contrari al suo naturale volere, a vantaggio dell’uomo”. [Questa definizione di “forzato” è estratta dal libro di Hegendorf\Uhde “der Jagdgebrauchshund” e delinea in maniera oggettiva il concetto di forzato, concetto che in Italia è stato distorto e abusato dal 99% degli appassionati. È in sintesi una evoluzione del condizionamento classico. Non è sofferenza o maltrattamento – Nota di G. Marinelli]DSC_0026

Una delle fondamenta su cui poggia l’addestramento dello Jagdgebrauchshund è il riporto forzato, il cane addestrato ad esso riporta a comando qualsiasi oggetto, in qualsiasi condizione, trattenendolo in bocca fino all’ordine del conduttore. L’addestramento al riporto forzato è stato estesamente spiegato e mostrato, partendo dall’approccio iniziale con un allievo privo di condizionamento e progredendo nella scomposizione e ricomposizione dell’esercizio, da fermo, da terra e poi, all’esterno, in movimento; si è passati quindi al riporto “direzionale” con più riportelli recuperati in sequenza. In questa fase è stata più volte rimarcata dal relatore la necessità di proseguire per gradi, esigendo l’assoluta perfezione nell’esecuzione delle varie fasi, scomposte, degli esercizi, per poi proseguire alla composizione dell’azione, lavorando inizialmente in ambiente controllato (Stuebendressur =addestramento nella Stube) per poi passare all’esterno, utilizzando prima una lunghina, quindi ripetendo gli esercizi con l’allievo libero. Sempre graduale deve essere la successione delle “prede” riportate, all’inizio riportelli artificiali di diverse forme, consistenze e pesi, poi, una volta correttamente eseguiti i riporti con questi,  si utilizza della selvaggina abbattuta, congelata, evitando sempre specie “delicate ed appetibili” come i fasianidi, particolarmente la quaglia, per prediligere specie più resistenti come il piccione o i corvidi. In questa fase il relatore non ha mancato di sottolineare più volte come, nell’addestramento, sia estremamente deleterio l’uso come riportelli di pezzi di legno. Si è passato quindi all’esecuzione delle Schleppe, i riporti di un selvatico di penna o pelo trascinato che simulano il riporto di un capo di selvaggina ferito che si sia allontanato dall’Anschuss. Le Schleppe, oltre ad avere una vera e propria applicazione nella pratica venatoria servono inoltre come esercizio propedeutico al lavoro sulla traccia. Il primo pomeriggio del sabato è proseguito dapprima con una dimostrazione sull’utilizzo della “farfalla”, Reizangel in tedesco, utile come mezzo per rafforzare la ferma, piuttosto che la correttezza al frullo; per poi proseguire col riporto dapprima attraverso un ostacolo e, quindi,  col riporto della volpe, quest’ultimo è servito come dimostrazione dell’assoluta necessità di preparare il cane al riporto forzato, risultando inefficace, con prede pesanti e/o “sgradevoli”, il ricorso al riporto spontaneo: nessuno degli allievi presenti, infatti, ha abboccato la volpe limitandosi ad una, circospetta, annusata della spoglia. In chiusura del primo pomeriggio, il laghetto ha ospitato la parte del Wasserarbeit (lavoro in acqua), dove la materia del riporto/recupero dall’acqua è stata ampiamente esposta, utilizzando i vari allievi presenti per simulare riporti e recuperi della selvaggina d’acqua, affascinante è stata la dimostrazione della capacità del D. Drahthaar di seguire una scia odorosa a pelo d’acqua, risalendo la traccia lasciata in superficie dal trascinamento di un’anatra.DSC_0093

La prima giornata è terminata con una deliziosa cena di gala, a base di selvaggina, che è stata servita nella chiesa (sconsacrata) del castello di Sarzano (RE). Durante la seconda parte del corso, Marinelli ha utilizzato uno degli allievi, un maschio di D. Drahthaar di circa un anno, per una dimostrazione sull’addestramento al “corretto al frullo”, utilizzando per l’occasione uno di quei lancia volatili che si vedono ormai spesso su internet. Nella seconda parte della mattinata è stato affrontato l’addestramento del cane alla traccia artificiale di ungulato, sono stati evidenziati i vari sistemi di tracciatura, con le scarpe da traccia, con la spugna, con lo spruzzo, la fase di partenza dall’Anschuss, la conduzione in traccia ed il lavoro a fine traccia. Marinelli ha sottolineato ancora una volta l’opportunità, a suo avviso, di procedere propedeuticamente con un addestramento intensivo delle varie fasi scomposte. Si effettuano quindi una serie di ripetizioni, anche più volte nel corso della stessa sessione di addestramento, di “ispezioni e partenze” dall’ Anschuss, poi una serie di tracce più o meno lunghe, poi si sviluppa a parte il lavoro a fine traccia per poi ricomporre le tre fasi nella preparazione finale dell’esercizio. Particolarmente interessante è stata la parte relativa al lavoro del cane a fine traccia, è stata spiegata, sempre con dimostrazioni pratiche utilizzando uno dei cani presenti,  la tecnica di addestramento del Bringselverweiser, il ritorno del cane al conduttore col testimone in bocca per evidenziare il rinvenimento del capo. Indispensabile per la riuscita del Bringselverweiser  risulta, manco a dirlo, l’addestramento completo al riporto forzato; sempre utilizzando uno degli allievi presenti si è poi provato l’addestramento al Totverbeller, l’abbaio a morto.DSC_00311

Uno degli aspetti più interessanti del seminario, a giudizio di chi scrive, è stata la più volte sottolineata necessità di testare e rafforzare l’addestramento dell’allievo mediante la creazione di situazioni di “conflitto”, si ripropone quindi qualsiasi esercizio, già affinato e perfezionato precedentemente in condizioni controllate, in presenza di alcune forme di disturbo, ad esempio la presenza di altri cani contemporaneamente, oppure mentre a poca distanza verranno effettuati alcuni spari, oppure ancora, una volta sistemata una traccia di ungulato, si complicheranno ulteriormente le cose incrociandola in più punti mediante il trascinamento di una pelle fresca di lepre per addestrare il cane ad ignorare il “cambio”; questi accorgimenti, oltre a rafforzare la precisione e la correttezza dell’addestramento, permetteranno al conduttore di capire, in condizioni controllate, gli atteggiamenti del cane e gli eventuali segnali che preludono, ad esempio nell’ultimo caso, all’uscita dello stesso dalla traccia per seguire un “vivo”.DSC_0113