La responsabilità dell’educatore cinofilo di Tania Andreutti

La responsabilità dell’educatore cinofilo, i danni della mediocrità
di Tania Andreutti (Educatore Cinofilo)
Direi che vale per ogni ambito, ma mi limiterò a quello che ho scelto di approfondire da ormai 18 anni in maniera più scientifica per un mio generale approccio scientifico al mondo, per passione ma soprattutto per amore dei miei cani: la cinofilia.
Credo che il processo naturale della percezione e della conoscenza parta dalla consapevolezza di non capirne un cazzo, fondamentalmente… Hai cani, ci vivi da tempo ma ti rendi conto che c’è molto più da sapere, e così inizi la formazione (oppure sei al primo cane e ti poni il problema da subito). Passa qualche anno, per qualcuno meno, molte letture, stage, corsi, lavoro con i propri cani, sperimentazione, confronto… Per qualcuno c’è il corsetto da educatore in 36 ore con un attestato che qualche mente criminale – per scopo di lucro -ti ha rilasciato facendoti pensare di essere pronto a diffondere il suo verbo, così inizi a sentirti “colto”. Per alcuni arriva il momento del “ormai so quasi tutto, posso insegnare praticamente a tutti”, per altri un semplice “beh, direi che ne so abbastanza, tutto sommato ne so”, e molti si fermano qui. Quelli che si fermano in questa fase sono i mediocri: sono la maggioranza e sono in mezzo a noi, sono i tuttologi, sono quelli che ci tengono a dire la loro sempre ovunque, senza capire quando è il momento di tacere, senza umiltà, spesso con l’atteggiamento supponente e i sorrisetti di accondiscendenza che distribuiscono a chi li mette in discussione. Altri continuano lo stesso, sapendo che non ne sapremo mai abbastanza e capita qualcosa che ti fa salire quell’ansia dell’ “oddio, non ne saprò DAVVERO mai abbastanza”. Alcuni si fermano e decidono di non pensare più con la propria testa, ma di prendere per buono ciò che viene da quella che per loro è una fonte autorevole, perché non hanno la tempra per accettare questa sensazione di indeterminatezza (che è la stessa che porta la gente ad appoggiarsi ai “guru” senza metterli in discussione o a seguire una religione). Altri dicono “pazienza, non smetterò mai di cercare di capirne di più ma comunque non saprò mai tutto quello che vorrei” e vanno avanti, senza smettere mai.
Ma il problema di chi arriva (peggio per chi si ferma) nella fase arrogante della fasulla illusione di sapere davvero ciò che sta professando è che non si rende conto dei danni che può fare quando assume il ruolo dell’educatore. L’educatore ha una responsabilità in più, perché la gente che si rivolge a lui/lei fondamentalmente a lui/lei si affida, e il grado di abbandono è inversamente proporzionale alla preparazione e alla sicurezza dell’individuo.
Quando noi educatori facciamo una prima valutazione, stiamo facendo appunto una prima valutazione: quel cane e il suo compagno umano non li conosciamo, sappiamo quel che ci dicono e vediamo un piccolo spaccato di loro due, ma è solo uno spaccato, a volte fasullo.
I cani e le persone, ad una prima valutazione, potrebbero non essere nel loro contesto abituale (e quello è il motivo per cui alcuni di noi fanno le valutazioni a casa del cliente) ma potrebbero essere in un periodo della loro vita particolare,oppure in una condizione psicofisica alterata. Ci si sveglia con la luna storta, si potrebbe aver dormito male, aver mal di pancia, avere caldo, freddo o tiepido, male ai piedi o quella mattina aver litigato con qualcuno che ti ha rovinato la giornata… possono esserci così tante variabili che solo l’esperienza e l’umiltà del non mediocre gli ricordano cosa potrebbe incontrare. E poi ci sono cose che vedi oggi che sono il risultato di ciò che è stato: che ne sai davvero di come quel binomio è arrivato lì, da dove è partito?
Ma il poco esperto (o il mediocre) prende quello che vede e crede di aver capito: ha capito chi ha davanti, cane e persona che sia, e spesso crede di avere la responsabilità di dirlo alla persona che ha di fronte con la supponenza del “lo faccio per il bene del cane, della vostra vita assieme, della vostra felicità”.
Ma chi hai di fronte, tu piccola persona, mentre dici ciò? Non necessariamente di fronte hai una persona sicura di sé che si rende conto che stai dicendo una serie di stronzate – per le quali dovresti davvero vergognarti, potresti avere davanti una persona che non ha le competenze per capirlo, che non ha gli strumenti di conoscenza, o magari caratteriali, per ridere del tuttologo del giorno, voltare pagina e andare altrove. Davanti a te potrebbe esserci una persona molto meno esperta, o molto più mediocre, o così insicura da permettere che il tarlo del senso di colpa attecchisca, che le boiate che gli sono state propinate si insinuino, tanto da fargli mettere in discussione e in dubbio cose che invece non dovrebbero essere toccate perché sane.
Noi professionisti abbiamo questa responsabilità, quella di avere a volte un ascendente su altri che potrebbe aiutare, o danneggiare, chi si affida a noi ed è per questo che dobbiamo imparare i limiti della nostra professione, e capire che quello che possiamo dire è “in questo momento io vedo questo e penso che potrebbe essere così, perché in questa situazione io ho visto questo, ma qui e ora potrebbero essere diversi da ieri e lì, o da domani e là,quindi devo conoscervi meglio prima di poter dire le cose con maggior sicurezza”. A volte la strada è giusta, a volte dobbiamo raddrizzare il tiro e cambiare strategia man mano che impariamo a conoscere il cane e la sua persona.
Se non siete disposti ad arrivare a questo punto del vostro percorso professionale, rischiate di fare dei danni e spero che abbiate almeno l’umanità da preoccuparvi di questo. Se non ne siete capaci, siete solo altra fuffa come ce n’è davvero già troppa e posso solo augurarmi che i vostri clienti lo capiscano da soli.



