I trials inglesi: questione di atmosfera

In tanti mi chiedono perché vado con i cani in Inghilterra, come si fa a partecipare e, soprattutto come si fa ad allenare. Quest’ultima domanda, vista la fame di selvaggina che si ha in Italia, è più che lecita, ma le cose sono un po’ più complicate di quello che sembrano.

Nel 2015, grazie ad una serie di “coincidenze” ho avuto per la prima volta in vita mia la possibilità di assistere ad una prova di lavoro su grouse in Inghilterra e di partecipare, da spettatrice, ad una sessione di addestramento.  Molto di quanto ho visto mi ha affascinato al punto di farmi decidere di cercare di diventare parte di un mondo che, per lo meno geograficamente, non mi apparteneva.  Ero nata nel posto sbagliato, ma mi sentivo culturalmente vicina a loro. Intendiamoci, le prove di lavoro inglesi (e scozzesi) non sono perfette: ad oggi non ho ancora trovato un sistema d valutazione che possa testare in maniera zootecnicamente perfetta le caratteristiche del cane da caccia ideale, eppure…. Eppure, il circuito di prove britanniche possiede elementi che continuano a suscitare il mio interesse.

Vado in Inghilterra perché è più facile”, questa è la voce che mi è giunta alle orecchie. Beh, mi dispiace deludere i vocianti, ma nelle prove inglesi di facile non c’è un bel niente. Non mi credete? Ok, ve lo dimostrerò. Il minuto, per esempio, non esiste, se al giudice non piace come sganciate il cane, o se il cane allo sgancio fa qualcosa che al giudice non piace (per esempio emette un guaito di felicità, o guaisce perché gli avete pestato un piede) voi siete eliminati. Tenendo conto che i giudici sono due (uno controlla a destra e uno controlla a sinistra), occorre fare in modo di piacere ad entrambi. I turni oltre a non avere il minuto, non hanno una durata minima, o massima.

Il cane deve partire nella direzione assegnata: se deve andare a destra e va dritto, o gira immediatamente a sinistra, può essere penalizzato, o eliminato, a discrezione. La stessa cosa può succedere se si allontana troppo, se non “gira” quando richiesto dal giudice, se non va a terra quando richiesto, o se non guida con scioltezza quando dovrebbe farlo.

In guidata il cane non si può toccare, pena l’eliminazione.
Non è il conduttore a sparare dopo l’involo del selvatico, bensì un
guardiacaccia, su comando del giudice: non è quindi pensabile il trucchetto
dello “sparo-nascosto-in-un-cespuglio” molto amato da alcuni dresseur nostrani.
Non serve avere il grilletto facile, perché di fatto non si ha un grilletto.

Il cane deve rimanere fermo (IMMOBILE) al frullo e allo sparo, non può muoversi di un millimetro ma, a conclusione dell’azione, deve proseguire la guidata nel clear the ground (pulizia del terreno per individuare altri eventuali animali, in genere parte di una covata).

Non è possibile guinzagliare il cane immediatamente dopo
l’involo: il cane può essere legato solo quando lo decide il giudice. Se il
cane ha fatto tutto correttamente è possibile che veniate chiamati al secondo
turno: i cani, per andare in classifica, devono essere verificati due volte.

Può capitare, tuttavia, di non essere richiamati anche se, in apparenza tutto é andato bene. Questo può accadere per esempio perché molti cani sono stati shot over e quindi ne vengono richiamati solo alcuni (i migliori) dal momento che la classifica va solamente dal primo al quarto cane…  Il numero dei cani al secondo turno può essere altresì ridotto in contingenza di condizioni particolari che riguardano il terreno, la selvaggina, o il clima.

Generalmente, tutti i cani sganciati sul terreno presentano un livello di ubbidienza medio-alto. Il cane che allunga troppo, che si prende delle licenze, o che non si fa legare, non è un esemplare gradito.

Grouse…

Per diventare campione un cane deve vincere due Field Trials in classe Open, ma per avere diritto a correre in Open deve aver prima vinto una classe Novice (o aver fatto due secondi posti in una Novice) o una classe Puppy. A volte è possibile competere in Open anche senza essersi qualificati, ma solo se ci sono posti a sufficienza. Sì perché ai trials esiste una sola batteria e i posti sono limitati: i club organizzatori stilano una graduatoria, e chi è in fondo alla graduatoria finisce in lista d’attesa.

Credo questo possa fare comprendere che scegliere di partecipare alle prove inglesi non sia una scelta “di comodo”: oltre a doversi fare quasi 2000 chilometri (solo andata) per raggiungere i campi di gara, è persino difficile avere la possibilità di gareggiare!

Il numero chiuso, però, in fondo ha senso ed è espressione
dell’intento non consumistico di queste prove. A nessuno importa avere più cani
e a nessuno importa attirare i “professionisti” che, di fatto, praticamente non
esistono. C’è un solo conduttore, per giunta irlandese, che arriva con un
discreto numero di cani condotti “conto terzi”, così come c’è un solo
allevatore (di setter inglesi) che ricava parte del suo reddito dalla vendita
di cuccioli. Il setter inglese, tuttavia, è una razza poco commerciale: chi
sceglie i cani da ferma inglesi generalmente predilige i pointer ma, vi sembrerà
incredibile, nessuno si guadagna da vivere allevando pointer da lavoro.

C’è qualche conduttore semi-professionista che conduce uno, o al massimo, due cani per altre persone e un gruppetto di appassionati/allevatori amatoriali che iscrivono il loro branchetto. Chi possiede più cani, tuttavia è svantaggiato: da regolamento si cerca di garantire la partecipazione di un cane per ogni proprietario…. Quindi se ne avete quattro, è probabile che alcuni di loro vengano messi in lista d’attesa.

Il fatto che i conduttori non addestrino cani per vivere, non significa che non sappiano preparare i cani: al contrario, si colgono finezze di conduzione e di preparazione a cui non ho mai assistito qui in Italia. L’addestramento è una passione e si lavora con la massima cura dovendo rendere conto per lo più a se stessi, oltre che ai giudici.  I bravi conduttori mettono soggezione non perché sono “famosi”, ne perché hanno “vinto tanto”, ma semplicemente perché sono BRAVI. Starei ora fare domande e a chiedere di raccontarmi come fanno ad insegnare al cane questo e quello.

Famosi o meno, ci si chiama per nome, non per cognome, e ci si conosce tutti. Ci sono Richard, Maddy, Carole, Maria, Terry (un paio), Sara, Mary, Anne, Nicky (un altro paio), Dennis, Steve… eccetera. È normale prima dello sgancio scambiarsi una stretta di mano, o un augurio di buona fortuna: il compagno di coppia, del resto, si chiama compagno di coppia, non rivale di coppia. Tutti sanno che correre con un compagno di coppia ben preparato è un vantaggio: difficilmente causerà disturbo all’altro cane.

Tra i nomi che ho appena elencato sopra ne compaiono anche tanti femminili. Le donne che addestrano e conducono cani, nel Regno Unito, non sono bestie rare, tutt’altro. E non si limitano a fare capolino ai trials con il cane preparato da qualcun altro, la maggior parte di loro il cane se lo prepara da sé, e non è certo lì per seguire la passione del marito, o del compagno. Al contrario, spesso sono proprio i mariti che vengono a vedere e a dare una mano.

La parte umana dei trials ha il suo perché, insieme a tutte le tradizioni e alle formalità che l’accompagnano. I britannici non sono i più espansivi dei popoli, ma dopo un po’ ci si sente parte di quel mondo, un mondo fatto da formalismi, ma anche da semplicità che vanno dal pranzo al sacco, consumato tutti insieme all’aperto in quasi qualsiasi condizione climatica, alla cucciolata fatta esclusivamente per portare avanti la propria linea. Le razze da ferma inglesi, infatti, non sono granché commerciali e commerciabili e questo tiene ben lontana la minaccia che la cinofilia venatoria diventi un business. Un maschio vincente farà qualche monta (forse), ma non diventerà mai uno stallone di grido, capace di rendere ricco il suo proprietario.

