I meccanismi della venaticità di Angelo Cammi

Allevatore di setter inglesi e giudice ENCI/FCI

I macroelementi sono facilmente identificabili anche da chi ha poco esperienza o competenza, si manifestano nelle situazioni contingenti, risultano ben evidenti e per questo “misurabili”. La ferma è in effetti l’espressione di una caratteristica di base che rimarca ed evidenzia la fase conclusiva del lavoro; sono rilevanti la tensione e l’espressione, diverse a seconda della razza. Ciò che  conta però ai fini della valutazione complessiva, è la parte a monte che contiene evidenze concrete e/o di natura potenziale, di solito appena percettibili, alla portata di persone che hanno la passione di approfondire.

Comunque, se nello sviluppo della caccia e delle note regolamentari, non sono presenti e operativi  i “meccanismi” significa che le stesse (note), sono disattese nella parte concettuale e centrale e si è dato spazio invece a manifestazioni estetiche che nel tempo annulleranno ciò che non si è sviluppato continuamente con la funzione. Perché ai tempi venivano considerati eccezionali i soggetti grandi cacciatori che nelle prove riuscivano a collocarsi sempre ai posti alti delle classifiche per rendimento e tipicità ? Perché rappresentavano veramente la razza sotto tutti gli aspetti, anche quelli morfologici pur se non prevalenti. Ricordo setter magnifici con affisso del Tidone e del Volo. Le stesse note, di cui sopra, prevedono peraltro che le tipicità di razza siano interagenti con la concretezza della fase realizzativa. Ogni particolarità deve essere strettamente collegata alle altre di simile fondamento determinando un unicum che rappresenterà, nel contesto, un blocco di energia psico-fisica, fasciato dalla tipicità della razza.

Pointer inglese riporta

ISTINTO: facoltà di conoscere un oggetto o una situazione senza la mediazione del ragionamento; perspicacia, acume, assoggettato alle identità di razza.
INTUITO: tendenza innata che spinge gli esseri viventi ad adottare comportamenti fondamentali.
POTENZIALITA’: carattere e contenuto di ciò che è ancora in potenza e non in atto; visibile da un occhio esperto che sa leggerne i sintomi.
PREDISPOSIZIONE: disposizioni innate, inclinazioni, tendenze, vocazioni.

L ‘intuito è equiparabile al “senso del selvatico”? Se si manifesta in un certo ceppo e con frequenza, è certamente un’abitudine assecondata da elevati elementi funzionali; utile coltivarlo quindi per la probabile fissazione.
I geni sempre e sicuramente trasmessi a tutti gli individui sono i vitali, i funzionali – che mantengono efficienti i comportamenti preposti alla vita -, i riproduttivi per la conservazione della specie.
Esistono alcuni caratteri aggiuntivi che si formano in condizioni particolari, definiti di origine ambientale. Collaborano alla loro fissazione situazioni simili per contenuto, ripetitività ed intensità: le abitudini.

Un cane da ferma assume in linea di massima come apparato genetico standard, la passione per il lavoro, la conformazione,l’equilibrio,l’intelligenza e un marcato grado di affettuosità (i cuccioli appena nati, cercano la mamma,cercano le sue attenzioni, in sostanza quel grado di affettuosità che genererà un rapporto vitale madre-figlio); tutto ciò contiene un potenziale affidamento per la costituzione di un vero rapporto di fiducia uomo-cane e viceversa. Il cucciolone ancor prima di dimostrarsi cacciatore, cerca fortemente “l’amicizia” dell’uomo, concretizzata dall’espressione mimico-gestuale di un potenziale istinto che è alla base della sua formazione come cane da caccia gestito dall’uomo. L’autonomia (altro micro-meccanismo), associata alla cerca, al collegamento, ecc., va gestita, fatta comprendere ma non soffocata da interventi drastici, inidonei ad insegnare; l’insegnamento aiuta il cane a capire ed eseguire secondo indicazioni serene e razionali. Durante l’insegnamento tenere nella massima considerazione,l’espressione dell’occhio. L’espressione dell’occhio (sguardo) quindi,coadiuvata dal colore dell’iride, è un ulteriore indicatore delle sensazioni, esprime gioia, timore, addirittura forti stati emotivi supportati dalla paura, e se si può dire di un cane,dagli stati d’animo. Il colore è rappresentato da geni specifici, come quello del mantello e/o delle mucose e delle unghie. L’intelligenza può essere considerata come coadiuvante delle sensazioni; un surplus, che genera una miscela che potrebbe essere la stessa predisposizione. La riproposizione di queste analisi serve a mantenere viva la base della struttura psichica presente nel cane ed espressa con il temperamento, autentico operatore di scelte ed iniziative nell’attività venatoria. Ha valore concreto quel cane che corre spinto dall’avidità, non ha valore alcuno il cane appartenente alle razze da caccia che corre per il gusto di farlo. Se quest’ultimo genera qualche figlio con il suo “difetto grave”, potrebbe significare che i geni anomali  della corsa si è fissato. E’ meglio allora che i suoi cromosomi rimangano in lui.

