Giacomo Griziotti: Vent’anni con l’Avvocato

di Ivan Torchio (1988), per gentile concessione dell’autore.

Quasi tutte le vicende fin qui riportate ripetono un nome: Giacomo Griziotti (1894-1986).  Non fu allevatore in senso stretto, non fu professionista ma un protagonista (quasi suo malgrado); dotato di grande intelligenza e di profonda cultura, fu uno dei più apprezzati conoscitori del cane da caccia ed esercitò sempre un grande “carisma” per la profondità tecnica delle sue osservazioni.

La sua presenza nella cinofilia italiana ha lasciato tracce indelebili, tali da far affermare, senza alcun dubbio, che l’Avvocato fu uno dei più significativi “ambasciatori della pavesità”. La nebbia, intensissima e gocciolante, era di quelle classiche della nostra pianura quando, al mese di novembre, si alternano giornate di splendido sole ed altre di scarsissima visibilità. Nella piazza, che sembrava inghiottita nel nulla, lì, di fronte a me pochi metri, un possente bracco italiano stava frugando in mezzo a delle immondizie. Mi fermai ad osservarlo mentre una voce maschile invitava il cane ad essere più ubbidiente. Chiesi che età avesse il bracco italiano. Quel signore, che io non conoscevo, sorpreso dal fatto che conoscessi la razza, incominciò con le solite domande che si rivolgono ai ragazzini mentre, insieme, percorrevamo un tratto di piazza. Ci lasciammo con l’impegno di rivederci il giorno seguente per andare fuori coi cani.

Così cominciarono i miei venti anni con l’Avvocato. Nel dressaggio era autodidatta sebbene seguisse la filosofia di Ernest Bellecroix del quale possedeva un libro, in lingua originale, che ebbi anche in lettura, naturalmente. Data l’intelligenza seppe utilizzare il metodo senza trasposizioni acritiche, tanto è vero che ogni soggetto in preparazione veniva osservato pazientemente studiato attentamente, in quanto l’obiettivo era sempre il capire come poter esprimere, al massimo, le caratteristiche individuali sollecitandone la psiche. Non utilizzava mai metodi di dura coercizione ed era proverbiale il suo modo di lavorare…  armato di nodosi randelli, (che chiamava “teneri virgulti”) e che mai tuttavia si incontrarono con groppa di cane; l’Avvocato li utilizzava infatti solo a scopo di minaccia. Da tutti considerato braccofilo, in realtà amava qualsiasi razza ed ebbe sempre in grande considerazione i cani inglesi. I bracchi erano per lui una sorta di legame con la nostra terra e, come tali, dovevano quindi essere curati e seguiti con particolare impegno soprattutto in periodi di crisi profonda, quale fu quello in cui imperversò, da noi, il furore anglofilo.

Sui campi portò tutte le razze, dagli irlandesi (ultimo Deli dell’Architetto Balbis), al drahthaar (Zara del dott. Marchetti per esempio). Correva per imporre i suoi cani, ma quando ciò non avveniva soleva dirmi: “quando gli affari vanno male, il fisico non deve subirne le conseguenze” e così cercavamo oblio in tavole ben imbandite. Cacciavamo molto con i cani ma, quasi esclusivamente, i beccaccini che non sparavamo se non dopo lavori perfetti. Grande cacciatore cinofilo ma anche grande appassionato di caccia sul fiume con barchino e spingarda, caccia che abbandonò quando le normative vietarono l’uso di quest’ultima. Aveva il dono di impegnarsi anche nelle cose in cui non credeva, come ad esempio nell’attività militare, che pur non riuscendo a capire né, tantomeno, a condividere sia nel primo sia nel secondo conflitto mondiale, affrontò con spirito determinato raggiungendo il grado di generale. Modestissimo, era solito chiedere parere in tutto, anche a me che pur ero, nei primi anni della nostra conoscenza, un ragazzino con i pantaloni corti.

La sua cinofilia era il dressaggio,  altre cose come gli aspetti associativi ecc. non lo interessavano in modo particolare, in questo dimostrando, ancora, modestia.  Era giudice, e alle doti, innate, di equilibrio e di obiettività, univa grande capacità di capire i cani ed una grande esperienza, tuttavia svolse questa attività solo raramente, quando il rifiuto sarebbe stato… sconveniente.