L’aspetto amatoriale caratterizza anche la gestione dei terreni e dei selvatici. Gli italiani sono abituati ad andare all’estero per allenare e per addestrare e credono che basti pagare per poter sganciare il cane. Costoro non hanno mai incontrato un gamekeeper britannico al quale, molto francamente, non importa nulla delle esigenze del vostro cane. I guardiacaccia stanno lì per tutelare la selvaggina, punto, e il cane è spesso visto come un elemento di disturbo. Si può allenare (o essere invitati a censire) a discrezione del guardiacaccia, non è un diritto che si acquisisce pagando, occorre in qualche modo meritarselo. Negli anni sono riuscita a allenare il cane e a partecipare a qualche censimento, ma queste attività non sono programmabili. Tutto dipende dal clima, dall’età dei selvatici, dall’andamento delle covate, dalla disponibilità di chi vi deve accompagnare, eccetera eccetera. Allenare è un privilegio, non un diritto.

Gamekeepers…

È difficile avere accesso ai terreni, ed è per questo motivo che il mio cane, per esempio, ha fatto molto meglio su starne e su fagiani, che non su grouse. Non posso allenare il cane su grouse in Italia, perché non esistono e, in Inghilterra, non sempre ho la possibilità di muoverla abbastanza.  La grouse di per sé è un selvatico come un altro, che ben si presta al lavoro del cane da ferma, ma che ha due problemi. Uno è legato all’emanazione e l’altro alla densità numerica. L’emanazione è molto forte e può far bloccare cani abituati su selvatici meno “odorosi” e più leggeri e, come detto poco sopra, se il cane non guida in maniera fluida rapidamente, viene eliminato. Il secondo problema, ovvero la densità di animali, amplifica il primo problema: è normale veder alzare voli d 15-20 grouse, che se ne stavano da qualche parte tutti insieme. D’altra parte, un cane molto focoso e non ben addestrato, può perdere la testa di fronte a tanta selvaggina e andarsene a spasso per ore, o addirittura per giorni. I moors inglesi sono utilizzati per la caccia alla grouse in battuta, non per la caccia con il cane da ferma, questo spiega la tanta densità ma, come potete capire, confonde il cane.

Nelle prove a autunnali a pernici (starne), invece, ferma restando una densità di selvatici superiore a quella dell’Italia, essa è inferiore a quella delle prove estive e l’incontro non è garantito, ma si tratta di densità più consone ai nostri cani. I moors della Scozia, su cui sono stata soltanto nel 2016, li ricordo come una via di mezzo, mentre mi restano ancora da scoprire le prove primaverili. Certo è che la magia di un moor estivo ricoperto di erica in fiore e abbagliato da un cielo violetto è difficile da superare.

Vuoi saperne di più sui Field Trials ne Regno Unito? (Articles available in Englih as well) Clicca qui.




Altre brevi note sul setter nero focato – di Rino Radice

Altre brevi note sul setter nero focato – di Rino Radice Rassegna Cinofila Novembre-Dicembre 1936 XV

Trascrizione a cura di Maurizio Peri

I Brevi appunti sul setter nero focato da noi pubblicati nell’ultimo numero di questa Rassegna, non hanno incontrato il favore di un anonimo scrittore di “La Caccia e la Pesca” (v. La Caccia e la Pesca, n.3: A proposito del Setter scozzese – sinonimi: Setter Gordon, Setter nero fuocato – smentite ufficiali che non smentiscono ma confermano) e del Prof. Gino Pollacci (v. Diana 1936, n. 24: Ancora sul Setter Scozzese).

Il dissenso non ci stupisce affatto perché è da tempo che La Caccia e la Pesca va ospitando articoli nei quali si sostiene sia la denominazione di scozzese sia il mantello tricolore per la razza di cui è questione, ed il Prof. Gino Pollacci nel n. 19 (15 Ottobre) di Diana 1936 spezzava ancora, posteriormente dunque al riconoscimento E.N.C.I. alla Società del Setter nero fuocato, una lancia a favore del mantello tricolore e della denominazione… scozzese.

E’ appunto a causa di tali pubblicazioni che abbiamo ritenuto opportuno e doveroso pubblicare i nostri brevi appunti. Il dissenso dunque non ci stupisce perché già conosciuto, ma quello che ci stupisce è il modo col quale specialmente l’anonimo scrittore de La Caccia e la Pesca, ed, in tono minore, il Prof. Pollacci, hanno creduto di potere demolire le conclusioni cui eravamo arrivati nei nostri brevi appunti.

Avevamo onestamente pubblicato integralmente cinque documenti (le lettere dei Sigg. Eadington, Jack e Wright, la memoria del Sig. Bolam e lo standard ufficiale inglese), ne avevamo tratte le nostre conclusioni, sulle quali il lettore poteva pur dissentire, ma avevamo dato mezzo al lettore di formare il suo giudizio alle medesime fonti dove avevamo attinto il nostro; non ci aspettavamo però che per giungere a diverse conclusioni si potesse osare di citare incompletamente e di stroncare i pensieri degli autori dei documenti pubblicati.

Questo stroncamento è la causa principale del nostro stupore.

L’anonimo scrittore di La Caccia e la Pesca scrive:

“E’ bene ricordare come sia venuto alla luce il nome di Setter Scozzese, recentemente bocciato. Non è stato un capriccio nostro. No. Esso è stato preso da una pubblicazione ufficiale dell’E.N.C.I. sul Setter Gordon (nero focato), apparsa nei numeri 3, 4, 5, 6, 7, e 8 di Rassegna Cinofila del 1931, appunto con il nome di Setter Scozzese, Questa pubblicazione dovuta al Prof. Gino Pollacci era avallata, senza alcuna riserva, dalla firma del Dr. Rino Radice, Segretaraio Generale dell’E.N.C.I., quale Direttore della Rivista. La pubblicazione portava bene in vista questo titolo Setter Scozzese (sinonimi: Setter Gordon, Setter nero fuocato) e di essa furono editati anche e distribuiti degli estratti, ad evidente scopo di indirizzo cinofilo. L’A. Prof. Gino Pollacci, dimostrava in essa che l’origine del Gordon era la Scozia e l’E.N.C.I. teneva a battesimo nel 1931 questa asserzione, e, come già abbiamo detto, le dava il crisma ufficiale.

Nessuno allora protestava, nemmeno i lettori de Il Cacciatore Italiano.

Quest’anno in un primo tempo all’epoca del riconoscimento della Società Italiana, non teneva più conto del nome stabilito sotto i suoi auspici, metteva da una parte la pubblicazione ufficiale, e non voleva più saperne del nome Scozzese ed indirettamente della riconosciuta provenienza”

E’ vero che il Prof. Pollacci nel 1931 faceva pubblicare, nei N. 3, 4, 5, 6, 7, e 8 di Rassegna Cinofila, uno studio sul setter nero fuocato, studio che conteneva anche una traduzione dello standard stabilito dalle società scandinave ed una traduzione dello standard stabilito dalle società britanniche ed infine chiudeva, dopo avere affermato essere preferibile quest’ultimo in confronto del primo, con una proposta di standard che senza avere la pretesa di volerne stabilire uno diverso da quello scozzese, può completarlo e renderlo meno improprio nella dicitura se non modificarlo (v. Rassegna Cinofila, 1931, N.8, pag. 319).

E’ vero che il Prof. Gino Pollacci, secondo la consuetudine, faceva riunire in un opuscolo le sei puntate del suo studio apportandovi anche qualche variante e l’opuscolo diffondeva fra gli amici. Ma le proposte del Prof. Pollacci non avevano più seguito; l’E.N.C.I. non ha mai fatto sue né la proposta di mutamento del nome né la proposta di standard. Non sappiamo a quale canone, a quale consuetudine giornalistica l’anonimo possa appellarsi per giustificare la pretesa peregrina che la pubblicazione di un articolo firmato nella parte redazionale di una rivista, sia pure ufficiale di un Ente, porti con sé automaticamente che le conclusioni cui l’articolista è giunto diventino per sé stesse ufficiali e che la firma del Direttore, concessa come affermazione di responsabilità verso lo Stato, avalli le conclusioni, magari anche le sublimità o le castronerie, cui l’articolista può avere dato corpo.

La pubblicazione dello studio sul setter n.f. compiuto dal Prof Pollacci non aveva allora carattere ufficiale, come non lo hanno i nostri brevi appunti e queste nostre note aggiunte. Si tranquillizzi adunque l’anonimo scrittore de La Caccia e la Pesca; l’E.N.C.I. non ha mangiato –novello Saturno – i suoi figli sia perché il gesto non è mai stato né morale né estetico, sia perché, in questo caso, figli non aveva avuto né ha.

