Esiste il gene della paura del fucile?

Ne ho già parlato in diverse occasioni (come per esempio nello speciale Il Mio Cucciolo) e, di solito mi innervosisco a ripetere sempre le stesse cose ma, poco fa, ho aperto un thread su un forum di cinofilia venatoria e mi sono accorta che, nonostante gli anni passino, nulla è cambiato. Stavo rispondendo rapidamente a quel thread quando la finestra del browser si è chiusa, ripartiamo da qui.

Tutti corrono a comprare, accoppiare e accumulare cani ma nessuno fa il minimo sforzo per informarsi, in questo caso poi, se non si vuole leggere, a volte basterebbe ragionare. Cito infatti il francese Patrick Pageat (L’homme et le chien – L’uomo e il cane, nell’edizione in italiano), veterinario nonché noto studioso di comportamento canino: “Come può esistere la paura del colpo di fucile quando, nel periodo in cui ebbe origine il cane, il fucile non esisteva? Può, Madre Natura essere stata così previdente?”

Direi di no, eppure alcuni cani hanno paura dello sparo, perché? Non sono “tarati”, detesto questo termine e darei del tarato a chi lo utilizza, la spiegazione è più raffinata, nonché meno semplice. Sappiamo che esistono individui (anche all’interno della specie umana), più sensibili di altri. Questo ci porta a pensare che esistano cani più sensibili a determinati stimoli, ad esempio il rumore, rispetto ad altri. Questa maggiore sensibilità può avere basi genetiche? Possibile, anzi probabile, oserei dire. Di fatto, ho riscontrato un maggior numero di soggetti con “paura dello sparo” in alcune razze rispetto ad altre e, sempre in queste razze, i cani erano più difficili da recuperare rispetto ad altri, il tutto sempre da intendersi come generica generalizzazione. In linea di massima, i “sensibili” erano soggetti molto reattivi, definibili, con un termine, forse inappropriato, “nevrili”. Un certo tipo di selezione porta a privilegiare velocità, reattività, nervi a fiori di pelle e quindi anche “sensibilità”: se paragoniamo il comportamento di un mastino napoletano a quello di un setter… non sono proprio la stessa cosa!

Prima di parlare di paura, tuttavia, dovremmo parlare di sensibilità: ci sono soggetti più sensibili a stimoli sonori? Sì, ma essere sensibili a qualcosa non significa averne il terrore, quello si sviluppa sulla sensibilità, a seguito di fattori esterni. Oltre ad essere sensibili, cos’altro avevano in comune i cani che avevano sviluppato paura dello sparo? Altri elementi avevano giocato a loro sfavore? Sì: in primis una socializzazione sommaria. Non è questa la sede per definire ed illustrare il concetto di socializzazione, lo farò forse in futuro e nel frattempo vi invito a googlare, il punto è che i cuccioli vanno socializzati e, tanto, ma il cacciatore/allevatore lo fa un po’ a macchia di leopardo. Il cane da caccia “medio”, nasce e cresce in canile, in campagna, lontano da particolari problemi e da particolari stimoli. L’ambiente che lo circonda, in genere, è piuttosto silenzioso e ciò non lo prepara a sufficienza alla futura attività venatoria.

Errore numero due, il cucciolo, oltre a non essere socializzato a sufficienza nei primissimi mesi di vita, viene lasciato maturare in box nella convinzione che, lavorandolo prima, si “rovini”. Moltissime persone non fanno fare niente al cane fino a 7-8 mesi, o più. Raggiunta quella età caricano il cane in macchina (magari non ci è mai andato prima, se non per recarsi una volta dal veterinario) e lo “testano” con qualche quaglia sullo sparo o, peggio, lo portano direttamente a caccia, magari il giorno dell’apertura, o durante un’allegra zingarata in riserva.

E qui possono succedere due cose: a) il cane ha nervi d’acciaio (e il proprietario è molto fortunato) e tutto fila liscio, nonostante esistano tutte le premesse per il disastro o b) il cane si spaventa, succede il disastro e ci si trova per le mani un soggetto con “la paura dello sparo”. I modi e i metodi di custodia del cane che ho descritto sopra, non sono inventati, purtroppo, anzi e ho conoscenti che sono recidivi e che ad ogni nuovo cucciolo, si ritrovano con un cane timoroso dello sparo: è davvero solo sfortuna? Possibile che ad alcuni non capitino mai cani con paura dello sparo e altri cacciatori solo cani “tarati”? (Le eccezioni in eventuale loro possesso sono, in questo caso, cani acquistati già adulti).

Vi riporto un altro esempio tratto da una storia vera. Il signor Rossi acquista cucciola di alta genealogia eccetera eccetera e la fa crescere in canile/giardino. Dopodiché, le presenta il solito selvatico e la solita fucilata: disastro. Negli anni successivi la canina viene più o meno recuperata (con metodi piuttosto empirici…) ma, visto il problema, l’allevatore offre una seconda cucciola, sorella della prima. La cagnolina, questa volta, viene socializzata molto bene e stimolata correttamente durante la crescita: non presenta alcun timore dello sparo e a caccia è ben più spavalda della sorella con cui condivide gli stessi geni.

Chi avesse obiezioni può continuare a leggere qui.

PS. Non dimenticatevi di dare un’occhiata al Gundog Research Project!




Metti giù quel cane!

I cani non smettono mai di stupirmi e gli umani… di deludermi!