Incominciai col seguirlo anche in giro per l’Italia, sui campi di prove, e finimmo con l’invertire i ruoli: lui a raccontarmi aneddoti e fatti di cinofilia, di vita e di guerra, ed io che, alla guida del suo automezzo lo accompagnavo.  Il tempo passava veloce e sempre più spesso notavo il distacco dal mondo della cinofilia, così come è concepito attualmente… non aggiungo altro perché, credo, i motivi siano facilmente comprensibili per chi ha letto il suo libro sull’addestramento. Griziotti è stato un grande, anche più di quanto si possa immaginare e solo chi, come me lo ha seguito, può capire come la sua grandezza andava al di là dei risultati nella passione comune.

Ancora oggi, quando penso a Griziotti, penso a un modello, magari fuori tempo ma da imitare.

Un articolo di Giacomo Griziotti è presente qui.

Leggi il prossimo articolo di Ivan Torchio qui.




Il mio saluto al Maestro Mario Quadri

Ed eccoci arrivati. Eccomi qui a scrivere dunque quelle poche righe con cui ci si trova costretti a combattere per salutare un amico, un maestro, anzi il Maestro. Non ti nascondo che il pensiero della tua scomparsa mi aveva colto già in passato, del resto Tu eri il decano di tutti noi. Ma nonostante ciò Ti debbo confessare, caro Maestro, che sono in seria difficoltà ora che queste famose righe le devo scrivere per davvero. Non è facile scrivere con la tristezza che mi pervade l’animo, anche se sono certo che Tu non avresti condiviso questo mio sentimento. Del resto la serenità che derivava dalla tua grande fede Ti ha sempre sorretto nei momenti tristi che anche Tu hai incontrato lungo il cammino della tua lunga e avvincente vita. E allora bando alla tristezza e diamo spazio alla serenità che può solo derivare dalla preziosa opportunità di averTi conosciuto.

Dopo alcuni incontri pubblici, senza mai aver avuto l’onore di un confronto diretto, ricordo che per me arrivò l’occasione di collaborare con la rivista Sentieri di Caccia, accadde così che diventammo colleghi di rivista. I tuoi preziosi articoli si affiancavano allora alle mie umili considerazioni sul tema segugistico. La collaborazione procedeva ormai da qualche mese, finché un mattino di una Domenica di primavera ricevetti una telefonata proveniente da un numero a me sconosciuto. Il mio interlocutore aveva una voce gentile e garbata, che dopo pochi istanti collegai alla tua persona. “Sono Mario, Mario Quadri, sarei curioso di sapere cosa proporrai ai lettori per il prossimo numero di Sentieri”. Questo gesto, non Ti nascondo, che mi provocò una grande emozione, oltre a segnare l’inizio di un rapporto speciale, non solo di lavoro ma anche di amicizia.

Le telefonate diventavano via via più frequenti, e la Tua massima intenzione era sempre quella di spronarmi a continuare nel mio operato. Tutti gli anni eri il primo a chiamarmi in occasione delle festività natalizie. Solo in un’occasione non avevi risposto con tempismo al mio classico bigliettino di auguri, ed io avevo immaginato che si fosse trattata di una semplice dimenticanza. Alle sei di mattino di uno dei primi giorni del Gennaio successivo, mentre io ancora dormivo beatamente, mi lasciasti un messaggio in segreteria. Avevi accidentalmente smarrito il mio numero di telefono e non eri riuscito a recuperarlo in tempo per gli auguri. Tu eri sinceramente mortificato per l’accaduto a me invece quel gesto aveva aiutato a comprendere la tua persona, umile, sincera e buona, profondamente buona.

Nel  dicembre dell’anno 2011 la triste notizia della scomparsa di Piero Rigoni, tuo fraterno amico, Ti colpì profondamente. Ad ogni costo avevi voluto prendere parte alla funzioni religiosa per porgergli il tuo ultimo saluto. Nonostante l’età avevi organizzato un viaggio fatto a staffette, perché Tu volevi esserci, ma non volevi essere troppo di peso agli amici. Quel giorno per la prima volta ci ritrovammo di persona. Al mio arrivo mi annunciasti al comune amico Mario Villa: “Ecco il pizzetto, quello è il mio amico Emanuele”. “Ricordati ragazzo che ogni scrittore ha il suo tratto distintivo, tu hai il pizzetto, promettimi di non tagliartelo”. E quella fu la prima promessa che Ti feci e a cui, come vedi, tengo fede ancora oggi.