Lasciateci addestrare

Faccio fatica a capire perché, in Italia, debba essere così difficile poter addestrare un cane da caccia. Certo, l’obbedienza la si può insegnare dappertutto (ma a pochi importa dell’obbedienza), e si può lavorare con selvaggina “messa” ma, se si pretende di lavorare su selvatici veri le cose diventano complicatissime.

Iniziamo dalla selvaggina “messa”: la si può usare in alcune riserve di caccia (non tutte) durante la stagione della caccia (terza domenica di settembre – 31 gennaio, o 31 dicembre in talune zone). Quando la stagione di caccia è chiusa, si può allenare il cane nelle zone B (senza sparo) e nelle zone C (con sparo). Per accedere alle zone B e C e alle riserve di caccia, di solito, occorre pagare qualcosina e ovviamente pagare la selvaggina utilizzata. D’accordo, si può fare. Le zone B possono essere anche molto ampie, le C sono solitamente grandi quanto un campo e affollatissime di persone che vogliono uccidere qualcosa anche a caccia chiusa. In ogni caso, queste zone sono rare e i cani non sono stupidi: imparano i posti e imparano il gioco, vanno di sospetto, eccetera. Non va bene allenare sempre negli stessi posti, con gli stessi animali e con le stesse persone, è tutto troppo finto e i cani lo sanno.

Un cristallo non è un diamante, lo stesso possiamo dire della selvaggina. Gli esemplari allevati possono aiutarci un sacco durante l’addestramento, con loro possiamo ricreare situazioni e anticipare mosse, ma il cane ha bisogno di incontrare anche selvatici veri, in contesti selvaggi e imprevedibili. Quando la caccia è aperta si può andare in riserva e lavorare su animali semi-selvatici o sui terreni degli ATC, terreni quasi sempre deserti a causa della cattiva gestione, nonché del bracconaggio cronico. Però, chissà, magari si può incontrare la beccaccia occasionale, il beccaccino che si è perso, o il fagiano scaltro che l’ha avuta vinta su tanti cacciatori. Ma, c’è un altro problema! Si può allenare solo da metà agosto alla terza domenica di settembre poi, quando apre la stagione della caccia, si è costretti ad andare a caccia! Le nostre leggi non consentono, a caccia aperta, di addestrare, solo di andare a caccia, il che significa che dovete pagare la licenza, l’ambito, le tasse e andare in giro armati di tutto punto anche se non vi importa nulla di uccidere qualcosa. Mi adeguo alla legge, anche se non ha senso.