All’anonimo scrittore ed, in tono minore, al Prof. Pollacci invece domandiamo quale giudizio essi farebbero di un contradditore che, per coglierli in fallo, si permettesse di citare incompletamente i loro scritti. Domandiamo perciò a loro ed al lettore imparziale se sia giornalisticamente corretto e polemisticamente efficace affermare:

che il Signor Bolam -la cui memoria tradotta non è che il cenno illustrativo premesso alla nuova edizione dello standard (il quale ora non porta più la scala dei punti) (1) quindi qualcosa di ben più importante di quello che non possa esserlo l’espressione del pensiero personale di un noto od ignoto cinofilo, e con ciò intendiamo rispondere al Prof. Pollacci che taccia d’incompetente il Bolam stesso – scrive che l’origine del Gordon è praticamente sconosciuta, ed ammette che nel 1830 il Duca di Gordon aveva un gran numero di setters di colori vari ma sottacere la conclusione cui il Bolam giunge, dopo avere dissertato alquanto sui cani appartenenti al Duca di Gordon sugli incroci a questo o ad altri attribuiti e sulla mancanza di ogni prova in merito e, cioè che : ANZI NON POSSIAMO NEANCHE AFFERMARE CON SICUREZZA CHE IL SETTER GORDON PROVENGA DAL CASTELLO DI GORDON.

che il Sig. Jack scrive che la razza si chiama Gordon dal nome del Duca di Gordon che risiedeva nel castello scozzese ecc ed omettere il seguito: LA VERA ORIGINE DELLA RAZZA E’ SCONOSCIUTA ma comunque essa non esisteva nel 1803. Il Colonnello Thornton, noto sportivo di quel periodo ebbe occasione di visitare il Castello di Gordon e nel suo libro: “Northern Tour” scrive di un incrocio che il Duca aveva fatto fra un lupo ed un volpino di Pomerania (2);

che il Sig. Whright afferma che in origine il Setter Gordon fu allevato dal Duca di Gordon ecc. e tralasciare che vi sono molte teorie sull’origine della razza e che il vero, è probabilmente che questi cani, che erano neri, bianchi e focati, erano della STESSA RAZZA DEI SETTERS INGLESI, che in altre parole c’erano tre tipi di setters inglesi cioè “Laverack”,”Belton” e “Gordon” e che più tardi questi Gordon furono conosciuti sotto il nome di setters “nero fuocati”.

L’anonimo autore de La Caccia e la Pesca ci fa poi rimprovero di non aver fatto nulla di nuovo col riportare lo Standard britannico del setter nero fuocato salvo la pessima traduzione, mentre esso standard si trova assai ben tradotto “ letteralmente” nella pubblicazione così detta ufficiale del Prof. Pollacci (v. Rassegna 1931). Saremmo pronti a batterci il petto se ci sentissimo traditori dello standard britannico; ma noi non abbiamo fatto quella traduzione perché ignari della lingua inglese; fidenti però nella piena esperimentata conoscenza delle lingue italiana ed inglese sia da parte della Signora Americana cui era stata affidata la traduzione, sia da parte dell’allevatrice cinofila italiana che parlando perfettamente la lingua inglese apportò la propria competenza tecnica nella revisione dell’opera della prima, siamo in dovere di difendere il lavoro delle nostre benemerite collaboratrici. Potremmo citare una rispettabile serie di imprecisioni della traduzione del 1931; ci limitiamo a scegliere nel mazzo alcuni punti riportando per il raffronto il testo inglese e le due traduzioni 1931 e 1936:

Testo inglese Trad. 1931 Trad. 1936
 

A stylish dog, not so racy as the Irish, but more dignified in appearance,

 

Clear colours

 

The head should have a clearly indicated stop

 

On the inside of the hind legs and inside of thighs showing down the front of the stifle and broadening out to the outside of the hind legs from the hock to the toes. It must, however, not completely eliminate the black on the back of hind legs.

 

The bloodhound type with heavy and big head and ears and clumsy body, as well as the collie type with its pointed muzzle and curved tail.

APPARENZA GENERALE

Cane che ha uno stile proprio non tanto bello quanto l’irlandese ma più massiccio per l’aspetto….

 

Colore spiccato

TESTA

La testa deve avere un portamento nettamente definito

MACCHIE

Sul lato interno delle zampe posteriori, in basso anteriormente sui ginocchi fino al lato esterno delle zampe posteriori, dall’anca fino alle dita. Non è detto che debba mancare  completamente il nero sui lati delle zampe posteriori.

DIFETTI- IMPRESSIONE GENERALE

Il tipo del cane consanguineo con testa ed orecchi pesanti e larghi, corpo tozzo come il tipo collie con il suo muso appuntito, la coda curva

 

Un cane di stile, di aspetto meno snello del setter irlandese ma di apparenza più dignitosa

 

Colori ben definiti

 

Lo stop della testa è ben marcato

 

 

Sulle parti interne degli arti posteriori e delle coscie, le macchie possono allargarsi fino alla parte esterna degli arti fra il garretto ed il piede, ma non devono però eliminare completamente il nero sul retro degli arti posteriori.

 

Tipo Bloodhound con testa grossa e pesante, orecchie troppo grandi e corpo senza garbo; anche il tipo Pastore scozzese, con il muso a punta e la corda arcata

 

Tanto l’anonimo scrittore de La Caccia e la Pesca come il Prof. Pollacci fanno dell’ironia per avere noi concluso che il Setter nero fuocato ha avuto le sue origini nelle isole britanniche. La conclusione è esatta e doverosa: forse che al pointer non è stata attribuita erroneamente la derivazione dal bracco italiano, e con qualche maggiore probabilità, dal bracco spagnolo?

E con ciò non ci occuperemo più dell’anonimo di La Caccia e la Pesca, ma passeremo a dare alcuni schiarimenti al Prof. Pollacci incominciando dal rimprovero rivoltoci in tema di standard (3) di avere tradotto con testa con molto spazio per il cervello  (!) la frase: with plenty of brain room  che egli ora dice volere significare cassa cranica grossa. Prescindendo che la traduzione letterale della frase inglese è: con abbondanza di cervello spazio, non ci pare inutile rimandare il Prof. Pollacci alla sua stessa traduzione del 1931 ed alla sua stessa proposta di standard ch’egli allora aveva fatta; si legge testualmente nell’una e nell’altra: con abbondante scatola cerebrale! Il che può essere zuppa e pan molle con la nostra testa con molto spazio per il cervello (che si riferisce alla capienza della scatola) e non già con cassa cranica grossa (che si riferisce alla grossezza delle pareti).

Il Prof. Pollacci poi ci rimprovera di avere accennato alla possibile immissione di sangue Bloodhound negli ascendenti del setter nero fuocato nonostante che il Bolam lo escluda o meglio ne infirmi la prova data da taluni col richiamo al rosso nell’occhio. E’ vero che il Bolam non fa caso di tale prova. Ma il Prof. Pollacci non cita, neppure per demolirlo, il periodo della lettera del Sig. Jack in cui è detto: “ Si trovano pure delle referenze a tipi più pesanti, con la testa grossa e pesante, con le labbra grosse e pendenti, MOSTRANDO UN RECENTE INCROCIO CON IL BLOODHOUND ed il setter inglese o l’irlandese”.

A tale proposito ricordo che lo standard proscrive tanto il tipo Bloodhound, come il tipo collie, segno evidente che immissioni di tali sangui sono avvenute ed ora se ne vorrebbero eliminare le conseguenze. E il Prof. Pollacci ben sa che sono stati importati in Italia soggetti dove la impronta del Bloodhound è indiscutibile! Così per l’intervento del collie, non abbiamo da osservare che il Prof. Pollacci insiste ancora sulla leggenda del cane da pastore scozzese usato dal Duca di Gordon per la formazione della razza, mentre il Bolam non vi crede e tutti gli altri informatori non ne parlano.