Ebbi poi modo di frequentare qualche volta nei mesi a seguire casa tua, una sorta di piccolo museo del segugismo. Ricordo che tra gli altri conservavi ancora i ricordi dei primi incontri internazionali che avevano fatto nascere la Coppa Europa, che nei tuoi intenti, prima ancora che una competizione, avrebbe voluto essere un confronto costruttivo per una crescita colletiva del movimento segugistico europeo. Per la crescita del movimento segugistico italiano Tu hai fatto molto e molto di più avresti voluto ancora fare. Mi ripetevi spesso che con l’apporto di tutti si era arrivati ad avere segugi di buon livello, ora bisognava lavorare per formare un segugista, responsabile, consapevole e dotato della giusta etica.

Dai tuoi scritti emergeva una passione viscerale per il segugio, e con un linguaggio alla portata di tutti sapevi coinvolgere con maestria il lettore. Le tematiche trattate svariavano così dall’estetica applicata alla caccia col segugio alle più piccole regole di comportamento e di addestramento del giovane allievo. Ricordo il tuo consiglio di lasciare sull’auto un cartello “Segugi” alla sciolta, per avvisare della presenza di segugisti in zona, ed evitare che due battute si danneggiassero a vicenda. Oppure la descrizione della “corata”, termine che avevi mutuato dalla cultura segugistica francese, e pratica che consigliavi per rendere i segugi più interessati all’unico animale su cui si intende specializzarli.

Per te la lepre era del segugio, e doveva essere tratta con massimo del rispetto. Il segugio era uno dei tuoi più grandi motivi di gioia, lo si intuiva dalla delicatezza con cui sfioravi il suo mantello. La tua competenza in ambito morfologico avrebbe fatto comprendere ad un cieco la costruzione del segugio e la tua dialettica, la gestualità e la verve con cui illustravi la caccia con il segugio avrebbero invogliato chiunque ad assistere alla sciolta di un segugio.

La tua grande umiltà ti imponeva di dedicare due minuti ad ogni appassionato, anzi il tuo pensiero era sempre maggiormente rivolto ai meno coinvolti dal settore. La tua insomma era una scelta inclusiva e non esclusiva. Non mentivi mai, ad esempio quando fuori dai contesti del ring, Ti veniva chiesto un giudizio su un soggetto. Ma trovavi sempre l’espressione felice per fare in modo che il tuo interlocutore tornasse a casa consapevole delle aree di miglioramento su cui orientare la sua selezione e oltremodo deciso ad intraprendere il cammino da te indicato. Questo perché Tu sapevi dare entusiasmo e mettevi entusiasmo in ogni tua attività.

Un giorno mi raccontasti di quando in un tempo molto lontano anche tu eri stato ragazzo e fatta la scoperta dei segugi Ti eri subito attivato con i migliori segugisti dell’epoca, perché Tu del segugio volevi sapere tutto. In un’epoca buia per la caccia con il segugio, la tua determinazione ha concesso a questo ausiliare di trovare piena legittimazione. La società specializzata è nata così grazie al tuo apporto fondamentale e a quello di alcuni pionieri che hanno creduto nelle tue capacità, adoperandosi per lo scopo, in una realtà storica in cui le comunicazioni di ogni genere viaggiavano lentissime e lo scambio di informazioni era assai più complicato di oggi.

Io credo che tu abbia saputo lasciare almeno una parte del Tuo immenso sapere a tutti gli appassionati del popolo segugistico che hanno avuto la pazienza di ascoltarTi, questa è la più preziosa delle Tue eredità. Per quanto mi riguarda, oggi che ci hai lasciati, caro Maestro, non posso far altro che prometterti di portare avanti umilmente tutte le tue proposte e i tuoi valori, cinofili e morali che hai saputo donarmi. In quanto all’ultima promessa che mi strappasti nel nostro ultimo incontro, e di cui come sai ho sempre voluto tacere, ti giuro solennemente di lavorare allo scopo, con la determinazione e l’entusiasmo proprio dei migliori segugisti, proprio come lo eri e lo sarai sempre Tu.

Ciao Mario!




