La responsabilità dell’educatore cinofilo di Tania Andreutti

Faccio fatica a capire perché, in Italia, debba essere così difficile poter addestrare un cane da caccia. Certo, l’obbedienza la si può insegnare dappertutto (ma a pochi importa dell’obbedienza), e si può lavorare con selvaggina “messa” ma, se si pretende di lavorare su selvatici veri le cose diventano complicatissime.
Iniziamo dalla selvaggina “messa”: la si può usare in alcune riserve di caccia (non tutte) durante la stagione della caccia (terza domenica di settembre – 31 gennaio, o 31 dicembre in talune zone). Quando la stagione di caccia è chiusa, si può allenare il cane nelle zone B (senza sparo) e nelle zone C (con sparo). Per accedere alle zone B e C e alle riserve di caccia, di solito, occorre pagare qualcosina e ovviamente pagare la selvaggina utilizzata. D’accordo, si può fare. Le zone B possono essere anche molto ampie, le C sono solitamente grandi quanto un campo e affollatissime di persone che vogliono uccidere qualcosa anche a caccia chiusa. In ogni caso, queste zone sono rare e i cani non sono stupidi: imparano i posti e imparano il gioco, vanno di sospetto, eccetera. Non va bene allenare sempre negli stessi posti, con gli stessi animali e con le stesse persone, è tutto troppo finto e i cani lo sanno.
Un cristallo non è un diamante, lo stesso possiamo dire della selvaggina. Gli esemplari allevati possono aiutarci un sacco durante l’addestramento, con loro possiamo ricreare situazioni e anticipare mosse, ma il cane ha bisogno di incontrare anche selvatici veri, in contesti selvaggi e imprevedibili. Quando la caccia è aperta si può andare in riserva e lavorare su animali semi-selvatici o sui terreni degli ATC, terreni quasi sempre deserti a causa della cattiva gestione, nonché del bracconaggio cronico. Però, chissà, magari si può incontrare la beccaccia occasionale, il beccaccino che si è perso, o il fagiano scaltro che l’ha avuta vinta su tanti cacciatori. Ma, c’è un altro problema! Si può allenare solo da metà agosto alla terza domenica di settembre poi, quando apre la stagione della caccia, si è costretti ad andare a caccia! Le nostre leggi non consentono, a caccia aperta, di addestrare, solo di andare a caccia, il che significa che dovete pagare la licenza, l’ambito, le tasse e andare in giro armati di tutto punto anche se non vi importa nulla di uccidere qualcosa. Mi adeguo alla legge, anche se non ha senso.
Alla fine della stagione della caccia, non si può più sganciare il cane. La legge è chiara: gli unici cani che possono stare liberi sono i cani da caccia, detenuti da persona con regolare licenza di caccia. Ma i cani possono stare liberi solo dalla fine di agosto alla chiusura della caccia, quindi il fatto che io ora liberi il cane dietro casa, su terreni vuoti, fa di me un bracconiere, giusto per rendere complicate le cose semplici. Per trovare dei selvatici, però, bisogna essere più coraggiosi e fare i “bracconieri avanzati”, cioè andare nelle zone protette, come i parchi e le zone rosse. Ci sono animali? Può darsi, non credo che queste zone siano molto curate, sono quasi sempre lasciate a se stesse. I nostri politici trattano tali zone come musei e si scordano che esse devono essere curate, la selvaggina deve essere assistita, un parco non è un soprammobile! Così, mentre noi con il cane da caccia non possiamo entrare, queste aree sono in balia di famiglie, ciclisti, runners e a volte anche di motociclisti, ah.. mi stavo dimenticando i cani di famiglia! I cani da caccia disturbano e uccidono la selvaggina, ma nessuno fa caso al cane da pastore della Signora Rossi. Sì dovrebbe essere legato anche lui, ma è un cane da pastore, chi poteva pensare che prendesse una lepre o un capriolo. I cacciatori hanno una reputazione bruttissima, uccidono gli animali e, automaticamente, qualsiasi cosa ad essi connessa, diventa negativa e pericolosa.
Non mi piace fare cose illegali e non ho mai grande successo in queste esplorazioni. Se vado in una zona proibita, mi rimpicciolisco in formato gnomo e mi fermo al massimo 10 minuti, nel frattempo arrivano orde di famiglie con bambini e cani da compagnia. Però, quelli che rischiano la multa siamo io che mi muovo in silenzio e il mio cane da caccia, anche se è ubbidiente, fermo al frullo e si blocca a comando, noi disturbiamo. Essendo imbranata, non ho storie di “bracconaggio” da raccontare, ma posso raccontarvi del declino che vedo in tante aree protette: sempre meno selvaggina, sempre più spazzatura, sempre più gente fuori posto. Altri addestratori mi hanno raccontato storie assurde, come l’essere inseguiti dai carabinieri alle 7 del mattino per aver sganciato il cane o di fughe dalle guardie fatte a nuoto. Bel modo per sprecare denaro pubblico. Tante persone, soprattutto la gente di città, non riescono a capire la differenza tra l’addestrare un cane e l’andare a caccia: se gli parli di “cani da caccia”, capiscono solo caccia, e se vedono un cane da caccia libero, vedono anche un fucile che non esiste. Ovviamente sono indifferenti a cani di altre razze liberi. Mi è stato raccontato di un uomo, un addestratore per altro in gamba, che allena indossando scarpe da calcio: per fuggire più velocemente in caso qualcuno chiami le guardie.
