La paura dello sparo: ulteriori considerazioni

L’articolo sulla paura dello sparo, come prevedibile, ha suscitato forti reazioni. Diciamo che l’avevo previsto ma… avrei sperato in un filo in più di apertura mentale e, invece,  molti lettori hanno ritenute insensate le conclusioni a cui è giunta l’etologia moderna. Inconsciamente, questa è una scelta di comodo perché è molto più semplice incolpare i geni (la fattrice, lo stallone, l’allevatore…) che prendersi le proprie responsabilità.  Riconoscere il ruolo dei fattori ambientali nella genesi della paura del fucile, infatti, implica assumersi delle colpe, se il cane è un fifone, o darsi da fare se stiamo crescendo un nuovo cucciolo.

Le obiezioni? “Io non ho mai fatto nulla per presentare al cane i rumori, l’ho portato fuori all’apertura, si è alzato un volo di starne, gli ho fatto una scarica di fucilate sulla testa e non è successo nulla! Sono tutte ….. la socializzazione e tutto il resto!” Nell’articolo originario, se l’avessero letto bene, queste persone avrebbero trovato la parte in cui dico che si può essere molto fortunati e ritrovarsi con un cane che non accusa il colpo di fucile, nonostante non si sia fatto nulla di particolare per prepararlo a tanta confusione.  Come mai? Può essere pura fortuna o, può anche essere, il che è molto più plausibile,  che il cane sia stato esposto a stimoli rumorosi senza che ciò sia stato pianificato. Magari avete spaccato la legna in sua presenza, azionato la motosega, il trattore, il toserba, magari è nato in estate e c’erano spesso temporali,eccetera. Cani che vivono in prossimità dell’uomo spesso vengono esposti ai rumori senza che lo si debba fare “apposta”.

Qui si inserisce la seconda critica all’articolo un tempo i cani non venivano esposti ai rumori, né socializzati eppure erano normali”… Questo è un falso mito.  Un tempo, parliamo di quasi un secoletto fa, i cani da caccia erano quasi tutti di proprietà di “signori” che li facevano accudire da personale apposito: è assai improbabile che questi soggetti avessero scarse interazioni con l’uomo. Parallelamente, e più tardivamente, anche persone di medio e basso reddito hanno iniziato ad andare a caccia con il cane, ma si trattava quasi sempre di contadini con il classico segugetto da pagliaio che, comunque, partecipava alla vita della fattoria vivendo a stretto contatto con l’uomo e quindi come rumore.

I  cacciatori appartenenti alla classe media e bassa hanno iniziato, almeno in Italia, ad avere cani di razza a partire dal secondo dopo guerra, direi più spiccatamente dagli anni ’60 e, a quell’epoca, non esisteva nemmeno ancora l’idea dell’allevamento a fini commerciali. I primi grossi allevamenti, alcuni tuttora attivi, stavano gettando le fondamenta ma, in generale, le cucciolate erano ancora cose per ricchi (provvisti di staff specializzato),  o faccende di famiglia, con tanto di pargoli saltellanti attorno ai cani. Cuccioli e uomini, insomma, vivevano a stretto contatto.

Le cose sono cambiate, dopo, con i cani che iniziavano ad essere intesi come fonte di reddito, il che ha portato ad allevarli in maniera più “intensiva”  e la qualità delle cure è scesa:  a volte ci si trova con più cucciolate da accudire contemporaneamente, a volte le strutture in cui crescono sono lontane dai rumori, eccetera eccetera. Anche il cacciatore è cambiato:  c’è chi vive in appartamento e non può tenere il cane in città e lo lascia crescere in qualche recinto isolato in periferia. C’è chi ha la villetta, ma siccome il cucciolo rovina il giardino lo si mette in un box in fondo all’orto. Poi si rientra tardi alla sera, stanchi da lavoro e non si trascorre del tempo con lui, anche se si tratta del figlio di campioni di altissima genealogia, pagato fior di soldi,  e non di un cane da pagliaio qualunque.