Questa settimana, ho viaggiato in treno fin troppe volte. Dopo settimane passate in eremitaggio sui libri, sono stata rispedita nel mondo reale, una realtà molto affollata. Quando penso ai cani, che vivono in un mondo di umani  – fatto PER umani – mi vengono in mente i viaggi di Gulliver. A Lilliput si sente fuori posto, e altrettanto accade a Brobdingnag (la terra dei giganti): questi mondi non sono adatti a persone della sua taglia. La situazione non cambia nella terra degli Houyhnhnms, un posto dominato dai cavalli che regnano sugli umani. Qui Gulliver prova ad adattarsi e a vivere secondo le regole degli Houyhnhnms. Non finisce bene ma queste avventure mi anno pensare a come i cani percepiscano il mondo umano in cui sono costretti a vivere. Non per essere di parte, ma queste creature sono straordinarie: sono generalmente più piccoli di noi (quindi per loro tutto è più grande!); non possono parlare; non sanno leggere; riescono a comprendere il nostro linguaggio solo in parte; sono spesso SOLI tra gli umani e… nonostante tutto questo se la cavano egregiamente!

Ieri stavo chiudendo un pezzo sulla cognizione canina, è emerso che i cani sono formidabili nel comprendere i segnali sociali umani. Nessun’altra specie, esclusi gli umani che leggono altri umani, è cosi brava, nemmeno le scimmie, nostre parenti prossime. Non sto farneticando, se siete scettici vi posso assicurare che tutto è stato confermato dalla scienza, se siete interessati potete leggere di più in  Gli manca solo la parola.

Noi umani ce la caveremo altrettanto bene in un mondo di cani, fatto a misura di cane? Non penso,  e non perché ci toccherebbe mangiare i loro avanzi, o dormire per terra. Non ce la caveremmo bene per il semplice motivo che non sappiamo leggere i cani! Forse questo non è vero per chi mi sta leggendo ma la maggior parte degli esseri umani non ha la minima idea di come interpretare correttamente un cane. Non è necessario essere comportamentisti o addestratori professionisti, tutti i proprietari dovrebbero saper leggere ALMENO i loro cani, almeno gli atteggiamento di base. Giorno dopo giorno, mi accorgo che questo non accade e, sì, considerando il fatto che la gente fraintende (e conseguentemente maltratta), persino i propri bambini, che appartengono alla loro stessa specie, è possibile che le mie aspettative siano eccessivamente elevate.

Alcuni umani, ultimo caso una bionda, esagerano e dicono cose del tipo:

“Vedi? E’ molto sensibile, Ha appena mosso il quarto baffo della seconda fila in senso antiorario, significa che è stressato! Diamogli più spazio!”

Esagerazioni a parte, la maggior parte degli umani ha bisogno di occhiali molto spessi che li aiutino a leggere i cani. Come detto all’inizio, questa settimana ho preso un po’ di treni. Prendere il treno implicare l’andare in stazione ad aspettarli e interfacciarsi con altra gente. In queste circostanze, la mia socievolezza è pari a quella di Mercoledì Addams la mattina di Natale: vado in un punto deserto del binario e mi nascondo dietro ad un libro.  Il tutto funziona fino a che non vedo un cane, in quel caso il cane batte il libro. Così ora vi racconto cosa è successo e cosa mi ha spinto a scrivere questo articolo. Una donna con un meticcio tipo pastore al guinzaglio si è posizionata accanto a me sulla banchina. Il cane sembrava uno di quei semi randagi biondicci e pastorosi che vengono “salvati” dal sud Italia e dalla Spagna. Forse non era un rescue ma ne aveva tutta l’aria, era piuttosto giovane. Sembrava un po’ timoroso, ma non troppo: i treni fanno molto rumore e le stazioni ferroviarie possono spaventare un cane. Mentre si districava tra le sue perplessità, è arrivato un treno rumoroso, lui si è irrigidito e a messo la coda tra le gambe quando all’improvviso, la proprietaria travestitasi da supereroe ha pensato di  salvarlo sollevandolo (sarà stato circa 20 kg) da terra. Come reagito? Si è fatto ancora più rigido, la coda ha raggiunto l’ombelico e gli occhi hanno lanciato al mondo uno sguardo di terrore. Il tutto è durato fino a che non l’ha posato a terra. I cani non hanno le ali, non sono stati creati per essere sollevati a mezz’aria: sono mammiferi terrestri che vogliono stare sulla terra e sentirsi radicati, specialmente in situazioni di pericolo! Non ci voleva un genio per capire che stava solo peggiorando le cose, eppure non si è accorta di nulla.

Una volta atterrato, il cane si è avvicinato a me e, sì sebbene sia la norma che io attiri psycho-cani, in questo caso non potevo proprio biasimarlo. Mi sono inginocchiata e l’ho grattato sotto il meno. Era felice e non si è accorto di un paio di treni che sono passati sui binari vicini. Era piuttosto rilassato e la proprietaria si è dimenticata di lui fino a quando… non è arrivato il nostro treno. A quel punto, senza tante cerimonie l’ha agguantato e l’ha sollevato come se fosse un borsone: il povero cane ha espresso gli stessi segnali corporei di prima e l’attacco di panico era anche più grave. Non se ne è proprio accorta. Una parte di me, quella selvatica, voleva urlarle “Rimetti a terra quel caspita di cane!”, ma la parte domestica ha prevalso e mi sono limitata a dirigermi verso un’altra carrozza, per non vedere altro. Tanto di sicuro non mi ha letto nel pensiero, se ne fosse stata capace avrebbe capito il suo cane!