Antonio Tonali: un uomo di un altro mondo

di Ivan Torchio (1988), per gentile concessione dell’autore.

Antonio Tonali, classe 1895, cinofilo, cacciatore, soprattutto uomo di grande cultura, intelligenza, umanità e dotato di una modestia poco comune.

“Quando ero in collegio, era un po’ come essere prigioniero: chiudevano il portone ed a me veniva una grande tristezza, mi scoppiava il cuore. Pensavo al mio amico Pinu che aveva, anche lui, in mente i cani. Quelli erano tempi duri! Un ragazzo di dieci anni doveva già lavorare come un uomo e, tra di loro, quelli appassionati risparmiavano la mancia che, alla Festa, veniva loro consegnata per comperare le castagne o qualche altra piccola cosa (allora, non c’erano i Caffè e cercavano di mettere da parte soldi per comperare un cane. Non Io dicevamo nemmeno al toro papà (i tempi erano troppo duri per questi “lussi”) ma io, loro coetaneo, venivo messo al corrente questi segreti e li ammiravo. Me ne guardavo bene però dal dire queste cose, altrimenti mi, avrebbero portato… al manicomio. Vivevamo di sogni: ci bastava avere un “bastardino”, magari col pelo un po’ lungo, e fantasticavamo che avesse la discendenza dal setter… così avevamo sempre la testa per aria. Però mi sarebbe spiaciuto se mi avessero bocciato, per mia mamma, lei ci teneva che io studiassi.  Ricordo che un professore aveva capito che qualcosa in me non andava ed, un giorno, mi fece parlare, alla fine mi disse “tu sei uno di un altro mondo”. Allora avevo nove anni ed ho capito che le cose stavano davvero così… credo che questa affermazione sia tuttora valida.”

Seduti davanti al camino acceso, con una canina pointer bianco arancio ed un setter che ci osservano incuriositi, ascoltiamo Antonio Tonali che vestito, come sempre, da cacciatore, con vivacità giovanile, ci racconta di cani, di beccaccini e di persone. Il richiamo a… quell’altro mondo, palpabile e ciò che ne determina la percezione sono la serenità e la semplicità che il nostro personaggio e l’ambiente che lo circonda ci trasmettono. La grande passione per i cani, elevata a “ragione di vita” in contrapposizione alla violenza della Prima Guerra Mondiale vissuta drammaticamente in prima persona. Una vita semplice, forse un po’ primitiva, ma solo in apparenza, in realtà essenziale ma arricchita dalla semplicità e dalla genuinità nel rapporto con gli animali e con gli uomini, cui è sottesa una grande cultura ed una grande carica di umanità. Affascinati dall’uomo, ci ricordiamo dell’importanza di Tonali come testimone dei primi passi della nostra cinofilia e gli domandiamo di descriverci i cani di allora (la fine del secolo scorso – Fine 1800 n.d.r.).

“Anche allora, in ogni paese, non c’erano più di alcuni cacciatori bravi e questi avevano cani bravissimi. I cacciatori avevano fucili a bacchetta con la canna che sembrava un tubo di stufa sparavano polvere nera e, dopo il colpo, dovevano spostarsi sul lato per vedere cosa era successo al di là della cortina di fumo. lo ero ragazzo e diventavo matto a vedere il lavoro dì quel cani: bracchi e pointers.”

— Lei parla di pointers, ma c’erano già in Italia? “Che sappia io i primi pointer venivano da Monza, erano cuccioli che qualche guardiacaccia della tenuta reale vendeva e costavano 50 lire. Pensate che, qui a Villanterio, il migliore terreno agricolo costava 40 lire alla pertica. Io ammiravo molto questi cacciatori che spendevano un patrimonio per avere uno di questi cani ed ammiravo soprattutto quelli che facevano grandi sacrifici per mettere da parte i soldi.”

– Come facevano ad esserci i pointers a Monza? “Era una riserva di caccia di Umberto I e lui, sicuramente, li avrà avuti in regalo dall’Inghilterra.”