Se il cucciolo fosse un meticcetto di paese, forse, le cose sarebbero più semplici per lui: gli appartenenti ad alcune razze canine moderne  sono l’equivalente di un purosangue con la relativa ipersensibilità, se selezioniamo cani reattivi, loro saranno reattivi anche quando ciò diventa scomodo!  I cani, i tempi e i contesti sono cambiati, perché gli uomini si ostinano a non cambiare? Non dovrebbe forse esserci una maggior sensibilità nei confronti del cane? Non dovrebbe, il cane, essere un amico prima di essere un ausiliare? Non dovremmo noi, suoi proprietari, fare qualche piccolissimo sacrificio per crescerlo al riparo da paure, anziché insistere con l’allevatore per avere “un cambio di prodotto”, se il cucciolo sviluppa la paura del fucile? Credo sia nostro dovere morale, viste le moderne conoscenze etologiche, offrire al cucciolo tutte le risorse per aiutarlo a crescere bene e limitare il rischio che si manifestino problemi come la paura del fucile.

Allego, per i curiosi, un articolo de “I Nostri Cani” del 1968 in cui si riportano i consigli del noto  addestratore Gino Puttini. Si parla di paura dello sparo e di come recuperare (e sottolineo recuperare, non scartare!) i cani. Il pezzo ha quasi 50 anni q quindi ci sta che si pensasse ancora alla genetica, sebbene siano ben menzionate anche le cause ambientali, lo ripropongo più che altro come curiosità storica. Si tratta di una foto “stropicciata” perché la rivista è molto debole e non sopravvivrebbe. PS. Non dimenticatevi di dare un’occhiata al Gundog Research Project!




Does a gun-shyness gene exist?

I wrote about this on several occasions and, usually, I do not like re-writing about things I already wrote about but, last week, reading an online forum, I realized that gun-shyness is still a mystery.

People buy dogs, mate dogs, collect dogs but never “waste” time trying to educate themselves about dogs or, more simply, trying to switch their brains on. I am not sure whether you are familiar with Patrick Pageat, he is a Frech veterinarian and animal behaviourist who wrote the book “L’homme et le Chien” (The Man and the Dog), he writes: “How can a gun-shyness gene exists? How could nature have foreseen gun powder and shotguns?“

Obviously, nature could not have predicted shotguns, but some dogs are indeed gun-shy, why? Are they faulty? I hate seeing dogs labelled as “faulty”, their behaviour can be explained through a more refined explanation. These dogs are not “faulty”: did you know, for instance, that some dogs are more sensitive than others? This has been demonstrated in humans as well, some people are more sensitive to noise, light and so on and this has been proved scientifically. So, yes, some dogs might be more sensitive than others. Is this genetic? I think so and, in my experience, I found gun-shy dogs in some breeds more than in others. These dogs, and more generalizing these breeds, were also more difficult to rehabilitate. Generally speaking, again, these dogs were quite reactive, fast and somehow nervous and… sensitive! It is selection, it is how we want dogs to be: let’s try to compare and English Setter (or a Border Collie) and a Neapolitan Mastiff: they are not exactly the same thing.

We should not, however, talk about fear, analyzing sensitivity would be much more appropriate. Are there dogs who are more sensitive to noise? Yes, but being sensitive to something, does not mean being fearful of something. Yet, some dogs are afraid of gunshots, but fear came after sensitivity and was triggered but something external to them. What do, most of the fearful dogs have in common? Could environmental factors play a role? Most of the gun -shy dogs I met (in about 20 years spent around gundogs), had indeed something in common: they all had been poorly socialized.

I am not going to write about puppy socialization in this article, but I am going to point that, sometimes, hunters, as well as dog breeders, do not pay enough attention to this fundamental process. The “average” hunting dog is born in the countryside and grows up in a kennel, an environment which tends to be rather silent and lacks of natural stimuli. These quiet, rural settings do not fully prepare the pup for his future life.

Furthermore, once adopted by the new owner, the pup continues living in a similar environment and tends to be left there until he turns 7 or 8 months old. Only a few hunters start training pups earlie, as they fear they would get “ruined”. Once deemed old enough, the pups are put in the car (so far they had generally been in the car only to go to a veterinarian) and are taken somewhere to be tested on a bird (that is going to be shot), generally on a quail, or, even worse, to a shooting party.