Alla fine della stagione della caccia, non si può più sganciare il cane. La legge è chiara: gli unici cani che possono stare liberi sono i cani da caccia, detenuti da persona con regolare licenza di caccia. Ma i cani possono stare liberi solo dalla fine di agosto alla chiusura della caccia, quindi il fatto che io ora liberi il cane dietro casa, su terreni vuoti, fa di me un bracconiere, giusto per rendere complicate le cose semplici. Per trovare dei selvatici, però, bisogna essere più coraggiosi e fare i “bracconieri avanzati”, cioè andare nelle zone protette, come i parchi e le zone rosse. Ci sono animali? Può darsi, non credo che queste zone siano molto curate, sono quasi sempre lasciate a se stesse. I nostri politici trattano tali zone come musei e si scordano che esse devono essere curate, la selvaggina deve essere assistita, un parco non è un soprammobile! Così, mentre noi con il cane da caccia non possiamo entrare, queste aree sono in balia di famiglie, ciclisti, runners e a volte anche di motociclisti, ah.. mi stavo dimenticando i cani di famiglia! I cani da caccia disturbano e uccidono la selvaggina, ma nessuno fa caso al cane da pastore della Signora Rossi. Sì dovrebbe essere legato anche lui, ma è un cane da pastore, chi poteva pensare che prendesse una lepre o un capriolo. I cacciatori hanno una reputazione bruttissima, uccidono gli animali e, automaticamente, qualsiasi cosa ad essi connessa, diventa negativa e pericolosa.

Non mi piace fare cose illegali e non ho mai grande successo in queste esplorazioni. Se vado in una zona proibita, mi rimpicciolisco in formato gnomo e mi fermo al massimo 10 minuti, nel frattempo arrivano orde di famiglie con bambini e cani da compagnia. Però, quelli che rischiano la multa siamo io che mi muovo in silenzio e il mio cane da caccia, anche se è ubbidiente, fermo al frullo e si blocca a comando, noi disturbiamo. Essendo imbranata, non ho storie di “bracconaggio” da raccontare, ma posso raccontarvi del declino che vedo in tante aree protette: sempre meno selvaggina, sempre più spazzatura, sempre più gente fuori posto. Altri addestratori mi hanno raccontato storie assurde, come l’essere inseguiti dai carabinieri alle 7 del mattino per aver sganciato il cane o di  fughe dalle guardie fatte a nuoto. Bel modo per sprecare denaro pubblico. Tante persone, soprattutto la gente di città, non riescono a capire la differenza tra l’addestrare un cane e l’andare a caccia: se gli parli di “cani da caccia”, capiscono solo caccia, e se vedono un cane da caccia libero, vedono anche un fucile che non esiste. Ovviamente sono indifferenti a cani di altre razze liberi. Mi è stato raccontato di un uomo, un addestratore per altro in gamba, che allena indossando scarpe da calcio: per fuggire più velocemente in caso qualcuno chiami le guardie.

Eppure, chiunque abbia un cane da caccia “addestrato” e decida di allenarlo, non fa del male alla selvaggina. I nostri cani non inseguono gli animali e non li uccidono: vogliamo solo trovarli e lì finisce il gioco. Disturbiamo molto meno di un gruppo di ciclisti. Molti di noi sarebbero felici di pagare qualcosa per addestrare legalmente su “selvaggina buona” e sarebbero disposti a sottoporre il cane ad un esame che ne certifichi l’ubbidienza. Se vedete qualcuno che con fare “sospettoso” si aggira per la campagna con un cane da caccia libero, fermatevi a guardare quel che fa, andate a scambiarci due parole. Non andate in panico e non generate altro panico chiamando carabinieri, polizia ed esercito.

Circa 15 anni fa era possibile, pagando una piccola tasse annuale, addestrare in un parco regionale. Ci andavo, c’era qualche fagiano e c’era sempre qualcuno, l’intera area era monitorata da cinofili e cacciatori, ti faceva sentire al sicuro. Arrivavano persone da diverse parti del nord Italia, poi i permessi sono stati revocati e la qualità della zona è drammaticamente scesa: nessuno ci va più. Chi andava lì ora è probabilmente tra i tanti che vanno a preparare i cani all’estero, i loro soldi ora vanno altrove e non all’economia locale. Non un lieto fine.




