Il mastocitoma canino

Mi ero ripromessa di NON trattare argomenti di veterinaria su Dogs &  Country poiché ne vedo a sufficienza sui libri. Il giorno in cui mi sono fatta questa promessa, però, ero sicura che l’avrei prontamente infranta. L’occasione  è il saluto a Flo, una setterina tricolore volata sul Ponte dell’Arcobaleno a causa di questa malattia. Il mastocitoma canino è una neoplasia molto frequente nel cane, se non ricordo male, la più frequente neoplasia cutanea. Si tratta di un tumore maligno il cui andamento ,però, è molto variabile e dipendente sia dal grado istologico (abbiamo mastocitomi di I°, di II° e di III° grado), sia dalla capacità di reazione del organismo. Ovviamente un mastocitoma classificato come di III° grado è più grave di uno di I° grado ma il grado, da solo, non ci dice quanto potrà sopravvivere un cane affetto.FLO231210 (trascinato)2

Conosco il mastocitoma perché ne ha sofferto anche il mio setter precedente, Socks.  Nel suo caso i mastocitomi avevano assunto aspetti variabili: potevano assomigliare a dei ponfi, ad un lipoma o ad un granuloma. Essendo molto pignola e molto china su libri di medicina veterinaria, mi sono preoccupata subito nonostante le neoformazioni avessero un’aria innocua. Dopo il primo intervento (erano di I° grado) ne sono spuntati di nuovi, una volta tolti anche questi, il cane ha vissuto fino a 15 anni e mezzo, per cui posso dirmi  fortunata, anche se la diagnosi iniziale mi aveva parecchio allarmato.

Lo scorso gennaio, un’amica che è andata a vivere in un’altra città, ha contattato perché la sua setter (una ex setter da caccia che le avevo “procurato” io) non stava affatto bene. I sintomi di Flo erano seri, per non dire allarmanti per cui le ho sconsigliato di non attendere di poter vedere il veterinario curante nella vecchia città e l’ho riferita ad un’amica veterinaria con ambulatorio in Milano. FLO231210 (trascinato) 32

Credo che questa veterinaria, che per altro ha lavorato egregiamente, avrebbe preferito le inviassi un caso destinato ad avere un lieto fine.  Tutti ci abbiamo sperato: la situazione di Flo è apparsa subito molto grave, ma si sperava di poter stabilizzare il paziente e intervenire chirurgicamente sul paziente (la chirurgia è il trattamento d’elezione per il mastocitoma), in un secondo tempo.  I sintomi di Flo non mi piacevano, ma volevo provare ad essere ottimista: se c’è uno spiraglio di luce bisogna seguirlo!  La setter, purtroppo,  è sopravvissuta solo un mese dalla diagnosi di mastocitoma. Non sapremo mai di che grado fosse il tumore ufficialmente (probabilmente di III° grado) perché per ottenere tale parametro occorre un esame istologico, esame che si effettua dopo la chirurgia.  Flo ha vissuto bene il suo ultimo mese di vita, mi piace pensare che se lo sia guadagnato per regalare ai proprietari un addio meno repentino.

Se avete un cane, specie se appartenente a razze predisposte (cito ad esempio boxer, il boston terrier, lo shar-pei e setter inglese, ma ce ne sono molto altre), che presenta masse cutanee di vario tipo su tronco e arti  fatelo controllare. Non fermatevi davanti a rassicurazioni sommarie perché il mastocitoma può assomigliare a qualsiasi altra cosa, non per nulla è chiamato anche “il grande imitatore”. Se rinvenite neoformazioni cutanee NON schiacciatele, potrebbero essere mastocitomi e allora fareste un disastro, andate da un veterinario!FLO231210 (trascinato) 51

Il mastocitoma di Flo, dal momento in cui si è reso manifesto, è apparso subito particolarmente aggressivo pertanto non credo che una diagnosi un po’ più precoce avrebbe cambiato il corso degli eventi ma in tanti altri casi una diagnosi precoce  ha fatto la differenza.

Le illustrazioni che accompagnano l’articolo raffigurano Flo e sono opera dell’illustratore spagnolo Oscar Martinez, in arte Barateria.