– E Lei quando ha avuto il primo cane? “Finché mio papà è stato in grado di andare a caccia i cani li aveva lui, io sono subentrato gradualmente; un giorno lui ha detto che non dovevamo contarlo più, come cacciatore; aveva 80 anni e disse che, in campagna poteva ancora andarci, col bastone, ma, a caccia, aveva finito. Allora, sapete, i vecchi non avevano egoismo, quando arrivavano a 80 anni (non erano molti però ad arrivarci), molto ragionevolmente, dicevano: la vita finisce, dovete continuare voi. Così comperai una cagnina “già fatta”, da un fittavolo vicino a Pavia, mio papà l’aveva vista e mi diede le 40 lire d’argento con cui la pagai. Andai a prenderla in bicicletta e lasciai al fittavolo il mucchietto dei 40 “cavourini” d’argento… in fondo un po’ mi piangeva il cuore nel vedere quel mucchietto lasciato sul tavolo. Era una cagnina tutta marrone che poi ho fatto coprire e mi ha dato un cucciolo col quale ho iniziato con le “sgnepe”; di beccaccini se ne trovavano dappertutto e così uno, due, tre, io cercavo di sparare bene e li facevo riportare (per farle capire) così ha cominciato a fermare.”

– Con le prove a beccaccini, quando ha cominciato? “Io leggevo sul “Cacciatore Italiano” delle prove a beccaccini, leggevo le polemiche tra Colombo, Griziotti ed altri… mi piaceva perché capivo che erano appassionati che s’intendevano di cani e , di beccaccini, che erano grandi cinofili. Ho cominciato per caso: un giorno cacciavo col mio cane ed signore, dopo avermi osservato a lungo (non riuscivo a capire cosa volesse) mi disse di andare nei “Paludi” dove provavano i cani e dove facevano anche le prove a beccaccini. Sono andato ed ho visto dei cani proprio belli, dei pointers molto tipici, però anch’io, con la mia cagnina, non ho fatto brutta figura ed allora, ho preso un po’ di coraggio. Ho cominciato con una cagnina che il mio amico Preti, il veterinario, aveva comperato a Copiano e poi affidata a me. Io non volevo andare alla prova perché… come potevo competere con tutti quei grandi cinofili che avevano dei pointers che mi facevano restare incantato? Però hanno insistito e sono andato. Il mio amico Preti non è venuto (forse aveva paura che facessi fiasco) ma ci ha dato la sua macchina ed ha detto al meccanico del paese che venisse a guidarla lasciandoci auto ed autista, tutto il giorno, a disposizione. Con me c’erano un mio amico, che era segugista, ed il papà di Antonio Ridella (Antonio era ancora un bambino). Lei (la cagna n.d.r.) è andata proprio bene, io invece mi ero impantanato e non riuscivo ad andare a servire la cagnina. I beccaccini erano avanti 10 – 15 metri e son volati e la cagnina… niente ed io che non riuscivo a muovermi e non capivo più nulla… era la mia prima prova quindi si può capire; se il fischietto non fosse stato legato con lo spago, forse l’avrei mandato giù… Giudicava Colombo e mi diceva di chiamare la cagnina ma io, pur nella mia confusione non la chiamavo, e poi mi sono anche spazientito e gli ho detto che non la chiamavo perché, altrimenti, avrei disturbato l’altro cane che era in coppia con la mia. Non era giusto disturbare quell’altro cane dal momento che la mia aveva fermato ed era stata corretta al frullo delle “sgnepe”. E così ho vinto e così è iniziata la malattia delle prove al beccaccino”

– Com’era organizzata la cinofilia a Pavia? “C’erano delle grandi personalità, Coppaloni e il mio amico Giannino Radice, Griziotti, Bovina ed altri, io sono sempre rimasto un po’ fuori, cosa dovevano farsene di uno come me che potevo solo… far ridere i polli. Poi mi hanno un po’ convinto, dicevano che bisognava darsi da fare per il bene della cinofilia perché la maggior parte dei cacciatori sosteneva i cani bastardi e, invece, si doveva dimostrare il contrario. Mi ricordo di tanti altri oltre a quelli che ho già detto: Nasturzio, l’armatore di Genova che importò i setters e li portò poi a Rocca de Giorgi e poi, di lì, cominciò l’era delle prove ed allora c’erano: Necchi che aveva rilevato l’allevamento di bracchi di Colombo, Rettani, il dott. Bionda, Biondet e poi Rino Colli che era il segretario della “Scuderia Lomellina.”

