Mario Canton, il levriero afgano e altro

Qualche giorno fa, mi sono accorta di non essere riuscita ad incontrare il Prof. Raymond Coppinger, per un pelo. Quando ho frequentato alcune classi ad Hampshire College (Massachusetts) lui era in un anno sabbatico e io non sono potuta tornare il semestre successivo. Però, ritornando in Italia, ho avuto modo di incontrare e diventare amica di un altro studioso dello stesso calibro. Si chiama  Mario Canton e non ricerca sul comportamento canino, si occupa di morfologia, che analizza secondo un approccio scientifico. Mario è una persona molto umile e, quando gli si fanno i complimenti, si limita a dire che lui non ha “scoperto nulla”, si è limitato a mettere insieme le cose. Può darsi che sia così ma, mettendo insieme alle cose, ha reso disponibile ai cinofili un’incredibile quantità di conoscienze che ha altresì rispiegato nella maniera più semplice possibile. Se vi pare poco!

Mario ha pubblicato il suo primo libro nel 2004(Cani e razze canine 1a Edizione) dopo 35 anni di ricerche. Ricordo me stessa che su portava il  libro in bagno per controllare i refusi mentre insistevo sul punto 1) inserire fotografie e disegni e 2) farlo tradurre in inglese. Oggi questo libro è arrivato alla sua terza edizione ed è disponibile in 3 volumi in cofanetto o in tre ebook che  vi linko qui sotto:

Cani & Razze Canine – Vol. I

Cani & Razze Canine – Vol. II

Cani & Razze Canine – Vol. III

purtroppo il libro è ancora senza disegni e senza traduzione in inglese. Mario si giustifica affermando che 1) inserirei disegni farebbe lievitare i costi e che 2) esiste una letteratura vastissima su questo argomento scritta in inglese. Le sue affermazioni sono veritiere ma lui stesso dimentica il suo merito più grande: l’aver condensato tantissima letteratura in un unico libro, ok è un librone ma i contenuti sono esposti in maniera comprensibile.

Continuo a pensare che Mario debba trovare un traduttore e un editore all’estero. Il mondo intero potrebbe trarre beneficio dai suoi scritti. L’unico testo disponibile in inglese, per questo ve ne parlo, al momento riguarda il levriero afgano. E’ un libricino che raccoglie le slides del congresso mondiale sulla razza tenutosi nel 2014. Trovo i levrieri afghani molto belli ma non sono “la mia razza”, ne credo interessino molto ai lettori del mio blog, quindi perché parlo del libro

Levriero Afgano – Afghan Hound (Edizione Kindle)?

(E’ disponibile anche l’edizione cartacea a cura di Crepaldi Editore).

Semplice, essendo l’unico testo in inglese è il libro che può fare da apripista a tutti gli altri. Ho scritto la stessa recensione che leggete voi in inglese, potete trovarla qui e linkarla ad amici che non conoscono la lingua italiana. In secondo luogo, mi piace molto come analizza la razza dal punto di vista della morfologia funzionale: ne risultano spiegazioni chiare e stimolanti. Credo che libretti simili andrebbero fatti per ogni razza, cominciando ovviamente dal setter inglese! Questo libro è sull’afghano ma qualsiasi appassionato di razze da lavoro può trarne alcuni spunti. Inserisco sotto una piccola galleria del libro da Google Books, se non riuscite a vederla cliccate  cliccate qui.

Se vi piace quello che state leggendo, acquistate il libro o incoraggiate Mario a scriverne altri!




Mario Canton, the Afghan Hound and more…

This morning I realized I missed meeting Professor Raymond Coppinger by an inch. When I was attending some classes at Hampshire College (Massachusetts), he was on sabbatical. Unfortunately, I was not able to go back there on the following semester but, by coming back to Italy, I had the opportunity to meet and become friends with an equally gifted scholar. His name is Mario Canton and no, he does not research on dog behaviour, his favourite topic is dog conformation, analyzed under a scientific perspective. Mario is indeed a very humble person and he often claims “he has not discovered anything”, he has only put things together. It might be, but he made a huge amount of technical knowledge available to the average dog lover, quite an achievement!

Mario published his first book in 2004, after more than 35 years of research. I remember being the one proofreading it in the bathroom, checking for any possible typos and bugging him about 1) adding images and 2) having the book translated into English. The book “Cani e Razze Canine” (Dogs and Dog Breeds) has already had three improved editions since 2004, but it is still without images and without an English translation. Mario justifies himself stating that 1)images will make the book too expensive and 2) English speakers already have plenty of scientific literature about dogs in their own language. Both his statements are true, but Mario forgets his greatest merit: having condensed an incredible amount of literature in one book (a huge book indeed! ) and having re-written it in a way it is now easier to understand.

I am firmly convinced he should get a good translator and a good publisher abroad, the whole world could benefit from his writings. As for now, only one of his books is available in English and, today, I am telling you more about it. It is a small book about the Afghan Hound and it is based on the slides he showed during the Afghan Hound World Congress held in 2014. Whereas I think Afghan Hounds to be incredibly beautiful, I am not into the breed and I think most of my readers are not as well. So why am I reviewing the book

Levriero Afgano – Afghan Hound (Kindle Edition)?

