Quattro passi dentro casa: la cinesata suprema

Disclaimer: questa volta non si tratta di un articolo cinofilo, né venatorio (sebbene un articolo con questo tema sia in preparazione), quello che state per leggere è un esercizio di scrittura “terapeutica” da quarantena. Del resto c’è chi si rilassa cucinando e chi scrivendo.

What if… Scrivessi il bestseller del secolo? Il secolo è appena iniziato e scrivere un libro che vendesse bene sempre stato il mio Piano B. Anzi no, il Piano C, il Piano B è meglio che lo conoscano solo in pochi: manca ancora la materia prima per pensare di realizzarlo, ma non posso svelarlo, comporterebbe il rischio che salti.

Sono le 18.00, diciotto punto zero-zero, sei zero zero p.m.,
in questo momento mi sfugge come leggano le ore nei Marines.  Mi appena risvegliata da un torpore profondissimo,
il che significa che non sono ancora davvero sveglia.  Non c’è né come il non dormire la notte,
dovrei saperlo: del resto non ho mai dormito. 
Ho passato la mia infanzia attaccata alle tazze di tè: a 3 anni sapevo già
distinguere un British Breakfast da un Earl Gray, al primo sorso.  Oggi per far ripartire il motore al minimo
dei giri, è servita una moka doppia di caffè ecobio-solidale non so cosa, ha
una confezione color juta. A seguire, una tazza di, mi pare che si chiami,
English Rose della Whittard. Whittard of Chelsea, la Londra bene, un tè
pannoso, una tazza di tè non potrebbe essere pannosa, ma questa lo è. Vi scrivo
standomene affondata nel divano con il computer sulle ginocchia. Sotto al
computer un supporto fucsia, anzi no, chiamiamolo con suo vero colore “rosa
shocking”. È non è nemmeno tanto trash, passatemi il secondo anglismo. Il
problema è un altro: a causa della globalizzazione, che ci ha messo in questo
disastro, migliaia di persone ne hanno uno identico al mio: li produce Ikea,
non potrebbe che essere altrimenti.

La cosa più spazzaturosa che mi circondi, tuttavia, sta un
paio di piani al disotto del supportino color lampone: sotto al mio sedere e
sotto ai cinesissimi jeans di seconda mano, se non ricordo male. Parlo della
trapunta che mi è stata regalata. Nell’intenzione di chi l’ha acquistata,
doveva trattarsi di un oggetto patchwork fatto a mano e a tema setter ma, non
appena è arrivato il pacco, ci si è subito accorti che la realtà superava di
gran lunga la fantasia. Davanti a me c’era l’equivalente di un copri asse da
stiro o, se preferite, di un sinteticissimo copri materasso. Nessuna traccia
delle pezze da patchwork,  abbiamo invece
un tessuto unico e scintillante, ovvero predestinato all’autocombustione. Su di
esso sono stati stampati, per giunta rozzamente, immagini di setter inglesi.  Ci sono persino le sbavature…

C’è sopra un po’ di tutto, ma confesso che il motivo per cui l’ho accettata come regalo di compleanno è stata l’immagine centrale: una, per me è una lei, setter identica a Tinkie, la mia ex-cucciola preferita. Non è ancora il momento giusto per raccontarvi di Tinkie, strepitoso esempio di resilenza, vi basti sapere che questo telo radioattivo è arrivato anche a causa sua: qualcuno certe colpe deve pur prendersele! Generalmente parca, in questo caso avevo deciso di abbondare, scegliendo la versione matrimoniale del telo, in modo da poterlo usare per il mio divano personale. Non immaginavo che, una volta aperto il pacco, le dimensioni avrebbero raddoppiato un vigoroso attacco di risate. Sì, perché di fronte a un tale monumento al kitsch, puzzolente come il catrame appena steso, non si poteva fare altro che riderci sopra: impossibile buttarlo nel camino, visto che non ce l’ho. Tra l’altro, essendo il mio compleanno a fine maggio, ed essendo il telo arrivato con tempistiche caraibiche, più che cinesi, la sua sinteticità non ne permetteva un pronto utilizzo in un ordinario luglio da Pianura Padana. La sorte, tuttavia, dopo l’inganno, era tornata a sorridermi: a breve sarei partita per il nord dell’Inghilterra e il sinteticone, lassù, avrebbe avuto vita più facile.

Let’s go together: io, Briony detta “la tigre”, Tigerlily detta “la foca”, la zia Chiara (la zia della foca) e il telo delle meraviglie. L’intenzione era quella di usarlo per salvaguardare il divano dai cani: con nostra sorpresa, abbiamo trovato ben due divani e una casa intonsa, una figlia naturale di Elle Decor. I suoi genitori adottivi, quelli della casa intendo, si sono subito mostrati molto apprensivi, qualcosa di inquietante considerando, la concomitante presenza della “Lillina”, una setterina che, a dispetto del nome floreale, andava comportandosi come la figlia del demonio. È così è iniziato il balletto del metti il telo – togli il telo; del metti il tappeto – togli il tappeto. Ogni giorno coprivamo il divano piccolo con ceste e tavolini; il divano grande lo coprivamo con la cinesata. I tappeti, invece, acquistati con grande affanno, venivano ritmicamente stesi, e poi arrotolati, a tutela della moquette, grigio polvere chiaro, che dava dritta su un giardino annaffiato a giorni alterni da tempeste oceaniche. In questa lotta senza tregua al fango e al danno, temevamo, probabilmente non a torto, di essere spiate dai veri proprietari della casa:  a ogni uscita smantellavano l’accampamento, per poi ripristinarlo al rientro. 

Poi vennero la traversata della Manica, il Passo del Gottardo e i tempi surreali del COVID-19, fu così che il copriletto acrylic-setteroso si sentì finalmente a casa, in mezzo alle risaie del nord Italia.

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