L’estero, l’addestramento, la caccia e le prove

L’Italia ha vinto la Coppa Europa per Cani da Ferma Inglesi in Grande Cerca, il Campionato Europeo Setter Inglesi Grande Cerca e il Campionato Europeo Pointer Grande Cerca, altri risultati devono ancora arrivare.  Tutti contenti ma anche tante polemiche. In questi giorni ho letto di tutto sui vari social e vorrei riflettere su un paio di punti, mi preme soprattutto il secondo. Il primo punto riguarda il fatto che alcuni cani cambiano nazionalità per entrare nella competizione. Giusto? Sbagliato? Condannabile? E’ un’area grigia. Il numero di cani italiani potenzialmente in grado di ben figurare in manifestazioni di grosso calibro è immenso, forse decine di soggetti, forse centinaia, chi può dirlo. Il numero di esemplari di “livello” non ha probabilmente pari in alcuna altra nazione al mondo. Però, ci sono pesci grandi e pesci piccoli, ovvero proprietari che hanno potuto (anche in virtù dei mezzi economici) dare ai propri cani maggiore visibilità e che, anche grazie a ciò, entrano in squadra. Il proprietario sardina, che nuota tra i tonni, che non può permettersi l’addestratore di grido, né un infinito numero di trasferte in tutta Europa, sa che probabilmente il suo cane non entrerà nella rappresentativa azzurra. Così vanno le cose, peccato, magari è persino un buon cane, ma occorre essere realisti. Poi, un giorno, alla nostra sardina, viene proposto di “prestare” il cane alla rappresentativa della Transilvania e la sardina accetta. Dobbiamo dargli addosso? Cosa fareste voi al suo posto? Cosa farei io? Boh, rispondo, il mio patriottismo si è ridotto ad un lumicino da un bel pezzo, se me lo chiedesse un paese a cui mi sento legata, forse direi di sì, certo se me lo chiedesse una nazionale di cui non parlo la lingua e di cui non so nulla, probabilmente direi di no, questo non mi mette comunque in condizione di giudicare le scelte altrui.

Il secondo, e ancor più importante punto, riguarda sempre l’estero, ma con un altro taglio. Quando ho pubblicato l’articolo sui problemi che esistono se si vuole addestrare un cane in Italia, e sulla scarsità di selvatici alle prove, alcuni mi hanno scritto toccare il tasto dell’estero. L’ Italia, al momento, se parliamo di piccola selvaggina, grazie alla squallidissima gestione faunistica, è dipendente dall’estero. Certo, il cane lo puoi addestrare anche in Italia ma fai 100 volte la fatica e rischi di pagare in multe l’equivalente di una trasferta!

Sbagliano gli italiani ad andare a preparare il cane altrove? No, prendono atto della realtà dei fatti e, se possono permetterselo, cercano il meglio per i propri cani, ciò è assolutamente condivisibile. Oggi va tanto la Serbia, ma l’abitudine di andare ad addestrare fuori , è iniziata da prima, lo stesso può dirsi della caccia (trovi cacciatori italiani in ogni angolo del globo) e delle prove. Io non ho nulla contro l’estero (o non avrei preso una laurea in lingue e letterature straniere), mi lascia tuttavia perplessa la dipendenza dell’Italia dall’estero. Molte prove cinofile italiane di alto livello, oggi sono corse in Serbia. Quando si chiede, o si prova a capire il perché, vengono date tante spiegazioni, le risposte più convincenti che ho avuto riguardano i terreni, la selvaggina, i regolamenti/ la realtà dei luoghi. Ma andiamo con ordine, rispondendo ad un post su Facebook relativo alla Coppa Europa, Gianni Lugari, ha ricordato la Coppa Europa corsa nel 1999 in Tollara ma…. Allora… I terreni… Esisterebbero anche in Italia! Probabilmente sì, se parliamo di spazi, probabilmente no se parliamo di selvatici, altro punto molto importante. Non sono mai stata in Serbia, ma tutti coloro che ci sono stati, per caccia, addestramento o prove (e parliamo di un numero elevatissimo di italiani) raccontano di tante e tante starne a disposizione dei cani. Dicono “non puoi crederci”, invece ci credo conoscendo la realtà delle grouse britanniche: avere selvaggina è possibile se sai fare una corretta gestione. È costoso, non è semplice e richiede l’impegno di tante categorie di persone, dall’agricoltore al cacciatore, tutti devono fare qualche sacrificio per un bene “superiore”. Difficile, tuttavia, non è sinonimo di impossibile.

Tanti giustificano l’Italia, asserendo che l’agricoltura serba è indietro di 50 anni e che questo favorisce le starne. Possibile, ma se noi siamo davvero avanti di 50 anni, è impossibile che non abbiamo i mezzi e le competenze per ricreare un equilibrio favorevole alla starna. Scusate ma mi rifiuto di crederlo, vi ricordate il Rinascimento? La nostra nazione ha dato i natali a Leonardo da Vinci e ad altri geni e oggi, i loro discendenti non sanno mettere insieme quattro pennuti! I costi? Facciamo due conti: in Serbia si parla anche di 500 cani che corrono al giorno, moltiplicate 500 per i 30 euro delle iscrizioni (cifra a me riferita), al tutto sottraete le “spese” ma aggiungete i permessi di addestramento che, sempre a quanto mi dicono, sono pari a 100 euro al giorno (cifra elevata se hai un solo cane, ma irrisoria se hai un furgone pieno di soggetti da preparare). Ecco io e la contabilità siamo due entità separate ma, ad occhio, direi che si va su cifre “interessanti” e che i serbi sono stati bravissimi, e lo dico con estrema sincerità, a capire quale ricchezza possano rappresentare le starne. Dalle fotografie che ho visto, le prove si corrono in zone rurali dove la fonte di reddito principale credo sia l’agricoltura. Le starne portano tanti altri soldini sotto forma di iscrizioni alle prove, di permessi per addestrare, di spese che normalmente affronta un turista: vitto, alloggio, la cenetta fuori e qualche altro extra. Immagino la faccia dell’indigeno serbo perplesso, ma felice, dal tanto interesse verso dei pennuti. I serbi sono stati e sono bravissimi ad aver compreso quale ricchezza avessero tra le mani. Noi italiani? Oltre a ringraziarli per le opportunità che ci danno, non potremmo, magari, che so, prendere spunto? I risvolti economici non sono abbastanza interessanti? Per certe cifre, popoli più determinati farebbero risorgere i dinosauri, altro che starne.

Beh, ma obietta qualcuno, da loro è più facile, non c’è la nostra burocrazia, non ci sono tutte le nostre “regole”, non ci sono gli animalisti.  Va cambiata la 157/92 affinché la situazione possa cambiare, tuonano in tanti, e so altrettanto che, in Italia, quando si cerca di essere proattivi e di fare qualcosa fioccano gli ostacoli e gli impedimenti, burocratici e non. Ma è questo motivo sufficiente per rassegnarsi ad una situazione faunistica, e anche venatoria che non ci soddisfa?