(Paper edition available as well (it is published by Crepaldi Editore)

First of all, it is Mario’s only book available in English and, most important, he analyzes the breed according to the most modern knowledge about dog conformation and movement. I think he could and should do the same with other breeds – beginning from the English Setter of course! And I also think any dog lovers interested in a working breed can learn much from this tiny book. I am embedding a small gallery featuring some of the contents.  (In case you can’t see the Google Books gallery below, click here)

If you like what you see, consider purchasing the book or encourage him to publish more books in English!




I “vaccini” per la filaria non sono vaccini!

Queste parole le ho scritte io qualche giorno fa. Era una delle solite discussioni in cui, i veterinari, quando le cose vanno storto, vengono accusati di essere gli unici responsabili. Negli anni ho imparato ad ignorare queste discussioni e queste accuse ma, tuttavia, non posso ignorare i sacrifici che ho fatto e sto facendo per laurearmi in medicina veterinaria, per cui… a volte reagisco… Per farla breve, la vicenda vedeva coinvolto un cucciolone di Australian Shepherd, defunto dopo l’iniezione annuale per la prevenzione della filariosi (Guardian SR – Moxidectina).  In verità non era del tutto chiaro se il cane fosse morto a causa di questo prodotto, o in seguito all’ingestione di una pianta velenosa presente in giardino ma, secondo la massa, era stato ucciso da un veterinario ignorante. La discussione ha presto raggiunto il tetto dei 200 commenti, molti dei quali senza senso.

Innanzi tutto la gente si ostina a non credere che tutte le avermectine (ivermectina, moxidectina, milbemicina, selamectina….) sono SICURE per la prevenzione della filaria nei cani MDR1 (Multi Drug Resistance Gene).  il dosaggio utilizzato a questo scopo è bassissimo e non dà alcun problema.  il discorso sarebbe diverso se usassimo dosi molto più elevate, come quelle necessarie per trattare la rogna sarcoptica e  la rogna demodettica. Se ancora non mi credete, né credete al vostro veterinario, piuttosto che credere a vostro “cuggino”, leggetevi questo articolo scientifico. “Toxicology of Avermectins and Milbemycins (Macrocylic Lactones) and the Role of P-Glycoprotein in Dogs and Cats”.  Inoltre, non ha senso l’isterismo nei confronti di una di queste molecole (in genere il bersaglio preferito è l’ivermectina): dire “non uso ivermectina perché il mio cane è MDR1 e non è sicura, quindi somministro moxidectina”, dichiarando ciò vi date degli idioti da soli. Sono la stessa cosa! Sono lattoni macrociclici! [Se conoscete i farmaci secondo il loro nome commerciale, basta guardare sulla scatola per scoprire qual è il principio attivo].

Altra confusione circonda il Guardian SR, ovvero la moxidectina iniettabile a lungo rilascio, somministrata una volta all’anno. Questo prodotto è ritenuto in grado di proteggere il cane per almeno 6 mesi, ovvero per tutta la stagione delle zanzare. Si tratta di un FARMACO, non di un VACCINO.  i vaccini sono un’altra cosa: quando usate questo prodotto NON state vaccinando il cane per la filaria (nome scientifico Dirofilaria immitis, immitis in latino vuol dire crudele). Questo prodotto è identico al Guardian in compresse (moxidectina), che però va dato una volta al mese. Alcuni proprietari e alcuni veterinari preferiscono l’iniezione poiché ritenuta più comoda.

Personalmente…  Non mi piace l’idea di dare al cane un farmaco destinato a rimanere per mesi nel suo organismo. Vi spiego i miei perché:

Non so con assoluta certezza quanto rimarrà nel suo corpo;

Non so come e a quale velocità verrà metabolizzato;

Mi pongo il problema degli effetti collaterali.  Il prodotto è ritenuto sicuro ma ciò non toglie che un cane possa avere una reazione avversa, a quel punto non potrei fare nulla. Non ci sono antidoti e ci vorranno mesi per smaltire tutto il prodotto (e quindi mesi di effetti collaterali!)

Quindi, torniamo all’Australian Shepherd che ha ispirato questo articolo. Cosa è successo nel suo caso? A quanto ne so, il cane non era stato testato per il gene MDR1, quindi non sappiamo se fosse davvero ipersensibile ad alcuni farmaci. Sappiamo, tuttavia, che gli è stata somministrata moxidectina iniettabile a lento rilascio. Sappiamo che le compresse di moxidectina per la filaria sono sicure in cani con gene MDR1, ma l’iniezione? Teoricamente è sicura anche se la Washington State University, sul suo sito, la sconsiglia in razze a rischio per MDR1. Condivido il loro punto di vista (nel dubbio è meglio esagerare con la prudenza) e non la consiglierei a cani giovani per due motivi: 1) possono essere più sensibili ad alcuni farmaci e 2) essendo i cani ancora in crescita, dovrei usare un dosaggio più alto rispetto al peso corrente.

In ogni caso, spero di aver contribuito a fare chiarezza, e per cortesia non andate in giro a dire che i veterinari sono “capre” mentre cercate di sembrare furbi definendo vaccino un lattone macrociclico .