Come già ribadito, si manifestano cromosomi portatori di geni “costruiti dalle abitudini” (positive) (A), ed altri formati da altrettante abitudini decisamente negative consistenti, ad esempio, in “sistemi di addestramento” duri e coercitivi (B)  agli antipodi della corretta preparazione. Nel momento dell’accoppiamento i cromosomi trasportano i propri geni sia maschili che femminili ed ognuno vuol piazzare la propria dotazione, in questo contesto, vince il più forte, o il più veloce. Sarebbe interessante capire se si abbinano prima i geni “classici”, o quelli “aggiuntivi”. Per correre meno rischi, gli esperti suggeriscono di stare alla larga dagli iper che primeggiano, ma dei quali non si conosce la storia, quella vera che può darci indicazioni, non i certificati che sino a prova contraria, ci fanno leggere solo nomi. E’ saggio invece concentrarsi sui soggetti che da generazioni, mantengono tipicità e positività. Anche alcune caratteristiche desiderate, difficilmente si riproducono perché hanno una fisionomia di duplice formazione (es. la meccanica del movimento dipende dall’apparato scheletrico e muscolare, ma il comando arriva dal temperamento e questo (altra dote morale ) può intervenire iniettando tipicità oppure mediocrità. Un gene è portatore di un solo carattere.

Confrontando per esempio, una potenzialità positiva (A), con un gene “imposto” (B), prevarrà la prima, dato che rimane nel solco della “regolarità” rappresentata da procedure che assecondano il carattere e l’indole. Il tipo (B) è frutto di una anomalia non prevedibile nel percorso educativo. Una sorta di gesto contro natura.  I “macro” come la ferma, il riporto ed il consenso, si manifestano almeno nel 95% dei casi. Il cinque per cento restante, fa parte dei risultati “selettivi” di chi considera per esempio la ferma un opzional, il consenso qualcosa che è meglio non sia naturale, il riporto un passaggio totalmente inutile, la filata una perdita di tempo ed il collegamento addirittura un’assurdità! Eppure l’identità è rappresentata dai “macro”, ai quali si possono abbinare i meccanismi potenziali e/o occulti, che rimangono tali nel periodo iniziale dello sviluppo. Un mondo inesplorato. La preoccupazione consiste nell’ipotizzare una diminuzione del 95%.

Le potenzialità abbinate a predisposizioni, possono concorrere alla specializzazione. Ho avuto modo di verificare che nascono cani che ancora cuccioloni passano sempre o quasi, in tutte le uscite, dal prato al cespuglio, al boschetto. L’ipotesi è di portatori di un gene di natura ambientale fissato da avi che hanno sempre cacciato prevalentemente e/o esclusivamente nel bosco, ma se anche altri loro fratelli di cucciolata, tutti o anche solo una parte, hanno la medesima predisposizione, l’ipotesi è molto vicino alla realtà di un consolidamento di quei geni. L’istinto e l’intuito credo che non siano adeguatamente considerati e sono convinto che entrambi si esprimano differentemente a seconda della razza. Non è detto che siano sempre entrambi presenti e non è detto nemmeno che abbiano affinità. E’ certo comunque il loro apporto positivo.

Se siete appassionati di cani da caccia non dimenticatevi di dare un’occhiata al Gundog Research Project!




Antonio Tonali: un uomo di un altro mondo

di Ivan Torchio (1988), per gentile concessione dell’autore.

Antonio Tonali, classe 1895, cinofilo, cacciatore, soprattutto uomo di grande cultura, intelligenza, umanità e dotato di una modestia poco comune.

“Quando ero in collegio, era un po’ come essere prigioniero: chiudevano il portone ed a me veniva una grande tristezza, mi scoppiava il cuore. Pensavo al mio amico Pinu che aveva, anche lui, in mente i cani. Quelli erano tempi duri! Un ragazzo di dieci anni doveva già lavorare come un uomo e, tra di loro, quelli appassionati risparmiavano la mancia che, alla Festa, veniva loro consegnata per comperare le castagne o qualche altra piccola cosa (allora, non c’erano i Caffè e cercavano di mettere da parte soldi per comperare un cane. Non Io dicevamo nemmeno al toro papà (i tempi erano troppo duri per questi “lussi”) ma io, loro coetaneo, venivo messo al corrente questi segreti e li ammiravo. Me ne guardavo bene però dal dire queste cose, altrimenti mi, avrebbero portato… al manicomio. Vivevamo di sogni: ci bastava avere un “bastardino”, magari col pelo un po’ lungo, e fantasticavamo che avesse la discendenza dal setter… così avevamo sempre la testa per aria. Però mi sarebbe spiaciuto se mi avessero bocciato, per mia mamma, lei ci teneva che io studiassi.  Ricordo che un professore aveva capito che qualcosa in me non andava ed, un giorno, mi fece parlare, alla fine mi disse “tu sei uno di un altro mondo”. Allora avevo nove anni ed ho capito che le cose stavano davvero così… credo che questa affermazione sia tuttora valida.”