Having had no exposure to gunshots, two things might happen: 1) the dog has a very strong temperament (and his owner is very lucky!) and he does not mind the noise or 2) we witness a disaster and the dog becomes gun-shy. Unfortunately, these things happen and… frequently! I did not invent anything and, sadly, I have seen this happen more than once and I can tell you about people who keep repeating these same mistakes. There are people who end up owning only gun-shy dogs: each pup they purchase will turn in a gun-shy adult. Some of them realized this and now only purchase adult dogs. Some other people, on the other hand, had never owned a gun-shy dog despite having purchased all their dogs as puppies, from different sources..

Let me tell a short story: M. Smith purchased a high quality puppy and raised her in the kennel. Once she turned 7 months old, he introduced her to birds and gunshots with the fore mentioned techniques and she became gun-shy. During the following YEARS she overcame, more or less, her gun-shyness but her breeder donated a second pup, a sister to the previous one, to Mr. Smith, as a replacement. Mr. Smith, after committing the same mistakes for many years, had the chance to meet some properly socialized puppies and decides raise her differently. The new pup grows up experiencing noises and living different experiences: she is not gun-shy and she is much much bolder than her older sister.

PS. Don’t forget to take a look at the Gundog Research Project!




Torta semifreddo ricotta cioccolato bianco e more – I dolci di Flavia

Ingredienti:

Per una tortiera da 22 cm

4 uova

120g zucchero

500g ricotta

200g cioccolato bianco

1 cucchiaio di maizena

vanillina

more q.b.

Per la coulis di more:

150g more

1 bicchierino da liquore di acqua

succo di 1 limone

2 cucchiai pieni di zucchero

1 cucchiaino di maizena

Lavorazione:

Sciogliere il cioccolato al microonde. Separare i tuorli dagli albumi, che andranno montati a neve. Ai tuorli unire lo zucchero, la ricotta, la vanillina, il cioccolato fuso e il cucchiaio di maizena. Infine incorporare gli albumi.

Infornare a 170 gradi per circa 40-45 min

Una volta freddo riporre in frigo.

La consistenza che otterrete sarà di un dolce budinoso/cremoso

Per la coulis di more:

Unire tutti gli ingredienti in un pentolino a fondo spesso e anti aderente e mettere sul fuoco facendo cuocere a fuoco medio per circa dieci minuti. Otterrete una purea che volendo potete lasciare al naturale oppure rendere più liquida e omogenea con frullatore ad immersione e setacciando i semini (io ho lasciato al naturale). Una volta fredda ricoprire la superficie della torta.

Decorare con le more rimanenti.

Vai alla prossima ricetta

Puoi iniziare a leggere le ricette di Flavia da qui o trovarle raccolte qui

 




Esiste il gene della paura del fucile?

Ne ho già parlato in diverse occasioni (come per esempio nello speciale Il Mio Cucciolo) e, di solito mi innervosisco a ripetere sempre le stesse cose ma, poco fa, ho aperto un thread su un forum di cinofilia venatoria e mi sono accorta che, nonostante gli anni passino, nulla è cambiato. Stavo rispondendo rapidamente a quel thread quando la finestra del browser si è chiusa, ripartiamo da qui.

Tutti corrono a comprare, accoppiare e accumulare cani ma nessuno fa il minimo sforzo per informarsi, in questo caso poi, se non si vuole leggere, a volte basterebbe ragionare. Cito infatti il francese Patrick Pageat (L’homme et le chien – L’uomo e il cane, nell’edizione in italiano), veterinario nonché noto studioso di comportamento canino: “Come può esistere la paura del colpo di fucile quando, nel periodo in cui ebbe origine il cane, il fucile non esisteva? Può, Madre Natura essere stata così previdente?”

