La quarantena dei cani da caccia (e non)…

Questo pezzo si riallaccia a quello in cui invito i
cacciatori a farsi portavoce della propria passione. Bene, per quel che ho visto
fino ad ora, sia i cacciatori, sia i cinofili che partecipano a prove di lavoro
con cani da caccia, si stanno comportando egregiamente per quanto riguarda la
gestione dei cani in quarantena. Credo di poter dire la stessa cosa anche di
coloro che hanno altri cani sportivi, come quelli da canicross e sleddog.

Come voi sapete, i nostri cani hanno tanto, tanto tanto,
bisogno di fare attività fisica e di esplorare. Credo che i “peggiori”, in
questo senso, siano i cani da ferma e i cani da slitta, i segugi sono un po’
più calmi per natura. Io, dopo una fuga dalla recinzione, che per fortuna non
si è più ripetuta, ho messo il GPS addosso alla cucciola. È un semplice Tractive,
un GPS per poveri insomma, ma che funziona anche come fitband. In pochissimi
giorni, stando quasi esclusivamente in giardino, la canina ha scalato le classifiche
mondiali per l’attività motoria. Cioè, vi rendete conto? I miei cani escono tutto
l’anno, quale sia il clima, quale sia la stagione. Se si va a caccia e si
lavora, meglio, se non sì può facciamo lo stesso dei lunghissimi giri al
guinzaglio. Sono un compromesso e sono scomodi, per loro e per me, ma è
qualcosa di cui loro sentono la necessità. Io non mi diverto affatto, farei
volentieri altro.

Per chi non lo sapesse, ho scritto una tesi di laurea sul benessere
del cane da caccia: uno dei punti fermi, quando parliamo di benessere di un
animale, è il rispetto dei fabbisogni etologici propri della specie. L’esplorazione
del territorio è, per il cane, un fabbisogno etologico. Il quantitativo di esplorazione
di territorio, necessaria al soddisfacimento dei bisogni, varia a seconda della
razza in questione. Ci sono circa 400 razze canine, ciascuna ha una sua
peculiarità. Facendo di quasi tutta l’erba un fascio, le razze da caccia hanno
una necessità di esplorazione del territorio altissima. Parliamo di cani che in
lavoro fanno decine di chilometri al giorno. Non soddisfare queste necessità etologiche
genera stress, che se diventa cronico genera patologie, fisiche e comportamentali:
lo stato di benessere viene meno e scivoliamo verso il maltrattamento animale.
Per questo, quando i miei cani non possono correre facciamo almeno 8-10
chilometri al giorno marciando al guinzaglio, una marcia bella sostuenuta.

Siamo a di fronte ad animali da lavoro, più che da compagnia,
animali per i quali non potersi muovere e non poter correre è molto grave. Se
non lo sapete, ve lo dico io, una delle ultime circolari, ha riammesso l’allenamento,
a porte chiuse, dei cavalli da corsa, chiedetevi il perché. I nostri cani non
sono tanto diversi da cavalli da corsa, ma in materia di cani è impossibile legiferare
con la stessa chiarezza: troppo labile il confine tra cane da lavoro, finto
cane da lavoro e cane da compagnia. Eppure, nessun proprietario di cane da
lavoro, a quanto ne so io, si è lamentato nel veder equiparare il suo bracco
tedesco da 25/30 km al giorno, al pechinese da divano della signora del
condominio verde. Nessuno, e dico nessuno, ha alzato la voce, rotto le scatole,
o chiesto dispense.

I cacciatori che escono con il cane tutto l’anno (quelli che
escono solo da settembre a gennaio non li considero nemmeno), anche quelli che
abitano in campagna, si sono adeguati. Quasi nessuno carica più il cane in
macchina: in tanti mi raccontano di cani che, sconsolati guardano l’automobile
e sembrano chiedere perché non possono salire. I pochi “evasori”, che ancora si
azzardano a far fare una corsa al cane, vanno di nascosto, appena prima dell’alba,
in posti improbabili: quando inizia ad esserci troppa luce rientrano.  Io, che non ho mai imparato ad alzarmi all’alba,
cerco comunque di alzarmi il prima possibile e faccio un giro con i cani al guinzaglio,
in mezzo ai campi.  Sì, faccio più di 200
metri, ma sto attentissima a non incontrare nessuno, a non passare troppo
vicino alle case, e a non continuare ad andare avanti e indietro. È finita qui,
poi faccio un giretto attorno a casa dopo cena. E faccio le stesse cose qualunque
sia il clima. Non ho il benché minimo piacere di farmi vedere in giro, mi
sembra di fare un torto a quelli che stanno in casa. Né una passeggiata in
mezzo ai pollini – a cui sono allergica -(e al virus) trainata da due cani, ha
alcunché di ricreativo.  I cani in
compenso sono nervosi perché, per tutta la giornata, stando in giardino, subiscono
un continuo via vai di cani, gatti (escono anche un sacco di gatti ultimamente),
biciclettari senza cane, runners, bambini, passeggiatrici, sembra di stare in
una località di villeggiatura.