Seduti davanti al camino acceso, con una canina pointer bianco arancio ed un setter che ci osservano incuriositi, ascoltiamo Antonio Tonali che vestito, come sempre, da cacciatore, con vivacità giovanile, ci racconta di cani, di beccaccini e di persone. Il richiamo a… quell’altro mondo, palpabile e ciò che ne determina la percezione sono la serenità e la semplicità che il nostro personaggio e l’ambiente che lo circonda ci trasmettono. La grande passione per i cani, elevata a “ragione di vita” in contrapposizione alla violenza della Prima Guerra Mondiale vissuta drammaticamente in prima persona. Una vita semplice, forse un po’ primitiva, ma solo in apparenza, in realtà essenziale ma arricchita dalla semplicità e dalla genuinità nel rapporto con gli animali e con gli uomini, cui è sottesa una grande cultura ed una grande carica di umanità. Affascinati dall’uomo, ci ricordiamo dell’importanza di Tonali come testimone dei primi passi della nostra cinofilia e gli domandiamo di descriverci i cani di allora (la fine del secolo scorso – Fine 1800 n.d.r.).

“Anche allora, in ogni paese, non c’erano più di alcuni cacciatori bravi e questi avevano cani bravissimi. I cacciatori avevano fucili a bacchetta con la canna che sembrava un tubo di stufa sparavano polvere nera e, dopo il colpo, dovevano spostarsi sul lato per vedere cosa era successo al di là della cortina di fumo. lo ero ragazzo e diventavo matto a vedere il lavoro dì quel cani: bracchi e pointers.”

— Lei parla di pointers, ma c’erano già in Italia? “Che sappia io i primi pointer venivano da Monza, erano cuccioli che qualche guardiacaccia della tenuta reale vendeva e costavano 50 lire. Pensate che, qui a Villanterio, il migliore terreno agricolo costava 40 lire alla pertica. Io ammiravo molto questi cacciatori che spendevano un patrimonio per avere uno di questi cani ed ammiravo soprattutto quelli che facevano grandi sacrifici per mettere da parte i soldi.”

– Come facevano ad esserci i pointers a Monza? “Era una riserva di caccia di Umberto I e lui, sicuramente, li avrà avuti in regalo dall’Inghilterra.”

– E Lei quando ha avuto il primo cane? “Finché mio papà è stato in grado di andare a caccia i cani li aveva lui, io sono subentrato gradualmente; un giorno lui ha detto che non dovevamo contarlo più, come cacciatore; aveva 80 anni e disse che, in campagna poteva ancora andarci, col bastone, ma, a caccia, aveva finito. Allora, sapete, i vecchi non avevano egoismo, quando arrivavano a 80 anni (non erano molti però ad arrivarci), molto ragionevolmente, dicevano: la vita finisce, dovete continuare voi. Così comperai una cagnina “già fatta”, da un fittavolo vicino a Pavia, mio papà l’aveva vista e mi diede le 40 lire d’argento con cui la pagai. Andai a prenderla in bicicletta e lasciai al fittavolo il mucchietto dei 40 “cavourini” d’argento… in fondo un po’ mi piangeva il cuore nel vedere quel mucchietto lasciato sul tavolo. Era una cagnina tutta marrone che poi ho fatto coprire e mi ha dato un cucciolo col quale ho iniziato con le “sgnepe”; di beccaccini se ne trovavano dappertutto e così uno, due, tre, io cercavo di sparare bene e li facevo riportare (per farle capire) così ha cominciato a fermare.”

– Con le prove a beccaccini, quando ha cominciato? “Io leggevo sul “Cacciatore Italiano” delle prove a beccaccini, leggevo le polemiche tra Colombo, Griziotti ed altri… mi piaceva perché capivo che erano appassionati che s’intendevano di cani e , di beccaccini, che erano grandi cinofili. Ho cominciato per caso: un giorno cacciavo col mio cane ed signore, dopo avermi osservato a lungo (non riuscivo a capire cosa volesse) mi disse di andare nei “Paludi” dove provavano i cani e dove facevano anche le prove a beccaccini. Sono andato ed ho visto dei cani proprio belli, dei pointers molto tipici, però anch’io, con la mia cagnina, non ho fatto brutta figura ed allora, ho preso un po’ di coraggio. Ho cominciato con una cagnina che il mio amico Preti, il veterinario, aveva comperato a Copiano e poi affidata a me. Io non volevo andare alla prova perché… come potevo competere con tutti quei grandi cinofili che avevano dei pointers che mi facevano restare incantato? Però hanno insistito e sono andato. Il mio amico Preti non è venuto (forse aveva paura che facessi fiasco) ma ci ha dato la sua macchina ed ha detto al meccanico del paese che venisse a guidarla lasciandoci auto ed autista, tutto il giorno, a disposizione. Con me c’erano un mio amico, che era segugista, ed il papà di Antonio Ridella (Antonio era ancora un bambino). Lei (la cagna n.d.r.) è andata proprio bene, io invece mi ero impantanato e non riuscivo ad andare a servire la cagnina. I beccaccini erano avanti 10 – 15 metri e son volati e la cagnina… niente ed io che non riuscivo a muovermi e non capivo più nulla… era la mia prima prova quindi si può capire; se il fischietto non fosse stato legato con lo spago, forse l’avrei mandato giù… Giudicava Colombo e mi diceva di chiamare la cagnina ma io, pur nella mia confusione non la chiamavo, e poi mi sono anche spazientito e gli ho detto che non la chiamavo perché, altrimenti, avrei disturbato l’altro cane che era in coppia con la mia. Non era giusto disturbare quell’altro cane dal momento che la mia aveva fermato ed era stata corretta al frullo delle “sgnepe”. E così ho vinto e così è iniziata la malattia delle prove al beccaccino”