Direi di no, eppure alcuni cani hanno paura dello sparo, perché? Non sono “tarati”, detesto questo termine e darei del tarato a chi lo utilizza, la spiegazione è più raffinata, nonché meno semplice. Sappiamo che esistono individui (anche all’interno della specie umana), più sensibili di altri. Questo ci porta a pensare che esistano cani più sensibili a determinati stimoli, ad esempio il rumore, rispetto ad altri. Questa maggiore sensibilità può avere basi genetiche? Possibile, anzi probabile, oserei dire. Di fatto, ho riscontrato un maggior numero di soggetti con “paura dello sparo” in alcune razze rispetto ad altre e, sempre in queste razze, i cani erano più difficili da recuperare rispetto ad altri, il tutto sempre da intendersi come generica generalizzazione. In linea di massima, i “sensibili” erano soggetti molto reattivi, definibili, con un termine, forse inappropriato, “nevrili”. Un certo tipo di selezione porta a privilegiare velocità, reattività, nervi a fiori di pelle e quindi anche “sensibilità”: se paragoniamo il comportamento di un mastino napoletano a quello di un setter… non sono proprio la stessa cosa!

Prima di parlare di paura, tuttavia, dovremmo parlare di sensibilità: ci sono soggetti più sensibili a stimoli sonori? Sì, ma essere sensibili a qualcosa non significa averne il terrore, quello si sviluppa sulla sensibilità, a seguito di fattori esterni. Oltre ad essere sensibili, cos’altro avevano in comune i cani che avevano sviluppato paura dello sparo? Altri elementi avevano giocato a loro sfavore? Sì: in primis una socializzazione sommaria. Non è questa la sede per definire ed illustrare il concetto di socializzazione, lo farò forse in futuro e nel frattempo vi invito a googlare, il punto è che i cuccioli vanno socializzati e, tanto, ma il cacciatore/allevatore lo fa un po’ a macchia di leopardo. Il cane da caccia “medio”, nasce e cresce in canile, in campagna, lontano da particolari problemi e da particolari stimoli. L’ambiente che lo circonda, in genere, è piuttosto silenzioso e ciò non lo prepara a sufficienza alla futura attività venatoria.

Errore numero due, il cucciolo, oltre a non essere socializzato a sufficienza nei primissimi mesi di vita, viene lasciato maturare in box nella convinzione che, lavorandolo prima, si “rovini”. Moltissime persone non fanno fare niente al cane fino a 7-8 mesi, o più. Raggiunta quella età caricano il cane in macchina (magari non ci è mai andato prima, se non per recarsi una volta dal veterinario) e lo “testano” con qualche quaglia sullo sparo o, peggio, lo portano direttamente a caccia, magari il giorno dell’apertura, o durante un’allegra zingarata in riserva.

E qui possono succedere due cose: a) il cane ha nervi d’acciaio (e il proprietario è molto fortunato) e tutto fila liscio, nonostante esistano tutte le premesse per il disastro o b) il cane si spaventa, succede il disastro e ci si trova per le mani un soggetto con “la paura dello sparo”. I modi e i metodi di custodia del cane che ho descritto sopra, non sono inventati, purtroppo, anzi e ho conoscenti che sono recidivi e che ad ogni nuovo cucciolo, si ritrovano con un cane timoroso dello sparo: è davvero solo sfortuna? Possibile che ad alcuni non capitino mai cani con paura dello sparo e altri cacciatori solo cani “tarati”? (Le eccezioni in eventuale loro possesso sono, in questo caso, cani acquistati già adulti).

Vi riporto un altro esempio tratto da una storia vera. Il signor Rossi acquista cucciola di alta genealogia eccetera eccetera e la fa crescere in canile/giardino. Dopodiché, le presenta il solito selvatico e la solita fucilata: disastro. Negli anni successivi la canina viene più o meno recuperata (con metodi piuttosto empirici…) ma, visto il problema, l’allevatore offre una seconda cucciola, sorella della prima. La cagnolina, questa volta, viene socializzata molto bene e stimolata correttamente durante la crescita: non presenta alcun timore dello sparo e a caccia è ben più spavalda della sorella con cui condivide gli stessi geni.

Chi avesse obiezioni può continuare a leggere qui.