Cacciavo con i gordon: Danilo Liboi

Era il 2004, credo, quando inizia la mia collaborazione con Sentieri di Caccia. Subito tra i miei “capi” trovai Danilo Liboi. All’epoca Danilo già praticava in forma esclusiva la caccia agli ungulati in alta montagna però, sapendo che io avrei scritto soprattutto di cani da ferma, specificò che aveva praticato anche quella caccia, con i setter gordon.  Poteva sembrare un monito a stare attenta a quello che avrei scritto ma lo fu solo a grandi linee: Danilo mi diede sempre grande libertà nella scelta degli argomenti da trattare dimostrando di aver fiducia nel mio operato. Di questo non posso che essergliene grata. Ricordo anche la gita con lui in una riserva del Piemonte durante la quale vidi per la prima volta al lavoro i vizsla e i petit basset griffon vimg_9318endéen. Purtroppo, a causa della luce scarsa, la maggior parte delle foto riuscirono male, tranne una, quella di due anatre in volo che rimane a tutt’oggi una delle migliori immagini di anatidi che io abbia mai scattato, e non avevo nemmeno una gran macchina.

Ricordo gli incontri all’Exa e, ancora meglio,  pranzi di redazione in Appennino.  Ci fu quell’anno in cui tentasti di insegnare alla “biondissima” Jessica a sparare e quell’altro anno in cui, “stremato” da una partita a calcetto ti fingesti un ungulato abbattuto e ritrovato alla fine di una traccia 🙂

Il giornalismo venatorio ha perso un personaggio importante. Nessuno è insostituibile, certo, ma tu eri senza dubbio utile a tutti noi e avevi saputo farti strada tenendo fede a tutte le tue convinzioni. Troverà il nostro settore qualcun altro come te? Me lo auguro,  andrebbe bene anche non proprio uguale ma  avesse almeno la stessa professionalità coniugata con la medesima bontà d’intenti. Ah, sono svampita (e lo sapevi!), stavo dimenticando la semplicità!img_9269

Non ho la pretesa di saper comprendere l’animo delle persone, ma per quel poco che ho capito del tuo animo la tua scelta non mi ha stupito, ma non mi ha nemmeno lasciato indifferente. Non sono una persona espansiva, ma tengo eccome alle “mie” persone e alle persone che stimo. Spero che tu abbia ritrovato i tuoi cari e, con loro, la serenità perduta. Spero che Astor sia con te e che insieme a voi ci sia anche l’amico Michele Barillaro con le sue granite con panna,  i suoi maialini selvatici e la sua Africa.

Weidmannsheil Danilo (… non è da tutti riuscire a far piangere la tua freddissima collega)

Rossella




Amici per caso: Danilo Liboi

Una serie di circostanze fortuite debbo ammettere che hanno cambiato, almeno in parte, la mia vita. Per chi crede nel destino, questa è senza dubbio una di quelle vicende in cui tutto sembra già scritto da un oscuro regista animato da una fervida immaginazione. Una cara amica decide di cambiare casa e per qualche settimana torna a vivere dai suoi genitrr. Per quel lasso di tempo mi cede il suo decoder, perché sa che non ho l’abbonamento a Sky ma la mia abitazione è dotata di antenna parabolica. Sapendomi appassionato di caccia, mi fa anche la sorpresa di attivarmi l’abbonamento a CACCIA E PESCA, noto canale tematico del settore. Non appena terminata l’installazione del decoder, e collegati i cavi mi metto in poltrona e pochi istanti dopo mi compaiono due personaggi intenti a dibattere di selezione e caccia col cane. Uno dei due, già all’epoca, era per me un mostro sacro, si trattava di Mario Quadri. L’altro personaggio lo conoscevo molto meno, ma mi sembrava determinato e preparato, mi piaceva, aveva carisma. Un temporale mi impedì persino di assistere alla conclusione di quella trasmissione. Il giorno dopo tuttavia collegandomi a Facebook, tra le proposte di amicizia indicatemi dal social, spuntò il viso barbuto di un personaggio che aveva per me qualcosa di famigliare. Si trattava di Danilo Liboi, che il giorno prima in tv duellava verbalmente con il Maestro. Non appena formalizzammo la nostra amicizia, seppur telematica, mi permisi di disturbarlo privatamente, per complimentarmi con lui, che benché non appartenesse propriamente alla schiera dei segugisti, mi aveva positivamente colpito con la sua fermezza e la consapevolezza delle sue parole. Ne uscì una chattata, a metà tra il battibecco e la disfida tra i due mondi, ma era palese ad entrambi la stima reciproca che nutrivamo l’uno nell’altro. Da li a pochi giorni Danilo mi lanciò una sfida. “Perché non provi a scrivere un pezzo sul tuo mondo, visto che mi sembri così preparato ed entusiasta sul tema dei segugi. Se merita potrei proporlo per la pubblicazione su Sentieri di caccia!” Era una sfida per entrambi, la vincemmo, credo alla grande. Di li a poco divenni collaboratore del barbuto personaggio che avevo apprezzato alla tv solo qualche mese prima, e collega del vecchio saggio dei segugisti italiani. In questi anni, Danilo ed io, ci siamo scambiati più volte opinioni e visioni sul mondo della caccia e non solo, e lui ha tenuto a battesimo anche il mio primo editoriale. Danilo non amava l’improvvisazione, ma era un sognatore, si occupava per professione di caccia, ma la caccia era la sua vita, una parte imprescindibile di sé. Era anche un cinofilo, che del cane aveva stima e massimo rispetto. Ora che Danilo non c’è più mi mancherà un punto di riferimento, e la sensazione che maggiormente avverto in queste ore è quella del disorientamento. Tu, caro Danilo, che hai saputo far innamorare della montagna intere schiere di lettori, Tu che hai sempre cercato di qualificare il prelievo e di rendere il cacciatore una figura meritevole di rispetto e di stima, Tu che hai sempre amato e rispettato la natura, comprendendone intimamente la sua essenza, Tu da oggi mi mancherai. Quei maledetti impegni improrogabili, che la frenesia della vita moderna spesso ci impone mi hanno impedito di esaudire un Tuo sogno. Avresti voluto assistere alla sciolta di un segugio su lepre, ed osservarlo cacciare, rispettando tutti gli altri animali, ed apprezzarne assieme a me le peculiarità di razza. Purtroppo non ci sono riuscito, ed oggi questa ferita mi brucia, e temo che difficilmente troverò pace. Forse anche con la Tua dipartita mi hai voluto lasciare un ultimo insegnamento, non lasciare mai che gli impegni ti distolgano dagli amici, non rimandare a domani una chiacchierata, una cena o un incontro con le persone che ti sono care, perché domani potrebbe essere troppo tardi. Ciao Danilo, mi mancherai amico mio, ti sarò per sempre debitore, e sono certo che un giorno o l’altro, prima o poi ci, ritroveremo, e allora ti farò vedere come un segugio sa cacciare la lepre, e tu mi farai sognare ancora con le tue parole sulla montagna. Emanuele Nava