Ancora: il Prof. Pollacci vuol persuadere che altri, oltre lui, ha usato per il setter n.f. il nome di scozzese e che altri, oltre lui, ha combattuto per il mantello tricolore nel setter nero fuocato. Gliene diamo atto ma osserviamo:

per il nome: che il tentativo non ha trovato successo né nelle isole Britanniche né in Scandinavia né nell’Europa continentale;

per il mantello: che nessuno ha mai negato che in origine esso fosse tricolore, ma è indiscutibilmente esatto che ora il bianco non è desiderato (“la macchia sul petto più piccola è, meglio è”); la lettera di Paul Caillard riportata integralmente dal Prof. Pollacci non fa che documentare la sconfitta subita nel tempo dalla tesi sostenutavi cinquantacinque anni fa dal competentissimo e valentissimo giudice francese. A confutare poi l’ultima affermazione del Caillard e del Signor Trewithick che una gran parte dei cani iscritti allo Stud Book del Setter, cani nero e fuoco non hanno alcun rapporto con la primitiva razza dei Duchi di Gordon, dovrebbe pur servire il seguente brano della lettera inviataci dal Sig. Wright, Segretario del British Gordon Setter Club:

Una signora entusiasta, la Signora R.M. Gray, ha dedicato molto tempo di quest’anno allo studio di antichi libri di origine e giornali cinofili ed asserisce, escludendo ogni dubbio, che tutti i Gordon moderni discendono da “Jobling’s Dandye”

Quel Jobling’s Dandye, discendente dalla razza di Gordon che vinse il primo premio per tutti i Setters alla esposizione di Newcastle nel 1859!

Ed a proposito di gordons tricolori il Prof. Pollacci non è a cognizione che ad una femmina importata in Italia sia stata fatta scomparire la macchietta bianca che aveva sul petto? Perché? Il bianco non è forse desiderato?

Il Prof. Pollacci infine ci accusa di avere riprodotto, quale prototipo del Setter nero fuocato, l’effige di un Setter tolto dalla sua monografia; quella monografia che, secondo lui, noi non avremmo mai letto! Tale disegno, egli dice, non riprodurrebbe un setter n.f. puro ma bensì il lontano discendente di un incrocio fra un puro ed un irlandese. Questo sa il Prof. Pollacci perché ne fu informato dal norvegese Prof. Helgeby di Oslo su testimonianza del norvegese Schilbred.

L’informazione può essere esatta, ma l’accusa fattaci non ci tocca; non abbiamo usato per la illustrazione la figura data dal Prof. Pollacci or sono cinque anni; ma abbiamo direttamente riprodotto la figura come intestazione della carta da lettera del British Gordon Setter Club, di cui, vedi combinazione, è proprio presidente onorario il Duca di Richmond e Gordon! La cantonata dunque, se vera, non è nostra!

A chiusura non ci resta dunque che concludere, con sopportazione dei contradditori, che manteniamo perfettamente integre, con più vigorosa persuasione se fosse possibile, le quattro conclusioni cui eravamo arrivati nei precedenti nostri brevi appunti.

RINO RADICE

(1) se la scala dei punti avesse fatto parte, anche in una sola edizione delle due che abbiamo ricevute, dello standard britannico, non l’avremmo certo omessa, anche se la scala in genere non gode delle nostre simpatie, e non siamo soli in tale apprezzamento negativo (N.d.A.).

(2) la citazione di questo incrocio non è fatta per attribuire all’ascendenza del Setter Gordon il lupo ed il volpino, ma unicamente per dimostrare che il noto sportivo Thornton recatosi a Gordon nel 1803 non vi trovò ancora i Setter Gordon ma, sola cosa rimarchevole, l’incrocio citato.

(3) cogliamo l’occasione per correggere due errori in cui il proto è caduto nel riportare la nostra traduzione dello standard: parlando della testa egli ha fatto diventare asciugato ciò che era asciutto nell’originale ed ha ridotto un naso grande in un non grande. Anche il Prof. Pollacci sa che tali infortuni sono tipograficamente sempre possibili, cosicché nel suo attuale articolo di Diana il nome del Signor Bolam e ripetutamente e costantemente divenuto Bloam.




Brevi appunti sul setter nero focato – di Rino Radice

Brevi appunti sul setter nero focato  di Rino Radice – Rassegna Cinofila ottobre 1936, XIV

Trascrizione a cura di Michele Ivaldi

(clicca qui per leggere il seguito dell’articolo)

***

La nuova costituzione in Italia di una Società specializzata per il Setter nero fuocato ha dato inizio ad una discussione sulle origini e sulle caratteristiche, specie sul mantello e sul nome di questa razza.

Per tale fatto abbiamo ritenuto opportuno attingere direttamente nel paese che ha dato i natali alla razza alcune informazioni che potessero considerarsi un poco come punti fermi.

Abbiamo perciò interpellato i Signori W. R. Eadington, Segretario dell’English and Gordon Setter Association (Associazione del Setter inglese e del Setter gordon), il Sig. George Jack, Segretario della Scottish Gundog Association (Associazione Scozzese del cane da caccia), ed il Sig. Albert E. Wright, Segretario onorario del British Gordon Setter Club (Club Britannico del Setter gordon).

Sono dunque tre competenze, non solo per le cariche ricoperte ma anche per il posto da essi occupato nell’allevamento britannico del nero fuocato.

Il Signor W. R. Eadington del Cheshire ci scrive:

Warverley, 15 agosto 1936.

Gentile Signore,

Le mando qui accluso lo standard del Gordon Setter, come è attualmente in vigore in Inghilterra. Le mando inoltre alcune altre informazioni che forse Le possono servire. Ultimamente ho avuto la grande fortuna di potermi procurare un ottimo cucciolo Gordon e spero per la prossima primavera di avere dei begli esemplari da questo stallone e da una nipote della mia femmina Camp. Painter’s Nancy. Per qualunque altra informazione che Le possa occorrere, sarò sempre a Sua disposizione.

Cordiali saluti,

R. Eadington

Accompagnando la seguente breve memoria a stampa, dovuta alla penna del Sig. G. F. Bolam, e lo standard della razza, qual è fissato dalle Società britanniche la cui traduzione pubblichiamo a seguito di queste brevi note:

IL GORDON SETTER

Rintracciare l’origine di una qualsiasi razza di cane è, senza dubbio, interessante; ma è un lavoro senza fine, ed i risultati raggiunti sono quasi sempre inconclusivi. Informazioni autentiche ed accurate scarseggiano; e poi, un secolo fa si scriveva poco o niente su quest’argomento. Dunque, l’origine del Setter Gordon, come quella di tante altre razze canine, è praticamente sconosciuta. Un vecchio cinofilo sostiene l’idea che il Setter è probabilmente un grosso spaniel, al quale un secolo di allevamento curato ha dato la grandezza e l’apparenza caratteristica, e che ha imparato un modo speciale di segnalare la preda durante la caccia. Un altro dice, però che solo il Setter Irlandese era originariamente spaniel; le altre varietà dei setter sono prodotti di incroci di un spaniel con bracco spagnolo. Ci sono pure numerose altre teorie circa l’origine del setter, ma, in fin dei conti, non ce n’è una più attendibile delle altre. E’ un fatto però ben conosciuto che nell’anno 1830 il Duca di Gordon possedeva un gran numero di setters, di colori vari, per esempio, bianco, nero, e rosso; ogni tanto uno di questi cani veniva ceduto a qualche allevatore; e c’è poco dubbio che un gran numero di Setter Gordon di oggi sono discendenti di cani che provenivano dal canile del Duca di Gordon. E’ opinione generale che da quell’epoca si siano verificati vari incroci nell’allevamento dei Gordon. Uno scrittore dice che il Bloodhound è stato adottato per un incrocio, citando, come prova di questa teoria, il fatto che in molti Gordon si vede il rosso dell’occhio. Secondo me, però, questo fatto non prova nulla; ad esempio, il rosso dell’occhio è un difetto comunissimo anche nel Cocker nero; e non credo che ci sia il più piccolo grado di parentela fra il cocker e il bloodhound. Ammetto che il Gordon ha una maniera di muoversi alquanto simile a quella del bloodhound, ma anche questo fatto non si può prendere come prova assoluta. Si dice che al Castello del Duca di Gordon c’era un cane da pastore e che il Duca abbia adottato questo stallone molto spesso nell’allevamento di cani da caccia, ma anche qui, non esiste la minima prova: anzi, non possiamo neanche affermare con sicurezza che il Setter Gordon provenga dal Castello di Gordon. È  un fatto indiscutibile però che il Setter Gordon ha fatto molti progressi ultimamente. Il numero di registrazioni di Gordons è sempre in aumento e probabilmente il Gordon diverrà popolare come gli altri due tipi di setters. In azione, i Gordons sono ottimi; hanno un naso straordinario, e nonostante tutto quello che si dice, al contrario, sono instancabili, facilmente ammaestrabili, e trovano sempre la preda. Il Gordon è un cane di indiscutibile bellezza; la cagna è un’ottima madre. Oggi hanno un gran difetto, particolarmente evidente nelle cagne; sono molto timidi nelle mostre; però quando lavorano, questo difetto non si manifesta che raramente. Al presente, gli allevatori di Gordon si stanno sforzando di correggere questo difetto, e i risultati finora ottenuti sono soddisfacenti. Il lavoro di Mr. W. Murray Stewart, Segretario generale del British Gordon Setter Club, in questo campo, è stato di grande valore, ed è suo vanto che neanche uno dei suoi cani soffre di nervosismo. Nelle mostre ed esposizioni c’è sempre grande concorrenza nelle classi dei Gordons, lo standard è altissimo, viva la competizione, e solo un soggetto extra potrà arrivare a un C.A.C. Purtroppo, però, è difficile trovare una cagna di primo ordine. Ne conosco pochissime, e fra queste, nessuna da paragonare a Camp. Painter’s Nancy od a Camp. Bydand Miss Sport, che si sono coperte di allori nelle esposizioni di pochi anni fa. Ma con tutti i buoni stalloni che ci sono disponibili, dovrebbe essere facile rimediare a questa situazione, ed eliminare i difetti (quale la timidezza) delle cagne: timidezza, taglia piccola e posteriore vaccino. Nell’apparenza, il Gordon dovrebbe essere più grande e più pesante dell’Inglese e dell’Irlandese; la sua testa pure dovrebbe essere più pesante. Però, come complesso generale deve essere snello e agile, per il suo lavoro; gli allevatori devono cercare sempre di eliminare spalle pesanti, occhi troppo chiari, colore cattivo, coda lunga e mal portata. Lo standard, che ormai è internazionale, dev’essere ben studiato, e giudici ed allevatori dovrebbero cercare sempre di attenersi a questo standard. Troppi giudici, purtroppo, hanno le loro idee personali circa il Gordon; bisogna cercare sempre di eliminare le opinioni personali. Se tutti concorrono lealmente nell’aderire allo standard i risultati saranno certamente benefici per la razza del Gordon.

F. Bolam.

Il Signor George Jack del Dundartonshire (Scozia) ci manda, oltre lo standard, le seguenti note:

9 Settembre 1936.

In risposta alla Sua lettera, ho il piacere di scriverLe qualche informazione che spero Le possa servire.

La razza si chiama Gordon dal momento in cui fu presentata al pubblico dal Castello di Gordon (Fochabers, Banffshire, Scotland), sede Scozzese del Duca di Richmond e Gordon. La vera origine della razza è sconosciuta, ma comunque, essa non esisteva nel 1803. Il colonnello Thornton, noto sportivo di quel periodo, ebbe occasione di visitare il Castello di Gordon e nel suo libro “Northern Tour” scrive di un incrocio che il Duca aveva fatto fra un lupo e un Volpino di Pomerania. Verso il 1820 la razza fu conosciuta in diverse località. Nel 1897, il vecchio tipo del Setter di Gordon fu accoppiato con un Setter Inglese di sangue prevalentemente Laverack. Il risultato di questo incrocio fu la perdita del vero tipo Gordon, cioè il cane nero, rosso mogano (fuoco) e bianco. Esistono negli annali Inglesi tante referenze a setter nero e fuoco; però questo non vuol dire che fossero tutti Gordon. Ma purtroppo anche l’origine di questi è incerta. Verso il 1860 il Jubb, capo guardiacaccia del Castello di Gordon ebbe occasione di dire che “tutti i Setters Gordon erano originariamente nero e fuoco, ma adesso (cioè 1860) sono nero, bianco e fuoco”. Il fu Duca di Gordon preferiva quella combinazione di colori, sostenendo che era più bella e che era più facilmente seguibile sul terreno durante la caccia. Sono cani sveltissimi e allegri, e non fanno mai una falsa punta. Si trovano pure delle referenze a tipi più pesanti, con la testa grossa e pesante, con le labbra grosse e pendenti, mostrando un recente incrocio fra il Bloodhound e il Setter inglese o l’Irlandese. Faccio seguire la descrizione ed le caratteristiche principali del Gordon:  Nello standard del Gordon Club, non è permesso il nero, fuoco e bianco. La testa è più pesante di quella del Setter Inglese, molto larga fra gli orecchi, cranio leggermente arrotondato, l’occipite ben sviluppato, con molto spazio tra l’occipite e la mascella inferiore che non nel Setter Inglese. Non troppo spazio fra gli occhi; naso di media lunghezza e largo in alto, con le narici ben aperte, in modo che il naso sia più largo in questo punto. La forma della mascella inferiore varia alquanto, ma di solito la mascella inferiore è pesante. Gli orecchi pure variano; troviamo alcuni cani con gli orecchi lunghi e setosi, pendenti vicino alla faccia; in altri esempi gli orecchi sono più corti. Il corpo è più pesante di quello del Setter Inglese ma segue la stessa linea, pressappoco, cioè con le spalle profonde e ben inclinate, petto profondo piuttosto che largo, costole ben aperte dietro le spalle, specialmente nella parte posteriore; gomiti e dita dritti; gambe muscolose con ginocchia forti e larghe, ossa grandi in tutte e quattro le gambe, piedi pelosi.
Colore del Mantello. – Occhi, guancia, labbra, collo, e gola, e piedi fuoco. Fuoco sulle gambe anteriori fino al ginocchio, sulle gambe posteriori fino ai fianchi, sulla pancia, sulla parte interna delle cosce e dentro le orecchie.
Altezza. – Circa 25 pollici (= 63/64 centimetri).

Spero che quest’informazione possa interessarLa. Sarò lieto di aiutarLa se ha bisogno di altra informazione.
Con distinti saluti,

George Jack.

Ed infine il Signor Albert E. Wright, di Luton, segretario di quel British Gordon Setter Club di cui è Presidente onorario Sua Grazia l’attuale Duca di Richmond e Gordon, scrive:

Luton, 20 Agosto 1936.

Gentile Signore,
Le rispondo con un po’ di ritardo perché la Sua lettera è arrivata durante la mia vacanza. In origine il Setter Gordon fu allevato dal quarto duca di Gordon al Castello di Boyne, Scozia. Vi sono molte teorie sulla origine della razza. Il vero è, probabilmente, che questi cani, che erano nero, bianchi e focati, erano della stessa razza dei Setters Inglesi. In altre parole, c’erano tre tipi di Setters inglesi cioè “Laverack”, “Belton” e “Gordon”. Più tardi, questi Gordons furono conosciuti sotto il nome di “Setters nero-focati”. E un cane di questa razza, conosciuto quale “Gobling’s Dandye” ha vinto il primo premio nella prima mostra tenuta in questo paese; il che avvenne a Newcastle nel 1859. Una signora entusiasta, la Signora K. M. Gray, ha dedicato molto tempo di quest’anno allo studio di antichi libri d’origine (stud books) e giornali cinofili, ed asserisce escludendo ogni dubbio, che tutti i Gordons moderni discendono da “Gobling’s Dandye”. Si crede generalmente che siano stati fatti degli incroci con Setters Irlandese per eliminare le macchie bianche, e da questo è risultato il Gordon moderno. Il bianco riappare regolarmente, però, in piccole quantità, generalmente sul petto e qualche volta sulle dita. Spero di averLe dato delle notizie interessanti, e di averLe risposto alle informazioni che mi ha domandato. Mi dispiace di non essere in grado di contraccambiare i suoi complimenti scrivendo nella Sua magnifica lingua.