PS. Non dimenticatevi di dare un’occhiata al Gundog Research Project!




Vinci un servizio fotografico – Win a free photo session

FOR ENGLISH SCROLL DOWN 

Per tenere vivo interesse e partecipazione al Gundog Research Project, abbiamo aggiunto un nuovo premio: un servizio fotografico gratuito.

Dettagli: servizio fotografico all’aperto con possibilità di includere cani, bambini e selvaggina, se presente.  Possiamo programmarlo durante una sessione di addestramento, durante una giornata di caccia o altro.

Riceverete un numero illimitato di immagini sotto forma di files digitali ad alta risoluzione e quindi stampabili e i files saranno anche raccolti in una galleria online.

L’unico limite è legato alla località, il servizio fotografico dovrà aver luogo dalle mie parti, altrimenti ci sarebbero delle spese di viaggio.

Per vincere il servizio dovete solo compilare il questionario online,  più cani inserirete, maggiori saranno! le possibilità di vincere!

Cliccate qui per saperne di più

***

To keep the interest around the Gundog Research Project alive, I decided to offer one more “prize”: a free photographic session with me.

The photo session will take place outside and can include people (adults and children), dogs and, if present, wildlife. It can take place during a training session, during a shooting day or in a similar context.

You will receive an unlimited number of images as a high resolution (printable) digital files. The images will also be featured in a dedicated online photo gallery.

There is only one limitation: we should organize the shooting session not too far from where I live (Northern Italy ): I would be very happy to travel to another continent but it might be expensive.

Fill out our survey to win and remember, the more dogs you tell us about, the more chances you have!

Click here to know more

 




Un veloce aggiornamento sulla taurina

Qualche settimana fa, ho postato un pezzo sulla taurina. Nello specifico ho parlato del fatto che alcune razze sono meno efficienti nel metabolizzarla (potete leggere tutto qui).

Un deficit di taurina può causare cardiomiopatia dilatativa e quindi tutti coloro che possiedono esemplari di una razza a rischio dovrebbero testare il proprio cane. Ho testato Briony e i suoi valori sono risultati normali. Lei si alimenta con cibo casalingo cucinato.

Come appena detto, i sui valori sono nella norma ma ho chiesto a Lucia Casini, Professore di nutrizione veterinaria all’ Università di Pisa, se  fosse il caso di integrare durante i periodi di caccia e addestramento intenso. Lucia consiglia di integrare con 500 mg al giorno in quei periodi (cane atleta di circa 20 kg).

Tra i laboratori a cui potete rivolgervi ci sono: Idexx, Laboklin e San Marco.

Inoltre, siccome la maggior parte dei miei lettori si occupa di cani da lavoro (date un’occhiata al Gundog Research Project!), lasciate che aggiunga che gli atleti possono avere un fabbisogno di taurina più elevato. Se desiderate approfondire, il web è ricchissimo di articoli dedicati alla taurina e alla cardiomiopatia dilatativa nel cane, lo scopo del mio articolo è semplicemente quello di far conoscere questo problema.




A Quick Update on Taurine

A few weeks ago, I posted about taurine and, more specifically, about some breeds which might be less efficient in producing it (you can read everything here).

As taurine deficiency can lead to DCM (dilated cardio miopathy) I think all those owning a breed at risk should assess their dogs. I eventually tested Briony and her results fell in the normal range: she eats an homemade diet and, apparently, despite my poor cooking skills, she is getting enough methionine and cysteine that she can convert into taurine.

As said above, her results are within the normal range, but I showed them to a nutritionist (Lucia Casini, Professor of Veterinary Nutrition at the University of Pisa, School of Veterinary Medicine) asking her whether Briony should benefit, like other athletes, from any taurine supplements during the hunting/shooting season and she said yes, to supplement with 500 mg a day  (she weighs around 20 kgs) in these periods.

Some of the laboratories testing for taurine in Europe are: Idexx, Laboklin and San Marco.

Considering that most of my readers own working dogs (read about the Gundog Research Project!), let me also add that these athletes might need more taurine than the average dog. The web is full of articles on taurine and DCM in dogs, go and read them if you want to know more, I am just here to spread the word and raise some awareness.