10^ edizione di EXPORIVA CACCIA PESCA AMBIENTE

Ci sarò in qualità di relatore: tavola rotonda “Schweisshunde abilitati. Addestramento e allenamento dei cani da traccia”, che si terrà domenica 29 marzo alle ore 14.30 nella sala convegni del quartiere fieristico (hall ingresso pad. B2).

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Mutande per cani?

Ve l’avevo detto su questo blog avremmo spaziato in varie direzioni. Oggi spaziamo in direzione della coda. I cacciatori che tengono i cani all’aperto non si pongono il problema delle femmine in calore che perdono sangue ma… se il cane vive in casa, il problema si pone eccome. Per porvi rimedio esistono delle mutande studiate per cani, adatte alla loro anatomia. Qualcuno è riuscito a adattare mutande per persone al cane ma non credo sia facilissimo. Si può fare ma partire con una mutanda “per cani”, che non necessita cioè di adattamenti, è sicuramente più comodo. Il problema (si… un altro problema) è che la maggior parte delle mutande sono pensate per cani di taglia piccola. Googlando “mutande cani” o “dog panties” si trovano diversi modelli di mutande, molti sono francamente assurdi.  Magari anche con i volant e un fioccone sotto a cui spunta la coda? Assurdo! Eppure il 95% delle mutande per cani ha questa parvenza. Probabilmente sono pensate per un target di consumatori muniti di maltesi & barboncini ma nessun proprietario/a di cani “sportivi” le sceglierebbe.

Per cani di taglia media e grande il mercato offre veramente poco in fatto di mutande: pochi modelli, poche forme, pochi colori. Se avete un cane bianco, per esempio, vi toccherà un mutandone nero o, al limite, color carne: una fitta al cuore del senso estetico. Anche la forma e il tessuto sono importanti: non tutti i cani hanno la stessa forma e non tutto l’anno c’è la stessa temperatura ambientale. Se devo “mutandare” un cane, è mio dovere garantirgli anche un minimo di confort e di igiene.

