Due parole sulla variabilità genetica nel cane

Magari anche più di due visto che è un tema che mi sta molto a cuore. Dunque, forse non sapete che la variabilità genetica all’interno di una singola razza canina è molto bassa, più bassa di quella riscontrata in alcune specie di animali ad altissimo rischio di estinzione. Non sono convinzioni mie, sono dati che i genetisti hanno estrapolato scientificamente e che sono lì, per tutti. In linea generale si potrebbe pensare che una razza numerosa, proprio in  virtù della numerosità, abbia una variabilità genetica maggiore rispetto a una razza poco diffusa. Questo sarebbe logico ma le storture della cinofilia hanno fatto in modo che non sia così: se prendiamo in esame il pastore tedesco (linee da show), una delle razze più popolari  al mondo, scopriamo che in realtà la variabilità genetica di questa razza è molto bassa e in cani sono tutti, in qualche maniera, imparentati tra di loro. Ho scritto linee da show (se preferite le possiamo chiamare da “esposizione”) perché il pastore tedesco, come altre razze, è stato diviso in linee da lavoro e in linee da show che vengono allevate su binari separati: solo pochi allevatori accoppiano cani da lavoro con cani da esposizione e questo va a svantaggio della variabilità genetica.

Altre ancora integre per quanto riguarda il dualismo bellezza//lavoro, pensiamo per esempio al bracco italiano, invece contano pochi esemplari e questo limita, per forza di cose, la variabilità genetica. Riassumendo, la variabilità genetica di una razza, di per sé limitata può essere ulteriormente limitata da scelte allevatoriali (del tipo “scegliamo tutti lo stesso stallone”) o, più semplicemente, da una scarsa diffusione numerica. Ma non è questo il problema a cui voglio rivolgere l’attenzione, bensì scrivo per presentarvi un articolo scientifico in cui mi sono imbattuta ieri. Si tratta di J Anim Breed Genet. 2013 Jun;130(3):236-48. doi: 10.1111/jbg.12017. Epub 2012 Dec 6.  The effects of dog breed development on genetic diversity and the relative influences of performance and conformation breeding. Pedersen N1, Liu H, Theilen G, Sacks B.

Il titolo, in italiano, sarebbe “Gli effetti della selezione canina sulla diversità genetica e le influenze della selezione per il lavoro e per la morfologia.” Gli autori confrontano la variabilità genetica dei “cani da villaggio” (randagi) con quella dei cani appartenenti a otto razze canine. Le otto razze canine non sono state scelte a caso bensì in base al tipo di selezione portato avanti dagli appassionati della razza specifica. Ecco quindi razze selezionate per la morfologia (barbone medio, piccolo levriero italiano, setter inglese da show *- in USA esiste una linea da show); per morfologia e lavoro (epagneul breton); soprattutto per il lavoro (drahthaar e kurzhaar) ed esclusivamente per il lavoro (setter inglese da lavoro * in USA esiste una linea da lavoro – e red setter * un setter rosso pseudo-irlandese che in USA selezionano per il lavoro).

Quello che non mi stupisce sono i risultati: 1) i cani di razza hanno una variabilità genetica inferiore a quella dei cani da villaggio; 2) le razze selezionate per il lavoro hanno una variabilità genetica più alta rispetto alle altre; 2) le razze selezionate per la conformazione hanno una variabilità genetica bassa e 3) le razze che seguono una selezione per conformazione & attitudine si trovano in una situazione intermedia. I dati non ottenuti non mi sorprendono perché chi alleva a fini espositivi sovente ricorre alla consanguineità per fissare il tipo morfologico e sacrifica così la variabilità genetica. In lavoro il ricorso alla consanguineità è era meno frequente perché i le attitudini e i tratti caratteriali non sono così facili da fissare come le caratteristiche morfologiche. Pertanto, solitamente, chi seleziona per la performance accoppia in base alle prestazioni dei cani e non cercando parentele nei pedigree. Questo metodo di pianificazione degli accoppiamenti ha garantito una buona variabilità genetica in razze da lavoro con un buon numero di esemplari ma… purtroppo anche sul fronte del lavoro la variabilità genetica si va impoverendo: in tanti rincorrono il solito campione o, peggio, sono convinti che un accoppiamento in consanguineità – magari molto stretta – sia così buona e giusto.