Torta pere e cioccolato – I dolci di Flavia

Ingredienti:

2 uova

130g zucchero

250g farina

2 cucchiai pieni di cacao

100g cioccolato fondente

1 bicchierino di rum

2 o 3 cucchiai di olio

1 o 2 bicchieri pieni di latte

1 bustina di lievito vanigliato

4 o 5 pere Williams (anche altra varietà se non la trovate, conta che siano belle mature)

Lavorazione:

Montare le uova con lo zucchero, aggiungere il bicchierino di rum e poi gradualmente la farina. Mano a mano che vedete che il composto si rassoda troppo aggiungete olio e latte (le quantità della ricetta sono indicative, se vedete che il composto è troppo asciutto aggiungete un po’ più  di olio o di latte). Infine aggiungete il cacao e il cioccolato fondente sciolto al microonde o a bagnomaria, per ultima la bustina di lievito.

Sbucciate e tagliate le pere a pezzetti tenendone da parte circa tre spicchi per decorare sopra. Ora potete ungere e cospargere di zucchero una teglia come faccio io, rivestirla di carta forno, imburrarla e infarinarla; potete unire i pezzetti di pera all’impasto della torta oppure mettere un po’ di impasto come base sul fondo, spargere i pezzetti di pera sopra e ricoprire… come preferite voi, la torta riuscirà comunque! Decorate con fettine di pera la superficie.

Cuocere in forno statico a 180 C per 35 minuti (fate la prova dello stecchino, a volte ci vuole un po’ più tempo se le pere sono mature).

Vai alla prossima ricetta.