– Lei era molto amico di Antonio Ridella? “Antonio era di qui e l’avevo conosciuto da bambino, era lui che mi portava anche in giro e che mi ha fatto conoscere tanti cinofili. Ma io… andare in città… andare via dalla mia campagna, finiva che andavo in confusione e allora mi dicevo: hai visto, dovevi stare a casa, cosa vai a fare insieme a tutta questa gente importante?”

-Qual è il cane che ricorda di più? “Tutti. Però i cani sono come i cristiani: ci sono quelli fortunati e quelli che nascono sfortunati. Posso ricordare Cirano. Ha avuto dei grandi risultati sì, però, non è stato capito, solo Griziotti aveva capito che grande cane era. Io dicevo tante volte a Cirano: sei arrivato tardi, dovevi arrivare quando c’era ancora Colombo. Ma i cani non si possono dimenticare… nessuno. Bisognerebbe fare il monumento a certi grandi cani, non farlo a Napoleone o a quegli altri balordi che ammazzano la gente: chiamare lo scultore e far fare il monumento ai cani.”

– Ha conosciuto Pollacci? “Altroché, aveva i setters gordon, bravissimi. Ricordo North, era un bellissimo stallone, il migliore che c’era, ho – avuto un figlio di North, ma l’ho regalato.”

— Come mai, non andava bene? “Andava benissimo, era ancora un cucciolone ma un ragazzo che conoscevo, Gianni Bianchi, un giorno è venuto da me per dirmi che la sua cagna (era una cagnina che era stata anche qui da me) era rimasta uccisa. Mentre lui mi raccontava io pensavo: ma guarda un po, adesso è senza cane mentre io ne ho 5 o 6 buoni… la sera sono andato alla stazione dei treni (c’era il tram che andava a Pavia e lui doveva tornare con quello) col cucciolone al guinzaglio e gli ho detto: prendilo è tuo, ha pochi mesi ma lavora bene.”

Vai all’articolo precedente di Ivan Torchio qui.




Diamanti in palude: le prove a beccaccini

Ho una predilezione per il beccaccino, vai a capire il perché. Sì, certo preferisco le grouse ma il beccaccino non è male e mi aiuta a gestire l’assenza delle prime. Io e il beccaccino siamo vecchi amici, ci siamo incontrati nel 2004, l’hanno in cui ho preso la prima licenza di caccia. Per accorciare una lunga storia, ero venuta a sapere dei beccaccini attraverso i libri e i racconti dei cacciatori, ma non li avevo mai visti dal vivo fino a quando Spina, una setter inglese, ha fermato uno di loro. Il suo lavoro mi ha affascinato al punto da farmi amare i beccaccini. Non tutti i cani li fermano e non a tutti i cani piacciono: i beccaccini vivono in ambienti ostili, come risaie e paludi. Più specificamente, dalle mie parti, i beccaccini vivono in risaie allagate dall’acqua, più c’è fango e meglio è. Non è facile galoppare su questi terreni e le condizioni climatiche tendono ad essere ugualmente avverse. Autunno e inverno qui sono famosi per la nebbia, l’umidità e l’assenza di vento: un cane deve veramente amare i beccaccini per decidere di andarseli a cercare. Servono anche fondo e forte predatorietà: i beccaccini scarseggiano e non è improbabile che un cane finisca per correre per ore su terreni deserti e difficili. E, se poi il cane è fortunato abbastanza da trovarne uno, il selvatico potrebbe comunque essere più furbo e volare via prima che il povero quadrupede abbia modo di fermarlo.

Cuore

I beccaccini sono nervosi, veloci, leggeri e incredibilmente difficili ma, nonostante ciò, qualche conduttore coraggioso, iscrive i cani alle prove su beccaccini. Prove che, dato il selvatico, sono diverse da qualsiasi altra prova e ritenute adatte solo a “specialisti”. Le regole e i parametri di giudizio le rendono speciali, per esempio i cani da ferma inglesi corrono da soli e non in coppia, cosa normalmente impossibile. Perché corrono da soli? Perché, altrimenti, sarebbe improbabile che lavorino il selvatico correttamente. I giudici vogliono un cane veloce e dalla cerca ampia che, contemporaneamente, sappia dove sono i selvatici. Si parla di “senso del beccaccino”: il cane deve correre piacevolmente sfruttando il vento e trovare un beccaccino, senza apparente sforzo, nei 15 minuti del turno. Ciò non è affatto semplice, i cani lenti che trotterellano attorno incapaci di distinguere tra la preda e la sua emanazione (esibendo incertezze e ferme false) non sono apprezzati. Il cane deve mostrarsi deciso, correre, trovare e fermare. Alla ferma non segue generalmente la guidata perché il beccaccino si invola da solo con facilità, spesso anche troppa. Non è possibile far correre due cani a piena velocità nella stessa risaia, i beccaccini, se presenti, esploderebbero come mine! È anche meglio non usare troppo il fischietto, non parlare e fare attenzione a non sbattere le portiere della macchina, fate troppo rumore e si finirete col correre su beccaccini fantasmi. Ah, dimenticavo i frullini, creature fatte apposta per complicare e ancor di più le cose!