Sinceramente,

Albert E. Wright

Non crediamo di errare se, a conclusione delle informazioni avute, possiamo concludere:
che pur non potendo stabilire precisamente quale regione diede origine alla razza in esame, si può con sicurezza asserire che essa ebbe i natali nelle Isole Britanniche, avendo concorso alla sua formazione e fissazione, oltre ad altre razze canine (quali il cane da pastore scozzese, il bloodhound ecc.) il setter inglese principalmente ed il setter irlandese;
che il nome comunemente usato nelle Isole Britanniche è quello di gordon e secondariamente di nero fuocato, mentre nessun richiamo viene fatto alla regione scozzese;
che il mantello ora fissato è il nero fuocato, escludendo il bianco, solamente tollerato;
che il setter nero fuocato deve essere nel suo complesso un poco più pesante del setter inglese senza però eccedere.

Rino Radice

***

CARATTERISTICHE DEL SETTER NERO FUOCATO STABILITE DALLE SOCIETA’ BRITANNICHE SPECIALIZZATE.

(Società del Setter Inglese e del Setter Gordon e dalla Società Britannica del Setter Gordon).

Disegno apparso nell’articolo originale

Apparenza generale. – Un cane di stile, di aspetto meno snello del Setter Irlandese ma di apparenza più dignitosa; muscoloso, e di tipo prettamente Setter, di conformazione simmetrica. Dorso forte e relativamente corto e livellato, coda corta. Testa ben delineata, con espressione intelligente, colori ben definiti, con pelo liscio o leggermente ondulato.

Grandezza.  – In media, altezza alle spalle, per il maschio 66 centimetri; per la femmina 62 centimetri.

Testa. – Profonda piuttosto che larga, con molto spazio per il cervello, ben arrotondata, cranio ben formato, e più largo fra le orecchie. Lo stop della testa è ben marcato. Sopra e sotto gli occhi dovrebbe essere (asciugata) asciutta e le guance le più strette possibile. Il muso è abbastanza lungo con linee quasi parallele, e non a punta sia guardandolo dal di sopra che guardandolo di profilo. Le guance non pendenti, ma con una indicazione chiara delle labbra. (Non) Naso grande, largo, con narici aperte, di color nero.

Occhi. – Abbastanza grandi, non troppo profondi né troppo sporgenti; bruno scuri, brillanti e intelligenti.

Orecchie. – Attaccate basse sulla testa, abbastanza larghe e sottili.

Collo. – Lungo, magro, arcato verso la testa, e senza giogaia.

Spalle. – Lunghe, oblique, che indicano libertà di movimento; gomiti abbastanza bassi.

Petto. – Profondo, e non molto largo davanti. Le costole ben allargate, lasciando molto spazio per i polmoni.

Arti anteriori. – Ossa grosse, diritte, ben coperte di pelo, con gomiti liberi.

Arti posteriori. – Lunghi dall’anca al garretto piatti e muscolosi; dal garretto al tallone corti e forti. Le articolazioni ben piegate e non inclinate né in dentro né in fuori.

Piedi. – Ovali, con le dita unite e ben arcate.

Coda. – Corta e non dovrebbe arrivare sotto il garretto. Portata orizzontale o quasi. Grossa alla radice, terminante in una punta sottile. Il pelo vicino alla radice della coda dovrebbe essere dritto, diminuendo di lunghezza verso la punta.

Pelo.– Dovrebbe essere soffice e lucente, somigliante a seta. Liscio o leggermente ondulato ma non riccio, con peli lunghi sulle orecchie, sotto lo stomaco, sul petto, dietro agli arti posteriori ed anteriori e vicino ai piedi.

Colore e macchie. – Nero cupo lucente, con macchie di un colore caldo rosso-mogano. Le macchie debbono essere lucenti e non opache. Possono avere delle strisce nere sui piedi.

POSIZIONE DELLE MACCHIE FOCATE

  1. Due macchie distinte sopra agli occhi, di non più di due centimetri di diametro.
  2. Ai lati del muso, la fuocatura non deve oltrepassare la base del naso, sì da sembrare una striscia intorno alla punta del muso da una parte all’altra.
  3. Sulla gola.
  4. Due larghe e distinte macchie sul petto.
  5. Sulla parte interna degli arti posteriori e delle cosce, le macchie possono allargarsi fino alla parte esterna degli arti fra il garretto e il piede, ma non devono però eliminare completamente il nero sul retro degli arti posteriori.
  6. Sugli arti anteriori, dietro fino al gomito, davanti un po’ più in alto.
  7. Intorno all’ano.

E’ tollerata una macchia (bianca) sul petto ma più piccola è meglio è.

DIFETTI

Impressione generale. – Apparenza poco intelligente. Tipo Bloodhound con testa grossa e pesante, orecchie troppo grandi e corpo senza garbo. Anche il tipo Pastore Scozzese, con muso a punta e la coda arcata.

La testa. – A punta, piccola, muso che va in giù o che va in su, bocca troppo piccola o troppo larga.

Gli occhi. – Di colore troppo chiaro, troppo infossati o troppo sporgenti.

Orecchie. – Attaccate troppo in alto, troppo larghe o pesanti.

Il collo. – Grosso e corto.

Spalle e schiena. – Di forma irregolare.

Il petto. – Troppo largo.

Arti e piedi. – Storti, gomiti sporgenti in fuori; dita allargate, piedi piatti.

La coda. – Troppo lunga, portata male, ricurva all’estremità.

Il pelo. – Riccio come la lana, non lucente.

Il colore. – Fuocature troppo chiare, senza linee ben marcate fra i diversi colori. Piedi bianchi. Troppo bianco sul petto. Fra il nero non ci dovrebbero essere peli focati. Questo si verifica intorno agli occhi.

Clicca qui per leggere il seguito dell’articolo.




I Tre Stili di Giacomo Griziotti

I Tre Stili di Giacomo Griziotti– Rassegna Cinofila n. 11- Novembre 1932

(Trascrizione a cura di Maurizio Peri)

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Ricordo di avere, altrove, in altri tempi e seguendo, indegnamente, le orme di illustri maestri quali il Caillard ed il Matteucci, parlato della differenza essenziale tra lo stile di lavoro del setter e quello del pointer. Se, in genere, ed almeno in Italia, questa differenza è ammessa, riconosciuta ed apprezzata, ho notato invece, per quanto riguarda le caratteristiche di lavoro delle tre varietà di setters inglese, scozzese ed irlandese, una tendenza unificatrice, assimilatrice, quasi le tre razze avessero lo stesso modo di camminare, fermare, etc..

Ebbene no, signori miei, tra lo stile di lavoro delle tre varietà di setters vi è forse ancora tanta diversità quanta ne intercorre tra quello del setter e quello del pointer. Ho visto magnificare setters scozzesi ed irlandesi che fermavano a terra strisciando sul ventre come serpi. Bellecroix stesso descrive un setter irlandese “couchant”.

Comunemente si dice di un cane “è molto setter”. Sta bene. Ma se questa espressione può rendere l’idea di quella particolare molle elasticità di movimento che caratterizza tutte le varietà di setters, è però troppo generica e non fa rilevare le speciali caratteristiche di andatura e di ferma che sono proprie di ciascuna varietà, caratteristiche che sono il portato della diversa costruzione e del diverso temperamento di esse.

Nel 1931 correvano nelle nostre prove italiane due setters scozzesi uno dei quali fermava completamente a terra, King of Pavia, l’altro ben eretto in una posa statuaria ed imponente, Mogol dell’Apulia. Ebbene. Alcuni giudici magnificarono l’uno e buttarono giù l’altro e viceversa. E’ ammissibile questo? Io direi di no!

Ma l’esempio tipico di grande attualità è dato dal ben noto setter scozzese Prenz di S. Anna. So di toccare un tasto delicato ma vi sono costretto dall’evidenza e dalla popolarità dell’esempio e non da spirito polemico. Ora, Prenz di S. Anna è, indubbiamente, un cane eccellente, non comune, per andatura, olfatto, ferma, consenso e, soprattutto, equilibrio ma, per quanto riguarda lo stile, specialmente di ferma, è un perfetto setter sì ma inglese. A sostegno della mia asserzione invito i miei pazienti lettori che non avessero visto il cane al lavoro a confrontare le sue numerose fotografie apparse sui giornali e riviste cinegetiche con quello dei trialers setter inglesi di maggiore stile. Ci ha fatto, pertanto, meraviglia che il giudice belga Huge abbia potuto dichiarare che Prenz di S. Anna ha il miglior stile gordon che egli abbia mai visto.