Eppure, chiunque abbia un cane da caccia “addestrato” e decida di allenarlo, non fa del male alla selvaggina. I nostri cani non inseguono gli animali e non li uccidono: vogliamo solo trovarli e lì finisce il gioco. Disturbiamo molto meno di un gruppo di ciclisti. Molti di noi sarebbero felici di pagare qualcosa per addestrare legalmente su “selvaggina buona” e sarebbero disposti a sottoporre il cane ad un esame che ne certifichi l’ubbidienza. Se vedete qualcuno che con fare “sospettoso” si aggira per la campagna con un cane da caccia libero, fermatevi a guardare quel che fa, andate a scambiarci due parole. Non andate in panico e non generate altro panico chiamando carabinieri, polizia ed esercito.
Circa 15 anni fa era possibile, pagando una piccola tasse annuale, addestrare in un parco regionale. Ci andavo, c’era qualche fagiano e c’era sempre qualcuno, l’intera area era monitorata da cinofili e cacciatori, ti faceva sentire al sicuro. Arrivavano persone da diverse parti del nord Italia, poi i permessi sono stati revocati e la qualità della zona è drammaticamente scesa: nessuno ci va più. Chi andava lì ora è probabilmente tra i tanti che vanno a preparare i cani all’estero, i loro soldi ora vanno altrove e non all’economia locale. Non un lieto fine.
“E’ di rado vantaggioso che un cane abbia più di un istruttore. Può darsi che i metodi di insegnamento siano gli stessi ma potrebbero esserci differenze nella voce o nei modi che potrebbero confondere in qualche maniera l’allievo rallentandone i progressi. Quindi, se decidete di addestrare il vostro cane, fatelo per conto vostro senza lasciare che nessuno possa interferire.” W. H. Hutchinson Dog Breaking 1865
Non c’è molto da aggiungere al testo. Hutchinson ha ragione anche se, viste le condizioni attuali, forse è un filo estremo. Quanti di noi sanno addestrare da sé il proprio cane da caccia? Non parlo di “allenare” o meglio portare il cane a correre in campagna sperando che faccia due ferme, parlo di addestramento completo. Se non sono capace di fare una cosa, devo farmi aiutare da qualcuno più esperto di me e qui entra in gioco un’eventuale seconda figura che può confondere il cane. Togliamo pure il può e diciamo che lo confonde, per questo motivo la figura a cui ci appoggiamo deve essere intesa come colui che ci traghetta verso conoscenze che dobbiamo apprendere al fine di addestrare da soli il nostro cane.
L’esperto deve essere una figura di riferimento più per noi che per il cane, non una persona a cui delegare il lavoro sporco, né uno sventurato a cui affidare la rimessa in sesto di un cane indisciplinato. Io la vedo così, poi le cose vanno diversamente, ma questo è un altro discorso…
Se non lo avete ancora fatto, date un’occhiata al Gundog Research Project.
In questo paragrafo, Hutchinson spiega quali sono i requisiti essenziali in un buon addestratore. Cita per primo l’autocontrollo: serve a non punire il cane quando ciò non è necessario. Ciò è talmente elementare da passare inosservato. Ho visto conduttori punire il cane semplicemente per scaricare il proprio nervosismo. Questo non veniva quasi mai fatto in maniera intenzionale ma veniva comunque fatto e non ha senso. Il cane, che non ha fatto nulla di male, incassa la punizione ma non la comprende. Un altro esempio riguarda l’utilizzo del collare elettrico su cani lunghi, poco collegati e poco ubbidienti. Il cane non rientra, è lontano, spesso nascosto dalla vegetazione, non si sta cosa stia facendo e trac, danno una scollarata? Perchè? Solo due esempi, tra centinaia disponibili. Pur avendo accennato alle punizioni Hutchinson ricorda subito che i risultati migliori si ottengono lavorando con allegria e quindi, come diremmo oggi, avvalendosi del rinforzo positivo.
La seconda dote necessaria all’addestratore è la coerenza, nulla di nuovo anche se è pregevole il sottolineare di non dimenticarsi di “correggere” il cane quando si è euforici o impegnati ad assicurarci un selvatico. Questo è un tipo di errore che io commetto: tutta entusiasta del risultato positivo di qualcosa, ho un intervallo temporale personale il cui non vedo i successivi errori! Ovviamente vale anche il discorso opposto, una situazione negativa non deve portarci a correggere il cane oltre il dovuto.
La riflessione (o capacità di riflettere) chiude la lista delle doti essenziali: ci serve per capire come rapportarsi al cane.
“I requisiti principali necessari ad un addestratore sono: primo, l’autocontrollo, in modo che non si cada mai nel tranello di dare una punizione non necessaria dal momento che, e questo vale sia per i cani che per i cavalli, non vi è addestramento migliore di quello condotto in allegria; secondo, la coerenza affinché in preda all’euforia, o se impegnati ad assicurarci un selvatico, non ci si dimentichi di biasimare un errore (non ho detto di non punire) che sarebbe stato notato in un momento più tranquillo e, d’altra parte, che non si corregga il cane più duramente del dovuto perché si è sbagliata una fucilata o si è perso il selvatico; e, infine, la capacità di riflettere, in modo a poter capire quale significato un animale non raziocinante può probabilmente attribuire ad ogni parola, segnale o sguardo.” W.N. Hutchinson Dog Breaking -1865