Addestrati il cane – Train your dog

“E’ di rado vantaggioso che un cane abbia più di un istruttore. Può darsi che i metodi di insegnamento siano gli stessi ma potrebbero esserci differenze nella voce o nei modi che potrebbero confondere in qualche maniera l’allievo rallentandone i progressi. Quindi, se decidete di addestrare il vostro cane,  fatelo per conto vostro senza lasciare che nessuno possa interferire.” W. H. Hutchinson Dog Breaking 18652016-01-07 18.37.59

Non c’è molto da aggiungere al testo. Hutchinson ha ragione anche se, viste le condizioni attuali, forse è un filo estremo. Quanti di noi sanno addestrare da sé il proprio cane da caccia? Non parlo di “allenare” o meglio portare il cane a correre in campagna sperando che faccia due ferme, parlo di addestramento completo.  Se non sono capace di fare una cosa, devo farmi aiutare da qualcuno più esperto di me e qui entra in gioco un’eventuale seconda figura che può confondere il cane. Togliamo pure il può e diciamo che lo confonde, per questo motivo la figura a cui ci appoggiamo deve essere intesa come colui che ci traghetta verso conoscenze che dobbiamo apprendere al fine di addestrare da soli il nostro cane.

L’esperto deve essere una figura di riferimento più per noi che per il cane, non una persona a cui delegare il lavoro sporco, né uno sventurato a cui affidare la rimessa in sesto di un cane indisciplinato. Io la vedo così, poi le cose vanno diversamente, ma questo è un altro discorso…

Se non lo avete ancora fatto, date un’occhiata al Gundog Research Project.




L’addestratore – I requisiti

In questo paragrafo, Hutchinson spiega quali sono i requisiti essenziali in un buon addestratore. Cita per primo l’autocontrollo: serve a non punire il cane quando ciò non è necessario. Ciò è talmente elementare da passare inosservato. Ho visto conduttori punire il cane semplicemente per scaricare il proprio nervosismo. Questo non veniva quasi mai fatto in  maniera intenzionale ma veniva comunque fatto e non ha senso. Il cane, che non ha fatto nulla di male, incassa la punizione ma non la comprende. Un altro esempio riguarda l’utilizzo del collare elettrico su cani lunghi, poco collegati e poco ubbidienti. Il cane non rientra, è lontano, spesso nascosto dalla vegetazione, non si sta cosa stia facendo e trac, danno una scollarata? Perchè? Solo due esempi, tra centinaia disponibili. Pur avendo accennato alle punizioni Hutchinson ricorda subito che i risultati migliori si ottengono lavorando con allegria e quindi, come diremmo oggi, avvalendosi del rinforzo positivo.

La seconda dote necessaria all’addestratore è la coerenza, nulla di nuovo anche se è pregevole il sottolineare di non dimenticarsi di “correggere” il cane quando si è euforici o impegnati ad assicurarci un selvatico. Questo è un tipo di errore che io commetto: tutta entusiasta del risultato positivo di qualcosa, ho un intervallo temporale personale il cui non vedo i successivi errori! Ovviamente vale anche il discorso opposto, una situazione negativa non deve portarci a correggere il cane oltre il dovuto.

La riflessione (o capacità di riflettere) chiude la lista delle doti essenziali: ci serve per capire come rapportarsi al cane.

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“I requisiti principali necessari ad un addestratore sono:  primo, l’autocontrollo, in modo che non si cada mai nel tranello di dare una punizione non necessaria dal momento che, e questo vale sia per i cani che per i cavalli, non vi è addestramento migliore di quello condotto in allegria; secondo, la coerenza affinché in preda all’euforia, o se impegnati ad assicurarci un selvatico, non ci si dimentichi di biasimare un errore (non ho detto di non punire) che sarebbe stato notato in un momento più tranquillo e, d’altra parte, che non si corregga il cane più duramente del dovuto perché si è sbagliata una fucilata o si è perso il selvatico; e, infine, la capacità di riflettere,  in  modo a poter capire quale significato un animale non raziocinante può probabilmente attribuire ad ogni parola, segnale o sguardo.”  W.N. Hutchinson Dog Breaking -1865