Forum del Bracco Italiano: Raduno Decennale

In data 12 e 13 dicembre 2015 si è svolto il Raduno Annuale del Forum del Bracco Italiano (www.ilbraccoitaliano.net) con una particolarità questa volta: il raduno compiva 10 anni, tanto era passato dal primo incontro tra amici avvenuto nel 2005. Ad accogliermi facce nuove e facce vecchie, tutte accomunate dalla stessa passione per la caccia, per la cinofilia e per lo stare in compagnia.  Le targhe nel parcheggio testimoniavano arrivi da molto lontano, c’era chi veniva dal centro-sud e chi arrivava persino dall’estero. Anche alla casa di caccia le diversità si mantenevano: tanti accenti e tante razze canine accompagnavano i partecipanti.  Nonostante il forum sia nato per promuovere il bracco italiano, infatti, ha subito accolto appassionati di ogni razza diventando uno dei più affollati (se non il più affollato!) punto d’incontro per i cinofili della rete.  Io mi sono presentata con una setter inglese ma c’erano anche pointer, setter gordon, kurzhaar, drahthaar, spinoni, springer spaniel e weimaraner, il premio rarità credo sia andato a Kobe di Angelo Pirali esponente di una razza assai poco diffusa, il weimaraner a pelo lungo.

Foto di Gruppo
Foto di Gruppo

 

Il raduno si è aperto il sabato pomeriggio con una cacciata interamente sponsorizzata dalla ditta Franchi svoltasi presso l’AATV  Bruera  di Vaprio d’Agogna (NO), cacciata che ha visto impegnati 20 cacciatori divisi in quattro batterie.  La manifestazione è proseguita nella giornata di domenica (sempre grazie allo sponsor Franchi) con due turni di caccia che hanno così permesso ad altre 60 persone di cacciare, suddivise in otto batterie. Ho scelto di seguire la batteria nella quale i bracchi italiani erano più rappresentati e mi sono trovata al cospetto di un bracco molto famoso, il Ch.It. L. Caravaggio.  Ad assisterlo nel lavoro altri validi bracchi italiani, Arno un bretoncino tanto piccolo quanto determinato e Muttley un incrocio drahthaar- spinone che, nonostante le umili origini, ha messo in chiaro di essere un signor cacciatore.  Belli i terreni a disposizione: aperti a sufficienza per poter apprezzare il lavoro dei cani, ma provvisti di boschetti e sporchi nei quali la selvaggina (fagiani e starne) può trovare riparo.  I cacciatori? Buona l’intesa e la coordinazione tra loro anche se non sono mancate padelle clamorose, due delle quali hanno insignito Amedeo Spadacci della Super Padella D’Oro, Edizione Speciale per il Decennale.

Ch.it. B Briony del Cavaldrossa & Multi Ch. Caravaggio
Ch.it. B Briony del Cavaldrossa & Multi Ch. Caravaggio

A metà pranzo foto di rito, consegna dei doni offerti da sponsor minori e dei premi speciali. Il beeper offerto dalla ditta Trophy Hunt (Enrico Resta) è andato a sorteggio a ReJoy (Pietro Maioli); mentre gli occhiali  da sole Harry & Sons sono stati vinti da Maura Martegani. I quattro pelouche Trudi, offerti dall’Allevamento di Weimaraner Semper Adamas, sono andati a: Ettore e Giacomo – giovanissimi partecipanti al raduno – un bracco italiano e un weimaraner;  Andrea Silvagni (Er Monnezza)- weimaraner  e alla sottoscritta – bracco italiani. Gli abbonamenti offerti dalla CAFF sono stati assegnati a Romualdo Cipriano (Beccacce che Passione) e al gordonista storico Sergio Gnemmi (Sentieri di Caccia).  E la padella d’oro? Il trofeo annuale è stato vinto da Giulio Rigamonti mentre la super padella per il decennale (offerta dall’artista Gianni Marcucci – Ceramiche Marcucci Deruta) è andata ad Amedeo Spadacci, realizzatore di una coppiola di formidabili padelle su fagiani.  Una targa speciale per il lavoro svolto in questi anni è stata infine assegnata a Massimiliano Di Lorenzo, creatore del forum che, insieme alla compagna Flavia, è stato essenziale per la buona riuscita della manifestazione.

Le Padelle d'Oro
Le Padelle d’Oro