Fermatevi e pensate, la diversità genetica è indispensabile al benessere del cane e le razze canine sono patrimonio di tutti, preserviamole

 




L’addestramento del cucciolo

Avevo appena terminato un articolo sull’addestramento del cucciolo per una nota rivista del settore (Beccacce che Passione – lo leggerete tra qualche mese) quando ho pensato di chiedere un’opinione in merito ad un amico che sapevo pensarla, più o meno, come me. Ne è seguito un breve scambio di opinione in cui è stata sottolineata l’importanza di iniziare precocemente il lavoro in campagna e sulla selvaggina e dopo le opinioni è stato il momento delle riflessioni. O meglio delle motivazioni: non le nostre motivazioni, per carità, ma quelle di coloro che ritardano l’addestramento, sempre più in là, a date da stabilirsi.

Tendo a ritenermi, immodestamente, perspicace ma a questi due aspetti non avevo pensato. Secondo l’amico, infatti l’addestramento viene posticipato anche per questi due motivi:

1) spesso il cacciatore in Italia non ha la cultura del cane come compagno di vita e, in quanto semplice strumento, da piccolo non serve a niente;

2) i cuccioli non devono bagnarsi fino all’anno di età.

Ho dovuto ammettere che a questi due punti non avevo pensato ma che… potrebbe essere. Ma…. c’è qualcuno che crede ancora che i cuccioli non possano fare il bagno fino all’anno di età? Cosa cambia una volta raggiunti i 12 mesi? Cambiano pelle e diventano impermeabili? Credevo si trattasse di una vecchia leggenda metropolitana e invece, vorrete mica dire che qualcuno ci crede ancora?




Il dilemma dei dilemmi

A Gennaio qualcuno potrebbe pensare che gli appassionati della seguita su lepre possano tranquillamente esporre il cartello “Chiuso per ferie”, in realtà non è proprio così; anzi, al contrario, Gennaio è un mese molto impegnativo. Sotto il profilo cinofilo è il mese in cui tradizionalmente si danno il via alle danze per l’addestramento delle nuove leve, sfruttando le molte opportunità offerta dai campi di addestramento, ve ne sono molti e con caratteristiche ben diverse tra loro. A Gennaio riprendono inoltre le prove di lavoro, che nel primo semestre di ogni anno sono ormai una realtà per ogni angolo del nostro Paese. Gennaio è invece, sotto il profilo venatorio, il mese delle catture e dei ripopolamenti, cui è bene, anzi doveroso, che gli appassionati partecipino assiduamente.

Personalmente, quando posso, do il mio contributo fattivo, e così ho fatto anche negli ultimi giorni. Le catture delle lepri forniscono anche l’occasione per discutere di caccia e cinofilia con qualche appassionato del settore. Due giorni fa, ve lo devo proprio raccontare, proprio in occasione di una di queste catture, mi sono imbattuto in un personaggio del tutto singolare, che mi ha fatto sorridere con le sue affermazioni, ma anche riflettere. Intuito che si trattasse di un lepraiolo, mi sono permesso di chiedergli con che cani cacciasse. “Segugi, segugi italiani” questa la sua sintetica risposta. Per dare nuova linfa alla conversazione ho chiesto dunque al mio interlocutore se possedesse italiani a pelo forte o raso. “Un po’ e un po’, raso e forte, rosso e nero. Ma le premetto subito che non ho cani iscritti. Vede, trent’anni fa acquistai una segugia bellina, ma alla lepre era scarsa. Da li ho capito che il cane bello a caccia è inutile, perché se è bello non può essere bravo!” Ho dunque cercato di dirottare la conversazione sul lavoro, considerato che andare oltre su considerazioni estetiche mi sembrava una strada del tutto impercorribile. “Hanno belle voci?” ho chiesto dunque al mio simpatico compagno di avventure. “No, questo è bene lo chiarisca subito, i miei segugi non danno voce. Li preferisco muti, così gli altri cacciatori non sanno dove sto cacciando e posso stare tranquillo” “Beh non daranno voce in accostamento, ma in seguita immagino scagnino”, incalzo deciso. “Ecco le spiego, i miei segugi non inseguono. Se me ne nasce uno che segue, è il primo che cedo a qualche collega. La seguita mi è controproducente, rischio ancora che la lepre finisca in bocca a qualche concorrente, poi i cani mi si allontanano troppo. No guardi, meglio evitare” “Arrivederci, e buon anno! Vedo che hanno bisogno una mano con le reti, a presto!” Era giunto il momento di liquidare il curioso segugista, senza porgli qualche semplice quesito del tipo: “Ma allora perché cacci con i segugi? Perché non cambi selvatico? O quantomeno non cambi tipo di cane per insidiare la lepre?”