– Com’era organizzata la cinofilia a Pavia? “C’erano delle grandi personalità, Coppaloni e il mio amico Giannino Radice, Griziotti, Bovina ed altri, io sono sempre rimasto un po’ fuori, cosa dovevano farsene di uno come me che potevo solo… far ridere i polli. Poi mi hanno un po’ convinto, dicevano che bisognava darsi da fare per il bene della cinofilia perché la maggior parte dei cacciatori sosteneva i cani bastardi e, invece, si doveva dimostrare il contrario. Mi ricordo di tanti altri oltre a quelli che ho già detto: Nasturzio, l’armatore di Genova che importò i setters e li portò poi a Rocca de Giorgi e poi, di lì, cominciò l’era delle prove ed allora c’erano: Necchi che aveva rilevato l’allevamento di bracchi di Colombo, Rettani, il dott. Bionda, Biondet e poi Rino Colli che era il segretario della “Scuderia Lomellina.”

– Lei era molto amico di Antonio Ridella? “Antonio era di qui e l’avevo conosciuto da bambino, era lui che mi portava anche in giro e che mi ha fatto conoscere tanti cinofili. Ma io… andare in città… andare via dalla mia campagna, finiva che andavo in confusione e allora mi dicevo: hai visto, dovevi stare a casa, cosa vai a fare insieme a tutta questa gente importante?”

-Qual è il cane che ricorda di più? “Tutti. Però i cani sono come i cristiani: ci sono quelli fortunati e quelli che nascono sfortunati. Posso ricordare Cirano. Ha avuto dei grandi risultati sì, però, non è stato capito, solo Griziotti aveva capito che grande cane era. Io dicevo tante volte a Cirano: sei arrivato tardi, dovevi arrivare quando c’era ancora Colombo. Ma i cani non si possono dimenticare… nessuno. Bisognerebbe fare il monumento a certi grandi cani, non farlo a Napoleone o a quegli altri balordi che ammazzano la gente: chiamare lo scultore e far fare il monumento ai cani.”

– Ha conosciuto Pollacci? “Altroché, aveva i setters gordon, bravissimi. Ricordo North, era un bellissimo stallone, il migliore che c’era, ho – avuto un figlio di North, ma l’ho regalato.”

— Come mai, non andava bene? “Andava benissimo, era ancora un cucciolone ma un ragazzo che conoscevo, Gianni Bianchi, un giorno è venuto da me per dirmi che la sua cagna (era una cagnina che era stata anche qui da me) era rimasta uccisa. Mentre lui mi raccontava io pensavo: ma guarda un po, adesso è senza cane mentre io ne ho 5 o 6 buoni… la sera sono andato alla stazione dei treni (c’era il tram che andava a Pavia e lui doveva tornare con quello) col cucciolone al guinzaglio e gli ho detto: prendilo è tuo, ha pochi mesi ma lavora bene.”

Vai all’articolo precedente di Ivan Torchio qui.




76esimo Derby DKV Mainfranken di Mattia Felicetta

76esimo Derby DKV (Deutsch Kurzhaar Verein) Mainfranken 22-04-2017

di Mattia Felicetta

Di articoli di prove ne esistono migliaia, alcuni ci lasciano un’impronta, una lezione, un’idea di cos’è stato vissuto in quell’occasione, ma l’atmosfera può essere solo vissuta. L’ultima frase è un palese invito di vivere almeno una giornata come spettatore di queste prove (Derby, Solms, IKP o Kleemann per i DK), ed è indirizzato ad ogni persona interessata alla cinofilia delle razze tedesche. Se siete giunti su questo articolo è perché abbiamo un interesse comune, la passione che ogni giorno coltiviamo, con tanti sacrifici di tempo, migliorare non tanto per noi stessi, quanto per i nostri ausiliari e compagni di tutti i giorni. Mi sono presentato a delle prove di lavoro in Italia, da totale inesperto e con il massimo rispetto di quelli che sono stati i giudizi, ammetto di non avere una base di preparazione/esperienza per questi test. Un tasto toccato in più occasioni da altri concorrenti è un loro parere sulle prove tedesche, espresso a volte senza conoscere le specialità affrontate da un cane polivalente. Tra questi esistono due linee di pensiero diametralmente opposte: chi non le accetta minimamente e chi ne è incuriosito.Ora starete pensando “ma non dovevamo parlare del Derby?” Giustamente, siete qui per questo. Seguendo l’ordine cronologico si parte da giovedì mattina, partenza fissata alle 9:30 con mio padre Massimo ed il protagonista, Kurt (DK) fino ad ora completamente in secondo piano. Alle 18 circa siamo giunti a Gollhofen, più precisamente al Gasthaus Stern, tra Norimberga e Würzburg. Circa in contemporanea arriva Ingeborg Voelker-engler, cara amica e costante riferimento per gli italiani che si avvicinano al mondo delle prove tedesche. E’ lei il mio referente, ed è lei che spenderà il giorno seguente a farmi un corso intensivo sulla preparazione del cane.