Da quando è stato dichiarato che praticamente a spasso ci
puoi andare solo con il cane sono comparsi cani che non erano mai usciti di
casa in vita loro. Oppure, lo stesso cane viene portato fuori 6-7-8-10 volte al
giorno da un familiare diverso.  Il cane
è generalmente una creatura di 5kg che se ne starebbe volentieri sul divano.
Vedo bouledogue trascinati, cani anziani mezzi zoppi, labrador obesi che, prima
d’ora non avevano mai messo il naso fuori dal cortile. A loro non interessa
esplorare il territorio, questi cani non hanno bisogno di fare decine di
chilometri al giorno: hanno semplicemente dei proprietari che credono di essere
più furbi.

Nessun cane atleta, nessun cacciatore, nessuno sportivo con
il cane. Solo tanta “brava gente” ingenua al punto da credere che poter uscire,
oggi, sia un privilegio. Tanta “brava gente” senza senso civico né rispetto per
chi con il Covid 19 è volato via.




Caccia al cane… da caccia

Riflessioni di mezza stagione… di caccia. Nel Medievo si
cacciavano le streghe, in questo momento storico tanti, troppi, cacciatori,
danno la caccia al loro cane, sia in senso letterale (si insegue il cane da
caccia che scappa), sia in senso figurato, trasformando il cane nel capro
espiatorio preferito.

Se il cane scappa è colpa del cane; se il cane non riporta è
colpa del cane; se il cane… qualsiasi cosa accada è colpa del cane, senza se e
senza ma, senza un minimo di senso critico, né di introspezione.

Quando un cane sbaglia, ammesso che sbagli, chi si chiede
mai se la creatura stata messa in condizione di agire correttamente? Prendiamo
il cane che “non riporta”: gli è stato mai insegnato a riportare? E i cane che “scappa”:
questo cane ha davvero una relazione col proprietario tale da fargli ritenere di
dover essere “collegato”?

Vogliamo poi parlare della paura dello sparo? Come è stato
cresciuto il cane? È stato socializzato? Come è stato introdotto lo sparo? Se
gli avete sparato sei fucilate di fila sulla testa, senza la minima
introduzione ai rumori e alla finalità di tanto rumore, forse il cane tutti i
torti non li ha!

Potrei continuare ad elencare altri presunti errori e reinterpretarli dal punto di vista del cane, ma questo allungherebbe l’articolo, senza arricchirlo, e portandomi lontano dal punto chiave, che è un altro.

Se andiamo a caccia, parlo di quelle cacce che si praticano con il cane, ci andiamo con il cane, ma ci andiamo soprattutto GRAZIE al cane. Per carità, ho conosciuto cacciatori talmente abili da poter quasi fare a meno del cane, ma li vorrei proprio vedere buttarsi nelle acque gelide del Grande Fiume per recuperare un’anatra, per esempio. Ma, comunque che senso ha fare le cose che vanno fatte con il cane… senza cane? Una per tutte? La beccaccia alla posta! Come scrivo spesso la caccia, dal punto di vista dell’approvvigionamento alimentare non ha più ragion d’essere, quindi… Perché si va a caccia?

Per qualcuno è uno stile di vita, per altri una forma d’arte, per altri ancora una sorta di hobby. Non intendo qui mettermi a disquisire sulla liceità etica della caccia, ma mi preme invece portare l’attenzione sul fatto che, oggi, la caccia con il cane debba intendersi come una collaborazione tra uomo e cane, nonché, se possibile, come una raffinata espressione di un gesto atletico.

Sono un tipo preciso e vorrei vedere, anche a caccia, richiami efficienti, fermi al frullo, riporti impeccabili e, magari, come i tanti esteti che popolano la cinofilia italiana, anche un bel galoppo ma… senza arrivare a pretendere la perfezione, sarebbe sufficiente vedere cane e padrone lavorare insieme, con un cane messo in condizione, ovvero preparato ed addestrato, a eseguire le richieste del padrone.

Invece cosa vedo? Vedo per lo più padroni che si “arrabbiano” con cani che non sanno nemmeno di aver sbagliato, né hanno la minima idea di come si dovrebbero comportare per fare felici il padrone. Si dà contro al cane senza provare a pensare “da cane” e senza cercare di vedere il cane per quello che è.

Il cane è A) un semplice strumento di caccia o, nel caso della caccia cinofila, è B) esso stesso la caccia? Ciascuno provi a rispondere come meglio crede. Essendo arrivata alla caccia attraverso il cane, rispondo B, il che mi porta inevitabilmente a vedere il cane, e le cose attorno al cane, in un certo modo.

Questa mia personalissima visione mi spinge a chiedermi, come mai una buona fetta di cacciatori continui a trattare, consciamente, ma anche inconsciamente, il cane come uno strumento di caccia e non come quella risorsa fondamentale che permette alla caccia (con il cane) di esistere. Vedo cani alimentati con mangimi di scarsa qualità, perché costano poco; cani che, nel 2019, vivono ancora in “serragli”, fatti con avanzi di materiali edili arrugginiti; cani che hanno il mantello talmente infeltrito, da ferirsi con le semenze annodate nel pelo; cani derisi e buttati via senza motivo, se non la sfortuna di essere capitati nel serraglio sbagliato.

E boh… di certo il cane non va idolatrato, bambinizzato e dementizzato, come sbagliano fare tanti proprietari di cani da compagnia, ma la categoria “cacciatori”, che ha ancora l’incommensurabile fortuna di poter far svolgere ai propri cani i lavori per cui sono nati, un po’ di gratitudine e devozione, nei confronti di cani che si mettono al loro totale servizio, dovrebbe imparare a mostrarla.