Quanto appena scritto è sicuramente sufficiente per indirizzare i conduttori da un’altra parte, a patto che costoro siano saggi. Ho sempre pensato alle prove su beccaccini come ad una specie di Olimpo e li ho immaginati, un po’ come le donne normali immaginano una vacanza ai tropici. Mi piacciono i beccaccini e anche a Briony piacciono, abitiamo nella terra dei beccaccini (fantasma), ma i miei piani per le prove d’autunno li avevano categoricamente esclusi, avremmo gareggiato su animali normali, come fagiani e starne. I miei piani perfetti, tuttavia, sono durati fino a quando non è stata cancellata la mia batteria ad una prova “normale”, due giorni prima che questa avesse luogo. Amareggiata, sono andata online a controllare che altre prove ci fossero in calendario dalle mie parti, e l’unica era una prova a beccaccini. Così ho preso il telefono e chiamato il presidente del Club del Beccaccino, che subito mi ha rimbalzato al segretario. Sorpresa, il segretario era una persona che conoscevo da anni, mi ha iscritto subito alla prova!

Blus
Blus

Il giorno della prova, raggiunto il punto del raduno, mi sono sentita un po’ a disagio. Tutti sembravano molto professionali e c’erano adesivi e toppe con i beccaccini ovunque. Anche sul terreno ho avvertito lo stesso senso di inadeguatezza: borotalco spruzzato in ogni direzione per trovare il vento (non c’era vento e io non avevo borotalco) e conduttori pignolissimi sulla scelta dei terreni. Il Club del Beccaccino mi ha chiesto di scattare fotografie e ho accettato con piacere, dal momento che questo mi avrebbe permesso di seguire la batteria da vicino. Quanto visto non mi ha impressionato: alcuni cani (incluso il mio) sono stati costretti a correre su terreni deserti e asciutti, mentre altri, pur avendo avuto abbondati occasioni, le hanno buttate via non riuscendo a lavorare correttamente il selvatico. Abbiamo avuto ferme false, sfrulli, rincorse, eccetera eccetera ma, sebbene il lavoro dei cani non fosse stato degno di nota, le persone mi avevano colpito in positivo: erano gentili, amichevoli ed incoraggianti. O meglio lo sono diventate dopo l’avermi studiato per alcune ore: all’inizio pensavano che fossi lì “solo” per le foto e non riuscivano a collegarmi al cane. Queste persone pensavano che il cane fosse lì “solo” a guardare e che fosse troppo carina e troppo bianca per gareggiare. Quando hanno finalmente accettato il fatto che avrebbe corso, si sono auto convinti che sarebbe venuto qualcun altro (uomo) a condurla. Non ho idea di dove avessero collocato l’uomo, dal momento che la mia auto non conteneva al cune essere umano (tranne me), forse pensavano che sarebbe arrivato all’ultimo minuto, giusto in tempo per il turno. Quando hanno visto incamminarmi verso il terreno con il cane al guinzaglio, il che dichiarava che sarei stata io il conduttore, è calato il silenzio e siamo finite, nostro malgrado, sotto le luci del palcoscenico. Ci era toccato un terreno orribile: ruscello a sinistra, ferrovia di fronte, trattore a destra e stoppie asciutte. Briony ha lavorato bene, stando sul vento e esplorando il terreno con metodo ma, sfortunatamente, non c’era alcun beccaccino ad aspettarla. La sua buona condotta, tuttavia, ha cancellato i sospetti e mi ha trasformato improvvisamente in un buon conduttore. Il silenzio è cessato e le persone mi sono venute incontro per congratularsi e fare domande. È stato divertente: mi hanno chiesto se l’avessi preparata io, quale fosse la linea di sangue e se avessi intenzione di continuare a presentarla, belle sensazioni.