Due giorni dopo, sabato 22 aprile 2017, inizia la prova: consegna del pedigree, controllo dei vaccini, rilascio del numero ad ogni concorrente, spiegazione delle varie fasi.
All’ingresso dell’albergo un veterinario incaricato aspetta ogni concorrente per la lettura del microchip ed un controllo sanitario, dovuto soprattutto per il monitoraggio di difetti quali displasie o assenza di denti. Tutto scritto sull’apposito modulo della prova. In totale 18 cani, divisi in quattro batterie, due da quattro cani e due da cinque cani, con tre giudici per ciascuna batteria di concorrenti. Il tutto organizzato in modo che Ingeborg, l’unica che conosceva l’italiano, potesse essere a giudizio della batteria, per aiutare con le traduzioni e le indicazioni sia a me sia a Marco. Ci dava anche tranquillità.

Cercherò di essere il più neutro possibile, limitandomi solo alla spiegazione delle varie fasi della prova, specificando il comportamento di Kurt nella giornata. In fondo era su di lui che era focalizzata la maggior parte della mia attenzione, se non tutta. Premetto che non sono un giudice di prove tedesche, non mi dichiaro addestratore di alcun tipo. Tutto ciò che leggerete da questo punto in poi sarà semplicemente l’interpretazione e la prima esperienza in queste prove di un ventenne che si affaccia a questo mondo. Alcune cose vi strapperanno una risata magari, ma in tutta la mia umiltà vi riporto quello che, forse in modo sbagliato, penso di aver capito.

Il primo passaggio consisteva nel piacere al lavoro, l’indifferenza al colpo e la cerca. Lo stile di razza di ogni ausiliare (DD, DK, Weimaraner eccetera) è recepito in modo completamente differente dalla mentalità italiana. Il portamento di  testa alto accomuna le due filosofie, ma  il metodo di lavoro lo reputo completamente opposto. Un cane deve segnalare i vari odori interessati all’attività venatoria, non pistando in modo continuo come un segugio, ma nemmeno cercare freneticamente ed in modo nervoso a distanze troppo ampie. La lepre, non a caso, non viene ignorata in Germani: se un cane, durante il suo turno, fa un incontro su questo selvatico viene valutato con un giudizio in più, se non incontra, nessun problema, non è richiesto. La  prima valutazione consiste quindi nel vedere come si comporta il cane nei confronti delle varie emanazioni recepite, controllando il cambio della battuta della coda, le pause per segnalare l’odore, il cambio di movimento. Ovviamente deve sempre rispettare le condizioni di cerca e, se capita l’opportunità anche di ferma.
L’indifferenza al colpo non è tanto banale come sembra, ad una distanza di 30 metri, con cane in fase di apertura (non rientro) viene sparato un colpo, in modo da valutare la reazione a questa fase, poi uno successivo. Non sono molto a conoscenza sul giudizio dato, non vorrei quindi andare in errore, sicuramente ad ogni reazione del cane viene riportato un giudizio sull’opportuna tabella.

Io sono il secondo della batteria, il campo di fronte a me era già stato battuto sul lato destro, quindi io ho lo sgancio dalla parte sinistra, distante circa 50 metri da me un boschetto sulla sinistra, largo forse una decina di metri e 200 in lunghezza. Il vento da sinistra.  Mi indicano di mettere il cane a terra. Comando il “Platz” a Kurt. Mi allontano quei pochi passi verso destra in modo che l’apertura sia verso destra, con gli occhi rivolti verso il cane perché non si muova. Arriva il cenno di far partire il cane. “Via”. Tutta l’agitazione passa in quel comando, ormai vada come vada, mi devo solo divertire. Fatti due lacets, mentre io continuo a muovermi e fischiare per farlo girare, parte il primo colpo, ancora un lacet ed ormai a sinistra verso il bosco, si butta dentro. “Ecco, chissà cos’ha sentito” le prime parole che ho pensato. Poco prima di parcheggiare erano partiti dei caprioli. Avrei dovuto aspettare di tornare alla macchina perché mio padre mi avvisasse che era partita  anche una lepre. Dopo essere andato avanti un centinaio di metri dentro al bosco richiamo il cane, lo sgancio di nuovo. Stesso inizio, tre lacets, ma stavolta epilogo diverso: gli parte una lepre a circa dieci metri. La vede,  parte senza dare voce, e inizia ad andare in seguita per diverse centinaia di metri, arrivando a cima del colle, sulla strada sterrata va a sinistra, esattamente dove era passata la lepre. Con l’anima in pace aspetto che il cane rientri. Mi volto verso i giudici cercando lo sguardo di Ingeborg per chiederle cosa fare e come fosse andato il cane, ottenendo come risposta che è solo una cosa in più, che avremmo discusso dopo, di richiamare il cane e continuare. Tempo un minuto ed il cane rientra, gli metto il guinzaglio, torno indietro qualche passo e stesso rito precedente per lo sgancio. Ripassa ancora sulla spur (traccia) della lepre che ha appena fatto, alla stessa folle velocità di prima ed ancora sulla stessa strada, pensavo ci fosse un viottolo ormai. A questo punto lo sgancio a destra, cercando di evitare che ripassi ancora su quella pista. Si muove abbastanza bene, anche se dopo quelle corse un po’ di fatica la sente. Parte quindi il secondo colpo per il giudizio di reazione. Ancora qualche lacets, adesso non troppo ordinati, e mi viene detto di fermare il cane.
Tirando le somme ha fatto secondo me un’ottima spur, ero davvero felice di come si era comportato.Senza entrare nello specifico, ho visto dei cani veramente ordinati in questa fase, con aperture ampie, messi molto bene sul percorso ed a una velocità moderata, ma soprattutto in mano ai conduttori.