Heartworm “vaccines” are not vaccines!

These words came out of my keyboard a couple of days ago. It was one of the same old discussions in which vets end up being blamed for everything that goes wrong. Along the years, I have learnt to ignore them, but sometimes I cannot ignore the sacrifices I had, and I have, to face in order to graduate in veterinary medicine. Summarizing, the story was about an Australian Shepherd, younger than a year old, who died after being given the annual heartworm preventive (moxidectin, commercial name Proheart 6). To be honest, it is still not clear whether the dog died because of this drug, or by accidentally eating some poisonous plants in the garden. But, according to people, he died because of an ignorant vet. A mass revolt with more than 200, very confused, comments, exploded.

People refuse to believe that avermerctins (ivermectin, moxidectin, milbemycin selamectin….) used for heatworm prevention, hence at extremely low dosages, are perfectly safe for dogs who are MDR1- Multi Drugs Resistance Gene (affected). The dosage is too low to intoxicate them: it would be a whole different story if they were given the dosage to kill demodectic or sarcopctic mites. If you do not believe me, instead of listening to “your cousin”, read the scientific paper “Toxicology of Avermectins and Milbemycins (Macrocylic Lactones) and the Role of P-Glycoprotein in Dogs and Cats”. Furthermore, they are all the same: it is plain nonsense to give moxidectin, because ivermectin is tossic to MDR1 dogs…. These molecules belong to the same class. [I am not listing here the products commercial names, as they tend to be changed in different countries, just check your tablets box for the active component].

(Translation: So… let’s me figure this out, you just said vets are ignorant goats and now you call vaccine a macrocyclic lactone? I am a bit partial, you know…)

Confusion number two surrounds the Guardian SR (Pro-Heart 6) which is given to dog as an injection, once a year. It is moxidectin and it is supposed to stay in the dog’s body for at least 6 months, or more, thus protecting the dog during the whole mosquito season. This is a DRUG, not a VACCINE. Vaccines are another thing: you do not vaccinate the dog against heartworm (filariasis or Dirofilaria immitis, immitis means cruel in Latin), there are no vaccines against heartworm. What vets often reccomend, is the same drug you can give to your dog in tablets each month. Many people, however, and many veterinarians, prefer the long lasting formula, because it is more “convenient”.

I personally do not like it, I do not really like the idea of giving to an animal anything that is going to remain in his body for months. Why? It is very simple:

  • I do not know how long it will actually last;
  • I do not know how and at which speed it will be metabolized;
  • I am afraid of adverse effects. Albeit deemed safe, some dogs can experience side effects and, in this case, I will not be able to contrast them, there are no antidotes and these side effects could last for months….

So, what happened with the Australian Shepherd? First of all, as far as I know, he had never been tested for the MDR1 gene so we do not know if he really had a multi drugs resistance. Second, he was given Pro-heart 6, the long lasting moxdectin. I said above that moxidectin tablets are safe for MDR1 dogs. Is it the same for the injection? It should be safe but, for reason number 2 and 3 I would not recommend this product in a breed known for MDR1. Washington State University, on its website, gives this same advice. And neither I would recommend it for a pup/growing dog as you might need to give him a dose for “adult weight” and because younger dogs can be more sensitive to some drugs. When in doubt, err on the safe side!

I hope this can clarify some of the doubts, but please do not go around stating that “vets are ignorant goats” while, at the same time, trying to look smart by defining “vaccine” a macrocyclic lactone.




Displasia dell’anca (biomeccanica)

Sulla displasia dell’anca è stato scritto di tutto ma, studiando patologia chirurgica veterinaria, ogni tanto mi imbatto in cose che, probabilmente, non sono ancora note ad appassionati ed allevatori. Qualche giorno fa ho pubblicato un post su Facebook che riguardava la biomeccanica di questa articolazione e il post ha suscitato parecchio interesse, pertanto, ne parlerò anche qui in maniera più approfondita.

Un’articolazione, qualsiasi articolazione, per lavorare bene deve essere correttamente costruita: le superfici articolari devono essere congruenti, in caso di incongruenza, infatti, alcune parti dell’articolazione, dovranno sopportare più peso di altre.

Ci sono studi scientifici che hanno dimostrato che il massimo peso sopportabile dalla cartilagine è di 1kg/mm2. Prieur, un veterinario, nel 1980 ha pubblicato una ricerca  molto interessante e tutt’ora valida: Coxarthrosis in the Dog Part I: Normal and Abnormal Biomechanics of the Hip Joint W. D. PRIEUR, D.V.M. 1980).

Se prendiamo come esempio un cane di 30kg, la superficie articolare dell’anca sarà di 220  millimetri quadrati. In  tabella vedete cosa succede se la superficie articolare viene ridotta: abbiamo maggior peso per mm quadrato.

Nella prima colonna, vedete il peso che l’articolazione deve sopportare in stazione; su un solo arto, al passo e durante il salto. Qualsiasi peso che superi 1 kg per millimetro quadrato è da considerarsi patologico e provoca un danno alla cartilagine. La cartilagine viene schiacciata, si “stressa” e su modifica: perde elasticità, si ammorbidisce, si rompe e muore. L’articolazione si infiamma. si gonfia e inizia a degenerare (artrosi). Il processo non può essere fermato e termina con l’erburneazione: una reazione che indurisce l’osso rendendolo simile al marmo, questo accade nei punti in cui la cartilagine è stata erosa. Possono formarsi anche osteofiti.