Mi si potrà dire che vado troppo sottilizzando. Io ripeto che Prenz di S. Anna è un cane eccellente e che ha pienamente meritato gli allori che gli sono stati tributati, ma se mi si dice che Prenz di S. Anna ha un grande stile gordon, io dissento. Se si può, talvolta, transigere in omaggio al complesso dei meriti di un cane, su certe sfumature, quantunque, in gara classica, esse siano fondamentali, non bisogna però perdere di vista quelle che sono le principali caratteristiche di lavoro di una razza e giacchè ci siamo, diamo una rapida corsa a queste caratteristiche.

Il lavoro del setter inglese è ormai indiscusso, canonizzato ed è caratterizzato da grande contrazione, da pose a terra o pres de terre con tronco incassato tra le scapole, angoli chiusi, arti raccolti sotto di sé pronti a scattare, coda bassa. Una sola linea dal tartufo alla punta della coda. Richiamiamo i numerosi quadri e fotografie di Banchory Jim e la nostra figura n.1 che è ispirata appunto ad una di quelle fotografie.

Banchory Jim

Lo stile di ferma del setter scozzese o gordon non ha nulla a che vedere con quello del setter inglese. Quindi niente pose schiacciate, feline, ma ben erette, dominanti, muso al vento, coda diritta oppure leggermente rialzata, poca contrazione. La contrazione è sostituita nel gordon, come nel bracco, dall’imponenza statuaria, dalla maestosità. Vedi figura n.2.

 

Figura 2

Le ragioni di questa differenza, oltre che nel diverso temperamento, risiedono anche nella diversa velocità. Il setter inglese, più veloce, avverte più all’improvviso e si schiaccia oppure si precipita a terra con una breve strisciata. Il setter scozzese, più lento, avverte più incerto e più da lontano e arriva alla ferma dopo più lunga filata e dopo aver meglio riflettuto ed essersi maggiormente assicurato. E’ naturale quindi che abbia poca contrazione.

Il setter irlandese poi ha una posa di ferma affatto propria, caratteristica, inconfondibile. Posteriore basso schiacciato, quasi trascinato, coda bassissima, quasi cadente fra le gambe, anteriore invece ben eretto. Anche qui poca contrazione, almeno nel corpo. Ne vediamo invece nel collo e nella testa quest’ultima leggermente inclinata verso terra con una espressione graziosamente curiosa. Vedi figura n. 3.

Figura 3

Mi si dirà che non è possibile standardizzare in modo così assoluto. Lo ammetto, ma io ho voluto soltanto tracciare dei modelli e non è da pretendere che le copie riproducano pedissequamente gli originali. Certo è che, di regola, i setters scozzesi ed irlandesi non devono fermare a terra, mentre i setter inglesi non devono fermare eretti o almeno completamente eretti.

Perché?

Confesso che mia convinzione, quantunque concordi con quella di eminenti cinofili, è però basata piuttosto sulla pratica, su impressioni, su ragioni d’intuito e che potrebbero essere tacciate di soggettività e di empirismo, ma la ragione vera, concreta, ebbe ad indicarmela un giorno il collega Cav. Pastrone, vero studioso in materia e che ha approfondito la questione . Ed è questa.

Il setter inglese discende dall’epagneul, dal “chien couchant” originario della Navarra dove, diversamente di quanto accadeva in altri paesi si usava la rete a strascico (tirasse) che veniva tirata dall’indietro in avanti e passava necessariamente sopra il cane, coprendolo anche talvolta. Il cane doveva, quindi, ed era anche, appositamente, abituato a fermare a terra per non ostacolare il movimento della rete.

Questo fatto, unito anche ad una naturale tendenza, ha abituato, a poco a poco, l’epagneul a fermare a terra e questa qualità, tramandata di generazione in generazione, è passata poi nel setter inglese. Ora, per quanto quest’ultimo, come tutte le altre razze, abbia subito incroci (sia pure a scopo di miglioramento) deve, tuttavia, conservare tracce evidenti di quella tendenza atavica. Il cane non fermerà più a terra, posa non sempre elegante, ma fermerà almeno schiacciato, diversamente si dovrà concludere che nella razza non vi è stato soltanto razionale incrocio, bensì totale assorbimento.

Scrivo questo solo per illustrare le vignette dell’amico Coppaloni, giovane ma valente cinofilo, quantunque esse siano già di per se stesso eloquenti più delle parole. In esse si sono forse, ma ad arte, esagerate le caratteristiche per rendere più evidenti le differenze.

Non ho la pretese di dire cose nuove, solo non credo inutile ricordare questi essenziali canoni differenziatori delle varie razze di setters, canoni che, purtroppo, sembrano, molte volte, totalmente sepolti nell’oblio.

Pavia, 18 novembre 1932 XI                                                                      Giacomo Griziotti

Altri materiali storici sul setter gordon sono disponibili a questi links:

Gino Pollacci, Duca di Gordon

Brevi appunti sul setter nero fuocato di Rino Radice




Diamanti in palude: le prove a beccaccini

Ho una predilezione per il beccaccino, vai a capire il perché. Sì, certo preferisco le grouse ma il beccaccino non è male e mi aiuta a gestire l’assenza delle prime. Io e il beccaccino siamo vecchi amici, ci siamo incontrati nel 2004, l’hanno in cui ho preso la prima licenza di caccia. Per accorciare una lunga storia, ero venuta a sapere dei beccaccini attraverso i libri e i racconti dei cacciatori, ma non li avevo mai visti dal vivo fino a quando Spina, una setter inglese, ha fermato uno di loro. Il suo lavoro mi ha affascinato al punto da farmi amare i beccaccini. Non tutti i cani li fermano e non a tutti i cani piacciono: i beccaccini vivono in ambienti ostili, come risaie e paludi. Più specificamente, dalle mie parti, i beccaccini vivono in risaie allagate dall’acqua, più c’è fango e meglio è. Non è facile galoppare su questi terreni e le condizioni climatiche tendono ad essere ugualmente avverse. Autunno e inverno qui sono famosi per la nebbia, l’umidità e l’assenza di vento: un cane deve veramente amare i beccaccini per decidere di andarseli a cercare. Servono anche fondo e forte predatorietà: i beccaccini scarseggiano e non è improbabile che un cane finisca per correre per ore su terreni deserti e difficili. E, se poi il cane è fortunato abbastanza da trovarne uno, il selvatico potrebbe comunque essere più furbo e volare via prima che il povero quadrupede abbia modo di fermarlo.

Cuore

I beccaccini sono nervosi, veloci, leggeri e incredibilmente difficili ma, nonostante ciò, qualche conduttore coraggioso, iscrive i cani alle prove su beccaccini. Prove che, dato il selvatico, sono diverse da qualsiasi altra prova e ritenute adatte solo a “specialisti”. Le regole e i parametri di giudizio le rendono speciali, per esempio i cani da ferma inglesi corrono da soli e non in coppia, cosa normalmente impossibile. Perché corrono da soli? Perché, altrimenti, sarebbe improbabile che lavorino il selvatico correttamente. I giudici vogliono un cane veloce e dalla cerca ampia che, contemporaneamente, sappia dove sono i selvatici. Si parla di “senso del beccaccino”: il cane deve correre piacevolmente sfruttando il vento e trovare un beccaccino, senza apparente sforzo, nei 15 minuti del turno. Ciò non è affatto semplice, i cani lenti che trotterellano attorno incapaci di distinguere tra la preda e la sua emanazione (esibendo incertezze e ferme false) non sono apprezzati. Il cane deve mostrarsi deciso, correre, trovare e fermare. Alla ferma non segue generalmente la guidata perché il beccaccino si invola da solo con facilità, spesso anche troppa. Non è possibile far correre due cani a piena velocità nella stessa risaia, i beccaccini, se presenti, esploderebbero come mine! È anche meglio non usare troppo il fischietto, non parlare e fare attenzione a non sbattere le portiere della macchina, fate troppo rumore e si finirete col correre su beccaccini fantasmi. Ah, dimenticavo i frullini, creature fatte apposta per complicare e ancor di più le cose!