Puoi iniziare a leggere le ricette di Flavia da qui o trovarle raccolte qui




La responsabilità dell’educatore cinofilo di Tania Andreutti

La responsabilità dell’educatore cinofilo, i danni della mediocrità
di Tania Andreutti (Educatore Cinofilo)
Direi che vale per ogni ambito, ma mi limiterò a quello che ho scelto di approfondire da ormai 18 anni in maniera più scientifica per un mio generale approccio scientifico al mondo, per passione ma soprattutto per amore dei miei cani: la cinofilia.
Credo che il processo naturale della percezione e della conoscenza parta dalla consapevolezza di non capirne un cazzo, fondamentalmente… Hai cani, ci vivi da tempo ma ti rendi conto che c’è molto più da sapere, e così inizi la formazione (oppure sei al primo cane e ti poni il problema da subito). Passa qualche anno, per qualcuno meno, molte letture, stage, corsi, lavoro con i propri cani, sperimentazione, confronto… Per qualcuno c’è il corsetto da educatore in 36 ore con un attestato che qualche mente criminale – per scopo di lucro -ti ha rilasciato facendoti pensare di essere pronto a diffondere il suo verbo, così inizi a sentirti “colto”. Per alcuni arriva il momento del “ormai so quasi tutto, posso insegnare praticamente a tutti”, per altri un semplice “beh, direi che ne so abbastanza, tutto sommato ne so”, e molti si fermano qui. Quelli che si fermano in questa fase sono i mediocri: sono la maggioranza e sono in mezzo a noi, sono i tuttologi, sono quelli che ci tengono a dire la loro sempre ovunque, senza capire quando è il momento di tacere, senza umiltà, spesso con l’atteggiamento supponente e i sorrisetti di accondiscendenza che distribuiscono a chi li mette in discussione. Altri continuano lo stesso, sapendo che non ne sapremo mai abbastanza e capita qualcosa che ti fa salire quell’ansia dell’ “oddio, non ne saprò DAVVERO mai abbastanza”. Alcuni si fermano e decidono di non pensare più con la propria testa, ma di prendere per buono ciò che viene da quella che per loro è una fonte autorevole, perché non hanno la tempra per accettare questa sensazione di indeterminatezza (che è la stessa che porta la gente ad appoggiarsi ai “guru” senza metterli in discussione o a seguire una religione). Altri dicono “pazienza, non smetterò mai di cercare di capirne di più ma comunque non saprò mai tutto quello che vorrei” e vanno avanti, senza smettere mai.
Ma il problema di chi arriva (peggio per chi si ferma) nella fase arrogante della fasulla illusione di sapere davvero ciò che sta professando è che non si rende conto dei danni che può fare quando assume il ruolo dell’educatore. L’educatore ha una responsabilità in più, perché la gente che si rivolge a lui/lei fondamentalmente a lui/lei si affida, e il grado di abbandono è inversamente proporzionale alla preparazione e alla sicurezza dell’individuo.
Quando noi educatori facciamo una prima valutazione, stiamo facendo appunto una prima valutazione: quel cane e il suo compagno umano non li conosciamo, sappiamo quel che ci dicono e vediamo un piccolo spaccato di loro due, ma è solo uno spaccato, a volte fasullo.
I cani e le persone, ad una prima valutazione, potrebbero non essere nel loro contesto abituale (e quello è il motivo per cui alcuni di noi fanno le valutazioni a casa del cliente) ma potrebbero essere in un periodo della loro vita particolare,oppure in una condizione psicofisica alterata. Ci si sveglia con la luna storta, si potrebbe aver dormito male, aver mal di pancia, avere caldo, freddo o tiepido, male ai piedi o quella mattina aver litigato con qualcuno che ti ha rovinato la giornata… possono esserci così tante variabili che solo l’esperienza e l’umiltà del non mediocre gli ricordano cosa potrebbe incontrare. E poi ci sono cose che vedi oggi che sono il risultato di ciò che è stato: che ne sai davvero di come quel binomio è arrivato lì, da dove è partito?
Ma il poco esperto (o il mediocre) prende quello che vede e crede di aver capito: ha capito chi ha davanti, cane e persona che sia, e spesso crede di avere la responsabilità di dirlo alla persona che ha di fronte con la supponenza del “lo faccio per il bene del cane, della vostra vita assieme, della vostra felicità”.
Ma chi hai di fronte, tu piccola persona, mentre dici ciò? Non necessariamente di fronte hai una persona sicura di sé che si rende conto che stai dicendo una serie di stronzate – per le quali dovresti davvero vergognarti, potresti avere davanti una persona che non ha le competenze per capirlo, che non ha gli strumenti di conoscenza, o magari caratteriali, per ridere del tuttologo del giorno, voltare pagina e andare altrove. Davanti a te potrebbe esserci una persona molto meno esperta, o molto più mediocre, o così insicura da permettere che il tarlo del senso di colpa attecchisca, che le boiate che gli sono state propinate si insinuino, tanto da fargli mettere in discussione e in dubbio cose che invece non dovrebbero essere toccate perché sane.
Noi professionisti abbiamo questa responsabilità, quella di avere a volte un ascendente su altri che potrebbe aiutare, o danneggiare, chi si affida a noi ed è per questo che dobbiamo imparare i limiti della nostra professione, e capire che quello che possiamo dire è “in questo momento io vedo questo e penso che potrebbe essere così, perché in questa situazione io ho visto questo, ma qui e ora potrebbero essere diversi da ieri e lì, o da domani e là,quindi devo conoscervi meglio prima di poter dire le cose con maggior sicurezza”. A volte la strada è giusta, a volte dobbiamo raddrizzare il tiro e cambiare strategia man mano che impariamo a conoscere il cane e la sua persona.
Se non siete disposti ad arrivare a questo punto del vostro percorso professionale, rischiate di fare dei danni e spero che abbiate almeno l’umanità da preoccuparvi di questo. Se non ne siete capaci, siete solo altra fuffa come ce n’è davvero già troppa e posso solo augurarmi che i vostri clienti lo capiscano da soli.



Summer Smoothie – Flavia’ Sweet Dreams

by Flavia Bullo

Ingredients

1 pears

1 peach

4 apricots 

1 citrus fruits yoghurt

1 vanilla yoghurt

2-3 ice cubes

Mix all the ingredients in a mizer  first at low speed and then at high speed and then enjoy your smoothie!