L’incongruenza articolare può anche generare attrito e far innalzare la temperatura all’interno di un’articolazione. E’ stato stimato che la temperatura può raggiungere anche i 70 gradi Celsius mentre il cane (artrosico) corre.

Ps. La salute è fondamentale per il benessere del cane, se possiedi un cane da caccia con cui partecipi a prove di lavoro (o con cui vai semplicemente a caccia), dai un’occhiata al Gundog Project (Progetto di ricerca sul cane da caccia e da prove) e compila il questionario!




Hip dysplasia (biomechanics)

Much has been written in hip dysplasia in dogs but, studying for my veterinary surgery exam, I am discovering things that owners and breeders usually do not know. A few days ago, I posted something on the biomechanics of the hip joint on Facebook and people asked for more information… Here I am!

To work properly, a joint , any joints, shall be properly built: joint surfaces should be congruent, if they are not, some parts of the joint will have to bear more weight than others.

Scientific studies have demonstrated that the maximum load cartilage can tolerate is 1kg/mm2. Prieur, a veterinarian, in 1980 published a very interesting research which is still valid: Coxarthrosis in the Dog Part I: Normal and Abnormal Biomechanics of the Hip Joint W. D. PRIEUR, D.V.M. 1980).

If we imagine a dog weighting 30 kgs, the total hip joint surface would be 220 square millimeters. In the table you see what happens if the articular surface gets reduced, the smaller the area, the more weight gets concentrated on 1 square mm.

 

In the first column, you see the weight the joint has to bear while the dog is standing on 4 limbs; standing on 1 limb; walking (pacing) and jumping. Anything above 1 kg for square mm damages cartilage. Such a compressed cartilage, in fact, gets “stressed” and changes: it loses elasticity, it softens, it breaks and eventually dies. The joint gets inflamed, becomes swollen, and arthrosis develops. The process cannot be stopped and leads to eburnation: an ivory-like reaction of bone occurring at the site of cartilage erosion. Osteophytes might develop as well. [Osteoarthritis is a degenerative disease of the joints characterized largely by central loss of cartilage and compensatory peripheral bone formation (osteophytes). Over time, as the cartilage wears away, bare, subchondral bone is revealed. Eburnation describes the bony sclerosis which occurs at the areas of cartilage loss. Wikipedia]

Joint incongruity can generate friction which, on its turn, can increase temperatures inside the joint. It has been estimated that temperatures – inside an affected joint -can reach up to 70° Celsius (158°F) in a dysplastic hip joint (dog running).

Ps. Since health is fundamental to a dog’s welfare, if you own a gundog (you hunt or run trials with) please check the Gundog Project and fill out the survey!




Cinognostica Classica

Finalmente trovo due minuti per recensire l’ultima fatica dell’amico Mario Canton del sito www.dogjudging.com. Il libro si intitola Cinognostica classica. Tradizione cinologica in Italia del XX secolo. Sunto delle opere di Solaro, Barbieri, Misuraca, Rampoldi, Bonetti, Gorrieri, Morsiani e Renai
Noi lo abbiamo ricevuto il giorno stesso della presentazione, il 26 marzo 2017. Il volumetto è edito da Antonio Crepaldi e costa 25 euro.

L’abbiamo anche letto subito ricavandone la seguente impressione: è un rapido riassunto degli studi cinognostici intrapresi nel ventesimo secolo da diversi studiosi italiani. Come ci si può aspettare, si parte da Solaro, da cui parte tutto e si arriva a Renai della Rena, con il quale si se ne va, almeno a mio avviso, una certa maniera di intendere le esposizioni canine. Oggi sono sempre più show e sempre meno cinotecnica. Il libro presenta ogni autore brevemente e la sua opera. Molto interessante la figura di Lucrezio Misuraca, studioso valido ma sconosciuto ai più.

 

Vi omaggio di alcune frasi contenute nel libro:

Mi corre l’obbligo di segnalare che i concetti qui riportati e schematizzati sono frutto delle conoscenze che erano disponibili circa un secolo fa e come tali vanno considerati. (Prefazione)

Il giudice di esposizioni canine deve possedere la scienza del teorico, l’abitudine del pratico e il tatto dell’osservatore.

L’acume del giudizio sta nel vedere le differenze che sono tra le cose più somiglianti.

Chi vuol fare il muratore deve saper usare la cazzuola. (Citazioni attribuite a Giuseppe Solaro)

E qui viene il bello, uno dei pensieri salienti di Canton, viene riportato dal suo altro volume “Inchiesta sulla Cinotecnia” pubblicato sempre da Crepaldi Editore nel 2010.  Il libro raccoglie una serie di domande poste a Canton, vediamo proprio quella riportata anche qui.

“Domanda – Ritiene che qualcuno abbia stravolto il pensiero dei pochi cinotecnici italiani come Solaro, Barbieri, Gorrieri etc?