Noi

Alla fine della giornata ero confusa e non sapevo se avrei partecipato , o meno, ad altre prove su beccaccini. Verso il finire della settimana, tuttavia, avevo preso la mia decisione e Mauro, come promesso, mi aveva tenuto un posto. Questa volta, al raduno, c’erano diversi nuovi “amici” che mi hanno fatto sentire parte del branco o, meglio, una specie di animale domestico adottato da una famiglia. Lo stesso Club del Beccaccino aveva auto-deciso che sarei diventata la sua fotografa e i conduttori hanno prontamente imparato a fare del loro meglio per riuscire bene in foto. Alla fine ho partecipato a 5 delle 10 (?) prove del circuito autunnale e questo è quello che è successo. Su cinque prove Briony si è trovata in condizioni di poter lavorare il beccaccino solo in due occasioni. Nel primo caso l’aveva avvertito ed aveva iniziato ad accostare ma, un istante prima che potesse fermarlo, lui si è involato per motivi suoi e questo ha portato all’eliminazione. La seconda volta, invece ha sbagliato in pieno, non abbiamo visto altri beccaccini fino alla quinta prova, corsa sotto un diluvio che ha spinto i beccaccini ad essere estremamente leggeri e a involarsi da soli molto, molto avanti rispetto ai cani. Stavo dimenticando la prova numero quattro quando ha fermato un fagiano: era l’unico selvatico nei paraggi ma non era valido per quella prova. Il cane che ha corso dopo di lei è stato ugualmente sfortunato incappando nell’unica lepre di tutto l’ATC. Io e Briony non ci siamo mai qualificate durante queste prove, ma i giudici ci hanno detto di continuare (o avrei risparmiato soldi!) ed è stata menzionata da uni giudice durante una relazione, un trattamento di solito riservato a quei cani che hanno fatto bene ma che, per un motivo o per l’altro, sono stati un po’ sfortunati.

Lui!!! (Oldrado)

Generalmente, nel corso di ogni prova solo il 20% dei cani incontrava è brutto che sia così, ma questi animali sono selvatici che non possono essere posati prima della gara e tutti hanno dovuto fare i conti con la loro scarsità. O forse, si poteva cercare di comprare una buona dose di fortuna in anticipo. Nel mio caso non sono mai riuscita a metterla nel carrello ma, devo ammettere che gli altri concorrenti sono stati discretamente gentiluomini cercando di farmi correre su terreni idonei e suggerendomi dove cercare. È un po’ più facile trovare un beccaccino se conosci i terreni anche se… questi selvatici sono sempre pronti a coglierti di sorpresa!

In definitiva, le prove a beccaccini sono difficili come si sente dire? Credo di sì, i beccaccini sono pochi, nervosi e tremendamente influenzati dalle condizioni meteo. I beccaccini sono come diamanti e, proprio come i diamanti sono minuscoli e difficili da trovare, però luccicano, se li si cerca con attenzione li si può trovare. Abbiamo corso la prima prova durante una mattinata tiepida, umidiccia e senza vento. Le successive prove si sono tenute in mattinate fredde, nebbiose e prive di vento, fatta eccezione per l’ultima prova quando il vento è arrivato insieme a una pioggia torrenziale! Fermare il beccaccino in assenza di vento è molto duro, e la scarsa visibilità ha reso il compito dei giudici anche più difficile. Che dire dei conduttori? Si è trovato un po’ di tutto, come alle altre prove: cani perfetti e cani più “creativi” che si sono mangiati le ciance di andare in classifica perché hanno inseguito o sono andati fuori mano, ma ho visto dei buoni cani? Sì, credo di sì, e devo ammettere che, sebbene la maggior parte dei concorrenti presentasse setter inglesi, ho visto anche ottimi rappresentanti di altre razze. Voglio menzionare un paio di irlandesi (non andati in classifica), un pointer altrettanto bello da vedere (e altrettanto sfortunato) e un super Gordon: difficilmente mi piacciono i gordon ma questo era davvero speciale! Mi rivedranno in primavera? Forse…