Il secondo passaggio consiste nella valutazione della ferma. Ad ogni cane iscritto alla prova viene data la possibilità di dimostrare le proprie capacità su quello che è lo stile di ferma e l’utilizzo dell’olfatto. La risalita verso un’emanazione è la cosa più importante, qualsiasi sia il terreno sul quale si svolge questa fase. La ferma deve essere accertata dal cane, non deve fermare in bianco, per questo, da quel che ho inteso, un cane che stringe la cerca prima della ferma, anziché fermare di colpo, viene valutato con un buon punteggio. Bisogna quindi aspettare che arrivi il conduttore per servire il cane, in questo caso era consigliato di portare via il cane legato in modo che i concorrenti dopo potessero fermare. Nel nostro caso di trattava di un boschetto di tre filari con alcuni punti di erba alta.  Al mio turno, solito rito per l’inizio della prova, parte il cane tra le piante, a volte andando fuori, in fondo, saranno stati 30 metri in larghezza, avevo già immaginato una situazione simile, per cui, con tutta la calma chiamo il cane a rientrare. Ad un certo punto smette di cercare in modo ordinato, dopo la seconda volta che è uscito a sinistra del bosco. Parte in diagonale, da sinistra a qualche decina di metri in avanti a me, rallenta. Mi fermo per vedere cosa sta facendo. E’in ferma, una statua, davanti ad un mucchio di erba alta, dove sicuramente dentro ha  sentito la starna. Il giudice più in avanti alza la mano, per dare conferma che il cane è nel punto esatto. Mi avvicino e lego.

Dopo circa un’ora mi avvisano di prendere il cane, andiamo al campo a sinistra del boschetto, lievemente in salita verso sinistra. Mi indicano di salire circa 40 metri dalla strada  e sganciare il cane verso sinistra. Parte subito, forse un po’ troppo in avanti. Non passano neanche un paio di minuti che parte una lepre in mezzo al campo. Il cane non l’ha vista, trillo ed il cane si siede. Mi giro verso i giudici per chiedere come devo comportarmi, per tutta risposta mi hanno detto di lasciare il cane e vedere come di sarebbe comportato. Fatto ripartire fa un paio di lacets e finisce qualche decina di metri dall’inizio della spur, comunque sulla traccia. Inizia a pistare, facendo un centinaio di metri veramente bene, perdendo poi l’odore al passaggio sull’arato. Scendo verso la strada, mi indicano che adesso torniamo a filo bosco. Chiamo quindi il cane che scende dopo qualche attimo, ancora non è convinto  di rientrare.Arrivato quindi sulla stradina lascio andare il cane avanti a me, inizia a cercare facendo il suo lavoro. Ad un certo punto si lancia nel fossetto di scolo dell’acqua, io, sapendo di questo suo vizio di rinfrescarsi, lo richiamo di uscire. Ingeborg mi dice di lasciare fare il cane che non sta sbagliando, metto quindi via il fischietto. Continua per qualche minuto a cercare lì dentro, fino a quando parte una starna, utilizzata il turno prima. Il turno è finito ormai, lego quindi il cane.

Subito dopo il richiamo, mi danno indicazione che sarebbe iniziata l’ultima fase della prova:  l’attesa del conduttore. Questa parte consiste nel mettere i cani a terra, ad una distanza di qualche metro l’uno dall’altro, e fare allontanare i conduttori. I giudici in questo caso valutano l’equilibrio del cane ad aspettare dopo aver ricevuto un comando, per un tempo a discrezione dei giudici. L’erba è  abbastanza umida, l’unica accortezza che ho avuto è stata quella di mettere un telo di loden in modo che Kurt non si bagnasse per sedersi. Dato il “platz e fermo” al cane e mi sposto.  La mia prova è finita.

Mentre aspettiamo il rientro delle altre persone, pranziamo leggendo i risultati che uno alla volta vengono trascritti sul computer, collegate ad un proiettore.  Sui risultati va fatta una precisazione: le prove tedesche non sono agonistiche, pertanto tutti i cani possono ricevere un 1° Premio, dettato dai punteggi ottenuti nella prova. I cani della VJP ricevono invece un punteggio effettivo. Durante la trascrizione ero il 2° della lista su cui si compilava, “Kurt : I Preis 4h Vorstehen mit Andreasstern” ossia 1° premio, eccellente in ferma ed eccellente per la traccia su lepre. Finita la compilazione Ingeborg mi dice che con quel punteggio potrei anche aver vinto la prova, sempre che qualche concorrente delle batterie rimanenti non avesse fatto due 4h. Fritzi, una volta ottenuti tutti i risultati della prova, fa  un discorso, dicendo che di 18 cani era un ottimo risultato avere tredici primi premi, un secondo ed un terzo premio, oltre che in VJP tre punteggi con 72, 68 e 64. Chiama poi uno per uno e ormai aveva chiamato la penultima ho capito che mancavo solo io, avevo appena vinto il Derby. O meglio, Kurt aveva appena vinto il Derby! Emozionato e con gli occhi lucidi sono andato a ritirare il premio!