Risposta – Il pericolo, semmai, è stato il totale allineamento acritico su posizioni a volte chiaramente errate. Ho visto riportare in tutti i testi di cinognostica pubblicati dopo le “lezioni” di Solaro lo stesso identico errore per più di cinquant’anni: era evidentissimo, ma tutti hanno copiato senza comprendere quello che copiavano.”

Quindi? Dove voglio andare a parare? A rischio che Canton mi tolga il saluto (ma il mio punto di vista gli è stato già comunicato), ritengo che i due libri qui citati, ovvero il nuovo e quello del 2010, si integrino e che il nuovo, nonché meglio pubblicizzato saggio, possa essere meglio compreso se affrontato dopo la lettura di “Inchiesta sulla Cinotecnia”. Quel libro, in verità, non mi ha impressionato per la grafica e per l’impaginazione, sono un recensore molto onesto, ma ne ho divorato con curiosità i contenuti. Quindi… se volete leggere dell’evoluzione della cinognostica italiana, affrontate i due testi seguendo l’ordine di pubblicazione.




On Italians training, hunting and trialing abroad

Italy won the European Cup for British Pointing Breeds (Grande Quete),  the European Championship for English Setters and the European Championship for English Pointers (other results are still pending at the moment).  Everybody is happy, but many rumours started and the social media went crazy. I read every sort of rumors, polemics, attacks and accuses, which I do not want to spread further, but two topics deserve a deeper analysis, especially the second one. People complain about dogs whose nationality changes to make them able to enter the competition. Right? Wrong? I think this is a grey area. Italy has a huge number of dogs whose natural qualities make them suitable to these high level competitions. There are dozens, or more likely hundreds, of Italian English Setters and English Pointers that, potentially, could do very well. No other country can claim the same but… Some dogs have been seen and campaigned more than others because there are big fishes and small fishes. If you are a sardine, forced to swim among tuna, you will soon realize you cannot afford the trendiest trainer, nor the amazingly expensive travels all over Europe to stay on the top the circuit. Your dog will not have the same opportunities of a “richer” dog, you are perfectly aware he is unlikely to be asked to represent Italy. Maybe it is a good dog but, to compete at certain levels, being good is only part of the package.

So, let’s imagine you gave up any hope to compete in the European Cup but, let’s say, Transilvania proposes you a place in its team, would you accept? And if you, Mr. Sardine, accept, are we entitled to persecute you? I don’t think so and, let’s be honest, what would any of us do, if offered such an opportunity? What would I do? I do not know, but I might say yes to a country I feel connected to ( I am not very patriotic, I know…), whereas I would probably decline the offer if  it were coming from a country I don’t know anything about, nor I speak the language. This said, I do not think I have any rights to be judgmental about other people choices.

The second, more important, topic I am going to discuss still relates to foreign countries, but in another way. When I published the article on training problems in Italy and on the scarcity of game at Italian trials, someone suggested me writing something on Italians going abroad for hunting, training and trialing. Well, the truth is that, as far as small game, Italy is in a bad place. These animals are poorly, if ever, managed, and if you want to hunt or train your dog, going abroad can be a good choice. Can you train a dog in Italy? Of course you can, but it is going to be way harder, and your risk to pay in fines the same amount you will spend for a nice training holiday abroad. There is nothing wrong in going abroad to offer a dog more opportunity. If you have the time and you can afford it, why not? Serbia, nowadays is very popular, but before Serbia, Italian hunters and trainers had colonized other countries. I am not concerned about going abroad, I am perplexed about being dependent on “abroad”.

Many important Italian field trias (with CAC valid for the Italian Championship) are now run in Serbia. If you ask why, you hear different answers and some, the most convincing ones, pertains grounds, game and laws/local realities. Let’s start from grounds. Giacomo Lugari (an Italian famous hunter and video maker) , answering a post on Facebook remembered the European Cup run in 1999 in Tollara, Piedmont, Northern Italy. So the grounds… we have some suitable ones! I think so, but what about the game? The answer, this time , sadly is a no. I have never been to Serbia, but many, many Italians routinely go there and come back with happy tales about grey partridge. You cannot imagine how many partridges are there! You cannot believe! This is what they tell me and, yes I can believe them. I know what happens with grouse in the UK and I know that good wildlife management can produce tremendous results. Proper wildlife management is demanding, time consuming, costly and forces farmers, hunters, wildlife experts, gamekeepers and politicians to work together. Something must be sacrificed and people must learn to negotiate good meeting points, this is difficult but not impossible.

Someone justify Italy stating that Serbian agricultural techniques are 50 years older than ours and that this is a good thing for greys. Probably but… If we truly are 50 years ahead, we should be able to use our more advanced knowledge to recreate an habitat that might suit greys. I refuse to believe this cannot be done: do you remember Reinaissance? Italy gave birth to Leonardo da Vinci and other geniuses and now, their descendents, cannot successfully manage four birds?