Quanto appena scritto è sicuramente sufficiente per indirizzare i conduttori da un’altra parte, a patto che costoro siano saggi. Ho sempre pensato alle prove su beccaccini come ad una specie di Olimpo e li ho immaginati, un po’ come le donne normali immaginano una vacanza ai tropici. Mi piacciono i beccaccini e anche a Briony piacciono, abitiamo nella terra dei beccaccini (fantasma), ma i miei piani per le prove d’autunno li avevano categoricamente esclusi, avremmo gareggiato su animali normali, come fagiani e starne. I miei piani perfetti, tuttavia, sono durati fino a quando non è stata cancellata la mia batteria ad una prova “normale”, due giorni prima che questa avesse luogo. Amareggiata, sono andata online a controllare che altre prove ci fossero in calendario dalle mie parti, e l’unica era una prova a beccaccini. Così ho preso il telefono e chiamato il presidente del Club del Beccaccino, che subito mi ha rimbalzato al segretario. Sorpresa, il segretario era una persona che conoscevo da anni, mi ha iscritto subito alla prova!

Blus
Blus

Il giorno della prova, raggiunto il punto del raduno, mi sono sentita un po’ a disagio. Tutti sembravano molto professionali e c’erano adesivi e toppe con i beccaccini ovunque. Anche sul terreno ho avvertito lo stesso senso di inadeguatezza: borotalco spruzzato in ogni direzione per trovare il vento (non c’era vento e io non avevo borotalco) e conduttori pignolissimi sulla scelta dei terreni. Il Club del Beccaccino mi ha chiesto di scattare fotografie e ho accettato con piacere, dal momento che questo mi avrebbe permesso di seguire la batteria da vicino. Quanto visto non mi ha impressionato: alcuni cani (incluso il mio) sono stati costretti a correre su terreni deserti e asciutti, mentre altri, pur avendo avuto abbondati occasioni, le hanno buttate via non riuscendo a lavorare correttamente il selvatico. Abbiamo avuto ferme false, sfrulli, rincorse, eccetera eccetera ma, sebbene il lavoro dei cani non fosse stato degno di nota, le persone mi avevano colpito in positivo: erano gentili, amichevoli ed incoraggianti. O meglio lo sono diventate dopo l’avermi studiato per alcune ore: all’inizio pensavano che fossi lì “solo” per le foto e non riuscivano a collegarmi al cane. Queste persone pensavano che il cane fosse lì “solo” a guardare e che fosse troppo carina e troppo bianca per gareggiare. Quando hanno finalmente accettato il fatto che avrebbe corso, si sono auto convinti che sarebbe venuto qualcun altro (uomo) a condurla. Non ho idea di dove avessero collocato l’uomo, dal momento che la mia auto non conteneva al cune essere umano (tranne me), forse pensavano che sarebbe arrivato all’ultimo minuto, giusto in tempo per il turno. Quando hanno visto incamminarmi verso il terreno con il cane al guinzaglio, il che dichiarava che sarei stata io il conduttore, è calato il silenzio e siamo finite, nostro malgrado, sotto le luci del palcoscenico. Ci era toccato un terreno orribile: ruscello a sinistra, ferrovia di fronte, trattore a destra e stoppie asciutte. Briony ha lavorato bene, stando sul vento e esplorando il terreno con metodo ma, sfortunatamente, non c’era alcun beccaccino ad aspettarla. La sua buona condotta, tuttavia, ha cancellato i sospetti e mi ha trasformato improvvisamente in un buon conduttore. Il silenzio è cessato e le persone mi sono venute incontro per congratularsi e fare domande. È stato divertente: mi hanno chiesto se l’avessi preparata io, quale fosse la linea di sangue e se avessi intenzione di continuare a presentarla, belle sensazioni.

Noi

Alla fine della giornata ero confusa e non sapevo se avrei partecipato , o meno, ad altre prove su beccaccini. Verso il finire della settimana, tuttavia, avevo preso la mia decisione e Mauro, come promesso, mi aveva tenuto un posto. Questa volta, al raduno, c’erano diversi nuovi “amici” che mi hanno fatto sentire parte del branco o, meglio, una specie di animale domestico adottato da una famiglia. Lo stesso Club del Beccaccino aveva auto-deciso che sarei diventata la sua fotografa e i conduttori hanno prontamente imparato a fare del loro meglio per riuscire bene in foto. Alla fine ho partecipato a 5 delle 10 (?) prove del circuito autunnale e questo è quello che è successo. Su cinque prove Briony si è trovata in condizioni di poter lavorare il beccaccino solo in due occasioni. Nel primo caso l’aveva avvertito ed aveva iniziato ad accostare ma, un istante prima che potesse fermarlo, lui si è involato per motivi suoi e questo ha portato all’eliminazione. La seconda volta, invece ha sbagliato in pieno, non abbiamo visto altri beccaccini fino alla quinta prova, corsa sotto un diluvio che ha spinto i beccaccini ad essere estremamente leggeri e a involarsi da soli molto, molto avanti rispetto ai cani. Stavo dimenticando la prova numero quattro quando ha fermato un fagiano: era l’unico selvatico nei paraggi ma non era valido per quella prova. Il cane che ha corso dopo di lei è stato ugualmente sfortunato incappando nell’unica lepre di tutto l’ATC. Io e Briony non ci siamo mai qualificate durante queste prove, ma i giudici ci hanno detto di continuare (o avrei risparmiato soldi!) ed è stata menzionata da uni giudice durante una relazione, un trattamento di solito riservato a quei cani che hanno fatto bene ma che, per un motivo o per l’altro, sono stati un po’ sfortunati.

Lui!!! (Oldrado)

Generalmente, nel corso di ogni prova solo il 20% dei cani incontrava è brutto che sia così, ma questi animali sono selvatici che non possono essere posati prima della gara e tutti hanno dovuto fare i conti con la loro scarsità. O forse, si poteva cercare di comprare una buona dose di fortuna in anticipo. Nel mio caso non sono mai riuscita a metterla nel carrello ma, devo ammettere che gli altri concorrenti sono stati discretamente gentiluomini cercando di farmi correre su terreni idonei e suggerendomi dove cercare. È un po’ più facile trovare un beccaccino se conosci i terreni anche se… questi selvatici sono sempre pronti a coglierti di sorpresa!

In definitiva, le prove a beccaccini sono difficili come si sente dire? Credo di sì, i beccaccini sono pochi, nervosi e tremendamente influenzati dalle condizioni meteo. I beccaccini sono come diamanti e, proprio come i diamanti sono minuscoli e difficili da trovare, però luccicano, se li si cerca con attenzione li si può trovare. Abbiamo corso la prima prova durante una mattinata tiepida, umidiccia e senza vento. Le successive prove si sono tenute in mattinate fredde, nebbiose e prive di vento, fatta eccezione per l’ultima prova quando il vento è arrivato insieme a una pioggia torrenziale! Fermare il beccaccino in assenza di vento è molto duro, e la scarsa visibilità ha reso il compito dei giudici anche più difficile. Che dire dei conduttori? Si è trovato un po’ di tutto, come alle altre prove: cani perfetti e cani più “creativi” che si sono mangiati le ciance di andare in classifica perché hanno inseguito o sono andati fuori mano, ma ho visto dei buoni cani? Sì, credo di sì, e devo ammettere che, sebbene la maggior parte dei concorrenti presentasse setter inglesi, ho visto anche ottimi rappresentanti di altre razze. Voglio menzionare un paio di irlandesi (non andati in classifica), un pointer altrettanto bello da vedere (e altrettanto sfortunato) e un super Gordon: difficilmente mi piacciono i gordon ma questo era davvero speciale! Mi rivedranno in primavera? Forse…




Ritorno alle origini (Sentieri di Caccia Novembre 2015)

Interrompo la serie su Hutchinson (momentaneamente) per promuovere un mio articolo attualmente in edicola.  So che può suonare poco modesto auto-promuoversi in maniera sfacciata ma è un pezzo molto sentito e, pertanto, un buon pezzo. Se siete curiosi di saperne di più sui cani da ferma britannici (setter inglese, irlandese, gordon e pointer) nel Regno Unito e sulle prove di lavoro (sul Champion Stake in particolare) laggiù investite… 5 euro per acquistare Sentieri di Caccia di Novembre 2015 e…. buona lettura!

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