Io ho acquistato (principalmente perché era in offerta…) una mutandina della marca Trixie  come questa (nome ufficiale Mutandina igienica Trixie) che non è male, anzi considerato il costo d’acquisto va più che bene. E’ una mutanda molto semplice fatta quasi interamente in cotone (ottimo dato). I difetti sono principalmente la clip di chiusura in plastica dura che batte sul fianco del cane (e che ricorda i ganci degli zainetti Invicta) e la guaina in similpelle in cui inserire l’assorbente: è sintetica, non assorbe nulla e lascia il cane sporco e bagnato. Se la ditta adattasse la clip e rimuovesse la similpelle si arriverebbe a sfiorare la perfezione. La guaina è pensata per inserire l’assorbente all’interno ma è inutile: nessun proprietario di cane di taglia medio-grande andrà alla ricerca di specifici salva slip per cani, quelli da donna sono adattissimi e autoadesivi, quindi la guaina non serve.

Una mutanda che mi incuriosisce molto è quella della Hurtta chiamata Breezy Pants. Hurtta è una marca che mi piace perché ha capi di design belli da vedere e molto pratici, li definirei ergonomici. Il problema di Hurtta è che a volte i capi non sono pensati per essere resistenti (ho avuto un paio di brutte esperienze) ma, nel caso delle mutande, non dovendo essere utilizzate nel corso di attività all’aria aperta, il design e l’ergonomia vincono sulla robustezza.  Eccole qui, sembrano davvero ben fatte e mi piacerebbe provarle sul cane ma due dati mi frenano:  il prezzo di listino (16.50 euro!) e il materiale. Hurtta è una ditta Finlandese, da loro una mutanda con rinforzo in pile può avere un senso, considerato il clima italiano, invece, mi lascia un po’ perplessa. Se vogliamo acquistare sul sito Hurtta Italia, inoltre, se acquistiamo un singolo paio di mutande siamo obbligati a prenderlo nel colore nero. Le versioni colorate, molto più belle, si possono acquistare solo in gruppi da 3 per un totale di 49.50 euro. I colori sono rosa, viola e verde mela. Sono assolutamente invitanti ma, il prezzo e l’obbligo all’acquisto della triade mi frenano ma se qualcuno si sente di fare una pazzia… le provi e mi faccia sapere!

Chiudo con una menzione al PABS (Pets Anti Breeding System), una sorta di cintura di castità per cani brevettata da un americano. E’ una sorta di mutanda legata in modo che non si possa spostare da lì anche se il cane corre. Non credo sia comoda e, in verità, non mi sembra nemmeno abbia avuto nemmeno un grande successo, la consiglierei al limite per far fare al cane una corsa in campagna senza che nascano problemi con cani da pagliaio vaganti. Non lo trovo adatto ad altri usi e, anche qui, il costo non è indifferente, circa 60 dollari.

 

 




Strumento o fine…

Strumento o fine

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Ho sempre sostenuto, e ne sono tuttora fermamente convinto, che non tutti coloro che si dedicano alla lepre col cane da seguita lo facciano con gli stessi intenti. Vi sono coloro che perseguono maggiormente il carniere, e lo fanno ad ogni costo e con ogni mezzo, ben inteso pur rimanendo all’interno dei confini della legalità. Vi sono invece coloro che non si accontentano del risultato ma si arrovellano alla ricerca di un classicismo ideale, che in qualche caso è destinato a rimanere chimera. Per comprendere a quale categoria appartenga un nostro collega è sufficiente il più delle volte chiedergli se per lui la lepre rappresenti il fine ultimo della cacciata, oppure se l’astuto selvatico risulti solo uno strumento per godere del lavoro degli amati inseguitori. Da parte mia vi è massimo rispetto per entrambe le categorie, pur ritenendo la prima in via di estinzione naturale, ma ciascuno di noi è bene si regoli come meglio crede.

Negli ultimi tempi mi rendo tuttavia sempre più conto che andrebbero poste le dovute distinzioni tra due ulteriori categorie. Anch’esse, se rimangono all’interno dei confini della legalità, è pacifico che meritino eguale rispetto. Mi sembra tuttavia sempre più palese che vi sono da un lato quelli che godono realmente della gioia che è in grado di portare nell’animo semplice di un segugista autentico una voce squillante, una seguita travolgente, uno scovo a pelo, o anche solo l’intimo rapporto di collaborazione che si crea tra cane e canettiere all’ombra del bosco. Vi sono d’altro canto invece coloro che si servono del segugio per vari intenti: trarne profitto, popolarità, raccogliere consensi, sfogare le proprie frustrazioni. Come se il segugio e la lepre fossero solo un pretesto, che non avrebbe poi tutto questo grande appeal se non ci fosse dietro tutto quel carrozzone, di per sé anche tollerabile, qualche volta anche piacevole, ma che si sta facendo sempre più pesante da trascinare. Ecco allora che sarà opportuno iniziare a scremare: il segugio è un semplice strumento oppure rappresenta il fine ultimo della nostra passione?