And what about the money? In Serbia up to 500 dogs run in a day. Each entry costs 30 euros, multiply them for 500 and subtract something for “expenses”. Accessing training grounds costs about 100 euros a day (regarldess of the number of dogs you have with you), so remember about these money as well. I am a terrible accountant, but I came to the conclusion that Serbian grey partridge are producing quite an income. The Serbians have been smart in recognizing this and I think that grey partridge are improving the lives of those living there. There are the training grounds money, the field trials entries, people staying in hotels, people dining in restaurants… The Serbians are doing the right thing, and the Italians? What shall we do, besides thanking them for the opportunities they provide us? I think that maybe we shall get inspired and consider the grey partridge an excellent business partner: some more determined people would resuscitate dinosaurs for similar amounts of money!

The laws, adds someone else, we have more bureocracy and more rules than Serbia. We have animal right activist and an outdated law on wildlife management and hunting. This law must be changed , says someone else, but in Italy is hard to be proactive, each time you try, obstacles get thrown in the way. This is true, but is this enough to give up the hope in a better countryside, for better fieldsports? I truly don’t know.




L’estero, l’addestramento, la caccia e le prove

L’Italia ha vinto la Coppa Europa per Cani da Ferma Inglesi in Grande Cerca, il Campionato Europeo Setter Inglesi Grande Cerca e il Campionato Europeo Pointer Grande Cerca, altri risultati devono ancora arrivare.  Tutti contenti ma anche tante polemiche. In questi giorni ho letto di tutto sui vari social e vorrei riflettere su un paio di punti, mi preme soprattutto il secondo. Il primo punto riguarda il fatto che alcuni cani cambiano nazionalità per entrare nella competizione. Giusto? Sbagliato? Condannabile? E’ un’area grigia. Il numero di cani italiani potenzialmente in grado di ben figurare in manifestazioni di grosso calibro è immenso, forse decine di soggetti, forse centinaia, chi può dirlo. Il numero di esemplari di “livello” non ha probabilmente pari in alcuna altra nazione al mondo. Però, ci sono pesci grandi e pesci piccoli, ovvero proprietari che hanno potuto (anche in virtù dei mezzi economici) dare ai propri cani maggiore visibilità e che, anche grazie a ciò, entrano in squadra. Il proprietario sardina, che nuota tra i tonni, che non può permettersi l’addestratore di grido, né un infinito numero di trasferte in tutta Europa, sa che probabilmente il suo cane non entrerà nella rappresentativa azzurra. Così vanno le cose, peccato, magari è persino un buon cane, ma occorre essere realisti. Poi, un giorno, alla nostra sardina, viene proposto di “prestare” il cane alla rappresentativa della Transilvania e la sardina accetta. Dobbiamo dargli addosso? Cosa fareste voi al suo posto? Cosa farei io? Boh, rispondo, il mio patriottismo si è ridotto ad un lumicino da un bel pezzo, se me lo chiedesse un paese a cui mi sento legata, forse direi di sì, certo se me lo chiedesse una nazionale di cui non parlo la lingua e di cui non so nulla, probabilmente direi di no, questo non mi mette comunque in condizione di giudicare le scelte altrui.

Il secondo, e ancor più importante punto, riguarda sempre l’estero, ma con un altro taglio. Quando ho pubblicato l’articolo sui problemi che esistono se si vuole addestrare un cane in Italia, e sulla scarsità di selvatici alle prove, alcuni mi hanno scritto toccare il tasto dell’estero. L’ Italia, al momento, se parliamo di piccola selvaggina, grazie alla squallidissima gestione faunistica, è dipendente dall’estero. Certo, il cane lo puoi addestrare anche in Italia ma fai 100 volte la fatica e rischi di pagare in multe l’equivalente di una trasferta!

Sbagliano gli italiani ad andare a preparare il cane altrove? No, prendono atto della realtà dei fatti e, se possono permetterselo, cercano il meglio per i propri cani, ciò è assolutamente condivisibile. Oggi va tanto la Serbia, ma l’abitudine di andare ad addestrare fuori , è iniziata da prima, lo stesso può dirsi della caccia (trovi cacciatori italiani in ogni angolo del globo) e delle prove. Io non ho nulla contro l’estero (o non avrei preso una laurea in lingue e letterature straniere), mi lascia tuttavia perplessa la dipendenza dell’Italia dall’estero. Molte prove cinofile italiane di alto livello, oggi sono corse in Serbia. Quando si chiede, o si prova a capire il perché, vengono date tante spiegazioni, le risposte più convincenti che ho avuto riguardano i terreni, la selvaggina, i regolamenti/ la realtà dei luoghi. Ma andiamo con ordine, rispondendo ad un post su Facebook relativo alla Coppa Europa, Gianni Lugari, ha ricordato la Coppa Europa corsa nel 1999 in Tollara ma…. Allora… I terreni… Esisterebbero anche in Italia! Probabilmente sì, se parliamo di spazi, probabilmente no se parliamo di selvatici, altro punto molto importante. Non sono mai stata in Serbia, ma tutti coloro che ci sono stati, per caccia, addestramento o prove (e parliamo di un numero elevatissimo di italiani) raccontano di tante e tante starne a disposizione dei cani. Dicono “non puoi crederci”, invece ci credo conoscendo la realtà delle grouse britanniche: avere selvaggina è possibile se sai fare una corretta gestione. È costoso, non è semplice e richiede l’impegno di tante categorie di persone, dall’agricoltore al cacciatore, tutti devono fare qualche sacrificio per un bene “superiore”. Difficile, tuttavia, non è sinonimo di impossibile.