Non resta quindi che concludere, ringraziare gli organizzatori impeccabili, Ingeborg che ogni volta ci accoglie con infinita pazienza e gioia di vederci, Marco e Michela che ci hanno tenuto compagnia e fornito le fotografie che vedete nell’articolo, io sono quello qui al centro!.Un grandissimo ringraziamento va nei confronti di Ivan e Rebo, in fondo mi hanno aiutato loro in tutta la preparazione, e molte, se non tutte, le cose che ho imparato in questi ultimi 4 anni le devo a loro. Ovviamente non posso non ringraziare mia madre e mio padre, che mi aiutano sempre.




Le prove di lavoro e… la donna mezza nuda

Quando scrivo che alle prove italiane, e in Italia in generale, può succedere di tutto e che si tratta di un mondo a parte, lo dico sul serio! Ieri, per esempio, sono arrivata tardissimo al punto di ritrovo perché la Provincia ha deciso di chiudere un ponte. Per carità, scelta saggia dal momento che rischia di crollare ma… Se solo solo avessero indicato meglio i percorsi alternative la gente avrebbe evitato di vagare per un’ora nella nebbia!

La scorsa estate, un cane (il mio cane) mi ha trascinato un canale di scolo di una cascina, pieno di liquame. Per ripulirmi è stata necessaria la canna dell’acqua che uno dei dresseur aveva collegato al furgone: pur essendo stata pensata per i cani, si è offerto di usarla su di me. Poi ho preso un sacco nero della spazzatura e ho coperto il sedile dell’auto, ho mantenuto la calma e sono andata avanti. Gli omini presenti si sono divertiti ma, quanto è successo lo scorso venerdì ad una prova a beccaccini, sicuramente li ha divertiti ancora di più!

Finita la batteria degli inglesi, alcuni di noi si sono fermati a vedere cosa stessero combinando i pochi continentali iscritti. Abbiamo parcheggiato vicino ad una casa e ci siamo dedicati ad osservare un bretoncino che batteva i risi a tutta velocità. Non è durato a lungo: ad un certo punto la voce di una donna dietro di noi ha chiamato “Fabio” e tutte le teste si sono girate nella stessa direzione. C’era una donna alla finestra, beh non solo una semplice donna, diciamo che era mezza nuda: indossava della lingerie nera. A prima vista mi ricordava un incrocio tra Sofia Loren in Ieri, Oggi e Domani (gogglatela, non metto donne seminude qui), aveva gli stessi capelli e la stessa biancheria intima, e Anita Ekberg che chiamava Marcello (Mastroianni che, guarda un po’, è riuscito ad essere protagonista di entrambi i film!) dalla Fontana di Trevi in La Dolce Vita.

Marcello, come here!
Marcello, come here!

Tutti gli uomini sono andati subito in ferma e, essendo una fredda e nebbiosa mattina, qualcuno se ne è uscito con un “Oh!Poverina! Ma non avrà freddo?”

Scomparsa la donna, sono spariti anche gli ormoni e sono spuntate le “scuse”. Ridevo come una matta: sono abituata al fatto che si dimentichino di me ma… il mio lato pestifero ha avuto la meglio ed è riuscito a saltare fuori. Ho così chiesto “Ma c’è qualche Fabio tra di voi?” Mi ha risposto un coro di no e poi tutti gli sguardi rivolti di nuovo verso il breton.

La donzella, tuttavia, era estremamente determinata a ritrovare il suo Fabio quindi si è riaffacciata di nuovo alla finestra urlando il suo nome. In quell’istante, tutti hanno, per la seconda volta, dimenticato il breton. Tornati al ritrovo, gli altri giudici e concorrenti ci hanno chiesto se avessimo visto qualcosa di bello. Sebbene la domanda fosse chiaramente riferita ai cani, i presenti al “richiamo” hanno subito raccontato di aver visto una donna seminuda, nonché fornito l’indirizzo preciso e una dettagliata descrizione del soggetto. Scommetto che d’ora in poi tutti – specialmente gli uomini di nome Fabio – accetteranno di buon grado di correre su quei terreni e sono sicura che nessuno si lamenterà dell’assenza di beccaccini attorno alla casa.

Ps. Il ricercatissimo Fabio non si è fatto vedere, né ha mai risposto al richiamo e ho così elaborato una mia teoria segreta. Secondo me Fabio è un animale domestico, credo un gatto ma… non fatelo sapere in giro!