 
Questo, chiaramente poco sopra eravamo agli estremi, è un po’ però il problema che genera enormi discussioni, impegna fiumi di inchiostro, e provoca commenti, risse verbali e scontri di opinioni virtuali e non… Come deve lavorare un segugio? Quanto peso dare alla morfologia, quanto allo stile, quanto all’efficacia pratica?
Questo è solo uno dei temi, che mi piacerebbe approfondire su questo spazio virtuale, partendo come ho fatto in questo caso da qualche semplice vicenda di vita vissuta, che sono all’ordine del giorno per chi come me ha fatto della seguita una fede e del segugio ragione di vita.

 

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Kopovini!

Da qualche parte bisogna iniziare ma, scrivere il primo post è difficile. Ufficialmente non sarebbe nemmeno il primissimo post dei blog ma i precedenti non li considero dei veri post. È venuto il momento di offrire dei contenuti seri. Le idee in testa sono tante, ho un messaggio da diffondere che mi sta molto a cuore ma ho scelto di rimandarlo a favore di qualcosa di più leggero.

Siccome credo che ogni cosa capiti per un motivo, l’occasione me l’ha servita su un piatto d’argento l’amica Daniela Maffei che alleva rottweiler e staffordshire bull terrier. Anzi no, ce l’ha servita, perché con questo primo post invado sfacciatamente il territorio di Emanuele mettendomi a correre con un segugio. Non ho ballato con i lupi ma ho corso con i segugi, dei segugi poco conosciuti in Italia. Si chiamano slovensky kopov e sono piccoli e neri (focati), ma hanno un grande cuore e un grande cervello. Li ho conosciuti per caso e pur essendo dichiaratamente amante dei cani eleganti e slanciati, non posso che inchinarmi davanti a questi piccoli culturisti a zampa corta. Con i kopov ho cacciato il cinghiale in girata, mi sono divertita in qualche expo e ne ho distribuiti in quantità ad amici e conoscenti che hanno saputo esaltarne le qualità. Voglio bene a questa razza e parleremo ancora di kopov e questo primo post non intende essere un trattato su di loro, vuole solo farvi sapere che esistono, che sono bravi cani da caccia e piacevoli compagni di vita. Il numero dei kopov regolarmente iscritti all’ENCI è cresciuto negli ultimi anni, insieme ai cani iscritti c’è un ampio sottobosco di kopov che, per motivi a me incomprensibili, non vengono registrati. Il loro numero ci è ignoto ma se crescono i kopov ufficiali, è molto probabile che crescano anche quelli ufficiosi. Un bene o un male? È presto per dirlo. Sono convinta che la razza abbia un potenziale immenso ma che tale potenziale vada canalizzato utilizzando la razza nella maniera più consona.

Riporto quanto linkato da Daniela tratto dallo standard FCI:

“Questo cane è noto per la sua costanza nel seguire la traccia fresca o una pista, anche per diverse ore, mettendoci tutta la sua voce senza indebolirsi. Si distingue anche per il suo coraggio e il suo sangue freddo. Questa è la ragione per cui, nel suo paese d’origine, viene utilizzato specificatamente nella caccia al cinghiale ed ai carnivori.” 

È tutto vero, sono cani coraggiosi ma hanno il sangue freddo quanto basta per non fare scelte troppo azzardate, il kopov rispetta e teme l’avversario e lo approccia in maniera differente a seconda delle dimensioni. Anche l’abbaio con cui segnala il “nemico” cambia, se ne parlava qualche giorno fa con Monica Giglioli che spiegava come Vespa, la sua kopov, le sappia descrivere con grande precisione che cosa ha davanti. Vi pare poco?

“Vivo e resistente : sempre di colore nero con delle macchie fulve, questo cane possiede un’ossatura solida malgrado la sua conformazione piuttosto leggera. Il corpo ha la forma di un rettangolo allungato. Sul piano comportamentale, è dotato di un temperamento vivo. Il suo senso dell’orientamento è straordinariamente sviluppato.”

Tutto confermato anche qui, tanto cane in poco spazio insomma!

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