Tanti giustificano l’Italia, asserendo che l’agricoltura serba è indietro di 50 anni e che questo favorisce le starne. Possibile, ma se noi siamo davvero avanti di 50 anni, è impossibile che non abbiamo i mezzi e le competenze per ricreare un equilibrio favorevole alla starna. Scusate ma mi rifiuto di crederlo, vi ricordate il Rinascimento? La nostra nazione ha dato i natali a Leonardo da Vinci e ad altri geni e oggi, i loro discendenti non sanno mettere insieme quattro pennuti! I costi? Facciamo due conti: in Serbia si parla anche di 500 cani che corrono al giorno, moltiplicate 500 per i 30 euro delle iscrizioni (cifra a me riferita), al tutto sottraete le “spese” ma aggiungete i permessi di addestramento che, sempre a quanto mi dicono, sono pari a 100 euro al giorno (cifra elevata se hai un solo cane, ma irrisoria se hai un furgone pieno di soggetti da preparare). Ecco io e la contabilità siamo due entità separate ma, ad occhio, direi che si va su cifre “interessanti” e che i serbi sono stati bravissimi, e lo dico con estrema sincerità, a capire quale ricchezza possano rappresentare le starne. Dalle fotografie che ho visto, le prove si corrono in zone rurali dove la fonte di reddito principale credo sia l’agricoltura. Le starne portano tanti altri soldini sotto forma di iscrizioni alle prove, di permessi per addestrare, di spese che normalmente affronta un turista: vitto, alloggio, la cenetta fuori e qualche altro extra. Immagino la faccia dell’indigeno serbo perplesso, ma felice, dal tanto interesse verso dei pennuti. I serbi sono stati e sono bravissimi ad aver compreso quale ricchezza avessero tra le mani. Noi italiani? Oltre a ringraziarli per le opportunità che ci danno, non potremmo, magari, che so, prendere spunto? I risvolti economici non sono abbastanza interessanti? Per certe cifre, popoli più determinati farebbero risorgere i dinosauri, altro che starne.

Beh, ma obietta qualcuno, da loro è più facile, non c’è la nostra burocrazia, non ci sono tutte le nostre “regole”, non ci sono gli animalisti.  Va cambiata la 157/92 affinché la situazione possa cambiare, tuonano in tanti, e so altrettanto che, in Italia, quando si cerca di essere proattivi e di fare qualcosa fioccano gli ostacoli e gli impedimenti, burocratici e non. Ma è questo motivo sufficiente per rassegnarsi ad una situazione faunistica, e anche venatoria che non ci soddisfa?




Incontrare o gestire la selvaggina? IT vs UK

Le persone continuano a chiedermi le differenze tra le prove italiane e quelle britanniche. E’ complicato, ne ho già parlato in un altro articolo, ma i punti da toccare sono tanti e, più partecipo alle prove italiane, più differenze riscontro. Ho scritto partecipare perché le prove ho iniziato a “guardarle” nel 2004, ma da poco gareggio e, in ogni caso, in questi 13 anni alcune cose sono cambiate. Il mio ruolo, inizialmente, era quello del giornalista/fotografo, a cui a volte i giudici davano il compito di trascrivere le loro note. Ero un osservatore neutrale e ho avuto la grande opportunità di poter seguire le cose da vicino, pur restando ad esse esterne. Il fatto che io sia scesa in campo ha stupito chi era abituato a vedermi nel mio altro ruolo ma, questa nuova pratica mi consente di comprendere le cose ancor più in profondità. Le miei opinioni, impressioni, sensazioni e preoccupazioni non sono cambiate ma posso dire di poter vedere alcune cose con maggior chiarezza, e questo è un processo ancora tutto in divenire.

Ho spesso affermato che obbedienza e controllo del cane sono fondamentali in una prova di lavoro britannica ma meno importanti alle nostre prove. Dietro a questo approccio ci sono molte ragioni, alcune probabilmente più socio-economiche che non cinofile. La presenza della selvaggina è sicuramente uno dei punti chiave. Sono arrivata alla conclusione, non che ci volesse un genio, che ad essere “colpevoli” siano la presenza, o l’assenza, di selvaggina. Chi ha familiarità con le prove italiane, sa quanta fortuna occorra per trovare un selvatico, In media, direi che circa il 25-30% dei cani, nel corso di una prova, ha la possibilità di fermare e lavorare il selvatico come si deve. Circa il 30-35% dei cani ha invece la possibilità di “vedere” un selvatico ma poi succede qualcosa (compagno di coppia, capriolo, meteorite…) che gli impedisce di completare l’azione. A volte le cose vanno anche peggio: durante una prova corsa lo scorso ottobre non si è visto un selvatico. La mia batteria, se non ricordo male, era formata da 11 coppie, quindi 22 cani e alcuni cani, tra cui la mia, sono stati portati al richiamo per offrire loro una seconda possibilità. In totale si è visto solo UN piccione, come potete immaginare nessun cane è andato in classifica. In Gran Bretagna è tutto diverso, i cani hanno quasi sempre la possibilità di incontrare, poi qualcosa può andare storto ma, di sicuro, il mancato incontro non è in cima alle preoccupazioni dei conduttori.