Prova UNCAA – Accademia S. Uberto

In giugno ero stata invitata alla prova estiva organizzata dall’UNCAA  (Unione Nazionale Cacciatori Appennini e Alpi)- Accademia S. Uberto, ma la prova è poi stata annullata e rimandata a settembre. Sono cambiati anche i terreni e i selvatici: la località questa volta era l’Azienda Agrituristica Venatoria Ruino, in Alto Oltrepo’ Pavese e i selvatici previsti non più quaglie bensì starne.  Conosco molto bene la riserva di Ruino, ci ho cacciato regolarmente per anni e so che offre terreni adatti alla cinofilia, anche alle razze inglesi.  Nella e-mail di invito venivano specificati pochi dettagli sulla prova che, sebbene pensata per i soci dell’UNCAA e dell’Accademia, era aperta a tutti. Non sapendo come si sarebbero svolte le cose  ho diffuso l’invito in maniera “sobria”, l’anno prossimo lo diffonderò meglio!

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Dopo aver partecipato sono in grado di fornirvi maggiori dettagli. La prova era aperta a tutte le razze da ferma ma la maggior parte degli iscritti erano cani da ferma continentali, capirete presto il motivo. Nella prova era richiesto ai cani di fare quello che normalmente si fa in una prova ENCI/FCI  ma, a differenza delle normali prove ENCI, non era “prevista” una formale eliminazione. Se il cane commetteva un errore da eliminazione questo veniva “annotato” ma in molti casi, specie con cani giovani, a discrezione del giudice, al cane veniva concessa la possibilità di continuare il lavoro per poterne visionare le qualità naturali. L’obiettivo non era infatti “eliminare” o “premiare”, bensì valutare le qualità naturali del cani e redigere un giudizio. Sono stati usati dei punteggi, su modello delle prove tedesche – da qui l’abbondante presenza di continentali tedeschi (alcuni di loro con alle spalle risultati in VJP, HZP. VGP,  Derby tedesco e Solms). Come potete notare dalla scheda, ampio spazio è stato riservato alla valutazione delle qualità naturali.

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Erano previsti circa 10-15 cani ma, inaspettatamente, si sono raggiunti 25 soggetti, di tutte le età (molti i cani giovani di circa un anno) e livelli di preparazione.  Stando al giudice Ivan Torchio (allievo diretto di Giacomo Griziotti), anche i migliori soggetti – continentali e inglesi- devono migliorare il percorso: sebbene si trattasse di una “selvaggina naturale” e non di una prova “a quaglie”, avrebbe voluto lacets più regolari per una più attenta e raffinata esplorazione del terreno. Ci sono stati soggetti molto ben preparati (attesa del conduttore in ferma, guidata a comando, fermo al frullo, obbedienza…) e altri più anarchici, vuoi per età o vuoi per inesperienza dei conduttori, che erano semplici cacciatori e non cinofili garisti.  Diversi “umani” hanno commesso errori come voler guidare e alzare  il selvatico al posto del cane, qualcuno ha  chiesto di lasciare corde e collari “per sicurezza”: il permesso è stato accordato – pur tenendone conto nel giudizio finale. Si è tenuto conto anche della conduzione, più o meno “rumorosa”e più o meno professionale.

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Chi voleva poteva legare il cane per fermarlo al frullo e un paio di cuccioli hanno chiesto di “partecipare”, ovvero di incontrare una quaglia trattenuti da una corda.  La drahthaarina si è talmente stupita all’involo da rimanere ferma al frullo, senza che nessuno glielo avesse mai insegnato.  I terreni erano i tipici terreni dell’Alto Appennino: medica, arato, qualche arbusto e molto caldo! Le condizioni climatiche erano ben lontane dall’ideale: vento debole che continuava a cambiare direzione e caldo, molto caldo hanno messo in difficoltà anche soggetti esperti. Si è cercato di mettere ogni cane in condizione di incontrare ma qualcuno non è riuscito a trovare il selvatico o è stato tratto in inganno e ha sfrullato. La prova verrà riorganizzata la prossima estate: è un modo efficace e semplice per tenere d’occhio i soggetti migliori e per avvicinare cacciatori e proprietari di “pet” alla cinofilia venatoria.

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Briony ha fatto bene, due ferme, due guidate corrette e due fermi al frullo perfetti. Il percorso è da raffinare, così come l’ubbidienza: ha sempre ubbidito prontamente ai comandi ma per un “terra” sono stati necessari due fischi e non solo uno!

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***Opinioni dei partecipanti:

  • Sara Orlandi (Kurzhaar): Questa per me è stata la seconda prova con il gruppo cinofilo S.Uberto, la prima su traccia artificiale nella meravigliosa località di Cecima ed appunto questa estiva per cani da piuma nel favolosa riserva di Ruino. È stata una grande emozione vedere il mio cane lavorare con determinazione e ricevere un positivissimo giudizio dal grande maestro Ivan Torchio. Per concludere la piacevolissima giornata ci siamo riuniti tutti in un ottimo pranzo a base di selvaggina da tutti molto gradito parlando dei nostri amati cani, di caccia e cinofilia a 360º Non mancherò al prossimo evento!
  • Daniele Malacalza (Spinone Italiano):  Bellissimo ambiente amichevole e goliardico, Ivan competente al livello della sua fama. Forse di più. Criteri di valutazione molto diversi dalle solite prove.