Per trovare un selvatico in italia devi avere un cane sveglio che si porti addosso uno zainetto pieno di fortuna: purtroppo è tutto vero,  parlerò del perché in altri articoli. Tutto ciò è reale e tristissimo: io amo i cani da ferma e chiunque abbia la stessa passione sa quanto questa situazione possa essere frustrante. Immaginate la giornata tipo alle prove: ci si alza alle 3 del mattino (perché le prove iniziano prestissimo), si guida per 200 chilometri, il cane fa un bel turno ma non incontra. Al giudice è piaciuto e lo porta al richiamo, per dargli una seconda possibilità ma, di nuovo, non incontra e la prova si chiude così. Immaginate questo accadere regolarmente e avrete il quadro completo.

Anni fa, chiacchierando con un giudice, gli ho chiesto perché alcuni allevatori fossero ossessionati dai galoppi: esistono ancora cani senza cervello, né senso del selvatico ma che però hanno galoppi favolosi, tipicissimi per la razza. Volete leggere la risposta? Breve e incisiva: gli allevatori danno molta importanza al movimento perché per il 99% del tempo i giudici lo vedranno galoppare, data la rarità delle ferme. Quindi si ricorderanno soprattutto come cerca e come muove. La risposta ha senso, ma mi rattrista. Le prove erano nate per valutare i cani da ferma e accertarsi che fossero buoni cani da caccia? Quindi per ora abbiamo dei bei galoppi, e poi?

Credo che al cuore delle nostre prove ci sia il trovare il selvatico, meglio se fatto con bello stile e dei bei lacets ampi e profondi. È così difficile incontrare qualcosa, che quello che viene dopo è meno importante. Non sto insinuando che una bella presa di punto e una bella ferma non siano importanti, gli italiani ci tengono eccome, sto dicendo che una volta fermato il selvatico le cose non possono che andare migliorando! Forse è per questo che una volta visto il cane in ferma i conduttori lo raggiungono in corsa trasudando entusiasmo. Cosa succede se è un po’ esitante nella guidata? Se non è immobile al frullo e allo sparo? Probabilmente si chiuderà un occhio, tenendo conto di quanto sia già stato difficile incontrare.

Gerry Devine at a Scottish trial. Such actions are a common sight

In Gran Bretagna è tutto l’opposto: i cani corrono in luoghi in cui i selvatici sono presenti, a volte troppo presenti, il che rende vitale il controllo sul cane. Non è difficile trovare una grouse, la trovi anche senza cane, diciamo che la selvaggina è data per scontata. Ad una prova di lavoro britannica non sarà difficile vedere un cane in ferma, le ferme sono una cosa normale. Dopo tutto le prove sono nate per valutare i cani da ferma e senza ferma come si fa? Quando un cane va in ferma, da loro, il conduttore lo raggiunge tranquillamente camminando. Colpa di un eventuale regolamento? Dell’indole meno focosa? Può darsi, ma credo che il nocciolo della questione sia la consapevolezza, sanno che la parte più difficile della prova inizia adesso. Dopo la ferma, il cane deve guidare e fare alzare correttamente il selvatico, dimostrare immobilità perfetta al frullo e allo sparo e eseguire il “clear the ground” (ispezionare il terreno per accertarsi che non ci siano altri selvatici), il tutto condito da una buona dose di obbedienza. Le prove britanniche non sono facili!

Quindi… durante una prova italiana l’incontro è al centro della scena (meglio se il cane ci arriva con stile), mentre in Gran Bretagna il cane è controllato a puntino su come gestisce il selvatico dopo l’incontro. Agli italiani importa, eccome, di come il cane fermi e porti il selvatico ad involarsi ma, sfortunatamente, le occasioni per verificarlo sono limitate. A fare la differenza sono l’ambiente la gestione della selvaggina. Se scavo nella mia memoria, le cose che ricordo di più di cani specifici alle prove inglesi, sono il loro lavoro dopo la ferma (soprattutto le guidate) e l’obbedienza. Certo, mi ricordo anche di alcune cerche straordinarie ma queste occupano uno spazio più piccolo della mia memoria. Se cerco di ricordare le prove italiane, le cose sono rovesciate.

Che cosa è meglio? Non ci sono vincitori. Per essere vincente ad una prova italiana il cane deve essere molto determinato, avere molto senso del selvatico (e/o una dose gigante di fortuna), muoversi con stile e essere intraprendente, a volte anche troppo indipendente. Quando si ha il tutto nelle giuste dosi, si ottiene un gran cane, ma se si sbagliano i conti si producono cani che corrono per il solo piacere di correre e che sono inaddestrabili dalla persona media. Il sistema britannico, invece, controlla con pignoleria come il cane tratta il selvatico e obbliga i conduttori a tenere d’occhio l’addestrabilità. Di converso, a volte da loro trovare un selvatico è troppo facile. Se un cane potesse essere verificato attraverso entrambi i sistemi si andrebbe vicino alla perfezione.